ANTONIO VIVALDI

L'Atenaide

Dramma per musica su libretto di
APOSTOLO ZENO

Prima rappresentazione:
Firenze, Teatro della Pergola,
29 dicembre 1728

Prima rappresentazione assoluta
in tempi moderni:
Firenze, Teatro della Pergola,
20-21 maggio 2006

Direttore
FEDERICO MARIA SARDELLI

Regia e costumi
MASSIMO GASPARON

Orchestra Barocca
MODO ANTIQUO

Eudossa, fuggita da Atene e rifugiatasi con il padre Leontino nella Romana Bisanzio sotto le mentite spoglie di Eudossa per non essere ritrovata da Varane, da cui era fuggita, è in procinto di sposarsi con l’Imperatore Romano d’Oriente Teodosio, matrimonio caldeggiato dalla sorella dell’Imperatore Pulcheria.

Giunge in Bisanzio proprio alla vigilia delle nozze, Varane, figlio ed erede del regno di Atene, alla ricerca della sua amata conosciuta con il nome di Atenaide. Teodosio, riconoscente verso il padre di Varane e interessato ad allacciare buoni rapporti diplomatici, vede nell’arrivo di Varane la possibilità di maritare sua sorella Pulcheria, la quale però è amata ricambiata da Marziano, un generale bizantino di casta inferiore che Teodosio manda a combattere i Bulgari per evitare complicazioni, e da Probo, fido attendente dell’Imperatore, che mira di ottenere la mano di Pulcheria agendo nell’ombra.

Teodosio accoglie festosamente Varane e con grande orgoglio gli presenta la sua futura sposa. Varane ed Eudossa/Atenaide non possono trattenere la loro sorpresa, e Teodosio s’indigna nel sapere la sua futura sposa già amante, sebbene rifiutata, di un altro, ma dominandosi e facendo valere la ragione sulla passione propone che sia Eudossa stessa a decidere, donando a colui che lei realmente ama una gemma. Eudossa non ha dubbi, Teodosio, che l’ha accolta e amata con sincerità è l’unico meritevole del suo amore, lo spiega a Varane, e consegna la gemma a Probo affinché lui la recapiti al suo sovrano Teodosio.

Ma Probo, vedendo nella vicenda la possibilità di raggiungere i propri scopi, tradisce la fiducia che l’Imperatore ripone in lui e dona la gemma a Varane, suggerendogli in ogni caso che per avere la sua bella Atenaide meglio sarebbe rapirla, vista l’ira del tradito Teodosio.

L’equivoco fa sì che Teodosio bandisca senza spiegazioni una stupefatta Eudossa, scacciata anche dall’amica Pulcheria, la quale con il padre Leontino si dà alla fuga ma incontra Varane che la rapisce come era già in atto di fare insieme a Probo. Leontino dà l’allarme, l’equivoco si svela così come la colpa di Probo e Marziano, rimasto a Bisanzio per amore di Pulcheria, risolve l’intrigo liberando Eudossa e riconsegnandola al grato Teodosio.

Personaggi ed interpreti

TEODOSIO II, Imperatore, amante di EUDOSSA
Julija Samsonova

PULCHERIA, Sorella di TEODOSIO
Romina Tomasoni

VARANE, Figlio di Isdegarde, Re de' Persi amante di
Anna Tobella

ATENAIDE, Figlia di LEONTINO, sotto nome di EUDOSSA
Paola Leggeri

LEONTINO, filosofo, Padre di Atenaide
Anicio Zorzi Giustiniani

MARZIANO, Generale di TEODOSIO, amante di PULCHERIA
Sara Allegretta

PROBO, Prefetto del Pretorio, amante della medesima
Raffaele D'Ascanio

Note sulla rappresentazione dell'Atenaide di Vivaldi
al Teatro della Pergola nel 2006

Le giornate del 20 e 21 maggio 2006 hanno segnato un evento storico davvero irripetibile. Dopo ben 278 anni dalla prima rappresentazione, il Teatro della Pergola di Firenze ha potuto nuovamente riecheggiare della stupenda musica che Antonio Vivaldi compose espressamente per esso. Come ha spiegato lo stesso direttore Sardelli, "l’Atenaide è l’unica opera sopravvissuta delle quattro scritte da Vivaldi per Firenze. Riportarla alla Pergola, ove risuonò, per la seconda volta, ci è sembrato dunque la cosa più naturale del mondo".

