Raccolta di arie cantate dal sopranista Angelo Manzotti, con L'ensemble Isabella Leonarda Una serie di curiosità, ricordi e riflessioni Arie di Farinelli ... veramente composte per al SACRA REALE CESAREA MAESTA? L'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, gran sovrana, madre del mito Maria Antonietta? La lettera che contiene questa locuzione diplomatica, riferita alle arie, è datata 1753. Ma era davvero indirizzata a lei? Curiosità: una copia del cd finirà nel museo permanente all'interno della mole antonelliana di Torino. Farà quindi una parte della storia musicale. Iniziamo con il riportare alcuni commenti dalla mailing list Handel Forever sul concerto che l'11 Agosto 2007 ha visto una esecuzione live al Pella sul lago Orta, oramai luogo consueto di appuntamenti Barocchi col ciclo "Armonie sul Lago", che si fregiano di ospitare anche per più di una serata il sopranista Angelo Manzotti. Il cd intitolato "Il quaderno dell'imperatrice", è dedicato alle arie che Farinelli ha dedicato a Maria Teresa d'Austria (in un ritratto qui a destra). Purtroppo durante il montaggio, la casa discografica, si è accorta che le 6 arie erano troppo lunghe e non ci stavano sul cd. Così ne sono state pubblicate 4, le altre due, verranno pubblicate su un prossimo cd, dove verranno inserite anche altre arie farinelliane inviate sempre a Maria Teresa, le cui le partiture si trovano ancora a Vienna. Queste arie, sono tratte da Sellitto, Giacomelli e Nicolò Conforto. La sola aria "Son qual nave" versione con corni e variazioni scritte da Farinelli dura ben 15 minuti........., la bellissima aria "Al dolor che vo sfogando" con recitativo dura ben 19 minuti.....e questa si è deciso di pubblicarla col prossimo cd, che verrà registrato a Gennaio. Di quest'aria sino ad ora c'era solo la versione di Nella Anfuso..........Per fortuna ora ne esisterà una versione alternativa. Anche se le arie sono 4, la durata del disco è di ben 50 minuti. Il cantante del disco è Angelo Manzotti, l'orchestra "Ensemble Isabella Leonarda". La casa discografica "Concerto" music-media di Milano. Come si diceva, questo cd è il risultato di un lavoro estivo del 2007 ("4 giorni di tour de force": a sentore le parole degli interpreti canori e strumentali) che ha avuto come primo sbocco live col pubblico in tempi moderni, seppur parziale, col programma che si è svolto a Pella l'11 Agosto 2007: nella serata a Pella, Angelo Manzotti, come hanno sottolineato le autorità, è stato presentato al pubblico come la vera star internazionale del ciclo di concerti tenutisi a Pella nel corso del 2007, Armonie sul Lago, dimostrandolo esplicitamente prima del bis finale consegnando un premio all'artista, ventilando la proposta di farlo cittadino onorario di Pella, visto che ha portato lustro alla cittadina. (cosa che poi è accaduta in agosto 2008). Sei sono le arie che Farinelli dedicò all' Imperatrice Maria Teresa: una cosa che sembra apparire all'ascolto è che le arie di Farinelli, ossia quelle scritte dal castrato stesso, non sono apparse piene di quella vis che spesso troviamo nei Veri compositori: questo dimostra che Farinelli non aveva quella vena tipica di un compositore, come per esempio il fratello Riccardo Broschi: oggigiorno si tende a identificare il personaggio Farinelli come un tuttologo: si tende infatti ad identificare in lui universalmente non solo la voce perfetta, ma anche l'uomo di gusto, impresario, di ingegno, di abilità politiche. Mancava anche quella di eccelso compositore, e sarebbe divenuto un tuttologo! Pare invece che la versione di "Son qual nave" sappia meglio toccare la vis avvincente.Le arie presentate live a Pella erano sull'"andante", e proprio il ritmo dell' andante sembra far trasparire il carattere di Farinelli, buono, educato, raffinato certo, ma anche un