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Si ringrazia la professoressa Jacoboni e Il Principe del Cembalo

Speciale Appartamenti di Versailles         Speciale Castello Louviciennes

L’ultima favorita di Versailles

A Versailles, dopo la morte di Madame de Pompadour nell’aprile 1764, non vi era più alcuna favorita Reale.

Se delle piccole favorite si succedevano nel letto del Re, esse consistevano spesso a dei passatempi reali la cui notorietà si sbiadiva a contatto con l’immagine di Luigi XV.

Il Re di Francia è, e deve essere, super potente, politicamente e sessualmente. Le erezioni sfortunate del Re rinviavano ad una incapacità di imporre le sue vedute politiche.

Il Regno di Madame du Barry (1768-1774) corrispose agli ultimi anni di vita di Luigi XV, Re decadente, che sprofondava in un libertinaggio sfrontato.

Con la sua ultima favorita, il Re riusciva a soffocare la sua paura patologica dell’Inferno grazie all’estasi sessuale. In effetti, la nuova favorita era una gran esperta del sesso.

Luigi XV confidò al suo amico, il Duca d’Ayen, il piacere, totalmente nuovo, che la sua amante gli provocava. Quest’ultimo gli avrebbe ribattuto: “Si vede bene che Vostra Maestà non è mai andato in un bordello”.

Festa della du Barry a Louviciennes

Il 22 Aprile 1769, negli appartamenti d’apparato del castello, la Contessa du Barry uscì dall’ombra con successo facendo tre riverenze davanti al Re, di fronte ad una folla pietrificata. Ufficialmente presentata alla Corte di Versailles, lei era la nuova favorita.

 

Una prostituta di lusso a Versailles

Dopo dei mesi, i cortigiani spiavano più del solito gli amori del Re. Qualche settimana prima della morte della Regina Maria Leszczynska (il 24 giugno 1768), Luigi XV incontrò lo sguardo di colei che allora era chiamata mademoiselle Vaubernier, venuta a Corte a perorare la causa del suo compagno e protettore Jean Baptiste Du Barry, vicino agli impiegati del ministro Choseuil.

Il ministro onnipotente ostacolava ogni ambizione del Conte Du Barry, soprannominato “il bastonato”. Egli gli aveva rifiutato, più volte, il posto di addetto d’ambasciata nelle corti della Franconia.

Sotto il pretesto di fare economia, egli gli tolse il credito per le forniture di armate in Corsica. D’altronde Choiseul aveva sempre ostacolato questa ambizione a cui il “bastonato”, di origine guascona, teneva più di tutto: piazzare nel letto del Re una delle sue figlie, cosa che era sul punto di riuscire con una certa Dorotea, originaria di Strasburgo, a cui il Re aveva rinunciato solo per paura di una malattia venerea.

Con sua sorella, la Duchessa di Gramont, Choiseul bramava il letto reale e riteneva che questo privilegio spettava a loro.

Il Ministro Choseuil Duchessa di Grammont

Tuttavia, il Re ed alcuni dei suoi ministri deludevano i disegni di Choiseul.

Jean Baptiste Du Barry era un compagno di dissolutezze del Duca di Richelieu. Attraverso l’intermediazione di quest’ultimo, il “bastonato” ebbe l’attenzione di Le Bel, primo valletto del Re, incaricato da diversi anni di reclutare e presentare delle giovani ragazze destinate a divertire il monarca per qualche tempo solamente.

Il Duca di Richelieu

Molto discretamente il valletto del Re, Le Bel, avrebbe saputo piazzare mademoiselle Vaubernier sul passaggio del Re. Stupito, il Re passò una prima notte a tal punto voluttuosa che fu completamente soggiogato dalla bellezza eclatante della giovane donna, inebriato dalle sue carezze invitanti.

Molto presto l’amante venne sistemata a Versailles, in rue de l’Abreuvoir, da dove partiva durante la notte per raggiungere il Re.

Rue de l'Abrevoir a Versailles

Lei occupò anche l’alloggio di Le Bel, situato nel corpo centrale del castello. Degli inizi della relazione di Luigi XV con Mme Du Barry, si hanno dei dettagli precisi scritti dal duca de Choiseul del 1771 ed ecco cosa riportò sull’anno 1768: “Il Re… la fece venire ai viaggi di Compiègne e di Fontainebleau; alla fine di quest’ultimo si apprese che il Re aveva scritto al Conte de Noailles che la carne era debole…e che dava l’appartamento di Le Bel a Mme la contessa Du Barry”.

