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Non esistono visite a Versailles più illustri nel mondo canoro di quelle che il Palazzo ebbe il privilegio di conoscere. I due più grandi castrati del XVIII° si esibirono davanti a Re Luigi XV°, la Regina Maria Leszczynska e la delfina Mare-Joséphe de Saxe. Nelle estati del 1736 e 1737 Farinelli giunse in suolo francese, ma le sue visite non ebbero mai caratteristica di viaggio ufficiale, momento in cui Carlo Broschi cercava un incarico di ripiego, un'altra soluzione differente rispetto quella di cantante d'opera, visto il baratro finanziario in cui stavano per crollare le due compagnie rivali a Londra. Nell'estate del 1736, parve potersi trovare uno sbocco professionale, ma ben presto si rese conto che in Francia non avrebbe mai trovato un incarico di primo piano: l'opera francese non poteva per struttura accogliere nella compagnia un castrato, nè tantomeno poteva sperare nei conseguenti guadagni alti ed appropriati per la sua levatura, e non poteva nemmeno sperare che in Francia si desse spazio al repertorio italiano. Neppure la Cappella Reale avrebbe potuto provvedere a fornirgli uno stipendio e dargli una soddisfazione tale da poter compensare il suo valore, ugualmente agli impegni che prima aveva ricoperto, ricevendo oro e sontuosi presenti in ogni luogo toccato dal suo piede. Solamente a
32 anni, Farinelli ripassò a Parigi nel 1737, ma solo come tappa per la
meta Spagna: aveva infatti accettato l'invito della Regina di Spagna Elisabetta
Farnese allo scopo di curare la depressione del Re Filippo
V° attraverso il canto. Da
sfatare comunque subito l'eccezionalità di vedere in Farinelli il
pioniere della musicoterapia: prima di lui infatti, un altro grande
castrato, del secolo pregresso, aveva fatto una esperienza simile. Tra il
1698 e il 1700 Matteo da Sassano fu a servizio della Corte di Baviera,
laggiù invitato dalla Regina Maria Anna Moburg. La voce di Matteuccio
doveva servire a scopo terapeutico per il Re Carlo II, che era afflitto da
una grave forma di depressione psichica. La Regina pensava di poter
curare la malattia col belcanto e la musica: questo castrato fu un precursore
della
musicoterapia, praticata ai nostri giorni dalla medicina contemporanea come strumento per
curare le malattie nervose (ipocondria, nevrastenia, esaurimenti). "Venne a Versailles oramai da qualche mese, un musico napoletano, di nome Farinelli, che ha la voce estremamente leggera e che fu molto ammirato. Cantò davanti al Re, e sua Maestà gli diede come dono una tabacchiera d'oro. Ricevette anche qualche presente in diverse case in cui cantò durante il suo soggiorno, ma non trovò evidentemente questi presenti abbastanza soddisfacenti, e decise di andarsene in Spagna cercando una stabilizzazione più vantaggiosa." Il conte Barthélémy si limita a scrivere : "Il grande Farinelli, di cui io vi ho parlato in qualche mia lettera, ha cantato davanti al Re, che gli ha dato come presente una tabacchiera d'oro" Questa tabacchiera suscitò fra l'altro molte chiacchiere alla Corte di Spagna, e fu causa quasi di un incidente diplomatico quando l'ambasciatore francese , tentò qualche anno più tardi di carpire le buone grazie di Farinelli. Non si conosce dove Farinelli soggiornò a Parigi, ma da una sua lettera si vengono a conoscere i nomi di chi si dimostrò suo amico: la Principessa di Rohan, Marie -Sophie de Courcillon (1713 - 1756), il Principe Victor-Amédée de Carignan (1690 - 1741), sovrintendente dei menù dei piaceri di Luigi XV° e direttore dell'Opera, il Marchese di Crévecoeur, Louis - Sébastien Castel-de-Saint-Pierre, scudiere di Sua Altezza Reale, e suocero del celebre presidente di Digione, Charles Brosses. Ma curiosamente sta proprio qui il contrasto con la spavalda personalità di Caffarelli: sul