
Eudossa,
fuggita da Atene e rifugiatasi con il padre Leontino nella Romana
Bisanzio sotto le mentite spoglie di Eudossa per non essere ritrovata da
Varane, da cui era fuggita, è in procinto di sposarsi con
l’Imperatore Romano d’Oriente Teodosio, matrimonio caldeggiato
dalla sorella dell’Imperatore Pulcheria.
Giunge in
Bisanzio proprio alla vigilia delle nozze, Varane, figlio ed erede del
regno di Atene, alla ricerca della sua amata conosciuta con il nome di
Atenaide. Teodosio, riconoscente verso il padre di Varane e interessato
ad allacciare buoni rapporti diplomatici, vede nell’arrivo di Varane la
possibilità di maritare sua sorella Pulcheria, la quale però è amata
ricambiata da Marziano, un generale bizantino di casta inferiore
che Teodosio manda a combattere i Bulgari per evitare complicazioni, e
da Probo, fido attendente dell’Imperatore, che mira di ottenere
la mano di Pulcheria agendo nell’ombra.
Teodosio
accoglie festosamente Varane e con grande orgoglio gli presenta la sua
futura sposa. Varane ed Eudossa/Atenaide non possono trattenere la loro
sorpresa, e Teodosio s’indigna nel sapere la sua futura sposa già
amante, sebbene rifiutata, di un altro, ma dominandosi e facendo valere
la ragione sulla passione propone che sia Eudossa stessa a decidere,
donando a colui che lei realmente ama una gemma. Eudossa non ha dubbi,
Teodosio, che l’ha accolta e amata con sincerità è l’unico meritevole
del suo amore, lo spiega a Varane, e consegna la gemma a Probo affinché
lui la recapiti al suo sovrano Teodosio.
Ma Probo,
vedendo nella vicenda la possibilità di raggiungere i propri scopi,
tradisce la fiducia che l’Imperatore ripone in lui e dona la gemma a
Varane, suggerendogli in ogni caso che per avere la sua bella Atenaide
meglio sarebbe rapirla, vista l’ira del tradito Teodosio.
L’equivoco fa sì che Teodosio bandisca senza spiegazioni una stupefatta
Eudossa, scacciata anche dall’amica Pulcheria, la quale con il padre
Leontino si dà alla fuga ma incontra Varane che la rapisce come era già
in atto di fare insieme a Probo. Leontino dà l’allarme, l’equivoco si
svela così come la colpa di Probo e Marziano, rimasto a Bisanzio per
amore di Pulcheria, risolve l’intrigo liberando Eudossa e
riconsegnandola al grato Teodosio.

Personaggi ed
interpreti
TEODOSIO II,
Imperatore, amante di EUDOSSA
Julija Samsonova
PULCHERIA,
Sorella di TEODOSIO
Romina Tomasoni
VARANE,
Figlio di Isdegarde, Re de' Persi amante di
Anna Tobella
ATENAIDE,
Figlia di LEONTINO, sotto nome di EUDOSSA
Paola Leggeri
LEONTINO,
filosofo, Padre di Atenaide
Anicio Zorzi Giustiniani
MARZIANO,
Generale di TEODOSIO, amante di PULCHERIA
Sara Allegretta
PROBO,
Prefetto del Pretorio, amante della medesima
Raffaele D'Ascanio

Note sulla
rappresentazione dell'Atenaide di Vivaldi
al Teatro della Pergola nel 2006
Le
giornate del 20 e 21 maggio 2006 hanno segnato un evento storico davvero
irripetibile. Dopo ben 278 anni dalla prima rappresentazione, il Teatro
della Pergola di Firenze ha potuto nuovamente riecheggiare della
stupenda musica che Antonio Vivaldi compose espressamente per esso. Come
ha spiegato lo stesso direttore Sardelli, "l’Atenaide è l’unica opera
sopravvissuta delle quattro scritte da Vivaldi per Firenze. Riportarla
alla Pergola, ove risuonò, per la seconda volta, ci è sembrato dunque la
cosa più naturale del mondo".
