detto Ciccio

( Napoli, 27 marzo 1732 - Napoli, 17 novembre 1770 )

 

Dopo gli studi intrapresi col padre Giuseppe De Majo, lo zio Gennaro Manna e il prozio Francesco Feo, iniziò la carriera a 13 anni come Secondo cembalo al Teatro di Corte di Napoli. Per volere del padre Giuseppe, fu nominato organista suprannumerario nel 1747 alla Real Cappella e diventandone effettivo nel 1730, prendendo il posto di Giuseppe de Bettis. La sua prima opera RICIMERO RE DEI GOTI riscosse un poderoso successo nel carnevale del 1739 a Roma: la salute di Gian Francesco subì un primo attacco di tisi all’età di ventotto anni, nel 1760 che lo costrinse a recarsi presso Torre del Greco, luogo limitrofo a Napoli, per curarsi.
I Teatri di Livorno, Venezia e Torino successivamente lo invitarono e nel 1763 ritornò di nuovo a Napoli prefiggendosi come obiettivo la sola composizione di musica sacra.

Nel 1764, tuttavia, per la composizione di “ Un'opera per l'incoronazione del Re dei Romani”, chiese e ottenne di trasferirsi a Vienna; nel 1766 si trovò probabilmente a Madrid. Tornò poi a Napoli, ma essendo richiesto presso altri teatri di città italiane che gli commissionavano opere, se ne allontanò varie volte.
A 38 anni si spense prematuramente a causa della tisi, malattia che troncò lo sviluppo di una carriera iniziata brillantemente. Eppure in 38 anni Ciccio De Majo occupa un posto di rilievo nella storia settecentesca: il giudizio di Mozart, che in una lettera da Napoli del Maggio 1770 definiva "bellissima musica" quella del napoletano, vale anche a far intravedere una certa affinità tra i 2, che continuò negli anni successivi: specialmente si ritiene che attraverso l’incontro con Raaf, che era stato a Napoli nel 1760 primo interprete dell'ASTREA PLACATA di Gian Francesco De Majo, Mozart abbia potuto utilizzare materiale di lui in certe arie femminili dell'IDOMENEO.
Del resto influenze di De Majo su Mozart vengono riconosciute da tutti gli studiosi moderni, a partire da Aben, mentre d'altra parte gli esegeti di Gluck collocano il napoletano nell'area del riformismo settecentesco. Lo spirito innovatore di Gian Francesco De Majo rispetto le strutture tradizionali dell'opera seria cerca di sopperire alle “nuove esigenze” espressive attraverso nuove trattazioni orchestrali: si rileva nelle sue composizioni una maggiore autonomia sia dell'insieme rispetto alla parte vocale, e sia dei singoli strumenti tra loro: lampante inoltre il tentativo di abbandonare la rigida bipartizione recitativo/aria.
Piegò infatti il recitativo a moduli di recitativo accompagnato, maggiormente espressivi ed intercalati spesso nella struttura stessa dell'aria; modificò così facendo anche la struttura di questa col modificandone in più sensi lo schema classico A B A. De Majo giunse a questo attraverso l'abbreviazione del ritornello e la maggiore rilevanza conferita alla parte centrale dell’aria.
Sempre per esigenze espressive anche la prima parte dell'aria si presenta spesso nelle sue opere non più unitaria, ma frastagliata in differenti suddivisioni di movimenti e, per sottolineare i momenti di maggiore drammaticità, egli lascia del tutto la vecchia struttura per adottare forme simili alla “cavatina”: si ricordi però che questa e altre modifiche non sono di sua invenzione, ma solo che Gian Francesaco De Majo le utilizzò molto.
Del resto, a testimoniare la sua esitazione ad intraprendere una riforma radicale del melodramma - anche se ad alcune sinfonie d'opera, per esempio IFIGENIA IN TAURIDE, conferisce funzione di prologo, anticipando sia Gluck che Jommelli - basterebbe il fatto che egli non ritenne di musicare le scene corali dell'ALMERIA di M. Coltellini: si ricordi però che la tisi lo stroncò precocemente e quindi questa impronta innovatrice non ebbe modo di svilupparla: non si dimentichi inoltre che Gian Francesco De Majo non abbandonò lo stile italiano, a differenza ad esempio di Jommelli. Oltre queste innovazioni strutturali, si possono annoverare aspetti che ancor più forse caratterizzano la sua musica, come a titolo esemplificativo la vivacità della sua invenzione e la dolcezza delle sue melodie che lo resero caro, per le sfumature patetiche e gli accenti struggenti, non solo a Mozart, ma che furono anche ammirate da Goldoni, Arteaga e da un curioso personaggio di eclettico letterato del ‘700, Wilhelm Heinse, che lo raffigurò musicista amatissimo dal protagonista del suo romanzo Hildegard.

INTERMEZZO (1752);
RICIMERO, RE DEI GOTI (Parma, 1758);
PROLOGO (Napoli, 1760);
ASTREA PLACATA (Napoli, 1760);
CAJO FABRICIO (libretto Apostolo Zeno; Napoli, 1760);
L'ALMERIA (M. Coltellini; Livorno, 1761);
ARTASERSE (Metastasio; Venezia, 1762);
CATONE IN UTICA (Metastasio, Torino, 1762);
DEMOFOONTE (Metastasio, Roma, 1764);
ALCIDE NEGLI ORTI ESPERIDI (M. Coltellini; Vienna, 1764);
IFIGENIA IN TAURIDE (M. Verazi; Mannheim, 1764);
MONTEZUMA (V. Cigna-Santi; Torino, 1763);
ALESSANDRO NELLE INDIE (Metastasio; Mannheim, 1766);
ANTIGONO (Metastasio; Venezia, 1767);
ANTIGONA (G. Roccaforte; Roma, 1768);
IL DUSARE, cantata scenica (S.Mattei; Napoli, 1768);
IPERMESTRA (Metastasio; Napoli, 1768);
ADRIANO IN SIRIA (Metastasio; Roma, 1769);
DIDONE ABBANDONATA (Metastasio; Venezia, 1769);
ULISSE (Roma, 1769);
L'EROE CINESE (Metastasio; Napoli, 1770 ?);
EUMENE (solo 1° atto, il 2° e il 3° rispettivamente di G. Insanguine e P. Errichelli; Napoli, 1771);
GESÙ SOTTO IL PESO DELLA CROCE, azione sacra (Napoli, 1764).

ESTER, LE FUGA IN EGITTO (Bologna, 1778);
LE PASSIONE DI GESÙ CRISTO (Bologna, 1780);
PER LA MORTE DI GIONATA E SAULLE, cantata (Bologna, 1780).

Inoltre

3 messe,
circa 20 motetti,
3 Salve regina,
Lezioni;
Lamentazioni.
Arie per alcuni pasticci,
LE GARA DELLE GRAZIE, cantata;
Sonata per clavicembalo.
 

 

Francesco De Majo

 

 

 

A cura di 

Arsace da Versailles
Ritratto fornito da Tassos Dimitriadis

haendel.it and handelforever.com

 

Ultimo aggiornamento: 17-10-21

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