po' "moscio"! Una certa vis è presente solo sul pezzo tratto dalla parte A di "Son qual nave" e sull'aria "Quell'usignolo", la quale aria prende la musica di Giacomelli, e presenta delle variazioni talmente differenti e frequenti, che nella ornamentazione si allontana da quella, entusiasmante, originaria. Il concerto della serata dell'11 Agosto 2007 si è sostanziato in 2 sinfonie di Hasse, una in prima esecuzione moderna ossia quella del SIROE, la seconda invece riguardava quella della serenata che lo rese famoso, composta in onore dell'unione di Carlo VI°, Imperatore d'Austria con la sua consorte, ossia la sinfonia da MARC'ANTONIO E CLEOPATRA. L'accostamento di tali parti strumentali alle arie cantate, è stato voluto proprio per avvicinare Farinelli ed Hasse: il castrato cantò in entrambe le composizioni di Hasse! Nel caso specifico della serata entrambe le sinfonie palesavano una eclatante mancanza: il cembalo! Il cembalo è anche il "distributore di splendori nelle composizioni come strumento principe del continuo": il suono si potrebbe paragonare in parallelo con la scultura e l'architettura barocca alle dorature dei palazzi barocchi, ai riflessi degli incantevoli zampilli d'acqua colpiti dai raggi solari, agli spettri colorati dei cristalli dei lampadari sotto il disco di Apollo.... la mancanza del cembalo è stato un trauma per l'ascolto. L'atto increscioso pare sia dato dovuto ad un disguido nelle consegne in tempo delle partiture... Su questo punto si riportano le testimonianze del cembalista Francesco Silvestri circa l'assenza del cembalo nei due pezzi strumentali al concerto live e i ricordi di quelle calde giornate estive: "Visto che il sottoscritto sedeva al cembalo, intervengo per chiarire l'episodio, alquanto traumatico e sicuramente increscioso. Sono arrivato a Pella col mio cembalo italiano, fatto dal grandissimo cembalaro romano Andrea Di Maio, martedì 7 agosto. Prima di mezzodì installo lo strumento nella chiesa parrocchiale e dopo il pranzo realizzo una prima accordatura, dopo aver constatato l'impressionante umidità del luogo: 70% e pericolose avvisaglie di incremento della cifra (infatti il giorno dopo eravamo a 75%, cifra inquietante per la salute dello strumento).Finita l'accordatura, assieme al primo violino dell'Ensemble, il Maestro Fabio Bellofiore, e il mio fido compagno di continuo Claudio Frigerio (incollato al suo splendido violoncello barocco originale), procedo ad una rilettura e verifica delle arcate del Quaderno farinelliano. Dall'8 al 10 agosto siamo impegnati tutti nella registrazione. L'11 mattina viene data una pausa di riposo generale e nel pomeriggio si registra ancora. Alla fine della fatica (in media 8-9 ore al giorno di lavoro), viene annunciato il programma del concerto. Sacra Reale Maestà. Pieno di confusione, e di gloria per la benignissima ricordanza, che la Cesarea Maestà Vostra si degna di conservare della mia profonda venerazione, ed incoraggiato dalle sicurezze avutene da Monsignor Migazzi, ardisco presentarle in questo libro una piccola scelta di quelle ariette, che per una serie non ininterrotta di molti anni anno servito in bocca mia al provato sollievo di questi adorabili Sovrani miei Clementissimi Benefattori [.] La Musica di esse, cui sacrificai per passatempo i voli del mio Capriccio, e particolarmente quella delle tre prime destinate alla sola mia abilità (qualunque essa siasi.) rinovando forse nella mia voce, servirà talvolta a renderle meno nojosa la pena, che mi lusingo si vorrà prendere di ripassarle, al quale oggetto ho creduto di doversi inserire in note di colore rosso, ed in strisce volanti alcuni dei molti cambiamenti ne passaggi, e nelle cadenze. Sarà mia gran sorte, se onorandole Vostra Maestà di una benignissima occhiata nei pochi istanti di riposo, che le permettono le vaste