Questo fu il primo appartamento occupato alla Reggia da Jeanne Vaubernier: Lebel era il valletto di camera di Luigi XV, che abitava al pianterreno della Cour Royale, nell’ala demolita poco più tardi da Gabriel per la costruzione di ulteriori appartamenti per le figlie del Re, cosa che costò l'esistenza della meravigliosa Scala degli Ambasciatori di Luigi XIV. Nel 1768 Lebel era già morto (17 Agosto) quando Mme Du Barry andò a stabilirsi nei suoi appartamenti, il 12 Dicembre 1768, che consistevano in sei stanze, di cui tre a camino, otto mezzanini sullo stato degli alloggi del 1770: sembra quasi una beffa che colei che Le Bel avversò, poco favorevole alla nuova avventura del suo padrone, alla fine occupò la sua dimora.

Nel 1768, in vista della sua presentazione a Corte, Luigi XV accettò che la sua favorita sposasse il Conte Guillaume Du Barry, il cadetto del “bastonato”.

Questo matrimonio bianco venne celebrato il 1° Settembre 1768 dal padre Jean Baptiste Casimir Gomard, il presunto genitore di Jeanne. Il giorno stesso, il marito ripartì per Tolosa, molto arricchito grazie a parecchie rendite ricevute dal Re.

Malgrado la discrezione reale, la presenza a Versailles della nuova Contessa Du Barry venne notata e provocò un grande scandalo. Sono la condizione e le origini più oscure della giovane donna che alimentarono i frizzi e i sarcasmi dei cortigiani. Lei era figlia del nulla. Peggio, una donna di malavita. I Choiseul finanziarono i libelli, e delle canzoni la presero in giro. Quella il cui titolo era La Bourbonnaise conobbe un discreto successo; “Che meraviglia! Una ragazza da nulla! Una ragazza da nulla! Che meraviglia! Dà al Re dell’amore. E’ alla Corte….”

Erano numerosi quelli che, a Corte, avevano già pagato il suo charme, passato dei pomeriggi nel suo bell’appartamento di rue Neuve-Saint-Eustache a Parigi.

Mademoiselle Vaubernier venne prostituita da Jean-Baptiste Du Barry e ciò dal 1763, anno del loro incontro.

Con lui, lei scoprì una vita parigina facile, non mancandole nulla e vivendo nel lusso.

In un primo periodo, il “bastonato” ne cadde probabilmente innamorato. Molto versatile, egli si rese ben presto conto che Jeanne, chiamata anche mademoiselle Lange o Rançon, avrebbe potuto procurargli parecchio denaro. Egli la abituò ad una vita fastosa e le spiegò che lei doveva, ormai, lavorare per mantenere questo tenore di vita.  Così lei accettò di ricevere dei ricchi clienti, tutti scelti per la loro fortuna, la loro eleganza, il loro spirito di conversazione ed il oro gusto letterario. Tra i suoi clienti privilegiati, coi quali lei stabilì un legame durevole, c’era Richelieu, il Conte Fitz-James, il Marchese d’Arcambal, e soprattutto, Monsieur de Sainte-Foy. Solo questa relazione fu conosciuta da Luigi XV.

Mademoiselle Vaubernier

Secondo i rapporti di Marais, ispettore di polizia e braccio destro del ministro Sartine, Jean Baptiste Du Barry fece lavorare Jeanne in modo infame. La fece prostituire sotto il nome di mademoiselle Beauvarnier, l’anagramma di Vaubernier. Durante questo periodo, la sua salute era vacillante in ragione al ritmo serrato di lavoro estenuante; lei decise quindi di prendersi la sua indipendenza. Grazie ai suoi risparmi, lei affittò e fece arredare un appartamento nel quale lei traslocò. Tuttavia lei non poteva rinunciare al suo tenore di vita fastoso e si riavvicinò al Conte Du Barry. Loro si consideravano una coppia professionale: uno cercava i clienti, definiva gli onorari; l’altra li accettava e si industriava ad accontentarli al meglio. Questa associazione libertina rendeva molto: la coppia traslocò in un sontuoso palazzo, situato in rue de la Jussienne, e teneva ricevimenti una volta alla settimana. Loro vi ricevevano dei cortigiani celebri per il loro spirito (come il Principe de Ligne, ed il Duca di Richelieu) e degli uomini di lettere (come Crébillon figlio, e Sénac de Meilhan). In questo salotto, la conversazione era libera, elegante e deliziosa. Ci si faceva buona carne. Si sparlava, si folleggiava.

