Non tutti forse sanno che a Versailles, oltre la Superba Reggia Barocca, è presente non troppo distante dai cancelli di piazza d’Armi, Le Potager du Roi, ossia un enorme spazio concepito da La Quintinie (Chabanais, 1 marzo 1624Versailles, 11 novembre 1688) e costruito nel corso del lustro 1678 – 1683, dove venivano coltivate verdure e frutta, che dovevano servire ai pasti della Corte.

 

Luigi XIV desiderava  un palazzo degno della sua sovranità. Nel 1661, dopo l'insolente magnificenza della festa offerta dal suo sovrintendente delle Finanze, Fouquet, a Vaux-le-Vicomte, il Re affermò il suo potere; fece incarcerare Fouquet e volle ingaggiare gli artisti che avevano realizzato Vaux. 

Sotto la sua attenta direzione, i migliori artisti dell'epoca si industriarono per edificare Versailles, la più fulgida corte dell'Europa. In questo disegno, conosciuto per le sue competenze nel campo dei frutteti ed orti, La Quintinie venne incaricato di rifornire frutti e verdure per il Tavolo del Re Sole.  

 

Alcune immagini estive di aree presso l'entrata de Le Potager du Roi

Ma chi era Jean-Baptiste La Quintinie? Avvocato di formazione, si nutrì di letture di testi antichi che riguardavano l’orticoltura di autori quali Columelle, Virgilio, Plinio. Frequentando musei di curiosità della sua epoca e facendo tesoro delle sue osservazioni personali, La Quintinie finì per sperimentare le proprie idee ed intuizioni. Acquistò così una grande fama. Lavorando nei più bei parchi , come quelli del Castello di Rambouillet, Chantilly, Sceaux e Vaux-le-Vicomte

Intanto però la Corte di Versailles diventava mano a mano più grande, ed essendoci quindi la necessità di ingrandire l'orto reale scegliendo una nuova area, il 17 marzo 1670 Luigi XIV lo nominò «direttore dei giardini, frutteti e orti di tutte le case reali», carica creata appositamente per lui. L'orto di Luigi XIII era il suo primo campo di esperienza a Versailles: qui infatti La Quintinie dapprima si concentrò a ricavare le migliori parti dell’antico orto del Re, quello di Luigi XIII° appunto. Poi la Corte si trasferì a Versailles: era grande, enorme…. l’antico orto non era più sufficiente. Luigi XIV sempre preoccupato di abbellire il Dominio Reale, gli fornisce nuove terre sfortunatamente mezze palustri e paludose. Si trattava dell’area di 9 ettari vicina allo Specchio di Acqua degli Svizzeri, non lontano dall’Orangerie, "in una situazione comoda per le passeggiate e la soddisfazione del Re."   

Come per la Reggia, anche per l’orto si iniziarono dei lavori giganteschi…  che si protrassero con diverse fasi tra il 1678 ed il 1683, 5 anni di lavori per portare a termine questa impresa, che è pressocchè immutata a tempi moderni. Si trattava infatti di prosciugare una zona paludosa chiamata "lo stagno puzzolente". Si bonificò il suolo per mezzo di un "grande drenaggio",  al quale si collegò un'importante rete di pietre. Si scavò lo Specchio di Acqua degli Svizzeri. Per migliorare la terra che era "di natura tale da non desiderar trovarla da nessuna parte", una macchina ingegnosa trasportò delle terre proprie delle colline di Satory.

I lavori proseguirono, secondo il tracciato di Quintinie, sotto la direzione di Mansart che realizzò le murature-terrazzi, muri...  La Quintinie invece si concentrava sul miglioramento della terra, chiaramente ostile alla realizzazione di un orto. Per risolvere il problema della troppa umidità del terreno, venne costruito un acquedotto sotterraneo, e in ogni particella dell’orto, delle pietre assicurarono il drenaggio. Il terreno venne concimato con del letame fresco proveniente dalle Scuderie del Castello. Per annaffiare, fu l’Acquedotto di Buc che portò l’acqua per la crescita dei vegetali: l’acqua venne stoccata in una riserva esterna, e più tardi nel bacino centrale del Potager du Roi.  

L'acquedotto di Buc è costruito su ordine di Luigi XIV per alimentare i serbatoi nuovi che rifornivano il castello di Versailles. Ecco Misura 580 metri di lunghezza, per 21 metri di altezza e comporti 19 arcate. 

Per ovviare al problema della carenza di acqua, il Re ordina inizialmente che si elabori una "macchina" del tipo di quella di Marly, che aveva lo scopo di pompare il Bièvre. 

Ma l'esperienza fu un insuccesso, e si decise allora la costruzione di un grande ponte, che scavalcasse il fiume per andare a cercare l'acqua fino allo stagno di Saclay e del Buco Salato, a Toussos-le-Noble. Il cantiere permase per due anni, delle fondamenta di più di 20 metri di profondità sono predisposte per poter sostenere le arcate, che sono spiegate da una parta all’altra di tutto l’acquedotto sotterraneo. 