cure dell'Impero, si degnerà di ricercare in esse qualche ristoro alle sue gloriose fatiche, e riconoscere in me la considerazione di quell'appassionato ossequio, cui profondamente mi umilio. Sacra Reale Cesarea Maestà Madrid 30.Marzo 1753 Umilissimo Ossequiosissimo Obbligatissimo Servitore Carlo Broschi Farinello. Dopo la pausa si provano le ouverture di Hasse: distribuzione delle parti e...dove sono le parti del cembalo? Vado subito dal direttore M. Schiavo che mi dice che mancano: "stai tranquillo Franz, tanto sono pezzi orchestrali e tu hai già fatto molto di piu' degli altri" (ma è sempre così per il continuista! effettivamente tra le solite accordature maniacali e le consuete prove supplementari di recitativi e altro mi trovavo in uno stato fisico alquanto pietoso e povero di energie). Non ho avuto la forza di andare oltre ad indagare, mi sono sdraiato su una panca della chiesa cercando di recuperare le forze per il concerto serale, annientato dalla incredibile notizia. Ho detto soltanto ad Angelo e al direttore che qualche minuto della pausa mattutina di sabato poteva essere impiegato per dare un occhio alle due Sinfonie di Hasse e mettere 4 numeri al basso (mancavano anche alla partitura del direttore).Sono passati 3 giorni e ho ancora nelle orecchie e nel cuore la voce di Angelo, tornano nella notte nella mia mente le immagini sonore delle cadenze dell'Usignolo, le vertiginose scale di Son qual nave, il moto camminato di Al Dolor, il cristallino eloquente pronunciar dei recitativi (vera esemplificazione della retorica che si cerca di insegnare a volte con scarso successo agli allievi con la lettura di Quintiliano). Penso ancora al continuo che ho fatto: mi vengono nuove idee, mi chiedo "avrò fatto questo arpeggio? "ho risposto ad imitazione con il ritmo di quel Da Capo? sarò stato abbastanza discreto nei recitativi"? e vorrei tornare indietro nel tempo...godere della voce di Angelo e risuonare quella musica: strana, manierata, non certo sul livello di quella scritta dal caro sassone (sto ora ascoltando Theodora), ma ormai viva nel mio spirito e nei miei ricordi artistici." Ad un certo punto il direttore però per dar importanza ai due brani strumentali che hanno intercalato le 4 arie di programma, si è allargato veramente troppo nell'affermare che Hasse è stato il più grande compositore operistico del suo tempo, il più richiesto ed il più pagato: troppi superlativi, mal utilizzati, o usati con leggerezza, o con uno scopo di strumentalizzare l'attenzione di un pubblico non conscio del peso dei compositori nell'epoca Barocca. Tutte cose comunque queste che assieme non potevano non andare ad intaccare Handel. A serata conclusa, il direttore ha voluto specificare che ha inteso dire che con la locuzione "del suo tempo" si riferiva ad un arco di tempo successivo al 1741, momento in cui Handel aveva smesso di comporre Opera Teatrale. Le arie della serata scritte da Farinelli, erano dedicate dunque alla Imperatrice Maria Teresa, e ad essa donate per il tramite dell'amico fraterno Metastasio, che risiedeva a Vienna come Poeta Cesareo. Ma su questa posizione ci sono teorie ben differenti, che saranno esposte a piè pagina, come ci racconta il prof. Carlo Vitali. Comunque sia le arie sono di una difficoltà straordinaria, proprio perchè Farinelli era uno dei più grandi cantanti del suo tempo, uno, poichè non era il solo, ma è prassi tendere a "superlativizzarlo", cosa che va a discapito degli altri grandi castrati che potevano guardare a testa alta il Carlo Broschi: Caffarelli, Senesino e Carestini, Gizziello, Bernacchi per dirne alcuni, che hanno sempre sollevato il visibilio nel pubblico. L'ultimo di questi citati, si deve ben ricordare mise a tappeto Farinelli in uno scontro canoro diretto a Bologna (si veda aneddoto in www.haendel.it).