suo soggiorno in Francia, nel 1753, infatti esiste una valanga di informazioni, dovute anche dal fatto che Caffarelli quando si recò in Francia, lo fece con grande eco accettando un pubblico invito, a differenza del soggiorno di carattere privato farinelliano: volendo si può anche intravvedere un parallelismo fra il loro diverso carattere e il modo con cui soggiornarono in Francia. Discrezione, pudore, esempio di modestia - Farinelli; enfasi, atteggiamento di sufficienza e lusso sfrenato - Caffarelli! La discrezione del viaggio di Farinelli può essere una delle ragioni del disinteresse generale dei francesi verso questo grande castrato: sebbene Farinelli in soggiorno a Venezia, Milano o Londra attirava schiere di ammiratori che si affollavano attorno a lui, anche se non si esibiva in scena, ma in passato solo il viaggio della troupe di Giovanni Bononcini, che trionfava a Londra nel teatro di Handel, fece una grande impressione in terra francese. Esisteva comunque un rapporto amichevole fra Farinelli e Caffarelli, sebbene Metastasio, con le sue lettere infuocate contro gli atteggiamenti da divo di Caffarelli, sembri infondere biasimo e disprezzo verso il Gaetano Majorano: il solo castrato verso cui Farinelli ebbe modo di esprimere un giudizio acido, risulta essere Giovanni Carestini, definito "il maledetto castrato". Quando Caffarelli pose piede in terra francese aveva 43 anni, e si era fatto una famea europea uguale a quella di Farinelli: i suoi trionfi su ogni scena italiana, a Londra in tre opere di Handel o a Madrid (ingaggiato da Farinelli) non avevano temperato il suo carattere indomabile, i sui capricci da star, la sua sufficienza. Innumerevoli i battibecchi con il pubblico, con i compagni del cast, coi i sovrani, hanno fatto di lui la caricatura della figura del castrato nello scritto IL TEATRO ALLA MODA di Benedetto Marcello. Il 17 Aprile 1753, Caffarelli giunse a Parigi e vi soggiornò fino a gennaio 1754: la durata di 9 mesi del soggiorno ha permesso di far ben conoscere il repertorio e le voci dei più grandi sopranisti dell'epoca. Ma la Fama di Caffarelli lo aveva preceduto: egli si esibì dinnanzi alla Corte, in presenza della Regina Maria Leszczynska (qui a lato) e la la delfina Marie-Joséphe de Saxe, sua nuora. Il Duca di Luynes scrive: "La settimana scorsa Mme la Delfina intese cantare un italiano che pareva avere una grande reputazione. Egli è legato al Re delle due Sicilie; si chiama Cafarelli (sic); sembra avere 35/40 anni; canta con molta grazia, ha una voce dolce ed intensa. Gli amatori della musica francese fanno fatica ad addattarsi al gusto della musica italiana. Io non ho ascoltato Farinelli, quelli che lo hanno sentito lo ritengono al di sopra di Farinelli" Sebbene i francesi non avessero l'orecchio abituato alla musica italiana, da alcune testimonianze viene da ritenere che Caffarelli avesse perso aver perso molta della luminosità e freschezza vocale, ma altri apprezzarono moltissimo Caffarelli, fra questi il Barone Grimm e Diderot che proferì una frase che è divenuta celebre: "C'eravate voi quando il castrato Caffarelli ci trasportò nell'estasi?" Dopo questa esibizione ufficiale, Caffarelli cantò presso il Palazzo di Bellevue in una serata ufficiosa da Madame de Pompadour: Calzabigi con sarcasmo disse che il canto di Caffarelli servì come piacevole intermezzo ad una delle orge segrete. Luigi XV° lo conobbe in questa occasione. Caffarelli riscosse ovviamente molto consenso, e seppe ben presto ammaliare i suoi ospiti; Il Duca di Luynes annota: "Io ho già parlato di Cafarelli; mentre il Re non lo aveva ancora ascoltato. All'ultimo viaggio a Bellevue, egli cantò due arie dinnanzi al Re; egli sembrò molto contento; gli si fece come presente una tabacchiera d'oro in diverse occasioni, ed inoltre il Re lo