Il Teatro della Pergola è rimasto pressoché inalterato dai primi anni del '700; fu inaugurato al pubblico pagante proprio con un'opera di Vivaldi, lo Scanderbeg (1718), opera di cui non ci rimane nulla, se non 4 arie. Successivamente altre tre opere vivaldiane vi furono rappresentate, ma solo l'Atenaide ci è giunta integra e la partitura è attualmente conservata a Torino presso la biblioteca nazionale (autografo copiato per mano del padre di Vivaldi).

Non vogliamo qui affrontare le solite argomentazioni, quali la bravura dei cantanti o le scelte più o meno azzeccate nella rappresentazione, bensì sottolineare alcuni aspetti a nostro avviso di particolare importanza.


A cominciare dall'Orchestra Modo Antiquo diretta da Federico Maria Sardelli che è apparsa semplicemente straordinaria. Si tratta di giovani musicisti, di grande talento ed affiatamento, che non hanno nulla da invidiare per precisione, accuratezza e brillantezza alle orchestre barocche più blasonate tipo Les Musiciens Du Louvre di Minkowski o di quelle dirette da un Savall o un Alessandrini (per limitarci ad alcuni degli ensamble di indole mediterranea). Suono asciutto, che si nota fin dalla Sinfonia tripartita che apre l'opera (non inclusa nel manoscritto Vivaldiano ma composta dallo stesso Sardelli), vigore ed agilità davvero inaudite. Ottima la resa delle due bellissime arie vivaldiane, quella con 2 flauti dolci e soprattutto quella con i violini pizzicati all'unisono. Ed i due cembali contribuivano poi ad infondere quella sonorità stereofonica di grande effetto.

I costumi e la regia di Massimo Gasparon credo proprio non abbiano bisogno di presentazioni, avendone già elogiato gli splendori in occasione della recensione per il Mitridate di Nicola Porpora, rappresentata lo scorso dicembre 2005 alla Fenice di Venezia. La gestualità barocca, come afferma lo stesso Gasparon, "è stata studiata a fondo, e oramai anche la danza del tempo ha una sua piena riscoperta. [...] L'unità tra la visione e l'ascolto: questa è la peculiarità del teatro d'opera che, credo, sia necessario mantenere viva. E questo vale soprattutto nel teatro barocco".

 

Ma vale la pena di insistere ulteriormente sulla rilevanza di un simile evento. Almeno guardando al panorama italiano, le rare volte che si riesce ad assistere alla ripresa di un'Opera Barocca, lo si fa in modo per così dire incompleto: o manca una vera orchestra con strumenti d'epoca e prassi esecutiva filologica, o manca la messa in scena (è opinione comune che un'opera in forma di concerto sarebbe meglio non farla per nulla!), o manca addirittura il teatro (pensiamo ai ridicoli concerti all'aperto o negli auditorium moderni) o, infine, mancano dei buoni cantanti preparati al reportorio e alla tecnica vocale del '600-'700. Nel caso dell'Atenaide a Firenze, abbiamo avuto tutti (o quasi) questi ingredienti contemporaneamente. Qualche pecca, a nostro avviso, sulla scelta dei cantanti, tutti giovanissimi ed inediti, alcuni discreti ma nel complesso non troppo adatti al canto barocco (forse perché riciclati dal mondo dell'opera lirica?). E poi la solita nota dolente: l'unica parte per alto maschile, quella dell'imperatore Teodosio II, è stata assegnata ad una mezzosoprano che per di più era di bassa statura. Come se in Italia non avessimo dei grandi controtenori e sopranisti! Ma, a dire la verità, su queste mancanze si è potuto sorvolare grazie anche alla splendida acustica offerta da questo bel teatro barocco fiorentino: da segnalare le suggestive vibrazioni (quasi impercettibili) che fluivano dalla fossa orchestrale lungo la pavimentazione in legno della platea del teatro, una sensazione che non proveremo mai in nessun altro allestimento moderno.