Le arie in totale sono sei, ma non era pensabile materialmente eseguirle tutte in concerto: ecco che si è pensato di porre 4 arie e un pezzetto nel bis. L'aria "Non sperar non lusingarti", è stata composta da Farinelli da inserire nell'opera LA FESTA CINESE di Nicolò Conforto, rappresentata ad Arajez nel 1751. L'aria "Vuoi per sempre abbandonarmi", è stata scritta da Farinelli per l'intrattenimento teatrale IL NATAL DI GIOVE, musica di Latilla; rappresentata al Buen Retiro nel 1752. Sull'aria "Io sperai del porto in seno" non si sa esattamente dove fosse stata inserita da Farinelli. Certo è molto bella,e con organico ricco, visto che presenta anche due oboi e due corni. Il libro di Cappelletto, riporta che le prime 3 arie in capitolo della raccolta mandata all'imperatrice, erano scritte appositamente per lui e per la sola sua abilità canora, e queste sono: Al dolor che vo sfogando - Quell'usignolo - Son qual nave. L'ultima, talmente cambiata da essere per 3 quarti un aria completamente diversa da quella che conosciamo, persino nella parte b, dove è diverso pure il testo, rispetto a quella scritta dal fratello Riccardo. La Prima aria, scritta di pugno farinelliano, è stata "Al dolor che vo sfogando" (sopra la n. 2) preceduta da un recitativo accompagnato "In van ti chiamo", è seguita la sinfonia dal SIROE di Hasse, un'opera scritta per l'inaugurazione del Teatro Malvezzi di Bologna (l'odierno teatro comunale), dove protagonista fu ancora Farinelli, e la prima parte del concerto si è conclusa con l'aria "Non sperar" (sopra la n. 6) preceduta dal recitativo accompagnato "Ogni dì più molesto". La seconda parte è iniziata con l'aria - strana a dire il vero in quanto nella partitura manca la prima parte strumentale ed inizia subito col canto; poi è proseguita con l'aria "Quel Usignolo" (sopra la n.1), un rimaneggiamento della ornamentazione vocale dell'aria del fratello Riccardo Broschi. Questa aria ha presentato delle variazioni molto più azzardate nel senso di lunghezza, anche lasciando spesso la voce sola, nel silenzio degli altri strumenti del complesso: sebbene fosse già molto variata, sono poi venuto a sapere che la versione cd che verrà inciso contiene pure delle variazioni effettuate di pugno da Angelo Manzotti stesso. L'aria "Son qual nave"(sopra la n.3), cantata in qualità di primo bis, non presenta già ai primi minuti le note di Riccardo Broschi: una introduzione strumentale assolutamente differente, caratterizzata dalla presenza dei corni. Farinelli rielaborò di proprio pugno la stesura del fratello Ricardo, ne fa una parafrasi così profonda, così radicale che diventano tutte sue composizioni: è una aria molto differente quindi da quella di Riccardo, anche dal punto di vista stilistico ed espressivo. Solo in qualche frammezzo infatti, si ravvisano delle successioni di note che richiamano quella di Riccardo Broschi: essa ha una tessitura vocale più bassa rispetto quella del fratello Riccardo. Anche il ritmo è più lento della versione di Riccardo Broschi, e le ascese e discese di voce mi sono sembrate molto frequenti, con i salti di ottava, i soleti ganci al cielo (come già si erano detti nello spettacolo "Quel delizioso orrore"); le cadute abissali verso le note baritonali sono state sfoggiate come è d'uso nelle arie cantate da Angelo Manzotti. Data la lunghezza dell'aria, si è proposto solo il primo pezzo in quanto essa pare sia molto estesa: ma in realtà era già molto per questa serata, infatti già nel pomeriggio si era venuti a conoscenza, dal ristoratore di un ristorante nel paesello di Alzo, una frazione di Pella, del fatto che la troupe ed Angelo Manzotti erano tre giorni che provavano e riprovavano ed il pomeriggio di sabato - la sera c'era l'esecuzione nella chiesa - avevano inciso tutte le 6 arie per la realizzazione digitale.
Ci sono alcuni punti trattati nella presente pagina web (la dedica delle Arie e Farinelli compositore), che possono riallacciarsi ad alcuni contenuti inclusi nel libro "Arie per Carlo Broschi Farinelli" (sotto la Cover), che contiene in bella e chiara presentazione le partiture del Mottetto "Inter Flores", dell'Aria "Parto qual pastorello", dell'aria "Ombra Fedele, anch'io", del recitativo "In van ti chiamo" seguito dall'aria "Al dolor che vo' sfogando", dell'aria "M'offendi e pur conviene" e dell'Aria "Qual Guerriero in campo armato", ed una prefazione del Prof. Carlo Vitali, che qui ci si pregia di riportare con il consenso anche della Professoressa Maria Pia Jacoboni e del Prof. Luigi Verdi.