Il
Teatro della Pergola è rimasto pressoché inalterato dai primi anni del
'700; fu inaugurato al pubblico pagante proprio con un'opera di Vivaldi,
lo Scanderbeg (1718), opera di cui non ci rimane nulla, se non 4
arie. Successivamente altre tre opere vivaldiane vi furono
rappresentate, ma solo l'Atenaide ci è giunta integra e la partitura è
attualmente conservata a Torino presso la biblioteca nazionale
(autografo copiato per mano del padre di Vivaldi).
Non
vogliamo qui affrontare le solite argomentazioni, quali la bravura dei
cantanti o le scelte più o meno azzeccate nella rappresentazione, bensì
sottolineare alcuni aspetti a nostro avviso di particolare importanza.

A cominciare dall'Orchestra Modo Antiquo diretta da Federico
Maria Sardelli che è apparsa semplicemente straordinaria. Si tratta
di giovani musicisti, di grande talento ed affiatamento, che non hanno
nulla da invidiare per precisione, accuratezza e brillantezza alle
orchestre barocche più blasonate tipo Les Musiciens Du Louvre di
Minkowski o di quelle dirette da un Savall o un Alessandrini (per
limitarci ad alcuni degli ensamble di indole mediterranea). Suono
asciutto, che si nota fin dalla Sinfonia tripartita che apre l'opera
(non inclusa nel manoscritto Vivaldiano ma composta dallo stesso
Sardelli), vigore ed agilità davvero inaudite. Ottima la resa delle due
bellissime arie vivaldiane, quella con 2 flauti dolci e soprattutto
quella con i violini pizzicati all'unisono. Ed i due cembali
contribuivano poi ad infondere quella sonorità stereofonica di grande
effetto.
I costumi
e la regia di Massimo Gasparon credo proprio non abbiano bisogno
di presentazioni, avendone già elogiato gli splendori in occasione della
recensione per il
Mitridate
di Nicola Porpora, rappresentata lo scorso dicembre 2005 alla Fenice
di Venezia. La gestualità barocca, come afferma lo stesso Gasparon, "è
stata studiata a fondo, e oramai anche la danza del tempo ha una sua
piena riscoperta. [...] L'unità tra la visione e l'ascolto: questa è la
peculiarità del teatro d'opera che, credo,
sia
necessario mantenere viva. E questo vale soprattutto nel teatro
barocco".
Ma
vale la pena di insistere ulteriormente sulla rilevanza di un simile
evento. Almeno guardando al panorama italiano, le rare volte che si
riesce ad assistere alla ripresa di un'Opera Barocca, lo si fa in modo
per così dire incompleto: o manca una vera orchestra con strumenti
d'epoca e prassi esecutiva filologica, o manca la messa in scena (è
opinione comune che un'opera in forma di concerto sarebbe meglio non
farla per nulla!), o manca addirittura il teatro (pensiamo ai ridicoli
concerti all'aperto o negli auditorium moderni) o, infine, mancano dei
buoni cantanti preparati al reportorio e alla tecnica vocale del
'600-'700. Nel caso dell'Atenaide a Firenze, abbiamo avuto tutti (o
quasi) questi ingredienti contemporaneamente. Qualche pecca, a
nostro avviso, sulla scelta dei cantanti, tutti giovanissimi ed inediti,
alcuni discreti ma nel complesso non troppo adatti al canto barocco
(forse perché riciclati dal mondo dell'opera lirica?). E poi la solita
nota dolente: l'unica parte per alto maschile, quella dell'imperatore
Teodosio II, è stata assegnata ad una mezzosoprano che per di più era di
bassa statura. Come se in Italia non avessimo dei grandi controtenori e
sopranisti! Ma, a dire la verità, su queste mancanze si è potuto
sorvolare grazie anche alla splendida acustica offerta da questo bel
teatro barocco fiorentino: da segnalare le suggestive vibrazioni (quasi
impercettibili) che fluivano dalla fossa orchestrale lungo la
pavimentazione in legno della platea del teatro, una sensazione che non
proveremo mai in nessun altro allestimento moderno.