Busto dellaContessa du Barry - Augustin Pajou

Mademoiselle Beauvernier splendeva in questo salotto e vi acquisiva delle maniere, un tono, uno spirito vivo e piccante, così come una grande cultura. D’altro canto, lei si interessava con applicazione alle arti. Dopo aver posato per degli artisti raffinati come Drouais, Latour, Labille-Guiard o Pajou, lei sviluppò un gusto sicuro per la pittura e scultura. 

La bellezza come apprendistato

Se, contrariamente a quello che qualche pamphletario assoldato da Choseuil aveva potuto scrivere, la futura favorita reale non aveva mai lavorato per la Gourdan, la ruffiana più celebre della capitale, quale altra via diversa dalla prostituzione poteva prendere una giovane donna fin dalla nascita illegittima, figlia di una sarta divenuta cuoca del suo nuovo amante e protettore?

Persa nella Parigi delle Luci, lei avrebbe potuto perdersi definitivamente sui marciapiedi parigini, commerciando il suo corpo come lo facevano, a quell’epoca, più di trentamila donne. Maltrattate dai loro clienti, esse morivano di una serie di malattie veneree o sotto la frusta correttrice della Salpétrière, la casa coercitiva delle prostitute o delle libertine povere.

Inoltre, Jeanne era di una bellezza stupefacente. Nel XVIII° secolo, come in altre epoche, la bellezza era una carta vincente per allontanarsi dalla sua prima condizione ed elevarsi nella gerarchia sociale. La giovane donna era nata il 19 Agosto 1743 a Vaucouleurs (situato nell’attuale dipartimento della Musa). Sua madre si chiamava Anna Bécu ed era una sarta. Lavorava presso il convento dei Picpus, e divenne l’amante del monaco Jean Baptise Casimir Gomard de Vaubernier, il quale è soprannominato “fratello Angelo” (da cui uno dei nomi di Jeanne …mademoiselle Lange). Da questa unione sacrilega, un secondo bimbo nacque, Claude.

La reputazione di Anne Bécu fu, in questa località della Lorena troppo solforosa perché lei potesse rimanerci. Così decise di recarsi a Parigi, accompagnata dai suoi due figli. Anne entra così a servizio di un ricco finanziere, Claude Billard Dumousseaux, di cui lei è divenuta amante quando quest’ultimo si rese nell’Est per ispezionare le frontiere fornendo munizioni alle armate.

Anne Bécu, divenuta Rançon sposando un domestico, era la cuoca della coppia Dumousseaux che conduceva una vita fastosa nel proprio palazzo situato in rue de la Sourdiére, dove egli riceveva una società scelta, molto sensibile alle idee dei Lumi.

Jeanne era sotto la protezione di monsieur e madame Dumousseaux, che avevano un grande affetto per la piccola bambina. Al punto che la consideravano come la loro prediletta. Lei progredì liberamente nella loro società educata e colta. I Dumousseaux decisero di inviarla al convento in modo che Jeanne potesse avere una educazione stretta e più completa possibile. Nel corso dell’anno 1749, Jeanne ha 6 anni: entrò nel convento di Sainte-Aure, situato sulla montagna di Sainte-Geneviéve. Lì vi resterà circa 10 anni.

Se le condizioni di vita erano molto costrittive ed austere, Jeanne vi sviluppò a volte, un gusto molto sincero verso la religione - lei era una buona cattolica – e la lettura – lei era una lettrice assidua.

All’uscita dal convento, la giovane mademoiselle Rançon fu abbandonata a se stessa. Per sopravvivere, lei avrebbe dovuto essere una mercante ambulante nelle vie di Parigi, vendendo in piccolo oggetti per qualche soldo.