ricompensò con 75 livree da dargli al giorno. Quando venne qui (si intende a Versailles), egli alloggiò in una casa che gli si era affittata per lui: Caffarelli ha a disposizione una carrozza del Re a due cavalli, una tavola da sette ad otto coperti e due domestici con la livrea del Re" Questo trattamento era paritario ad un confessore del Re. A differenza del trattamento di Farinelli, la stampa iniziò ad interessarsi di Caffarelli che si esibì a destra e a manca, ricevendo d'ogni dove unanimi apprezzamenti. "Il 1° di questo mese il Signor Cafarieli (sic), musico di Sua Maestà Siciliana, da poco giunto da Napoli, ebbe l'onore di cantare a Bellevue, dinnanzi al Re. Sua Maestà ritenne che la sua grande reputazione era molto ben meritata, ed ebbe la bontà di manifestargli segni di grande soddisfazione. Questo musico, uno dei più celebri d'Italia, cantò il 3 davanti a Madame la Delfina, che già l'aveva ascoltato diverse volte, sia qui che a Marly. Deve dimorare a Versailles, durante il suo viaggio a Compiégne" La Delfina Marie-Joséphe de Saxe, era una principessa che era giunta a Versailles nel febbraio del 1747, ed abituata nella sua città, Dresda, alla voce ed alle doti della musica per castrati, si impuntò che voleva a suo fianco un castrato di fama internazionale che potesse ammaliarla col suo canto: dal suo arrivo, nei suoi appartamenti si eseguirono fior fiore di spettacoli musicali: la scelta per dare maggior prestigio fu fra Gizziello e Caffarelli, ma alla fine si scelse il secondo. "Ci fu il 18 da questa Principessa un concerto, a cui assistette Monsignore il Delfino. Si eseguì il Prologo e le ed il primo atto delle FETES DE L'HYMEN ET DE L'AMOUR, le cui parole sono del signor Cahusac, e la musica del signor Rameau. Il Signor Cafarieli, musico di Sua Maestà Siciliana, cantò solo due ariette, ed in seguito un duetto con il signor Albanese. Fu molto applaudito, e la bellezza della sua voce, così come la perfezione del suo canto, fa sempre piacere." Legato alla Delfina, e molto felice dell'effetto che produceva nel paese che era noto essere contrario alla voce dei sopranisti, Caffarelli non finì di aumentare gli impegni per farsi conoscere. Ancora si esibì il 25 e il 28 Agosto presso la Delfina, dove cantò molte arie italiane, accompagnandosi al clavicembalo. Caffarelli attrasse attorno a sé un microcosmo italiano, dove i castrati assunsero un ruolo di primo piano. Infatti durante il suo soggiorno, i castrati della cappella di Versailles poterono partecipare con lui alla rappresentazione di Opere, anche se in privato presso gli appartamenti della Delfina, ma anche Caffarelli riuscì ad attrarre altri castrati abbastanza noti, come per esempio Gaetano Guadagni, amico di Handel, che per lui aveva composto il suo FUNERAL HOSPITAL ANTHEM nel 1749. Quindi al virtuosismo e al comportamento "rumoroso" di Caffarelli, i francesi poterono udire anche il canto di Gaetano Guadagni, che indugiava di più verso un canto delicato e raffinato ed un contegno degno ed elegante. Caffarelli e Guadagni, assieme ai castrati della Cappella Reale di Versailles, Albanese e Ciambalanti, il 13 ottobre 1753 si esibirono in una opera pasticcio: "Si eseguì il 13, a Versailles, presso Madame la Delfina, l'opera italiana intitolata DIDONE ABBANDONATA, la cui musica è del signor Hasse, maestro di musica del Re di Polonia, Elettore di Sassonia. I principali ruoli furono cantati dai signori Cafarieli, Guadagni, Champalante e Albanese. Il Signor Guadagni arriva dall'Inghilterra: la sua grande interpretazione e bellezza della sua voce (di contralto) gli hanno permesso di conseguire una solida reputazione". Poi il 17 ed il 19 Ottobre Caffarelli e Guadagni eseguirono arie italiane e dei duetti per soprano e contralto. Il 5 Novembre Caffarelli ottenne un nuovo trionfo