Passeggiata Virtuale nei Giardini di Filippo V, Re di Spagna Sotto il segno di Versailles Nella piazza di accesso davanti alla facciata sud del Palazzo, si apre in patio di onore un’area, detta Il Ferro di cavallo (La Herradura), fino al grande Parterre de La Fama, per la Grande Fontana che dà il nome all’aiuola, e che coi suoi vasi, le sue sculture e piani di marmo offre una bella veduta dalla balaustra di ferro battuto e dorato. Benché le grate, attraverso cui si arriva al giardino, risalgano di fattura al Regno di Filippo V, non si posizionarono qui fino al 1844, quando questa piazza acquisì la sua forma attuale, costituita da una scalinata e da una panchina continua con schienale in ferro che separa il Parterre: inizialmente questo dislivello era occupato da una scala e rampe di prato. Al lato destro, si trova la strada di Valsaìn (un viale a destra che fino al 1724 fu l'entrata principale per i Re dall'antico Palazzo avente il medesimo nome) che separa il Parterre de La Fama dal reticolato che parte da Le Otto Strade, il parco che si può definire iniziale, delimitato anche dall’altra strada de La Medianería (perpendicolare a quella di Valsaìn) che sale poi verso la zona del parco chiamata Il Mare ed il Bosco. Da questo punto, qualunque passeggiata è gradevole, ma il percorso più in accordo col senso originale del giardino e col processo della sua creazione sarebbe quello de Le Otto Strade. Altre
possibilità sono salire per la Medianería fino a Il Mare ed il
Parco, lasciando alla destra
Le Otto Strade, oppure andare fino ad
I
Bagni di Diana, prendendo la strada di Valsaín, costeggiando il
Parterre
di La Fama. La strada di Valsaín, passando davanti della facciata principale del Palazzo, si trasforma nella Terrazza, lastricata e fiorita con gruppi di putti e sfingi in piombo dipinto. Il
primo boschetto di tigli, chiamato Boschetto dei Venti a causa della
fontana che si trova nella sua parte più alta, sta molto vicino al palazzo,
ed era lodato dai teorici del giardinaggio dell’epoca di Filippo V:
"I
boschetti sono
tanto più gradevoli stando vicino alla casa, perché così si trova
ombra senza dover addentrarsi troppo nel giardino, senza contare il vantaggio della
freschezza che danno alle stanze, cosa molto apprezzata nella stagione
calda" (Dézallier). Di seguito, aprendosi con la stessa ampiezza del Palazzo inizialmente costruito, che corrisponde al corpo centrale della facciata della residenza attuale, si trova il Parterre di Palazzo, il cui asse si prolunga nella monumentale Cascata Nuova, che termina con la fontana delle Tre Grazie ed Il Padiglione o Pergolato di Marmi.
Qui
la somiglianza con Marly è molto marcata, ricordando che gli artisti che
lavorarono a Versailles e poi a Marly, furono impiegati pure a La Granja. Il Parterre è adornato con vasi di
piombo e fiancheggiato da balaustre e da statue di marmo: nel lato destro,
L'Autunno o Bacco, America, L'Estate o Cerere; nel sinistro, Africa, Milón di
Crotona e La Fedeltà. La Cascata, che comprende una serie di statue tra emergono I Fiumi Tago e Guadiana, presentati come meravigliati per la magnificenza regale, fu terminata ed operativa nel 1723; essa fu oggetto di un'importante restauro nella seconda metà del secolo XIX.
Nella
parte inferiore, il gruppo de
La Fonte di Anfitrite costituisce
un'allusione alla Regina Isabella Farnese, dato che
si tratta della compagna di Nettuno, personificazione di Filippo V, nel pieno
dominio del suo Regno. La
Cascata è incoronata da due gruppi di animali e da altri due con putti posti
sopra cavalli marini: sono presenti inoltre tre maschere fantasiose che
spruzzano acqua.
