Racine aveva steso la sua tragedia nel 1673 “Mithridate” evidenziando l’aspetto di fermo oppositore dei romani, ultima resistenza ad essi per bloccarli nel passaggio verso l’Oriente.

Il soggetto non era una novità nel campo della Musica Barocca, in quanto compositori quali Alessandro Scarlatti, Aldovrandini, Antonio Caldara, e poi c’è quello oggi più noto e successivo di Mozart.

Filippo Vanstriper scrive il libretto d’opera a partire da quello di Racine, e fu scritto interamente per voce di castrati: la rappresentazione era prevista per il carnevale del 1730 (7 Febbraio 1730 la prima) al Teatro Capranica a Roma, dove il Papa aveva vietato per problemi morali e di decenza pubblica il varcare le scene teatrali di cantanti femminili.

La seconda versione della storia di Mitridate, su libretto di Gavardo da Gavardo, è per combattere il teatro Handeliano a Londra nel 1736 vide sul palco un cast stellare: Farinelli, Francesca Cuzzoni, Montagnana, Senesino. (Relativamente a Senesino, si suppone sia stato nel ruolo di Mitridate, posto nella versione romana nel registro contraltile).

Ognuno testimonia che Mitridate godeva di un fisico possente, una viscerale crudeltà (ben presto uccise madre e fratello per impadronirsi del potere), una inarrestabile ambizione di potere, elevate capacità di condurre l’esercito a cui associava una profonda cultura, essendo addirittura in grado di parlare 20 lingue. L’odio che sgorgava dal suo petto verso Roma lo portò a contrastare la grandezza della Repubblica con ogni mezzo: a modello aveva preso Alessandro Magno: per temprarsi trascorreva le notti all’aperto, esposto alle intemperie, e, prevedendo la possibilità di una morte per intossicazione si abituava gradualmente al veleno, divenendo immune ad ogni tentativo di assassinio. E questa circostanza si verificò quando la sorella e moglie Laodice tentò di sopprimerlo con il veleno, la fece giustiziare senza pietà. Nel 105 avanti Cristo intraprese il progetto di una riconquista delle aree dell’Asia minore occupate dai Romani. Nel 85 A.C. subì una prima sconfitta da Silla, che occupò Atene. Mitridate si ritirò ed ebbe modo nell’83 A.C. di affrontare l’attacco a sorpresa di Licinio Murena, rovesciando a suo favore l’esito della battaglia, riprendendosi la Cappadocia, grazie sia all’intervento di Tigrane, Re degli Armeni e genero – aveva sposato infatti sua figlia Cleopatra – sia alla ribellione del comandante romano Sartorio. Lucullo, incapace di tenere le forze romane, fece scoppiare un ammutinamento e quindi fu congedato da Roma, designando una figura ben più nota che fu capace di infliggere a Mitridate una tremenda sconfitta nel 66 A.C.: si trattava di Pompeo.Mitridate era stato lasciato sia da suo figlio Macare, sia dall’altro suo figlio Fornace, che era passato sotto le insegne nemiche; anche una delle sue mogli, Stratonice, lo tradì dando una fortezza ai Romani. Mitridate decise allora i togliersi la vita con il veleno, ma essendone immune, ordinò di farsi pugnalare da un soldato della sua scorta: tale evento diede una ventata di gioia a Roma, ma Pompeo gli diede una sepoltura con tutte le onorificenze dovute ad un gran condottiero.