I Tre Volti di Farinelli II compositore Inter Flores. "Farinelli fu anche distinto scrittore di musica", affermava Leopoldo Mastrigli un secolo dopo la morte del sommo cantore. (1) Questa fama, tramandatasi sulla base di vari accenni nel carteggio metastasiano e verificata nell'ultimo ventennio da alcune registrazioni discografiche, sembra ricevere nuovo alimento dalle odierne ricerche d'archivio. La documentata frequenza di Farinelli al santuario mariano di Loreto (2) - e la stretta consuetudine col francescano bolognese Giovanni Battista Martini negli anni successivi al ritorno dalla Spagna - potrebbero giustificare il possesso di un suo mottetto da parte dei frati conventuali della vicina Assisi, o come frutto di collezionismo, o magari come dono diretto. Virtuosi anche meno devoti del Broschi erano soliti esibirsi, con la tolleranza non sempre incondizionata delle autorità ecclesiastiche, nell'esecuzione di mottetti solistici in un gran numero d'occasioni liturgiche: Messe, Vespri, Quaranta Ore, Tridui, Esposizioni del Santissimo; (3) ed in effetti il testo del presente brano, nel consueto latinetto anfibio che arieggia al gergo della cantata profana o del libretto d'opera, appare connesso alla devozione eucaristica. La forma musicale è relativamente la meno comune nella ricca produzione coeva (ad esempio quella veneziana, la meglio documentata): ad un'aria in tempo moderato e in La maggiore, seguono un breve recitativo ed un'aria lenta in do minore; indi l'Alleluja in tonalità d'impianto e in un incalzante 12/8 di sapore napoletano. A sostegno dell'attribuzione stanno la chiave di soprano e la grafia del testo cantato, che presenta forti somiglianze con quella di Farinelli nei primi anni Sessanta, (4) una datazione peraltro non incompatibile con lo stile musicale. Contro starebbe l'ambito limitato della linea vocale: circa un'ottava e una quinta. In ipotesi si potrebbe invocare la decadenza di un cantante ormai anziano, ma non è escluso nemmeno che il brano fosse destinato ad altro soprano di buona agilità sebbene di mezzi più limitati. Nello stesso fondo il MS del mottetto In turbato mare irato (5) porta l'attribuzione al celebre virtuoso bolognese Annibale Pio Fabri (1697-1760), collega e amico di Farinelli. Ma il Fabri era tenore, mentre il mottetto che si assume da lui composto è anch'esso in chiave di soprano. Fonte della presente edizione: Inter flores/ Partitura/ Motetto Canto solo/con V.V. [iolini]/ Del Sig.r Farinello. Assisi, Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco, Mss. N. 166/4 (partitura e parti). M'offendi e pur conviene. Non si conosce la fonte del testo; potrebbe trattarsi di un'arietta da camera isolata per voce di tenore. Largo sentimentale di squisita fattura con da-capo abbreviato, trasmesso in una copia accurata e ricca d'indicazioni dinamiche, ma con un semplice basso albertino non numerato. Anche qui una datazione attendibile potrebbe collocarsi negli anni Sessanta del XVIII secolo o poco dopo. L'ambito vocale non è molto ampio e la tessitura tende all'acuto; si richiedono discrete doti di agilità. Fonte della presente edizione: Del Sig.r Carlo Broschi. Roma, Bibliomediateca dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, A.Ms. 3709.26 Al culmino della gloria teatrale: Artaserse e Idaspe Entrambe le opere sono ambientate a Susa, capitale dell'impero persiano, durante il regno (465-424 a.C.) di Artaserse I° "Longimano", figlio e successore di quel Serse, la cui figura fu sceneggiata tante volte nei secoli, da Eschilo fino a Handel; in entrambe compare una bella principessa Mandane, innamorata di Farinelli. Quella dell'ARTASERSE è però sorella del Re ed "amante" di Arbace, mentre