Benché
sia preferibile girare attorno al Palazzo, da qui può salire fino al pergolato,
osservando le statue che fiancheggiano La Cascata disposte
simmetricamente, una alla sinistra ed un'altra alla destra: La Gloria dei
Principi, e La Magnificenza; Asia ed Europa; L'Inverno
ed
un Pastore; e La Primavera, e Diana. I
ventotto vasi di piombo,
posizionati nel 1804 e realizzati per ordine di Re Carlo IV da Luigi Poggetti,
sono dipinti imitando il marmo bianco, alternandosi con le
sculture presenti in questo parterre, nella salita verso La Fontana delle Tre Grazie,
La Fontana di Andromeda. Questi vasi sostituirono i lavori realizzati da
Thierry in vero marmo bianco, fatti trasportare nel 1797 ad Aranjuez.
Quattro
dei vasi di Thierry si conservano ora nella gran scala del Palazzo Reale di
Madrid, i restanti si trovano ancora ad Aranjuez:
Questa bella serie di pezzi è l’unica cosa che manca all'insieme della
scultura decorativa dei giardini tale e quale a come fu finita durante il
regno di Filippo V. In entrambi i lati del Parterre, ed in contrasto col suo carattere di spazio aperto, alcuni boschetti di tigli, impiantati nel giugno 1722, formano masse chiuse che lo completano e che costituivano al tempo gabinetti e sale di vegetazione.
Seguendo
la Terrazza del Palazzo, si scorge alla destra la magnifica prospettiva de La
Corsa di Cavalli, ed alla fine invece della stessa Terrazza si può vedere, dall’alto di una scalinata,
come l'asse trasversale del giardino si prolunga verso il basso in direzione
della Fontana de La Selva, i Boschetti
annessi, il ponte
sull'Estuario, i Boschetti del Nocturnal (L'Anneau Tournant), l'Orto
de Il Potosì, ed il giardino con il Padiglione della Casa dei Fiori
e, più in là, i vivai ed il Labirinto.
La
Fontana de La Selva ha molti
zampilli alti ed insieme fanno l'effetto di un fascio o covone, "gerbe" in
francese. Con
le figure mitologiche di
Vertumno e Pomona, che occupano il suo centro, la Fontana è opera armoniosa di Carlier, eseguita
dallo scalpellino Andrés Collado. Le figure di marmo che risaltano sulla siepe
di carpe si devono a quattro dei principali intagliatori francesi che
rimasero ne La Granja, tra Frémin e Thierry e la morte di Bousseau.
Il
Parterre de La Selva dispiega due grandi assi
longitudinali, paralleli alla strada della Medianería ed
all'asse del Parterre de La Cascata: si tratta dell'Estuario
o Cascata Vecchia e la
La
Corsa di Cavalli. Queste vedute seguono assi, le cui prospettive sono troncate dalle montagne: questa circostanza risultava scioccante per il gusto barocco, che preferiva estendere illimitatamente la vista secondo il gusto dominante francese. Filippo V, desiderando il giardino rovesciato verso i monti, nel punto in cui la montagna si faceva più spessa, voleva trarre il massimo beneficio dal principale vantaggio del luogo, ossia l'abbondanza di acque vive provenienti dalle cime, immagazzinandole in un grande deposito superiore, chiamato Il Mare, e capaci di formare grandi cascate verso la dimora Reale. Indubbiamente
il luogo geologicamente era molto più favorevole rispetto l'area del modello Versailles per il convoglio delle acque da sfruttare per le fontane, ma,
il lavoro idraulico sottostante non era (ne è)
capace di poter azionare contemporaneamente tutte le fontane: gli sforzi quindi
che sono stati immessi per realizzare il reticolo di tubature sottostanti non fu
così profondo e studiato come a Versailles. Nel giorno in cui si celebra la festa di San Luigi, le fonti vengono aperte a determinati orari, sicchè il pubblico astante in massa si deve spostare da una fontana a quella successiva, ingolfando completamente l'area di giardino circostante la fontana zampillante. A Versailles invece, le fontane, a meno che non vi siamo periodi di siccità, vengono aperte contemporaneamente, sicchè risulta molto più agevole poter ammirare i giochi d'acqua: il pubblico si sparpaglia nel giardino e non si concentra come a La Granja de San Ildefonso.