Nel novembre del 1758, lei incontrò un certo Lametz, giovane parrucchiere alla moda, che le propose di divenire una sua apprendista. Portata per le arricciature, lei era felicissima della sua nuova vita. Lametz ne fu follemente innamorato e la riempiva di regali. Tuttavia quando egli cadde in rovina, Jeanne fu cacciata dalla madre di quest’ultimo.

Fu assunta come donna da camera di Madame de la Garde, grazie alla raccomandazione di Billard Dumousseaux, suo protettore. Condusse quindi una vita da castello e fu a tal punto gradita a madame de la Garde che lei ne divenne più una dama di compagnia che domestica.

Di nuovo, la sua bellezza era molto notata. I due figli di madame de la Garde si innamorarono della giovane Jeanne, così la loro madre la licenziò senza indugiare.

Jeanne divenne quindi ragazza di magazzino da Labille (il padre della celebre ritrattista) uno dei mercanti di moda i più celebri della capitale, di cui gli accessori da toilettes ed affini si vendevano a peso d’oro.

Sotto l’insegna “A la toilette”, accoglieva in rue Neuve-des-Petits-Champs, le donne della Corte e i le borghesi influenti. La nuova venditrice divenne presto un oggetto di curiosità e di fascino, tanto la sua bellezza ed il suo contegno soggiogavano. La sua fisicità, giudicata perfetta secondo i canoni di bellezza dell’epoca, era ricercata e corteggiata.

Il Principe de Ligne ne testimoniò :”Lei è alta, ben fatta, bionda incantevole, fronte spaziosa, begli occhi, sopracciglie graziose, viso ovale con dei piccoli segni sulla guancia per renderla più piccante di altre; bocca a ridere in modo disinvolto, pelle liscia, petto per contrariare il mondo, da consigliare a molti di andare a nascondersi per il confronto”.

Presso “A la toilette” lei era conosciuta come mademoiselle Lange, e lavorava con serietà e costanza: là lei aveva già la passione per le stoffe lussuose, un gusto molto speciale per i tessuti che modellavano armoniosamente il corpo, Lei consigliava con facilità i gioielli, i nodi, i nastri, le perle, i fiori che esaltavano una toilette. Era divenuta esperta nel campo dell’eleganza.

La bellezza della futura Madame Du Barry risiedeva ugualmente nelle 4 nei naturali che ornavano in modo originale il suo bel viso: uno era piazzato sotto il suo labbro inferiore; un altro visino alla sua narice destra; un terzo, sotto il suo sopracciglio destro, ed un quarto sotto il suo occhio sinistro.

Questi nei di bellezza erano un invito ai baci. Per Luigi XV, essi lo saranno fino alla fine della loro relazione, interrotta dalla morte.  

La favorita, il ministro e la Delfina

In questo secolo deista, la comprensione politica degli esseri e delle situazioni attingeva ancora nel repertorio biblico.

Un aneddoto mise in scena un curato di campagna che pranzava con tre dei suoi colleghi ecclesiastici a Parigi.

Insieme, essi bevvero alla salute della nuova Esther che era sul punto di rimpiazzare Aman e di liberare così il popolo ebreo dall’oppressione.

Esther era la Contessa Du Barry, Aman, il duca di Choiseul ed il popolo ebreo, i sudditi del Re di Francia. La favorita reale era dunque una creatura degli “anti-choiseulisti”, molto numerosi che erano accomunati solo per il detestare il celebre ministro.

In effetti fra i membri attivi del partito devoto guidato dalle Mesdames, ossia le figlie di Luigi XV, e i ministri nemici di Choiseul, per la maggior parte molto libertini come Richelieu, non vi era alcuna affinità.

Dal 1758, Choiseul era il ministro onnipotente di Luigi XV. Fervente partigiano dell’alleanza franco-austriaca, operò per il matrimonio del Delfino di Luigi Augusto con la giovane arciduchessa Maria Antonietta, il quale era, quasi in pratica, rifiutato da tutta la Corte, compreso il Delfino.

A Versailles era inviso che una “austriaca” potesse regnare. Per Choiseul, questo matrimonio non poteva che rafforzare il suo potere, sempre più sminuito dalla relazione ufficializzata con la Du Barry.

