Dopo
gli studi intrapresi col padre Giuseppe
De Majo, lo zio Gennaro Manna e il prozio Francesco Feo, iniziò la carriera a 13
anni come Secondo cembalo al Teatro di Corte di Napoli. Per volere del
padre Giuseppe, fu nominato organista suprannumerario nel 1747 alla Real
Cappella e diventandone effettivo nel 1730, prendendo il posto di Giuseppe
de Bettis. La sua prima opera RICIMERO RE DEI GOTI riscosse un
poderoso successo nel carnevale del 1739 a Roma: la salute di Gian
Francesco subì un primo attacco di tisi all’età di ventotto anni, nel
1760 che lo costrinse a recarsi presso Torre del Greco, luogo limitrofo a
Napoli, per curarsi.
I Teatri di Livorno, Venezia e Torino successivamente lo invitarono e nel
1763 ritornò di nuovo a Napoli prefiggendosi come obiettivo la sola
composizione di musica sacra.
Nel
1764, tuttavia, per la composizione di “ Un'opera per l'incoronazione
del Re dei Romani”, chiese e ottenne di trasferirsi a Vienna; nel
1766 si trovò probabilmente a Madrid. Tornò poi a Napoli, ma essendo
richiesto presso altri teatri di città italiane che gli commissionavano
opere, se ne allontanò varie volte.
A 38 anni si spense prematuramente a causa della tisi, malattia che
troncò lo sviluppo di una carriera iniziata brillantemente. Eppure in 38
anni Ciccio De Majo occupa un posto di rilievo nella storia settecentesca:
il giudizio di Mozart, che in una lettera da Napoli del Maggio 1770
definiva "bellissima musica" quella del napoletano, vale anche a
far intravedere una certa affinità tra i 2, che continuò negli anni
successivi: specialmente si ritiene che attraverso l’incontro con Raaf,
che era stato a Napoli nel 1760 primo interprete dell'ASTREA PLACATA
di Gian Francesco De Majo, Mozart abbia potuto utilizzare materiale di lui
in certe arie femminili dell'IDOMENEO.
Del resto influenze di De Majo su Mozart vengono riconosciute da tutti gli
studiosi moderni, a partire da Aben, mentre d'altra parte gli esegeti di
Gluck collocano il napoletano nell'area del riformismo settecentesco. Lo
spirito innovatore di Gian Francesco De Majo rispetto le strutture
tradizionali dell'opera seria cerca di sopperire alle “nuove esigenze”
espressive attraverso nuove trattazioni orchestrali: si rileva nelle sue
composizioni una maggiore autonomia sia dell'insieme rispetto alla parte
vocale, e sia dei singoli strumenti tra loro: lampante inoltre il
tentativo di abbandonare la rigida bipartizione recitativo/aria.
Piegò infatti il recitativo a moduli di recitativo accompagnato,
maggiormente espressivi ed intercalati spesso nella struttura stessa
dell'aria; modificò così facendo anche la struttura di questa col
modificandone in più sensi lo schema classico A B A. De Majo giunse a
questo attraverso l'abbreviazione del ritornello e la maggiore rilevanza
conferita alla parte centrale dell’aria.
Sempre per esigenze espressive anche la prima parte dell'aria si presenta
spesso nelle sue opere non più unitaria, ma frastagliata in differenti
suddivisioni di movimenti e, per sottolineare i momenti di maggiore
drammaticità, egli lascia del tutto la vecchia struttura per adottare
forme simili alla “cavatina”: si ricordi però che questa e altre
modifiche non sono di sua invenzione, ma solo che Gian Francesaco De Majo
le utilizzò molto.
Del resto, a testimoniare la sua esitazione ad intraprendere una riforma
radicale del melodramma - anche se ad alcune sinfonie d'opera, per esempio
IFIGENIA IN TAURIDE, conferisce funzione di prologo, anticipando
sia Gluck che Jommelli - basterebbe il fatto che egli non ritenne di
musicare le scene corali dell'ALMERIA di M. Coltellini: si ricordi
però che la tisi lo stroncò precocemente e quindi questa impronta
innovatrice non ebbe modo di svilupparla: non si dimentichi inoltre che
Gian Francesco De Majo non abbandonò lo stile italiano, a differenza ad
esempio di Jommelli. Oltre queste innovazioni strutturali, si possono
annoverare aspetti che ancor più forse caratterizzano la sua musica, come
a titolo esemplificativo la vivacità della sua invenzione e la dolcezza
delle sue melodie che lo resero caro, per le sfumature patetiche e gli
accenti struggenti, non solo a Mozart, ma che furono anche ammirate da
Goldoni, Arteaga e da un curioso personaggio di eclettico letterato del
‘700, Wilhelm Heinse, che lo raffigurò musicista amatissimo dal
protagonista del suo romanzo Hildegard.
INTERMEZZO
(1752);
RICIMERO, RE DEI GOTI (Parma, 1758);
PROLOGO (Napoli, 1760);
ASTREA PLACATA (Napoli, 1760);
CAJO FABRICIO (libretto Apostolo Zeno; Napoli, 1760);
L'ALMERIA (M. Coltellini; Livorno, 1761);
ARTASERSE (Metastasio; Venezia, 1762);
CATONE IN UTICA (Metastasio, Torino, 1762);
DEMOFOONTE (Metastasio, Roma, 1764);
ALCIDE NEGLI ORTI ESPERIDI (M. Coltellini; Vienna, 1764);
IFIGENIA IN TAURIDE (M. Verazi; Mannheim, 1764);
MONTEZUMA (V. Cigna-Santi; Torino, 1763);
ALESSANDRO NELLE INDIE (Metastasio; Mannheim, 1766);
ANTIGONO (Metastasio; Venezia, 1767);
ANTIGONA (G. Roccaforte; Roma, 1768);
IL DUSARE, cantata scenica (S.Mattei; Napoli, 1768);
IPERMESTRA (Metastasio; Napoli, 1768);
ADRIANO IN SIRIA (Metastasio; Roma, 1769);
DIDONE ABBANDONATA (Metastasio; Venezia, 1769);
ULISSE (Roma, 1769);
L'EROE CINESE (Metastasio; Napoli, 1770 ?);
EUMENE (solo 1° atto, il 2° e il 3° rispettivamente di G. Insanguine e
P. Errichelli; Napoli, 1771);
GESÙ SOTTO IL PESO DELLA CROCE, azione sacra (Napoli, 1764).
ESTER,
LE FUGA IN EGITTO (Bologna, 1778);
LE PASSIONE DI GESÙ CRISTO (Bologna, 1780);
PER LA MORTE DI GIONATA E SAULLE, cantata (Bologna, 1780).
Inoltre
3
messe,
circa 20 motetti,
3 Salve regina,
Lezioni;
Lamentazioni.
Arie per alcuni pasticci,
LE GARA DELLE GRAZIE, cantata;
Sonata per clavicembalo.
A
cura di
Arsace
da Versailles
Ritratto fornito da
Tassos Dimitriadis
haendel.it
and handelforever.com
Ultimo
aggiornamento: 17-10-21
Torna
alla Home
Torna
a Versailles
|