L'Estuario, scaglionato mediante varie cascate d'acqua, è l'alveo di un ruscello naturale, che Carlier canalizzò mentre costruiva il giardino; al di sopra di questo fondovalle, egli mantenne la pendenza naturale del terreno con un gran muro di pietra, che sostiene una prolungata terrazza delimitata, in tutta la sua longitudine, da una bella ringhiera di ferro battuto, dovuta a Sebastián de Flores, e dalla quale si domina tutto L'Estuario. Questo
lungo giardino a terrazze, disposto in vari livelli ascendenti da quello del
pianterreno di Palazzo, serve da scenario alla più grandiosa prospettiva
acquatica de La Granja, ossia la successione di fontane chiamata popolarmente La
Corsa di Cavalli che raggruppa le fontane de Le Conchiglie ed Il
Ventaglio, di Nettuno, di Apollo o della Lira, I Draghi
nella mezza Luna, e L’Estuario e, nel suo tratto più alto,
continua visivamente fino alla Fontana di Andromeda. In primo luogo, allineamenti di tigli con siepi alte di carpe formavano Il Boschetto de Le Conchiglie con tre gabinetti nei cui centri rimangono oggi tre fontane: le due circolari più piccole, chiamate La Lumaca o Le Conchiglie, avevano nelle loro fondo "conchiglie ed altre produzioni o frutti del mare". Tra esse, un stagno quadrato, la Fonte del Ventaglio,
contiene una naiade accompagnata da zeffiri, che afferra un pesce dalla cui
bocca esce l'acqua in forma di un ventaglio, particolare da cui si trasse il
nome. Ma,
al di là della forma spiritosa, pittoresca e minuta che la vicinanza alla residenza
imponeva a queste fontane, i protagonisti di questa lunga prospettiva
ascendente, troncata dalla montagna, sono i zampilli delle grandi fontane
seguenti.
Nella
Fontana di Nettuno, nel centro di un lungo stagno rettangolare, il Dio si
erge imponendosi sulle acque, in un carro trionfale di conchiglie e tirato da
cavalli marini. Lo precedono e seguono gruppi di bestie simili, con tritoni,
cupidi e corni dell'abbondanza, con frutti marini e delfini, in modo che dai tre
gruppi escono altrettanti zampilli verticali, e sedici, minori, obliqui.
I
Fiumi Ebro e Segre, fiancheggiano un grande mascherone che versa
l'acqua su un stagno mistilineo, situato tra le due scale di marmo che salgono
ad un livello superiore di terrazza. Questo piano superiore è inclinato, in
modo che il lungo stagno che occupa il suo centro, è diviso in tre cascate.
Nella prima, o quella più bassa, è presente la
Fonte di Apollo e Minerva, dove stanno le
sculture principali che gli danno nome: Apollo, vincitore del Serpente
Pitone, vinto ai suoi piedi, mantiene soddisfatto la sua lira, mentre L'Amore
dell'Arte che si mette sotto la sua protezione, gli presenta una corona di
alloro, e quello de La Guerra regge la sua faretra
per provvederlo di frecce. Minerva, o la virtù invincibile - il
cui scudo ostenta il lemma "né per la fortuna, né per il destino" -
che ha sconfitto L'Invidia e La Discordia, poste ai suoi piedi,
tende ad Apollo un ramo di olivo come simbolo di pace. Nelle
altre cascate ci sono quattro gruppi di piccoli tritoni con draghi, con un
totale di cinque alti zampilli. I
temi mitologici di questa prospettiva e scenografica di fontane - includendo
quella di Andromeda - acquisiscono un significato inequivocabile nel suo
insieme. La rappresentazione deve capirsi incominciando dalla scena più lontana
e percorrendo tutto il teatro verso le vicinanze del Palazzo, dove, come è
logico, vi sono le immagini soavi più consone: alludono alla carta di Filippo V,
salvatore della Monarchia e vincitore sui nemici nella Guerra di Successione. -
Andromeda - trionfatore sulla disubbidienza, l'invidia e la discordia e
protettore delle Arti - Apollo - i rii nello stagno seguente stanno a significare le regioni ribelli, ed infine, Filippo metaforicamente come signore assoluto nel suo pacifico ed esteso dominio
- Nettuno. Questa vasta successione di allegorie
ricorda l'impiego similare di questa tematica nell'opera barocca, per esempio
nella Nais di Rameau (1749), che sembra ricordare qui per le sue
suggestioni acquatiche.