A proposito di questo matrimonio, Madame Du Barry condivideva l’opinione sparsa a Corte, non tanto per austro-fobia, ma perché la futura Delfina sarebbe stata immancabilmente l’alleata di Choiseul, il detrattore che lei temeva di più.

Madame Du Barry incontrò per la prima volta Maria Antionietta il 15 Maggio 1770, a La muette, la vigilia del suo matrimonio col Delfino.

La famiglia reale cenò in questo piccolo castello che Luigi XV amava tanto. Alla sua dama d’onore, la Contessa de Noailles, la Delfina avrebbe domandato la funzione di questa donna così magnificamente ornata e seduta vicino al Re. La Contessa le avrebbe risposto, un po’ disturbata, che lei era “per distrarre il Re”.

La giovane Maria Antonietta avrebbe ben presto ribattuto che lei si dichiarava allora sua rivale. L’aneddoto è probabilmente apocrifo. Ma nondimeno diede il tono alla piccola guerra che queste due donne avevano appena iniziato a condurre, e che le oppose.

Agli inizi del 1770, la favorita era all’apice della sua bellezza e conduceva al meglio l’arte della sua eleganza; la Delfina era ancora appena formata e si occupava ben poco della toiletteria, cosa di cui madame Du Barry ne rideva facendo notare a Luigi XV il suo aspetto trascurato e ugualmente antiquato.

La Principessa era molto fissata, coccolata e molto candida, cosa che toccava molto sinceramente il Re, suo nonno.

Madame Du Barry ne provò una gelosia così vivida che lei non esitò, vicino al Re, a denigrare la giovane ragazza, a stimatizzare il rosso dei suoi capelli, soprannominandola "la piccola rossa". 

Lei si divertiva delle delusioni coniugali della coppia principesca di cui la non consumazione apparente del matrimonio era, sempre più commentata e derisa. Madame Du Barry era una donna amata e sessualmente soddisfatta dal Re.

Maria Antonietta provò abbastanza presto una antipatia profonda verso la Contessa, così come un reale disgusto per la sua funzione presso il Re e per le sue origini.

Abbandonata dal Delfino, lei era molto isolata a Corte. Le sole persone che lei frequentava erano le Mesdames, le sue zie, divenute ostili alla favorita (in effetti, Choiseul era sempre al potere) ed il ministro stesso che lei considerava, a giusta ragione, come l’artefice del suo matrimonio ed il suo protettore a Versailles.

Choiseul non le nascose la sua avversione per la Du Barry.

Luigi XV non ignorava che la delfina era strumentalizzata dai nemici personali della sua favorita, la quale se ne lamentava sempre di più da lui.

Una volta il Re reagì.

Jeanne Beçu, Madame du Barry

In una lettera redarguì il suo ministro. Contro la favorita, egli persisteva a condurre una vera guerra  psicologica, utilizzando ed abusando dei pamphlets, delle canzoni di quei versi grossolani ed avvilenti. Ciononostante bisognava credere al ministro ed alla sua rete onnipotenti non lo erano abbastanza, dinnanzi all’influenza di Madame Du Barry presso il Re.

Il 24 Dicembre 1770, Choiseul era, attraverso la lettera di cachet, condannato all’esilio sulle sue terre a Chanteloup. Era una vittoria eclatante per la Contessa e i “barrysti” in primis Richelieu e suo nipote il Duca d’Aiguillon.

Era una umiliazione disonorante per il ministro. Quanto a Maria Antonietta , la disgrazia del suo protettore la mortificò. Lei attribuì alla rivale la responsabilità del fatto. Tuttavia la Contessa non esitò in ogni momento a più riprese ad intervenire personalmente presso il Re per addolcire questo esilio (molto dorato a dire il vero) e pagare certi debiti abissali della coppia Choiseul, che viveva sontuosamente.

Dopo il rinvio del ministro, la lotta si fece rabbiosa fra la favorita e la Delfina. La prima non poteva proferire parola alla seconda, in ragione della inferiorità della sua condizione sociale. Affinchè potesse cessare questa piccola guerra di clan e femminile, Maria Antonietta dovete accettare di rivolgere una parola, anche piccola, che però avrebbe permesso alla futura Regina di Francia di dare considerazione a Corte alla favorita di suo nonno.