nell'IDASPE è la figlia del Re di Media, rapita da Artaserse ed "amante" di Dario. Diversa dunque la trama, benché in ultimo l'immagine trasmessa allo spettatore sia unica: una corte orientale fastosa e dispotica, dove fioriscono la congiura dei satrapi, l'intrigo dell'harem e l'assassinio familiare. In tal modo le remote vicende degli Achemenidi di Persia si confondono con quelle, all'epoca assai più divulgate, degli Ottomani di Costantinopoli, gli scomodi vicini di casa della Repubblica di Venezia. Non è forse un caso se entrambe le opere andarono in scena l'una dietro l'altra al San Giovanni Crisostomo (oggi Malibran), il teatro più elegante della città lagunare, nella stagione di Carnevale del 1730 e con la stessa compagnia. Da cinque anni Persia e Turchia erano in guerra fra loro; il sollievo per la tregua concessa alla Cristianità esaltava il brivido dell'esotismo. L'ARTASERSE del 1730 aprì un nuovo corso nella storia dell'opera italiana, rivelando al pubblico veneziano - come a dire all'Europa intera - il genio interpretativo di Farinelli.(6) Quello di Arbace divenne per lui un signature role, ripreso più volte col ricorso alla tecnica del pasticcio e delle "arie da baule": a Lucca nell'estate del 1730, poi a Ferrara (1731, musica di Leonardo Vinci e altri), a Venezia nel 1733-34 (ancora Hasse), a Londra nel 1734-35 (Hasse-Riccardo Broschi e altri). Parto qual pastorello. Dall'ARTASERSE di Johann Adolph Hasse, libretto di Pietro Metastasio modificato da Giovanni Boldoni: atto III, scena 2. L'aria di Boldoni sostituisce l'originale "L'onda dal mar divisa", in III/l. Pateticissima "aria di catene" che Millner classifica tra le più celebri dell'intero Settecento (7) si sviluppa in un radioso Re maggiore lungo un'estensione di oltre due ottave e con abbondanti passaggi di agilità. Farinelli-Arbace, condannato a morte da Artaserse, si vede offrire da lui le chiavi del carcere; conscio della propria innocenza, rifiuta dapprima la grazia, ma dopo molti dubbi risolve infine di accettare. Fonte della presente edizione: Sig. re Carlo Broschi d.[ett]o Farinello. Parto qual pastorello. Aria del Sig.r Gio: Adolfo Hasse. Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, FF 244 (antologia MS di arie dello stesso autore) Qual guerriero in campo armato. Dall'IDASPE di Riccardo Broschi, libretto di Domenico Lalli da Gli amanti generosi di Giovanni Pietro Candi (Napoli 1705, con musica di Francesco Mancini). Atto I, scena 16.a e ultima. Amante e guerriero, Farinelli-Dario rivendica per sé la bella Mandane, richiesta in sposa da Artaserse. Aria "di sdegno" e di bravura, irta di salti di registro estesi per oltre due ottave con lunghissimi vocalizzi di semicrome. Come testimonianza della fortuna critica di quest'aria può valere la sua inclusione nel pasticcio IL TAMERLANO, musica di Vivaldi ed altri, rappresentato al Teatro Filarmonico di Verona nel 1735 (atto I / scena 9, parte di Irene).(8) Fonte della presente edizione: Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek, Ms. 18281 (partitura completa dell'opera). Ombra fedele anch'io. Dall'IDASPE atto II, scena 11. Dario, che a torto si crede tradito da Mandane, desidera la morte. Aria patetica in tempo lento; prevalgono lo stile legato e la tessitura bassa (l'originale è annotato in chiave di contralto). Fonte della presente edizione: Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek, Ms. 18281 (partitura completa dell'opera). Dal baule madrileno Invan ti chiamo, invan ti cerco - Al dolor che vo sfogando. Nel 1753 Farinelli spediva a Vienna una sontuosa antologia di sei brani manoscritti che rappresentavano il fior fiore del suo repertorio; non tanto le arie da