Se
si sale sempre per il lato della ringhiera, si domina L'Estuario o La
Cascata Vecchia che forma La mezza Luna, con due enormi draghi che sputano
acqua attorno all'isoletta dove si trova lo stagno di Apollo.
Questa
curva sembra pensata affinché il passante, qui immerso, si sentisse vivere
nell'elemento dell'acqua: allo scorrere dalla fontana di Andromeda nella
parte alta de L'Estuario, a tutte le fontane della prospettiva verso il
Palazzo, mentre la cascata discendeva con tutto il suo peso, lo
spettatore, fermo nell'isoletta, sentirebbe la sensazione che la materia
vegetale era diventata liquida, in una trasformazione degna del Palazzo di
Armida.
Dalla
Mezza Luna, una
scala sale ad un'altra testa di asse, in questo caso quello della Cascata
Nuova: la piazzola dove sta la Fontana de Le Tre Grazie, dalla quale
si domina La Cascata, il Parterre e la facciata del Palazzo,
tracciata da Juvarra.
Dal padiglione, che forma il fondo della piazza, ci si poteva godere non solo questa bella prospettiva, ma anche quella del lato opposto che sale verso Il Mare, dopo essere disceso fino al Parterre da Andromeda.
Il padiglione - o Pergolato di Marmi, come si chiamava nel secolo XVIII, alludendo ai marmi che formano il suo decoro interno con lesene di ordine composito - fu progettato per Carlier, ma realizzato già con la direzione di Frémin e Thierry. Nel suo esterno, di calcare rosato di Sepulveda, le allegorie di Le Quattro Parti del Mondo adornano le smussature. Sono presenti a decorazione dell'insieme Le Quattro Stagioni o Le Quattro Età dell'Uomo nelle maschere delle chiavi di volta (cosa fra le altre cose richiamante le età dell'uomo nelle chiavi di volta esterne, poste a piano terra delle arcate presenti alla base della Galleria degli Specchi della Reggia di Versailles) e L'Amore alla virtù che incorona la sommità. Mentre nell'interno
sono presenti quattro figure allegoriche femminili, che alludono al
suo destino per l'audizione di musica, tanto importante nella Corte di Filippo
V, che ingaggiò il
famoso castrato Farinelli e fece attecchire in Spagna
l'opera italiana. Se
da questo punto si vuole andare alla
Piazza de Le Otto Strade, si scorge
alla destra la Fontana di Eolo, dominatore dei Venti, che rappresenta il
Dio con corona e scettro, mentre mantiene rinchiusi i venti in una otre, emblema
della virtù che sottomette le passioni, e che dà nome alla Boschetto inferiore
e superiore. Il
Parterre di Andromeda è decorato con vasi di piombo, realizzati da Frémin,
e con quattro sculture di marmo che rappresentano Giunone, Nettuno, Saturno e
Hismena toccando il flauto traverso. Attraversandolo si arriva alla grande
Fonte
di Andromeda, che rappresenta Perseo, mentre salva la Principessa
dell'Etiopia, incatenata ad un macigno per disposizione di Giunone, dal drago
che veniva a divorarla. Se
l'eroe rappresenta qui il primo monarca spagnolo della Casa di Borbone salvando
la Monarchia, Minerva che l'aiuta allude alla Francia, suo principale appoggio
nella Guerra di Successione. Prima
di uccidere il mostro con la testa della Medusa, Perseo ha inflitto già molte
ferite al drago, ferite che sono rappresentate da altrettanti zampilli: da qui
viene il nome, delle Piaghe, al piccolo stagno situato un po’ più su e
che alimenta questo gioco d’acqua; lo zampillo principale raggiungeva i 37
metri di altezza, ma di norma non viene attivato oggi.