quando si esibì al Concert-Spirituel, durante una serata concepita in suo onore nella sala del Palazzo delle Tuileries: vi cantò due arie che fecero piombare gli ascoltatori nella felicità più totale e suscitarono il loro entusiasmo. Ranieri de' Calzabigi, conosceva molto bene Caffarelli, in quanto aveva scritto due opere dove lui era protagonista: L'IMPERO DELL'UNIVERSO DIVISO CON GIOVE, musicato da Gennaro Manna dell'agosto del 1745, e IL SOGNO DI OLIMPIA del novembre 1747, musicato da Giuseppe di Majo. Calzabigi colpì la villania di Caffarelli e fece due conti in tasca al Regno di Francia in relazione al soggiorno del castrato: "In 5 mesi di soggiorno a Versailles, costò 120.000 livree di spesa per l'intrattenimento e per i regali; lo si rimborsava di tutto: ebbe appartamento e carrozza di corte, e tavola a spese del Re per otto persone al giorno: i vini, i liquori, il caffè, lo zucchero, il cioccolato, i ceri che lui utilizzava a profusione, ed anche alcuni mobili della sua camera: egli li incassò, senza servirsene, e inviò tutto al suo paese. Fece mille impertinenze; esecutore d'élite (tra gli altri suoi principali talenti) spellò molti musicisti della Cappella Reale che gli facevano la corte. Lasciò dunque a Parigi una nomea molto rispettabile. O saecula, o mores!"
La Questione della supremazia: Musica Francese vs Musica Italiana Non parliamo poi del soggetto della famosa "Querelle" che diede molto materiale per mettere in mostra sia Caffarelli, che Calzabigi. Uno dei grandi argomenti di discussione era il modo rispettivo di cantare dei francesi e degli italiani. Quando i francesi viaggiavano in Italia, la loro attenzione era più sulla problematica morale della castrazione, che non sulla bellezza e la virtuosità della voce dei castrati, che a poco a poco invece accettata nell'ascoltarne le note e i pregi. Il pregiudizio iniziale quindi di questi viaggiatori, veniva a poco a poco a cadere. Se il fenomeno dei castrati disturbava molti francesi, le loro voci flautate, agili e penetranti toccavano profondamente i più recalcitranti degli ascoltatori. Per rivalsa invece volentieri rimproveravano il debole talento da attore dei castrati, e l'abuso del virtuosismo dei passaggi e degli ornamenti dei quali facevano sfoggio, a scapito della drammaticità. Al contrario gli italiani di passaggio in Francia, ammiravano la nobile espressione del recitativo francese, la bella gestualità tragica degli interpreti, e la presenza luminosa dell'orchestra, ma erano perplessi sul fatto che i recitativi, declamatori e sillabici, e le arie di poco si differenziavano, tra loro e per di più i primi abbondavano rispetto alle arie. Goldoni, alla fine di un atto, si meravigliò molto di non aver sentito nessuna aria, mentre invece gli assicurarono che ne erano state eseguite già sei. La sonnolenza certa che causava la tragedia lirica francese era del resto percepita anche dagli stessi francesi, soprattutto man mano che trascorreva il secolo 18°, e che i modelli lullysti iniziavano a passare di moda. Quando la delfina Maria Antonietta, appena arrivata a Versailles per il suo matrimonio, venne invitata alla rappresentazione del PERSEO di Lully, le Journal de Spettacle, non nascose il proprio compatimento per questo "mattone" inflitto ad una principessa di 15 anni!. "Sembra singolare che per l'inizio (della sua vita in Francia), si gravi la Delfina, il cui orecchio fino adesso ha sentito solo le migliori opere dei grandi maestri italiani, di un recitativo che si sa essere insopportabile, per coloro che non ne hanno familiarità". (Journal de Spettacle) Un problema cruciale per gli stranieri era quello delle voci francesi: per gli italiani, le voci francesi non cantavano ma urlavano, gridavano con tutta la forza che hanno in gola, rendendo insopportabile tre