baule che tutti i virtuosi si portavano dietro nelle loro peregrinazioni teatrali, ma "una piccola scelta di quelle Ariette, che per una serie non interrotta di molti anni anno servito in bocca mia al privato sollievo di questi adorabili Sovrani miei Clementissimi Benefattori", cioè la famiglia reale di Spagna: in particolare il demente Filippo V di Borbone (dal 1737 al 1746), poi Ferdinando VI (qui nel ritratto a sinistra) e la sua consorte Maria Barbara di Braganza (qui nel dipinto a destra), fini intenditori di musica. Come mediatore e garante dell'operazione promozionale, la dedica (9) evoca Cristoforo Antonio Migazzi von Waal und Sonnenthum (1714-1803), un nobile trentino qui non ancora al culmine di una luminosa carriera ecclesiastica che lo condurrà alla cattedra arcivescovile di Vienna e alla porpora cardinalizia. All'epoca, nominato da Francesco I d'Asburgo-Lorena su segnalazione della moglie Maria Teresa, monsignor Migazzi era ambasciatore dell'Impero a Madrid. Metastasio dava notizia a Farinelli della di lui recente partenza per la Spagna in una lettera del 18 febbraio 1752, raccomandandoglielo caldamente come "cavaliere di particolari talenti, obbligantissimo, ed in gran credito appresso i miei sovrani" La presentazione metastasiana non getta luce su un piccolo problema storiografico: destinatario dell'omaggio musicale sarà stato il marito o la moglie? Infatti il titolo UNISEX di "Sacra Reale Cesarea Maestà" potrebbe alludere ugualmente ad un imperatore o un'imperatrice. (10) Questione di natura più sostanziale è la paternità delle musiche, ed il ruolo che nella loro composizione (o meglio: arrangiamento secondo i criteri illustrati nella stessa dedica) avrebbe svolto Farinelli. Qualche studioso ha voluto affermare l'integrale paternità farinelliana per quattro dei sei brani, quelli il cui autore non è desumibile da altre fonti. È il caso del n. 2, una scena costituita da un recitativo accompagnato altamente drammatico e da un'aria di limitata estensione, ma traboccante di effetti virtuosistici come legati, trilli, effetti d'eco, progressioni intervallari. Notiamo tuttavia che l'incipit testuale corrisponde ad un'aria della SABRINA, opera-pasticcio su libretto di Paolo Rolli rappresentata al Teatro Haymarket di Londra nell'aprile de 1737. Nel silenzio del libretto a stampa, non è facile stabilire quale ruolo v'interpretasse Farinelli, la stella della compagnia, nè chi fossero gli autori delle arie. Non è escluso qualche intervento del veneziano Giovane Battista Pescetti, all'epoca direttore musicale prima del Covent Garden, e poi dello Haymarket in sostituzione di Porpora. Fonte della presente edizione: Vienna, Osterreichische Nationalbibliothek, Ms. 19111. Note 1) Gli uomini illustri nella musica, Torino, Paravia, 1883, p. 143. 2) "Ne' molti viaggi, che egli fece in gioventù per l'Italia, non delinò mai dalla strada, che potevalo portare al Santuario di Loreto. [...] Tornato di Spagna visitò di nuovo la S. Casa, fece dono di preziosi arredi e vi fondò 12 Messe [...]" (Giovenale Sacchi, Vita del Cavaliere Don Carlo Broschi, Venezia, Coleri, 1784, pp. 42-43). V. anche: Carlo Broschi Farinelli, La solitudine amica (a cura di Cario Vitali e Francesca Boris), Palermo, Sellerie, 2000: lett. 7 e p. 197. Assisi si trova appunto sullo storico itinerario Bologna-Ancona-Loreto-Temi-Roma, alternativo a quello via Firenze-Siena-Orvieto-Viterbo. I Mozart li percorsero entrambi nel 1770; il primo al ritorno, il secondo all'andata. 3)
Per una dettagliata analisi delle forme poetiche e musicali connesse a
questa pratica, si veda: Berthold Over, Per la Gloria di Dio:
Solistische Kirchenmusik an den venezianischen Ospedali im 18.