La
Fontana di Andromeda è il
punto più alto tanto dell'Estuario, come della gran prospettiva de La
Corsa di Cavalli, alle quali serviva da fondo scenografico, e da galleria e
gabinetti con persiane di legno che occupavano tutta la mezza circonferenza del
fondo della piazza.
In questo posto si mantengono solo le otto sculture di marmo che rappresentano I Quattro Elementi e La Poesia pastorale, lirica, eroica e satirica, opere di Frémin, salvo le due prime di destra, di Thíerry. Dietro il
graticolato, e in opposizione e complemento ai citati parterre, rimanevano i Boschetti
di Andromeda, che sicuramente erano ideati per contenere gabinetti e sale di
verdure; ma già nel 1737 si abbandonò questa idea, ordinando di collocare nei
Boschetti de La Selva le quattro sculture destinate a questo paramento.
Dal parterre di Andromeda, diverse possibilità. - Una è continuare il percorso attraverso il giardino primigenio, ritornando a Palazzo attraverso La Selva, così si visita il curioso Labirinto, tracciato da Carlier seguendo un disegno edito da Dézallier, e dove non conviene perdersi con molto sole o cattivo tempo. -
Un'altra possibilità,
se si vuole fare una passeggiata lunga nel giardino, è salire fino ad
Il
Mare, nome che si diede - tanto qui come ad Aranjuez - allo stagno per la
fornitura di acqua alle fontane. I
pendii di Penalara, coperte di pini, si riflettono in quella limpida superficie
tanto da sedurre la sensibilità pittoresca dei viaggiatori europei
istruiti e romantici. Vicino
al bordo, la Casa della Gondola fu edificata nel 1725 per custodire la
sontuosa barca di cerimonia di Carlo II - ora nel Museo di Feluche Reali di
Aranjuez - che Luigi I inviò da Il Ritiro (Madrid) affinché Filippo V
si divertisse navigando in questo posto.
Il
Bosco che circonda Il Mare fu aggiunto nel 1735 al perimetro originale
del Real Sito, ed offre una bella passeggiata di un'ora per farne la
circonvallazione. Se
si scende dalla Fontana di Andromeda, così come se si scende da Il
Mare, c'addentreremo nel primitivo parco, cioè nell'area de
Le Otto
Strade, dove in origine le file di alberi erano di olmi e di differente
larghezza nei viali, rispetto all'aspetto del giardino originale, dove invece dominava il
tiglio come tipologia di albero.
La
Scala Ovale di erba saliva
fin dal Parterre di Andromeda alla strada della Medianería, che
si incrocia per arrivare allo Stagno Quadrato; questo, concepito
dall'inizio per alimentare La Cascata Nuova, mentre si portava a termine Il
Mare o stagno generale, ostacolò, con la sua forma ad anello, la
realizzazione di un tracciato regolare per i boschetti più su di questa linea,
aggiunti nel 1728 da Marchand sul tracciato di Carlier; la serenità di queste
acque ed il riflesso delle masse vegetali gli danno un’atmosfera magica.
La
Fontana del Cestino, è la
più semplice quanto alla scultura, ma il suo gioco di acque è il più
ingegnoso e variegato, specialmente quando passa del suo primo movimento al
secondo; vista da molto vicino può causare una forte impressione. I piedistalli
per sculture erano sistemati nel 1746, ed allora si pensava di collocare qui
quattro gruppi: Céfalo e Procris, Bacco ed Arianna, Zeffiro e Flora, e
Diana ed Endimione; ma i gruppi di piombo esistenti sono già della prima
metà del secolo XIX e seguono modelli classici.