Le note che seguono sono tratte dal programma di sala, distribuito nelle due giornate di rappresentazione alla Pergola.

La prima de l'Atenaide
Premesse per una riscoperta

Federico Maria Sardelli

Il rapporto tra Vivaldi ed il Teatro alla Pergola di Firenze non e stato fino ad oggi abbastanza indagato; ma è un rapporto che durò circa vent'anni e del quale si conservano testimonianze molto interessanti: quattro opere prodotte per Firenze ed un vivace carteggio tra Vivaldi – impresario del Teatro S. Angelo di Venezia – e Luca Casimiro degli Albizi – impresario della Pergola di Firenze. I due uomini di teatro si scambiavano opere, cantanti, minacce e scialli di seta, discutevano animatamente di arie, di modifiche letterarie, di quattrini e riprese di opere: uno spaccato straordinariamente vivo ed eloquente dell'ambiente teatrale del primo Settecento.
Ma prima di esaminare il quadro di questa proficua collaborazione, sarà bene visualizzare quali furono le opere che Vivaldi compose per Firenze e per il Teatro della Pergola:

RV Titolo Libretto Data della prima
732 Scanderbeg        Antonio Salvi 22 giugno 1718
722 Ipermestra          Antonio Salvi 25 gennaio 1727
702 L'Atenaide                             Apostolo Zeno 29 dicembre 1728
716 Ginevra, principessa di Scozia Antonio Salvi 17 gennaio 1736

Dello Scanderbeg, dramma intitolato alle gesta dell'eroe albanese, si conservano oggi solo 4 arie; dell'Ipermestra abbiamo solo 3 arie e della Ginevra niente è purtroppo rimasto. Solo L'Atenaide è giunta integra fino a noi, nel manoscritto oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Torino, stilato dal più fido copista che ebbe il compositore, suo padre Giovanni Battista.
Il 1718 fu un anno eccezionale: Vivaldi prese servizio come "Maestro di Cappella di Camera" presso il principe Philipp von Hessen-Darmstat a Mantova e, in un solo anno, produsse ed allestì ben quattro opere diverse. Una lettera di presentazione del principe Filippo all'elettrice Anna Maria Luisa de' Medici, in cui si magnificava " la virtù singolare che possiede nella musica il Sig. Ill.mo Don Antonio Vivaldi" funse da viatico verso la piazza di Firenze: il 22 giugno Vivaldi metteva piede alla Pergola con il suo Scanderbeg. L'occasione fu fondamentale per la città di Firenze: per la prima volta il Teatro degli Immobili – poi "della Pergola" – veniva aperto al pubblico pagante. L'eccezionalità dell'evento si può misurare anche dal cast scritturato per l'occasione, fra cui brilla la star del momento Francesca Cuzzoni.
I rapporti tra Vivaldi e Firenze si riaccendono nel 1726, per iniziativa del marchese Luca Casimiro degli Albizi, nuovo impresario della Pergola, interessato ad avere un'opera del veneziano, in quel momento all'apice della sua fama europea. Nasce un fitto scambio di lettere, delle quali si conservano purtroppo solo quelle dell'Albizi; ma sono sufficienti a fornirci il quadro d'un mondo colorito e in continuo fermento. Vivaldi rialza subito il prezzo proposto dal fiorentino, ma questi non abbocca; viene proposta una nuova cifra ed infine, dopo essersi accordati sui cantanti, l'Ipermestra va in scena a Firenze il 25 gennaio del 1727. L'abate Conti, in una lettera a Madame De Caylus, riferisce che "Vivaldi in meno di 5 mesi ha prodotto tre opere, due per Venezia e la terza per Firenze; quest'ultima ha portato ad un rilancio del Teatro di Firenze procurandogli inoltre anche un notevole guadagno". L'Albizi aveva tutto l'interesse a tenersi ben stretto Vivaldi.
E' sulla scia del successo dell'Ipermestra che, un anno dopo, Vivaldi viene di nuovo invitato a Firenze: vi porterà la sua Atenaide, dramma che per il quale il compositore, desideroso di far buona impressione sui fiorentini anche per la qualità poetica, sceglie per la prima volta un testo di Apostolo Zeno. La star dell'opera, nella parte di Pulcheria, è la giovane Anna Girò, protetta del Prete Rosso, da lui 'scoperta' appena due anni prima: lei sedicenne, lui quarantottenne, iniziano un sodalizio che li vedrà uniti artisticamente e forse anche affettivamente fino alla morte di lui.
Il successo della giovane Girò nell'Atenaide di Firenze fu così folgorante che venne composto e pubblicato per lei un panegirico in poesia dal titolo