Le note
che seguono sono tratte dal programma di sala, distribuito nelle due
giornate di rappresentazione alla Pergola.
La prima de l'Atenaide
Premesse per una riscoperta
Federico
Maria Sardelli
Il
rapporto tra Vivaldi ed il Teatro alla Pergola di Firenze non e stato
fino ad oggi abbastanza indagato; ma è un rapporto che durò circa vent'anni
e del quale si conservano testimonianze molto interessanti: quattro
opere prodotte per Firenze ed un vivace carteggio tra Vivaldi –
impresario del Teatro S. Angelo di Venezia – e Luca Casimiro degli
Albizi – impresario della Pergola di Firenze. I due uomini di teatro si
scambiavano opere, cantanti, minacce e scialli di seta, discutevano
animatamente di arie, di modifiche letterarie, di quattrini e riprese di
opere: uno spaccato straordinariamente vivo ed eloquente dell'ambiente
teatrale del primo Settecento.
Ma prima di esaminare il quadro di questa proficua collaborazione, sarà
bene visualizzare quali furono le opere che Vivaldi compose per Firenze
e per il Teatro della Pergola:
RV |
Titolo |
Libretto |
Data della prima |
732 |
Scanderbeg
|
Antonio Salvi |
22 giugno 1718 |
722 |
Ipermestra
|
Antonio Salvi |
25 gennaio 1727 |
702 |
L'Atenaide
|
Apostolo Zeno |
29 dicembre 1728 |
716 |
Ginevra, principessa di Scozia |
Antonio Salvi |
17 gennaio 1736 |
Dello
Scanderbeg, dramma intitolato alle gesta dell'eroe albanese, si
conservano oggi solo 4 arie; dell'Ipermestra abbiamo solo 3 arie
e della Ginevra niente è purtroppo rimasto. Solo L'Atenaide
è giunta integra fino a noi, nel manoscritto oggi conservato alla
Biblioteca Nazionale di Torino, stilato dal più fido copista che ebbe il
compositore, suo padre Giovanni Battista.
Il 1718 fu un anno eccezionale: Vivaldi prese servizio come "Maestro di
Cappella di Camera" presso il principe Philipp von Hessen-Darmstat a
Mantova e, in un solo anno, produsse ed allestì ben quattro opere
diverse. Una lettera di presentazione del principe Filippo all'elettrice
Anna Maria Luisa de' Medici, in cui si magnificava " la virtù singolare
che possiede nella musica il Sig. Ill.mo Don Antonio Vivaldi" funse da
viatico verso la piazza di Firenze: il 22 giugno Vivaldi metteva piede
alla Pergola con il suo Scanderbeg. L'occasione fu fondamentale
per la città di Firenze: per la prima volta il Teatro degli Immobili –
poi "della Pergola" – veniva aperto al pubblico pagante. L'eccezionalità
dell'evento si può misurare anche dal cast scritturato per
l'occasione, fra cui brilla la star del momento Francesca Cuzzoni.
I rapporti tra Vivaldi e Firenze si riaccendono nel 1726, per iniziativa
del marchese Luca Casimiro degli Albizi, nuovo impresario della Pergola,
interessato ad avere un'opera del veneziano, in quel momento all'apice
della sua fama europea. Nasce un fitto scambio di lettere, delle quali
si conservano purtroppo solo quelle dell'Albizi; ma sono sufficienti a
fornirci il quadro d'un mondo colorito e in continuo fermento. Vivaldi
rialza subito il prezzo proposto dal fiorentino, ma questi non abbocca;
viene proposta una nuova cifra ed infine, dopo essersi accordati sui
cantanti, l'Ipermestra va in scena a Firenze il 25 gennaio del
1727. L'abate Conti, in una lettera a Madame De Caylus, riferisce che
"Vivaldi in meno di 5 mesi ha prodotto tre opere, due per Venezia e la
terza per Firenze; quest'ultima ha portato ad un rilancio del Teatro di
Firenze procurandogli inoltre anche un notevole guadagno". L'Albizi
aveva tutto l'interesse a tenersi ben stretto Vivaldi.