Se la Delfina si fosse rivolta alla Contessa Du Barry, i cortigiani ostili alla favorita sarebbero stati costretti a considerarla, a vederla e parlarle senza alcun disagio.

Ma la giovane Delfina si rifiutava e  si ostinava in questo atteggiamento per molti mesi.

Questa lotta per una parola divenne un affare di Stato, perché il Re si spazientì di questa guerra intestina che finì per dividere la famiglia Reale. Convocò l’ambasciatore d’Austria, Mercy-Argentau: quest’ultimo doveva imperativamente far ragionare la Delfina.

L’ambasciatore informò l’Imperatrice di questa querelle, così come dell’estrema suscettibilità del Re sulla faccenda. Maria Teresa, attraverso una voluminosa corrispondenza che lei trasmise a sua figlia, non si calmava: condannava fermamente il suo atteggiamento e le esponeva le incongruenze della sua posizione imbronciata (Maria Teresa temeva una rottura dell’alleanza). Nel parlare alla Du Barry, lei si piegava alla volontà del Re di cui lei era, come lei gli ricordava, la prima dei suoi sudditi.

Maria Antonietta, pressata da tutte le parti, finì per cedere.

Durante la cerimonia delle voci che ebbe luogo il 1° Gennaio 1772, la Delfina salutò la favorita e le disse, in modo da esser chiaramente ascoltata in mezzo alla folla di cortigiani: “C’è ben molta gente oggi a Versailles”.

Con queste parole si venne a rompere l’isolamento della Contessa. Fino a questo momento in cui esse furono pronunciate, lei aveva paura che la Delfina se ne ritraesse, facendole subire una nuova umiliazione pubblica, come quella che aveva provato qualche mese prima, quando le Mesdames avevano interrotto la loro nipote che stava per pronunciare qualche parola alla Contessa.

Sollevata, la Contessa ebbe un trionfo modesto: lei sapeva che Maria Antonietta, una volta divenuta Regina, si poteva vendicare di questa sconfitta personale. D’altronde la Delfina non ha immediatamente precisato, fin da quando la Contessa di era allontanata, che lei non le avrebbe mai più riparlato? 

Lusso e benevolenza a Versailles

A Versailles, Madame Du Barry brillava di mille fuochi.

Luigi XV e Madame du Barry

Almeno fino all'Ottobre 1770, Madame du Barry abitava sempre al piano terra della Reggia, nella Cour Royale, come testimonia il registro degli alloggi del Castello. Solo nell’inverno 1770-71 lei potè trasferirsi nell’attico, sopra l’appartamento del Re, in un nuovo appartamento che Gabriel aveva riorganizzato per lei e che costò 25.000 lire, richieste il 10 febbraio 1770 a Monsieur de Marigny. Per questo appartamento si sono prese in parte dalle stanze dove si trovavano le collezioni di libri e di carte di Madame Adélaïde e Tali appartamenti della erano posizionati sopra quelli di Luigi XV, che volle fosse decorato nella maniera più ricca e più elegante possibile ed è proprio sotto quest’ultima forma che si è conservato ai giorni nostri. Del bel e sontuoso mobilio che tale dimora racchiudeva non è rimasto pressocchè nulla: ricordiamo che i rivoluzionari oltre ad altri castelli, depredarono anche la Reggia mettendo all'asta i beni mobili.

Appartamenti di Madame du Barry a Versailles

Il Re la alloggiò sontuosamente nel suo castello. In un primo tempo, lei fu al secondo piano del Palazzo, negli appartamenti situati sopra quelli del suo amante, un tempo occupato da Madame de Pompadour. Un anno più tardi, traslocò in degli appartamenti molto speciali e confortevoli, disposti in infilata e le cui aperture erano incastrate nelle ardesie che ricoprivano i tetti del palazzo.

Occupati nel passato dalla Delfina Maria-Joséphe de Saxe, la favorita ci vive nell’opulenza. Comandò all’ebanista Martin Carlin dei mobili talmente raffinati che egli inventò per lei dei cassettoni  o dei secrétaires, i famosi “buonumori del giorno”, di cui il legno di estratto raro era incastonato di placche di porcellana dove erano dipinti dei motivi floreali, o delle scene paesaggistiche e campestri.