La
forma stellata dell'area di Le Otto Strade ubbidisce alla sua funzione
iniziale di parco da caccia, con un pergolato centrale ed altre quattro piazzole
secondarie, tutte esse decorate con fontane dopo il 1725.
Due
fontane simili, chiamate de La Tazza nella linea superiore e de I
Draghi, o del Tripode di Apollo, in quella di sotto, sono posizionate a modo
di pietra miliare, che ferma la vista nelle crocevie delle strade;
sono
quasi gemelle, salvo leggere sfumature, come per le figure ne La Tazza Alta
sono tritoni, mentre nella fontana Tazza Bassa sono nereidi; questi due
si ispirano, alla lontana, nella fonte di Piazza Mattei a Roma, di Giacomo della
Porta, mentre quelle de I Draghi seguono il disegno del francese Charles Le Brun. Tra
i boschetti de Le Otto Strade e la strada della Medianería, è presente
un Boschetto chiamato del Canale, che conteneva gabinetti di vegetazione,
prolungando la sequenza di spazi raccolti,
servendo così da collegamento tra i due distinti settori principali del
giardino. I
boschetti, masse di alberi limitate dai viali retti del giardino, non offrono
solo fresco ed ombra, ma servono per formare contrasto con le parti aperte.
Quelli de La Granja erano costituiti da alberi di mezza taglia circondati da
alta vegetazione, e così si creava un effetto di spessore ispirato dalla
soluzione francese.
In
generale, l'interno dei boschetti de La Granja si trovava in stato selvaggio: il
rovere, specie autoctona dominante, si lasciava crescere fino ad un'altezza
massima di circa dodici metri, affinché la sua ombra non pregiudicasse alla
crescita dei tigli ed olmi dei viali. Dalla
fine del secolo XIX normalmente non si disbosca, ed i grandi esemplari,
soprattutto le conifere, si innalzano oggi troppo.
La
Piazza delle Otto Strade
costituisce un’area riuscita scenografica, benché la pendenza non crea un
effetto molto fortunato, come se si fosse trovata in una zona più elevata
dell'insieme, o in pianura.
Dal
suo centro, occupato dal gruppo di Mercurio mentre rapisce Psiche,
possono vedersi i giochi d’acqua contemporaneamente le quattro fontane de La
Tazza e de I Draghi, vicino alle otto ulteriori fontane che occupano
le strade secondarie della Piazza. Queste si costruirono nel 1734 e consistono
in stagni mistilinei - anticamente suolature con mattonelle di marmo e lavagna,
a scacchiera - ed arcate che, ritagliandosi contro il fondo verde delle siepi
alte e dell'alberatura dei boschetti, riparano otto statue di Saturno,
Minerva, Ercole, Cerere, Nettuno, La Victoria, Marte e Cibele, tutte
realizzate da Frémin, benché la prima e la penultima fossero finite grazie a
Dumandré, sotto i loro archi di piombo dipinto imitante il marmo bianco e
decorazioni di bronzo dorato.