E' sulla scia del successo dell'Ipermestra che, un anno dopo,
Vivaldi viene di nuovo invitato a Firenze: vi porterà la sua Atenaide,
dramma che per il quale il compositore, desideroso di far buona
impressione sui fiorentini anche per la qualità poetica, sceglie per la
prima volta un testo di Apostolo Zeno. La star dell'opera, nella
parte di Pulcheria, è la giovane Anna Girò, protetta del Prete
Rosso, da lui 'scoperta' appena due anni prima: lei sedicenne, lui
quarantottenne, iniziano un sodalizio che li vedrà uniti artisticamente
e forse anche affettivamente fino alla morte di lui.
Il successo della giovane Girò nell'Atenaide di Firenze fu così
folgorante che venne composto e pubblicato per lei un panegirico in
poesia dal titolo
Al merito singolare
della Signora
ANNA GIRO'
che nel dramma intitolato
ATENAIDE
rappresentato nel Teatro di Via della Pergola
recitando la parte di
PULCHERIA
canta mirabilmente |

Sonetto celebrativo composto in lode di Anna
Girò dopo
la sua interpretazione di Atenaide |
L'altra
grande voce del cast fiorentino era quella del tenore Annibale
Pio Fabri, un affezionato delle produzioni vivaldiane fin dall'Arsilda
del 1716, tenore di grandi doti virtuosistiche per il quale Vivaldi
scrisse le parti più acrobatiche del suo repertorio per voce maschile.
I pettegoli fratelli Pepo conti bolognesi dèditi anch'essi all'impresariato
teatrale, ci raccontano in alcune lettere che la Girò dovette scappare
da Firenze con disdoro del suo onore per via di certi traffici col suo
protettore-cicisbeo conte Pasqualigo, uomo di Vivaldi; non sapremo
probabilmente mai come andarono le cose, ma è certo che il successo di
Atenaide dovette creare non poche invidie e discussioni. 
Passeranno circa sei anni prima che l'Albizi torni a chiedere un'opera a
Vivaldi; il contatto si riaccese con la proposta di musicare la
Ginevra di Salvi. Vivaldi contropropone la Merope di Zeno, ma
l'Albizi gli replica che a Firenze tutti la conoscono ormai a memoria.
Gli fa arrivare dunque il libretto di Zeno rivisto dal poeta fiorentino
Marchi, affinché Vivaldi cominci a scrivere; ma il prete veneziano vuol
metter bocca sulla poesia e inizia a cambiare troppi versi, finché l'Albizi
gli replica seccato che "i toscani hanno questa vanità di non ceder ad
altri nella poesia". Gli unici punti fermi sono: la musica di Vivaldi e
la voce della Girò, elementi di sicuro successo per Firenze.
Finalmente, la Ginevra va in scena il 12 novembre del 1736. Il
successo arride anche questa volta ed il soddisfatto marchese fiorentino
affida nelle mani delle sorelle Girò un "involto di roba per vestire"
perché lo consegnino a Vivaldi e "se lo goda in mia memoria". Dulcis
in fundo. Da allora, il rapporto fiorentino si affievolirà e fra i
due impresari resteranno solo scambi di lettere, progetti falliti,
prestiti di cantanti e risentimenti. Tra le opere fiorentine di Vivaldi
è dunque l'Atenaide ad essere la superstite, ma anche l'emblema
del favore che Firenze tributò a Vivaldi. Riprendere oggi l'opera in
prima assoluta in tempi moderni e farla risuonare nello stesso luogo in
cui nacque 278 anni fa, significa restituire un importante tassello alla
storia della musica e di Firenze.

a cura di
Zadok e Arsace
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