La mappa de Le Potager du Roi attuale è variata di poco rispetto a quello di La Quintinie.  

Trenta giardini si organizzano attorno al Gran Quadrato Centrale, e trincerano dietro i loro alti muri degli alberi di frutteto steccati. Non sono che una dozzina, ma continuano a formare una successione di luoghi protetti che favoriscono i microclimi e la differenziazione di esposizione.

Il Grande quadrato, di 3 ettari, è composto di 16 "quadrati", più piccoli, circondati da peri e che contengono verdure, disposti intorno ad una grande vasca, che è cinta di alberi di cespuglio. Oggi il Grande Quadrato contiene una cinquantina di specie e più di 300 varietà di legumi: legumi tradizionali ma anche condimenti, zucche, pomodori piriformi, fagioli, Carciofi di Gerusalemme o legumi antichi. 

 

L’altezza di circa 500 alberi fruttiferi esige numerose ore di lavoro per mantenere le forme a ridosso delle mura (spalliere), o fissati su dei supporti (le contro-spalliere, che hanno rimpiazzato nel XVIII° secolo gli alberi a gomitolo di La Quintinie).

 Sfatando una tenace leggenda, non vi sono più alberi piantati da La Quintinie, ma tutta la squadra del Potager du Roi, continua a far rivivere lo spirito del suo giardino, mantenendo o reintroducendo delle varietà, di cui era ghiotto: la pera Bon Chrétien d’Hiver o la pesca Téton de Venus(qui a destra).  

Un terrazzo domina l'insieme, ed offre ed offriva al Re ed ai suoi visitatori una visione teatrale delle culture di frutti, di verdure e dei giardinieri.

La forma attuale del giardino è un po’ cambiata da tre secoli: se la Figheria, la Meloniera, la Prugnera ed il Giardino Biais sono scomparsi, altre particelle dell’orto li hanno rimpiazzati, e altri colture sono apparse.  

Teatro d’orticoltura, Le Potager du Roi è fin dalla sua creazione un luogo di sperimentazione. La Quintinie, come i suoi successori, sono passati come maestri pionieri nel loro campo. Le loro tecniche li rendevano capaci di offrire a Luigi XIV° fichi per sei mesi all’anno, delle fragole in gennaio, dei piselli in aprile, degli asparagi in dicembre, grazie a delle tecniche di coltivazione molto ingegnose: telai invetriati, campane di vetro e strati di letame caldo per proteggere i loro prodotti. Settecento alberi di fico, coltivati in cassetta, venivano ritirati durante l’inverno nell’edificio ancora oggi chiamato La Figuerie, e protetti da pacciamature, letami e teli invetriati. Si poteva anche servire al Re dei fichi freschi fin dal mese di Giugno. La Quintinie può dunque esser considerato come un precursore e di vini nuovi e dei prodotti contro-stagione, divenuti oggi così comuni. 

 

I prodigi realizzati erano tali che l’orto era celebre in tutta Europa. Luigi XIV° invitava spesso la sua Corte ad una passeggiata nel suo orto: osservava dall’alto della terrazza i lavori dei giardinieri e non disdegnava prendere qualche corso di giardinaggio, con questo giardiniere che teneva in alta considerazione.  

Incisione storica de Le Potager du Roi

Ingresso Reale al Potager du Roi - dal lato verso il Bacino d'Acqua degli Svizzeri

Alla morte di La Quintinie, nel 1688, Louis Le Normand fu il primo di una famiglia che gestì l’Orto Reale fino al 1782. Egli fece costruire le prime serre, delle serre olandesi apparvero in Francia alla fine del Regno di Luigi XIV°.  

A ridosso delle mura per proteggere le piante del nord, le serre hanno permesso di acclimatare i vegetali tropicali come l’ananas, il caffè, le banane, e tutte le piante esotiche portate dai viaggiatori.

La produzione di ananas, per esempio, che iniziò nel 1733, si è perseguita fino alla Rivoluzione ed ha contato circa 800 piedi. Non è che nel XX° secolo che questa produzione si è interrotta. Allo stesso modo, la dozzina di piedi di caffè introdotta nel Potager du Roi verso la metà del XVIII° secolo faceva la fierezza di Luigi XV°.  

Il XVIII° secolo è anche quello di pianificazioni e lavori nell’Orto Reale: gli 11 giardini, dei quali la chiusura a compartimenti non permette la ventilazione sufficiente, e di cui il terreno è troppo umido, sono ingranditi nel 1785 e ridotti a 5 giardini più spaziosi, sopprimendo alcune mura. E’ in questo momento che due terrazze, quella di Levante e quella di Ponente, sono trasformate in rampe per facilitare il passaggio delle carrette. Nell’ambito dell’agricoltura, il Potager du Roi fu il primo giardino ad adottare il procedimento di riscaldamento delle serre attraverso il termosifone. La ricchezza della collezione dei vegetali e la modernità delle tecniche ortofrutticole sono state le carte vincenti del Potager du Roi: vi si installò, durante il periodo Regale, degli stabilimenti pedagogici, una Scuola Centrale durante la Rivoluzione, un Istituto Nazionale nel 1848, poi una Scuola d’Orticoltura nel 1873. Questi fatti hanno orientato le colture verso una collezione di varietà e di forma fruttifere.  