Prima Esecuzione

In tempi Moderni Ottobre/Dicembre 2005

Mitridate

Musica di

Nicola Porpora

Libretto di Filippo Vanstriper

Maestro concertatore e direttore d’orchestra: Massimiliano Carraro

Regia, scene e costumi: Massimo Gasparon

Tessuti per scene e costumi: Rubelli

Light designer: Vilmo Furian

Orchestra: La Officina de li affetti

Trama

Atto Primo

Presso la porta di Ninfea si aspetta in una piazza il ritorno di Mitridate dalla battaglia contro Pompeo; è qui che intanto il figlio Sifare riprende Laodice, principessa di cui lui stesso si è innamorato, di non essere fedele al padre di cui è la promessa sposa, annunciandole che il loro affetto non può aver un seguito. Laodice sorpresa dalle parole lo rimprovera a sua volta che antepone l’amore per il padre al proprio. Alla fine è il buonsenso e il rispetto per il genitore che prevalgono. Nel frattempo Farnace, primo figlio di Mitridate, innamorato anche esso di Laodice, viene informato dal governatore della città, Arbate, che il Re Mitridate è morto in battaglia: Farnace reagisce con impeto dichiarando di voler sposare Laodice ben presto, cosa che irrita Arbate, che minacciato, finisce per sottostare al volere del Principe e primo diretto successore al Trono. Ecco che Laodice è costretta ad accettare di unirsi in matrimonio con Farnace, giacchè primo successore di Mitridate: ma ecco che nel momento della cerimonia un improvviso oscuramento ostacola il compimento del rito, e la voce dell’oracolo nel tempio impone al figlio traditore di lasciare i progetti matrimoniali e di governo. Incurante Farnace prosegue ad insidiare Laodice, che viene salvata dall’intervento di Sifare. Ma proprio in questo momento giunge festivo Arbate con la smentita della notizia prima riportata sulla morte del Re Mitridate, annunciando che sta tornando intendendo riprendere il controllo della città. Laodice si dispera: deve seguire il suo destino di sposa accanto ad un uomo che non ama; i due fratelli si accordano di non svelare al padre le loro colpe, palesandosi gli affetti verso Laodice. Sconfitto in uno scontro con i romani, Mitridate è perplesso sulla fedeltà di figli e promessa sposa Laodice, e sebbene Arbate lo rassicuri sui suoi dubbi, egli vuole scoprire la verità: confessa quindi ad Arbate che è stato lui stesso a spargere la notizia della sua morte per verificare la fedeltà dei suoi parenti. Ismene, principessa dei Parti, promessa a Farnace, gli riferisce le infedeltà del primogenito. Il Re inveisce, corroso dai dubbi ed angosciato dal pensiero di rimanere in preda ad un a misera solitudine.

 Atto Secondo

Il sentimento verso Laodice deve terminare: così intima Ismene a Farnace, altrimenti svelerà ogni tradimento al suo futuro suocero Mitridate; ma sono parole al vento, perché Farnace non intende abbandonare i suoi propositi: esser Re di Ponto, avere Laodice come Regina ed eliminare il germano Sifare. Ismene cade nella più tremenda disperazione.

Qual gioja ch'io sento, Duetto da MITRIDATE, Laodice - Alexandra Zabala e Sifare - Sara Allegretta

L’arrivo di Laodice che si dichiara sempre più innamorata, senza mai pronunciare il nome dell’idolo suo, ingigantisce l’equivoco nella mente di Ismene. Restata sola, Laodice al suono bucolico di “augelletti” si addormenta, 

Augelletti, Aria dal II° Attodi MITRIDATE - Laodice, Alexandra Zabala soprano

proprio mentre giunge Mitridate, che affascinato dalla bellezza della Principessa promessagli, è dilaniato fra l’amore e il proprio orgoglio ferito. In questo momento si avvicina Sifare che viene preso dal furore della gelosia, in quanto Mitridate avvicinatosi a Laodice, l’abbraccia con passione. Mitridate litiga con Laodice, che sfocia nella convocazione da parte del Re irato di Sifare, a cui chiede sostegno e fedeltà. Mitridate poi riunisce i due figli nella sala per annunciare la sua definitiva partenza contro Roma, che intende condurre egli stesso sul suolo romano. Ma si tratta di una farsa, per poter scoprire quali siano i veri traditori. Farnace allora non è disposto in sostanza a sacrificarsi per la patria ed annuncia di non voler unirsi in matrimonio con Ismene, per la quale non sente nulla, accusando il fratello Sifare di esser ambiguo e di non palesare i suoi veri sentimenti. Ecco che Fornace viene incarcerato da Mitridate, mentre Ismene si flagella dal rimorso. Costretto a celarsi dal padre, Sifare è testimone di una conversazione fra Mitridate e Laodice: per provare la relazione con Farnace, Mitridate le annuncia di volerla dare in sposa a Sifare. Ed è così che invece Mitridate viene a conoscenza della verità, prendendolo in contropiede, irritandolo: mentre lascia la sala del trono in preda ad una furiosa ira, Arbate è dispiaciuto della sorte dei due giovani: Laodice e Sifare si testimoniano la loro gioia e la loro disperazione in uno straziante addio , che conclude l’atto.

 Atto Terzo

Convocati Sifare e Laodice nei suoi appartamenti per decretare la morte per tradimento, Mitridate è interrotto per la notizia portata da Arbate della fuga dal carcere di Farnace e di un attacco romano che sta spargendo il panico in città. Ecco che in quel mentre entra Farnace che si dichiara pronto ad affiancare il padre a fronteggiare il nemico, dimostrandosi leale e pronto ad un eventuale sacrificio. Mitridate si commuove alle parole di un figlio che risponde alle sue aspettative e gli concede il perdono. Non sono finite le sorprese: Farnace ritrova il sentimento verso la sua promessa Ismene, la quale con dolore lo lascia andare contro i romani. 

Sono disprezzata, Aria da MITRIDATE - Ismene, Erika Pagan

L’addio che Sifare deve dare a Laodice è difficilissimo in quanto lei è costretta al suicidio: sola poi, oppressa dalla disperazione è in procinto di compiere il gesto di bere del veleno 

Vieni cara amica morte, Aria da MITRIDATE - Laodice, Alexandra Zabala soprano

che giunge Arbate che la blocca e la informa della grazia del Re ed il perdono di Sifare.