Così, il totale di giochi di acqua visibili dal piedistallo del Mercurio mentre rapisce Psiche è di dodici, contando quelli de I Draghi e de Le Tazze, o sedici, con quelli del Cestino, Latona, Le Tre Grazie e La Fama. La luce dell'imbrunire, riflessa attraverso le montagne, è molto bella in questa area, da dove si può scendere seguendo la strada verso la Fontana di Latona; nel primo crocevia vi sono quattro muse di marmo; Erasto, Euterpe, Terpsicore e Talia, derivate dal modello di Frémin, ma ideate già da Bousseau; la stessa cosa succede con le altre cinque muse: Calliope, Clio, Melpomene, Polimnia ed Urania, presiedute da Apollo, come nel Parnasso, che si trovano nell'altro tratto della strada lunga, tra la Piazza delle Otto Strade e la strada della Medianería. La Fontana di Latona è la penultima che si eresse. Marchand l’aveva ideata verso il 1725 per finire la Strada Lunga un labirinto di pianta semicircolare, aggiungendo più terreno al giardino; le nuove mura avevano già visto i natali nel 1728, ma furono terminate finendo per essere un mero contenitore per l'elemento protagonista che è la fontana, finita prima del 1737. Latona che, per fuggire dalla vendetta di Giunone, errava per il mondo coi suoi figli Apollo e Diana, arriva a Licia e chiede acqua ad alcuni contadini che tagliavano giunchi in uno stagno; quando gliela negano, irritata, chiede vendetta a Giove, ed immediatamente i miserabili si trasformano in rane; favola molto adeguata per alludere alle difficoltà di un sovrano nella sua infanzia, come succede a Versailles. Benché pensare che ci
fosse qui tale intenzione a proposito di Isabella Farnese e la sua posizione
poco brillante iniziale, sarebbe sicuramente forzare le cose. La cosa certa è
che il tema mitologico si prestava a realizzare una bella figura acquatica: gli
abitanti di Licia, alcuni già rane ed altri in piena metamorfosi, lanciano,
come grida di stupore, grandi zampilli contro la massiccia statua centrale che
arriva a perdersi di vista nel parossismo del gioco di acque, scisso in due
movimenti molto belli. I Bagni di Diana, ultima fonte realizzata e l'unica che ha un carattere architettonico, sorse alla fine del regno da Filippo V come lo spettacolare edificio trapezoidale di un giardino le cui importanti opere idrauliche formavano già allora un insieme omogeneo e chiuso. Il suo progetto si deve ai due scultori Rene Frémin e Jacques Bousseaum che stavano ideandolo nel gennaio del 1737, mentre l'ordine definitivo per la costruzione fu dato il 5 ottobre dello stesso anno. Si deve a Bousseau la maggior parte e le cose migliori della scultura. Benché la maggior parte dell’opera fosse già fatta ed i giochi di acqua basilari in funzione già nel 1743, non si può dire che l'insieme fosse pienamente concluso se non dopo l’ottobre del 1745, avendo la supervisione da Pierre Puthois e Hubert Dumandré. Parallelamente si ordinò la piazza che contiene la fontana, dove si dovevano disporre statue, balaustre e vasi, collocando questi ultimi già agli inizi del 1746. Quando Filippo V la vide funzionare per la prima volta disse: "Tre minuti mi diverti e tre milioni mi costi." Diana
si riposa dalla caccia servita per cinque ninfe che si occupano di lavarla,
pettinarla ed asciugarla, mentre altre, distribuite per lo stagno, giocano con
cani e delfini che lanciano zampilli. Dietro,
in mezzo allo scenario architettonico di pietra e marmi, ma come nascosto in una
grotta - perché la nicchia stava in origine decorata così, con rocaille,
pietre di fiume, "conchiglie, lumache, coralli ed altri avanzi di mare, che
formano un vistoso grottesco" - un fauno, che rappresenta Atteone, tocca il
flauto mentre spia la scena; si è scelto il momento idilliaco di questa storia.
Quattro
vasi di piombo, e quattro ninfe cacciatrici, fatte da Puthois e Dumandré,
alternandosi con banchine di marmo, adornano il contorno della piazza.
Tutto
lo spazio che occupa questa fonte e la sua piazza circostante è, come quello di Latona, una
aggiunta realizzata tra il 1728 e il 1737 al perimetro originale del parco,
perché quando si eresse il Real Sito aveva in questo luogo una porta di ferro
attraverso la quale i Re entravano venendo da Valsaín, entrata che diede nome
alla strada che, situata di fronte a questa fonte, conduce verso Palazzo de La
Granja de San Ildefonso. La
grata, opera di Sebastián de Flores, fu piazzata, costituendo la nuova porta,
chiamata di I Bagni, situata nell'asse de
La Fama.
