Tout finit par des chansons

 

Da molto tempo in Francia si dice che “tutto finisce in canzoni”, e ciò che accade durante la Rivoluzione ne è lampante dimostrazione. Si sono scoperti negli archivi pubblici e privati di Parigi ben 3000 canti di stampo rivoluzionario, in voga nel periodo 1789-1799, e si presuppone che almeno altri 3000 ne siano sepolti fra gli archivi di provincia. Gli autori rintracciati da certi studi sono 580 circa, la maggior parte anonimi. Sorprende l’intensità di produzione di motivi:

116 nel 1789;

261 nel 1790;

308 nel 1791;

325 nel 1792;

590 nel 1793;

701 all’apice della Rivoluzione, nel 1794;

137 nel 1795;

126 nel 1797;

77 nel 1798;

90 nel 1799.

Questi conteggi sono stati effettuati solo su reperimento di canti di stampo politico, di natura rivoluzionaria e reazionaria, quindi escludendo tutte le canzoni popolar-sentimentali.

Ma quale è il soggetto di queste canzoni? Qualunque cosa: narrano gli avvenimenti e i personaggi del giorno, le cerimonie civiche, le ricorrenze, gli incidenti, le morti; vecchie arie popolari o nuove marcette sono la base di questa musica.  

O Richard o mon Roi!

Questa fu uno dei brani che più rappresentavano i Realisti

Sovente, su uno stesso accadimento e sulla stessa musica sorgono canzoni politicamente contrastanti: Luigi XVI viene tradotto davanti alla Assemblea? ed ecco, subito, nascere canti realisti di gran successo: Lamento di Luigi XVI ai francesi e Gli addii di Luigi XVI, ai quali rispondono immediatamente un Inno alla morte di Luigi Capeto (“Ieri Luigi ha ricevuto le strenne per aver cospirato. Il fuggiasco di Varennes è stato ghigliottinato. Viva la repubblica!”) e Gioia del popolo repubblicano

Così ci sono canzoni dal titolo:

Dichiarazione dei diritti dell'Uomo, La libertà dei negri, Strofe sul calendario rivoluzionario, L'assedio di Lione, La morte di Marat, I crimini di Maria Antonietta etc. 

Perché si canta tanto?  

Semplice, molti non sanno leggere, per cui i fatti della rivoluzione vengono raccontati in modo orale, ma attraverso delle melodie, in modo che il contenuto rimanga più impresso nella memoria.

Thomas Rousseau alla Convenzione dà questa motivazione “Perché il popolo è portato a cantare molto di più di quanto non legga, e il miglior modo di istruirlo è quello di presentargli la lezione sotto forma di divertimento”.

Un coevo anonimo pubblicista propone addirittura l'idea di "esportare" la Rivoluzione cantata. “Propongo che le nostre canzoni accompagnino i nostri cannoni: questi saranno per i castelli, quelle per le case dei poveri... “  

I canti più noti che accompagnano tutta la marcia della Rivoluzione sono il Ça Ira (1790), musica di Bécourt e testo di Ladré (anche se esistono almeno altre 10 varianti popolari ben più spinte); la Marsigliese (Chant de guerre pour l'armée du Rhin) composta da Rouget de Lisle nel 1792 e importata a Parigi dal battaglione dei volontari marsigliesi (che dal 14 luglio 1795, è diventato pure l'inno nazionale francese); la Carmagnola (danza e canzone rivoluzionaria) che risale al settembre del 1792, nel momento in cui l'armata francese prese la città della piemontese omonima; e Le Chant du départ (1794, Méhul-Chénier), il canto che meglio espresse l'ideale della Rivoluzione: “La Repubblica ci chiama, un francese deve vivere per lei; per lei un francese deve morire!”.

Messa per Luigi XVI in memoria del 21 Gennaio 1793

Musica pour le Sacre de Louis XVI - François Giroust

A cura di

Arsace da Versailles e Faustina da Versailles

 

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