Arrivano poi i due fratelli, vittoriosi sul nemico romano, ma la gioia è stroncata dalla notizia del ferimento mortale di Mitridate, che giunto, dopo aver riabbracciato Sifare e Laodice, spira in presenza dei figli. Un coro conclude l’atto.

"Ismene e Mitridate" da MITRIDATE di Nicola Porpora

 

Interpreti

 

Mitridate, Re di Ponto – Anicio Zorzi Giustiniani

Laodice, Promessa sposa di Mitridate – Alexandra Zabala

Sifare, figlio di Mitridate – Sara Allegretta

Farnace, Primo figlio di Mitridate – Maria Laura Martorana

Ismene, Figlia del Re dei Parti - Erika Pagan

Arbate, Governatore di Ninfea – Maria Cassi

Note sulla rappresentazione del MITRIDATE di Porpora nel 2005

Massimo Gasparon sottolinea giustamente la carestia di opere Barocche rappresentate attualmente nei teatri italiani e la grande eccezionalità che sia la Fenice a rappresentarne una, ha fatto scegliere di proporre quanto si è ritenuto il meglio delle due versioni dell’opera di Nicola Porpora, garantendo la possibilità di ascoltare arie di straordinaria bellezza ed ispirazioni solo al tempo conosciute. Mitridate è la quinta Opera in assoluto che viene rappresentata di Nicola Porpora in tempi moderni, e ci si augura che questo ulteriore passo possa dare una ulteriore propulsione per la riscoperta del compositore. La versione presentata alla Fenice e al teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia è un ridimensionamento della versione del 1730 romana, con l’aggiunta di alcune arie scritte per il teatro londinese, consentendo di godere delle due versioni a confronto, notando lo sviluppo musicale di Porpora in soli 6 anni di differenza tra l’una e l’altra versione. Proprio per il fatto che Nicola Porpora fosse il più grande maestro di canto del Settecento, come testimoniano gli dei del settecento musicali usciti dalla sua fucina, consente di intravedere nelle arie la sua grande conoscenza che dimostra nella scrittura vocale, che spesso cucita con maestria proprio per le uguale dei suoi allievi migliori.

La versione presentata dalla Fenice ha operato dei tagli di arie e di recitativi, per evitare intervalli, sempre tenendo però presente una trama comprensibile e la sequenza originale: il collage che ne risulta non pretendeva alterare la partitura, ma perseguiva l’intento di presentare i tratti più significativi di una musica anche per un pubblico non specializzato: sebbene siano due testi in stile differente, sono uniti da una coerenza musicale di Porpora. Il testo romano di Vanstriper segue fedelmente la versione del 1673 di Racine, ed ha non solo similitudini evidenti con la versione di Cigna-Santi, musicata da Mozart, ma addirittura frasi intere uguali.

"Ismene" da MITRIDATE di Nicola Porpora

Il Ruolo di Mitridate è dato ad una voce tenorile, cosa assai eccezionale in un periodo in cui solo le voci alte erano di interesse generale; i fratelli rivali, Farnace e Sifare, figli di Mitridate, invece sono concepiti per soprani evirati: la versione romana sicuramente presentava nel cast il grande Caffarelli, il prediletto da Porpora (a cui disse alla fine degli insegnamenti: "Vattene, figliuol mio. Io non ho altro da insegnarti. Tu sei il primo cantante dell'Italia e del mondo") e grande rivale di Farinelli: ecco che la scrittura presenta un elevato grado di virtuosismo, tanto da arrivare ad uno stile pari a quello di un Vivaldi maturo per analogie ed assonanze, senza tuttavia perdere il dna squisitamente napoletano per l’impiego di tonalità e straordinaria capacità di inventiva per melodie ricordabili. La versione invece londinese è legata alla presenza della parte assegnata a Farinelli: in sostanza presentando un’opera nelle due versioni in fondo è come anche portare a confronto i due rivali, così grandi nell’arte nel canto, come così differenti per carattere, ma tuttavia accomunati da una scuola di altissimo livello vocale: quella di Nicola Porpora. La parte affidata a Farinelli è nello stile patetico e virtuosistico allo stesso tempo: vi è un uso continuo dell’ottava centrale che non inibisce l’elaborazione di lunghe frasi musicali ricche di agilità, che percorrono tonalità maggiori e minori con un effetto di alto fascino per l’udito.

La presenza nel cast della cantante Francesca Cuzzoni, indimenticata interprete di Cleopatra in Giulio Cesare di Handel, ha spinto alla scelta di proporre le sue arie scritte per la versione londinese caratterizzate da una grande propensione verso il lirismo e la drammaticità. Porpora dimostra una evoluzione che molti suoi coevi non hanno saputo così intensamente dimostrare, senza mai ripetersi: nell’habitat londinese, Nicola Porpora impiega uno stile orchestrale più internazionale.