Il Boschetto de La Fama nella cui area si staglia la fontana che dà il nome a tutto questa zona, era formato da pioppi alla fine del XVIII, ma attualmente predominano le conifere: la fontana presenta un gruppo scultoreo che si libra molto verso l'alto. La Fama, montata sul cavallo Pegaso è raffigurata mentre suona il suo clarino, lancia il suo potente zampillo ad oltre quaranta metri di altezza, mentre vari guerrieri mori cadono vinti ai suoi piedi giù per il macigno, alla cui base sono poste quattro figure che rappresentano i fiumi principali della Spagna. L'insieme di questa spettacolare "macchina", terminata verso il 1730, è influenzata dalle creazioni di Bernini, ma la figura principale è ispirata direttamente ad un disegno di Charles Le Brun. L'allegoria non tratta solo del
Re come difensore della Religione - alludendo alla conquista cristiana dei regni
musulmani ispanici - ma anche alla gloria di Filippo V come campione della
legittimità, tanto nella Guerra di Successione così come nelle diverse
campagne belliche che intraprese in Italia per dotare di Stati i figli che aveva
avuto con Isabella Farnese in quegli anni. Alla fine poi i figli di Filippo V ottennero! Carlo ottenne il Regno di Napoli, e Filippo il Ducato di Parma. Nella piazza
attorno allo stagno ovale vi sono, all'entrata del boschetto, due statue di
marmo, Lucrezia ed Atalanta. Il Parterre di La Fama era originalmente del tipo “de compartiment”, ma nel 1849 fu rifatto come un “parterre à l'anglaise” e così è arrivato fino ai nostri giorni. Quando i Re venivano a vedere in
funzione la fontana occupavano
il passaggio tra i 2 pezzi di prato.
Le
due sculture in marmo che rappresentano Apollo rincorrente Dafne si collocarono
nel Parterre nel 1730. Gli otto vasi di piombo si ritengono tra i più belli del giardino:
quattro presentano le armi di Filippo V e quelle di Isabella Farnese – i sei
gigli che non devono confondersi con i 3 dei Borbone - e gli altri quattro hanno
figure e trofei di caccia presi dai disegni di Oppernord.
La
strada del Maglio, che delimita il parterre sotto e lo separa dal Boschetto
de La Malinconia e della Partenza della Regina, serviva per il gioco
da quello nome, una specie di polo o croquet a cavallo ai quali era molto
affezionato Filippo V. Lo stesso gioco era molto in voga pure a Versailles,
tanto che accanto alla Sala da Ballo e al Boschetto della Regina a Versailles,
è presente una lunga distesa di prato, delimitata da file di alberi, dove la
nobiltà si distraeva giocando al gioco suddetto.
La Partenza della Regina è il nome che si dà ai giardini e vivai coltivati nel secolo XVIII dagli orticoltori italiani, ed all'antico giardino de la Botica.
Vicino alla sua entrata si trova l'eremo di San Ildefonso, luogo che diede
l'origine del nome a Real Sito. Enrico IV lo fondò in 1450, e
benché forse lo facesse all'inizio come offerta votiva per essersi liberato da
qualche pericolo cinegetico, fin dal principio lo considerò come un padiglione
di riposo per le sue giornate di caccia a Valsaín. Appartenuto
ai Geronimi, Il Pergolato fu ceduto ai Re Cattolici
due secoli e mezzo dopo, quando l'acquisì Filippo V: i monaci avevano posto qui una di
quelle "fattorie", come quella di La Fresneda ad El Escorial,
dove i membri di quell’Ordine rigoroso ed aristocratico si ritiravano per riposare. Benché
debba la sua localizzazione ed area al secolo XV, la costruzione attuale
corrisponde al secolo XVIII, perché nel 1742 si fondò una Fratellanza di
Giardinieri che ottenne dal Re la cessione dell'eremo come sede della sua
confraternita: nell'anno seguente la ricostruirono in modo che fu già
riaperta al culto nell'estate del 1745. Dando la schiena ai ricordi delle reali battute di caccia medievali in questi paraggi, il Palazzo borbonico ci mostra la animata sagoma delle sue torri e la facciata meridionale sul Parterre de La Fama. Vai a Le Fontane e le sculture Ornamentali
A cura di Arsace da Versailles e Faustina da Versailles
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