Jahrhundert, Bonn, Orpheus, 1998. 4) Cfr. la sua lettera a Padre Martini in data Natale 1761, Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica. Carteggi martiniani, L. 117.33 5) Ivi, in duplice copia: Mss N. 162/4-5. Lo stesso testo fu musicato da Vivaldi (RV 627). 6) V. Elvidio Surian, "Metastasio, i nuovi cantanti e il nuovo stile: verso il classicismo. Osservazioni sull 'Artaserse di Hasse", in Venezia e il melodramma del Settecento, Firenze, Olschki, 1988. 7) Fredrick Millner, The Operas of Johann Adolf Hasse, [Ann Arbor], UMI Research Press, p. 289, n. 25. Il giudizio trova riscontro nell'abbondante diffusione manoscritta del brano anche come aria staccata, variamente riportabile ad una delle quattro versioni dell'opera di Hasse, la quale conobbe una lunghissima fortuna esecutiva in tutt'Europa (un ampio rifacimento autografo di provenienza napoletana, databile al 1760, si conserva nella Biblioteca del Conservatorio "Verdi" di Milano, Part. tr. ms 171). 8) Una versione con piccole varianti musicali e l'incipit "Di costanza il core armato" si conserva a Bologna, Museo intemazionale e biblioteca della musica, miscellanea manoscritta DD57, e. 127 sgg. Vedila pubblicata, con integrazioni alle parti strumentali mancanti, in: Arie di Farinelli (a cura di Maria Pia Jacoboni), Bologna, Bongiovanni, 1997, p. 10 - cui si rimanda per ulteriori informazioni. 9) E' a p. VIII del presente volume. 10) Su questo dettaglio lo scrivente inclina a seguire, contro l'opinione dei moderni studiosi Robert Freeman e Sandro Cappelletto, il parere di Franz Habock, primo editore di questa fonte nel monumentale studio Die Gesangskunst der Kastraten, Wien, Universal-Edition, 1923. Riteniamo che la dedica fosse rivolta a Francesco I "imperatore dei Romani" e non a Maria Teresa, in quanto vi si allude ai "pochi istanti di riposo, che le permettono le vaste cure dell'Impero". Nel 1753 Maria Teresi era regina ereditaria d'Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia, arciduchessa d'Austria, duchessa di Milano e di Lussemburgo ecc. ai termini della Prammatica Sanzione, e soltanto imperatrice consorte - come poi fu imperatrice vedova reggente per il figlio Giuseppe. Questo suo ruolo subordinato al marito era stato ribadito nella cerimonia dell'incoronazione imperiale a Francoforte nel 1745, durante la quale ella scelse di partecipare solo come spettatrice. Le "vaste cure dell'Impero" non erano dunque (ufficialmente) di sua competenza. Un simile accenno, se rivolto alla moglie in luogo del marito, avrebbe potuto destare temibili malumori in seno all'imperial famiglia, proprio perché non troppo lontano dal vero sul piano sostanziale; ed inoltre avrebbe costituito una grossolana infrazione al protocollo asburgico e al diritto internazionale, difficilmente concepibile in Farinelli, ma soprattutto nei suoi segretari spagnoli o in un diplomatico di professione come monsignor Migazzi. Al motivo protocollare se ne aggiunge poi uno di gusto e di cultura: come la sua grande collega Caterina di Russia, Maria Teresa era fondamentalmente "amusa". Dalle giovanili esibizioni in presenza del padre Carlo VI come cantante e ballerina (musiche di Reutter e di Gluck), ella passò col tempo ad un'indifferenza non priva di tinte sprezzanti, nonostante intorno al 1734 avesse preso lezioni dal cortese e prestante Hasse, ed ancora una quarantina d'anni più tardi dicesse di stimarlo più d'ogni altro compositore. Viceversa nel 1772, scriveva alla nuora milanese Maria Ricciarda d'Este: "Pour les instruments il y a un certain Haydn qui a des ideés particulières, mais cela ne fait que commencer" (e Haydn aveva già scritto sinfonie come Der Philosoph, Alleluja e i quartetti op. 9); nel 1771 sconsigliava al figlio Ferdinando, governatore di Milano, di assumere al suo servizio "un compositeur ou des gens inutiles [qui] courent le monde comme des gueux" - si trattava di Leopold Mozart e di suo figlio Wolfgang. Tutt'altra cosa per suo marito, che nel 1732 a Vienna - quando era ancora Franz Stephen III von Vaudemont, duca di Lorena e di Bar - ebbe modo di farsi notare da Farinelli come "gran dilettante" di musica, mentre lo stesso non accadde con la sua fidanzata Maria Teresa, confusa nella schiera delle "altre arciduchesse". Cfr. La solitudine amica, op.cit lett 19 e pp. 200 - 201. A cura di Arsace da Versailles
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