In uno dei suoi gabinetti, lei fece sistemare delle vaste biblioteche: la Contessa vi raccolse circa 2.200 volumi.

Vera esteta, lei acquistò delle pitture e delle sculture per le quali ella dimostrò competenza. Se la scultura aveva la sua predilezione (Pajou era uno dei suoi artisti preferiti), acquistò comunque numerose tele, fra cui il capolavoro di Van Dyck rappresentante il Re Carlo I d’Inghilterra, decapitato dai partigiani di Cromwell (lei avrebbe esposto questo ritratto alla vista di Luigi XV per incitarlo ad esser più fermo con i suoi parlamenti).

La Contessa Du Barry ordinò alla manifattura di Sèvres dei servizi decorati colle sue iniziali, decorati con fiori, vegetali ed incastonati d’oro.

Nei suoi appartamenti, lei organizzò delle cene intime di cui il Re andava pazzo. Era una vera arte di vivere che la Contessa si industriava a creare.

Favorita del Re, lei poteva dare sfogo al suo gusto smodato per il lusso. Nella materia lei non aveva concorrenza femminile: non ci sono più Regine, la Delfina non attira molta attenzione per il suo aspetto, e le Mesdames erano troppo devote per prendere una apparenza differente da quella austera.

Madame du Barry ed il suo servitore Zamor

La Contessa rivestì i più bei abiti cosparsi di diamanti, di pietre preziose. Lei portava attorno al collo ed ai polsi, dei gioielli sfavillanti, che il Re gli offriva come pegno della sua passione amorosa.

Alle sue orecchie, pendevano dei boccoli stravaganti, ricchi di dettagli che facevano scintillare lo splendore della sua pelle.

Alla sua attenzione, i gioiellieri Bohmer e Bassenge confezionarono una “collana in schiavitù”, un pezzo composto di 21 diamanti unici al mondo, per una somma fissata di 1.600.000 livree. Ma i gioiellieri non poterono presentare questo gioiello a Luigi XV, prima della sua morte.

Madame Du Barry era, da un punto di vista strettamente politico, una anti-madame de Pompadour. Se Luigi XV poteva liberamente parlarle degli affari del suo Regno, lei non si permetteva di intervenire, perché lei non aveva nessuna pretesa politica.

Come ogni favorita reale, lei si occupava più spesso con successo dei piaceri del Re così come degli spettacoli che animavano la vita di Corte. Lei accettava, per testimoniare la sua influenza, di esser apripista ai preparativi delle cerimonie, delle feste e balli del matrimonio del Conte di Provenza, poi del Conte d’Artois.

Questi giubili nuziali furono sontuosi ed uguagliarono per la loro magnificenza quelli del Delfino.

Quando la Contessa Du Barry sollecitava il Re, lei obbediva ai doveri dell’amicizia (in questo campo, la Contessa era molto fedele, come con il Duca d’Aiguillon, non meno fedele e che gli resterà fedele dopo la morte di Luigi XV) o agli slanci che gli dettava il suo cuore.

I ministri, i cortigiani le riconoscevano una grande umanità, diversamente che la Pompadour. Sono forse le sue origini miserabili ed i meandri di una vita solforosa fin dalla sua nascita, che le istillavano questa generosità attiva  che lei desiderava conservare discreta.

I declassati, i poveri, gli emarginati attiravano la sua attenzione. Il suo altruismo era sufficientemente conosciuto, per la qual cosa i sollecitatori si indirizzavano a lei, soprattutto per le cause disperate.

Un certo monsieur Mandeville, moschettiere, sostenne davanti a lei la causa di una giovane donna Apolline Grégeois, condannata ad essere impiccata dal parlamento di Parigi per infanticidio (1769). Lei aveva partorito un bambino nato morto, il cui padre era l curato della sua parrocchia e che sarebbe morto prima del suo rilascio.

Per rispettare la sua memoria, lei non aveva dichiarato di essere incinta alle autorità.

Ascoltando questa storia drammatica, Jeanne era sconvolta. Lei scrisse al ministro Maupeou:

Grazie alla sincerità di questo intervento, la condannata scampò all’impiccagione, e fu chiusa per tre anni in una casa di correzione.