o quattro ore che erano necessarie per assistere ad una intera opera di Lully o di Rameau.Gli italiani si riferivano a ciò con la locuzione "l'urlo francese". Casanova prese per folle la cantante Nicole le Maure quando la vide esibirsi sul palco urlando un do acuto, entrando in scena in una opera di Lully. Calzabigi riassunse l'argomento di disputa in una strofa: "Il Santo Padre che s'accorse in prima di questa generale assurdità un gran risalto conseguirne stima per la musica sua; egli ben sa ch'ogni cantor francese si sublima tanto il strillar, che con facilità potrà ferir degli orecchi più chiusi gl'intormentiti timpani ed ottusi" Poi accompagnò questa strofa con un commento: "Chi urla di più, vince: così è l'Opera in Francia. Dei nostri Caffarelli, Giziello, e Marchesini, i francesi hanno l'abitudine di dire che suonano il flauto con la loro voce: io credo che non li ascoltino. Ho osservato che molte volte, quando cantavano Caffarelli, la Mingotti e la Frasi, quelli che erano per caso seduti vicino al cantante, erano soddisfatti; man mano che i posti si allontanavano, gli spettatori apprezzavano sempre meno le esecuzioni, e al fondo della sala avrebbero volentieri fischiato o lanciato dei pomodori. Meditando su questo fenomeno, io lo credevo inspiegabile per un certo tempo, sinchè pensai che le orecchie di questa nazione (Francia) erano generalmente meno sensibili rispetto a quelle degli italiani, degli inglesi, e dei tedeschi. etc." I francesi non avevano delle orecchie differenti, ma erano semplicemente abituati ad un tipo di canto più gutturale, urtante, emesso con degli effetti di petto e di gola, che faceva loro perdere l'orientamento ascoltando i cantanti italiani. Le voci italiane, sensuali e raffinate, cercavano prima di tutto una delicatezza ed un fascino melodico piuttosto che la potenza dell'emissione del suono. La scuola di canto italiana prediligeva incantare con le arie, cosa che si scontrava con la passione dei recitativi tragici e delle nobili declamazioni, sostenuti dalla scuola francese di canto. Poco abituati alla eterea virtuosità degli italiani, i francesi non la comprendevano: essi davano l'impressione di non sentire o di recepire un mormorio impercettibile. Caffarelli fu il più felice degli uomini in mezzo a questa tormenta estetica e musicale che agitava Parigi. Ardente difensore della musica italiana, e sempre vanitoso all'estremo, egli era immerso in ogni disputa per provare che il canto italiano era così insuperabile, mentre il canto francese era aggressivo per le orecchie. Più di una volta il tono delle dispute si acuì: il dramma era imminente: si rimanda a QUI per la lotta col poeta Ballot de Sovot, in casa della cantante Vittoria Tesi, dove al duello verbale si passò ad un duello con spada. A Corte, si iniziò a trovare il cantante ingombrante e non più troppo gradito: l'aneddoto della tabacchiera fece traboccare il vaso della sopportazione, così Caffarelli alzò i tacchi tornandosene in Italia. Il Trattamento che ebbe Caffarelli, lo subì anni prima anche la star femminile Francesca Cuzzoni; nel 1724 il Duca di Borbone invitò la soprano Francesca Cuzzoni a cantare in un concerto al Palazzo di Chantilly, in presenza del giovane Re Luigi XV°; abituata a presenti sontuosi, a cui era abituata a Londra, la Cuzzoni rimase sconcertata vedendo arrivare come ricompensa una piccola scatola in oro. "Lei, contava apertamente - aggiunge il Duca di Luynes - almeno su qualche grosso diamante; tanto che, quando le si portò, da parte del Re, una scatola d'oro con il ritratto di Sua Maestà, lei staccò il ritratto e gettò la scatola nel fossato". A cura di Arsace e Faustina da Versailles Notizie e fatti tratti da LA MAISON DES ITALIENS del prof. Patrick Barbier
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