 

Da più di tre secoli, il Potager du Roi resta un luogo di produzione, malgrado le vicissitudini politiche, gli alti e bassi delle finanze pubbliche. I Giardinieri coltivano oggi circa 350 varietà di frutti, con predominanza peri e meli. Il Pero è stato sempre un frutto di primo piano nell’Orto, da La Quintinie che, avendone numerati più di duecento varietà, raccomandava innanzitutto il pero “Bon Chrétien d’Hiver”.  

Ogni anno, in media 30 tonnellate di frutti vengono prodotti nel Potager du Roi e raccolti per essere venduti al mercato o trasformati in succhi di frutta o marmellate… Gli alberi sono circa in una sessantina di forme fruttifere differenti, spesso spettacolari, a palma, doppie U quadrate, etc.  

Nel 1926 fu classificato come monumento storico, e dal 1991 fu riaperto alla visita del pubblico.  

La Scuola nazionale superiore del Paesaggio, che ha sede in questo luogo, forma dal 1976 del paesaggisti DPLG. La Scuola persegue il progetto di restaurare il Potager du Roi, al tempo stesso attraverso grandi lavori sulle strutture (i muri di cinta, il reimpianto dei peri del Grande Quadrato, il ripristino del sistema di drenaggio), ma anche mantenendo su questo spazio differenti pratiche di giardinaggio, che fanno di questo Orto Reale un luogo vivente: corso per gli amanti della orticoltura, per gli studenti di giardinaggio e per la sperimentazione della coltura biologica.  

Curiosità ed informazioni utili

Chi avesse la vocazione da paesaggista potrebbe entrare all’ECOLE NATIONALE SUPERIEURE DU PAYSAGE di Versailles, il cui ingresso è situato proprio all’ingresso del Potager du Roi. Si tratta di una selezione rigida, infatti su una media di 400 domande di ammissione, solo una cinquantina viene accolta. E’ necessario aver superato un esame del Ministero dell’Agricoltura ed essere in possesso di un diploma di scuola superiore, con almeno due anni di università successivi. Il corso dura in media 4 anni, colla possibilità di Master in Teorie e metodi di Architettura e sviluppo del Paesaggio. La retta costa 1.000 euro annui, e sono previste pure borse di studio. I 90.000 metri quadrati del Potager Reale sono aperti al pubblico da aprile ad ottobre, dalle 10.00 alle 18.00, e l’ingresso è di 4,50 Euro (6,50 nei fine settimana e nei giorni festivi), che è situato in Rue du Marechal Joffre, n. 10 a Versailles. Nei Week-end e durante i giorni festivi ci sono anche delle visite con guida alle 11.00, alle 14.30 ed alle 16.00.  

Presso la boutique della scuola sono possibili acquisti delle verdure e dei frutti dell’orto, nonché dei libri  sul giardino e sul paesaggio.

Per giungere al Potager du Roi, da Parigi esiste il treno suburbano LINEA C della Rer.

Oggi

Vi sono alcuni che coltivano i carciofi che piacevano al Re Sole, ed intanto studiano il modo di restaurare i frutteti barocchi: si tratta di un consistente numero di paesaggisti, che ragionano come agronomi, ma fanno gli architetti. Come si potrebbe definire la figura del paesaggista? Una persona che deve esser esteta con conoscenze di un agronomo, deve saper abbinare pianta con pianta, fiore con fiore, frutto con frutto; deve avere il senso di capire quando è il caso di coprire con alberi e cespugli l’inestetismo di un parco urbano o lasciare che la vista possa scorrere uno squarcio della città: non è solo un giardiniere, non è solo un architetto, ma entrambe le cose. 

 

Fra quelli operanti a Versailles, spiccano due italiani, Chiara Santini e Stefano Olivari

La prima, fulminata dal cartone animato Lady Oscar, aveva già capito sin dalla tenera età che avrebbe voluto lavorare a Versailles. “Mi sono perdutamente innamorata della storia dei Reali francesi, grazie ad un cartone animato”. Laureata in storia moderna, bolognese di nascita, si è trasferita a Parigi nel 2001 per il dottorato sulle Professioni del paesaggio. Collabora col sito www.topia.fr  

Il Secondo invece, torinese, vive a Parigi e considera i parchi della capitale troppo borghesi, tanto che chiudono presto e se si osa fare un barbecue si ha una multa certa. E’ laureato in Società e culture d’Europa, specializzato in paesaggi barocchi, sta terminando il master alla scuola di paesaggio dove dice di aver imparato a leggere e decodificare la natura, e prende occasione di scrutare la natura con ogni tipo di viaggio che intraprende sia in treno che in auto.  

Il Sito Ufficiale dell’Orto del Re: http://www.potager-du-roi.fr/

 

A cura di

    Arsace da Versailles, Faustina da Versailles

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