La sensibilità della Contessa era opposta a quella dei ricchi aristocratici, indifferenti alla miseria popolare. La Contessa era ugualmente allontanata da quei nobili che avevano letto Rousseau, perché egli era di moda leggerlo, ma non lo comprendevano. Lei non idealizzava la vita dei più umili né rispecchiava i quotidiano di questi paesani che vivevano miseramente, come quelle case finte campestri dell’Hameau del Principe di Condé a Chantilly o, più tardi, quello di Maria Antonietta a Versailles.

Nell’universo che la Contessa Du Barry aveva creato, c’era un lusso affermato, inaudito e soprattutto consolidato. Nulla, ivi compreso nel suo quotidiano più triviale,  doveva ricordarle la vita di bastarda e di povertà che sostenne. Lei spendeva freneticamente denaro che non era il suo. Se il Re la ricopriva di regali, egli le versava pure somme astronomiche.

In 5 anni di “regno” a Versailles, la favorita avrebbe toccato più di 15 milioni di livree.

Nel luglio 1769, il suo amante le fece dono, a vita, del padiglione di Louveciennes, che apparteneva alla Corona.

Questo qui sormontava la famosa macchina di Marly, che, grazie a dei meccanismi ingegnosi, ma dal rumore infernale, alimentavano Versailles di acqua.

Con Madame Du Barry, lusso e benevolenza sono due facce antagoniste di una personalità più complessa che non sembrasse.

Zamor, il giovane indiano che entrò a suo servizio all’età Zamordi sette anni, chiamato “il negro della Contessa” in ragione della sua pigmentazione molto scura, permise alla favorita di sottolineare quanto la sua pelle fosse bianca, lattea e luminosa.

Il servitore le portava ogni mattino al suo risveglio il suo caffè in un servizio d’argento splendente. Durante la passeggiata, egli la proteggeva dal sole con un largo parasole. Lei gli offriva un guardaroba raffinato straordinario e lo ornava di collane e dei ricci per le orecchie. Lei si preoccupava pure della sua educazione: infatti egli sapeva scrivere, leggere e lei lo fece battezzare. Lei si sentì veramente vicina la suo “negro” che lo esibiva come un lusso esotico e vivente.

Madame du Barry capisce il tradimento di Zamor

In questo secolo, dove le idee di libertà e di uguaglianza vinsero gli animi, Zamor scelse la parte della Rivoluzione e diventò uno dei peggiori nemici della Contessa.  

Da Versailles al Patibolo

Il regno dell’ultima favorita di Versailles fu interrotto dalla morte di Luigi XV, di fronte alla quale Madame Du Barry seppe mostrare un gran coraggio. Lei non esitò a toccare con le sue mani nude le pustole del Re, sebbene lei non avesse mai avuto il vaiolo.

Ufficialmente cacciata da Versailles dal suo amante (condizine indispensabile per poter ricevere l’estrema unzione), lei fu arrestata al castello di Rueil, l’11 Maggio 1774, poi chiusa nel convento del Pont-aux-Dames, prigione di stato situato nella Brie.

Non è che nel 1776 che Luigi XVI l’autorizzò a stabilirsi definitivamente a Louviciennes.

Per la rivoluzione, lei era una donnaccia reale, accusata di aver divorato l’oro dei francesi.

Negli ultimi mesi della sua vita, i gioielli fecero girare la testa fino a fargliela perdere.

Nella notte fra il 10 e l’11 gennaio 1791, una grande parte dei suoi gioielli le venne rubata. Ritrovati in Inghilterra, lei vi fece 4 viaggi nella speranza di recuperarli.

Venne arrestata il 22 settembre 1793 e rinchiusa a Sainte-Pélagie.

Incisione cattura du Barry

Condannata a morte dal tribunale rivoluzionario, lei propose di offrire i suoi gioielli che le rimanevano alla Nazione.

 

Lei venne tuttavia condotta nella Piazza della rivoluzione per esser ghigliottinata l’8 dicembre 1793.

Alla vista della lama gocciolante di sangue, lei si dibattè, supplicò (rimane nella memoria il suo “Ancora un momento signor carnefice….”) e morì urlando.

Per i suoi contemporanei, la antica favorita era morta come era vissuta: senza dignità, nel rumore, con fracasso… come una prostituta di lusso che fu l’ultima favorita di Versailles.

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