Al merito singolare
della Signora
ANNA GIRO'
che nel dramma intitolato
ATENAIDE
rappresentato nel Teatro di Via della Pergola
recitando la parte di
PULCHERIA
canta mirabilmente

Sonetto celebrativo composto in lode di Anna Girò dopo
la sua interpretazione di Atenaide

L'altra grande voce del cast fiorentino era quella del tenore Annibale Pio Fabri, un affezionato delle produzioni vivaldiane fin dall'Arsilda del 1716, tenore di grandi doti virtuosistiche per il quale Vivaldi scrisse le parti più acrobatiche del suo repertorio per voce maschile.
I pettegoli fratelli Pepo conti bolognesi dèditi anch'essi all'impresariato teatrale, ci raccontano in alcune lettere che la Girò dovette scappare da Firenze con disdoro del suo onore per via di certi traffici col suo protettore-cicisbeo conte Pasqualigo, uomo di Vivaldi; non sapremo probabilmente mai come andarono le cose, ma è certo che il successo di Atenaide dovette creare non poche invidie e discussioni.
Passeranno circa sei anni prima che l'Albizi torni a chiedere un'opera a Vivaldi; il contatto si riaccese con la proposta di musicare la Ginevra di Salvi. Vivaldi contropropone la Merope di Zeno, ma l'Albizi gli replica che a Firenze tutti la conoscono ormai a memoria. Gli fa arrivare dunque il libretto di Zeno rivisto dal poeta fiorentino Marchi, affinché Vivaldi cominci a scrivere; ma il prete veneziano vuol metter bocca sulla poesia e inizia a cambiare troppi versi, finché l'Albizi gli replica seccato che "i toscani hanno questa vanità di non ceder ad altri nella poesia". Gli unici punti fermi sono: la musica di Vivaldi e la voce della Girò, elementi di sicuro successo per Firenze.
Finalmente, la Ginevra va in scena il 12 novembre del 1736. Il successo arride anche questa volta ed il soddisfatto marchese fiorentino affida nelle mani delle sorelle Girò un "involto di roba per vestire" perché lo consegnino a Vivaldi e "se lo goda in mia memoria". Dulcis in fundo. Da allora, il rapporto fiorentino si affievolirà e fra i due impresari resteranno solo scambi di lettere, progetti falliti, prestiti di cantanti e risentimenti. Tra le opere fiorentine di Vivaldi è dunque l'Atenaide ad essere la superstite, ma anche l'emblema del favore che Firenze tributò a Vivaldi. Riprendere oggi l'opera in prima assoluta in tempi moderni e farla risuonare nello stesso luogo in cui nacque 278 anni fa, significa restituire un importante tassello alla storia della musica e di Firenze.

a cura di Zadok e Arsace

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