Il libretto accompagnatorio del MITRIDATE mi sembra davvero esagerare quando viene scritto: "...nel caso del secondo movimento della sinfonia di apertura, (che viene riproposta in questa edizione), notiamo come Handel stesso abbia tratto ben più di una ispirazione per il famoso coro dell'Alleluja nel suo MESSIAH del 1741, scritto quindi ben 5 anni dopo il MITRIDATE di Porpora: al pubblico il giudizio! "; mi sembra davvero una forzatura (anche basti solo pensare che una composizine è scritta in ritmo ternario, mentre l'altra in ordinario quaternario), ma questa citazione testimonia in fondo quanto si rileva nei tempi attuali, ossia che il rifarsi ad Handel, o citare Handel in composizioni ignote, o di compositori poco conosciuti, equivale oggi a fornire una patina di qualità alla composizione o compositore ignoto: comunque non era necessario scomodare di certo l'Alleluja per "pubblicizzare" l'opera: Porpora sa bene il fatto suo, non a caso fu rivale di Handel. Tuttavia è da sottolineare invece che anche Porpora si cala, probabilmente per la strettezza dei tempi, o per un momento poco fertile, come gli altri in un riproporsi: l’allegro del suo Oratorio GEDEONE è similissimo a quello dell’allegro del secondo movimento dell’Ouverture di Mitridate.

Ma tant'è che non sembrandoci sufficiente quanto su scritto, ci siamo rivolti, facendo ascoltare l'Ouverture del MITRIDATE di Porpora, proprio a Christopher Hogwood e sollevando l'azzardo della "ben più di una ispirazione", ed ecco cosa il grande maestro inglese, ha potuto rispondere:

Thanks; that worked well
I don't think I would classify this as a real "borrowing" since it is
an 18th century commonplace, simply repeated in a rising sequence.
Maybe just point out a similarity and mention the dates?
Thanks for the sample, though
Sempre
Chris

Porpora poi utilizza la prassi di riprendere dei temi che sono inclusi nella ouverture in alcune arie, o come nel caso di Mitridate c’è lo stesso tema nel duetto fra Laodice e Sifare.

La costumistica della rappresentazione si è avvalsa di costumi espressamente creati dalla sartoria Brancato per l’occasione, impiegando tessuti fra i più preziosi di Ribelli con l’intento di riportare in primo piano uno degli elementi essenziali dell’opera Barocca per come era concepita: l’aspetto visivo, oltre che quello naturalmente sonoro. 

"Mitridate e Sifare" in MITRIDATE di Nicola Porpora

La costumistica diventa scenografia, in effetti la sontuosità e l’ampiezza non avrebbero permesso nella realizzazione della Fenice l’arricchimento di mobilia ulteriore al colonnato, impreziosito con il velluto rosso brancacci, e a qualche elemento scenico usato quale l’architettura di una nave per l’arrivo del protagonista Mitridate o come il triclinio evocante un stile impero, dove Laodice può addormentarsi cullata dai flauti e dal volo di augelletti o dove il protagonista può nella scena finale spirare distendendosi sopra;

L’ampiezza e la lunghezza degli strascichi preziosi  avrebbero impedito un fluente movimento dei personaggi. Il colonnato, la gestualità Barocca persegue un ideale squisitamente del periodo, senza ricercare alcun legame col una dimensione reale, coerentemente con l’estetica degli affetti. Sebbene i personaggi dell’opera siano distanti dalla realtà odierna, in quanto portano in scena l’aristocrazia, ossia un mondo con usi e costumi lontani dalla vita quotidiana, che spesso si trova dinnanzi a scelte difficili, se non impossibili, fra princìpi incompatibili gli uni con gli altri, ma lodevoli se presi singolarmente che agisce per amore e per onore e quindi vicini a quelli che possono essere anche ai sentimenti di un pubblico odierno.

In sostanza si può affermare che lo spettacolo organizzato alla Fenice può concludersi con un prezioso esito positivo - sebbene mancasse la voce di Falsetto nel cast, cosa che ha reso un po' monotono il timbro del cast - giacchè la Musica di Porpora, nella sua eccezionalità di esecuzione in tempi moderni e nell'elevata sapienza del mastro nel campo operistico, la scenografia e costumistica assieme, sfoderando uno sfarzo davvero rimarchevole e per bozzetti e per preziosità e ricchezza dei tessuti, e il far riaffiorare uno dei filoni più importanti dell'epoca, la rivalità fra due star quali Farinelli e Caffarelli, proprio rilevabili nell'ascolto delle arie rispettivamente di Sifare e Farnace, evidenziate nella scelta di una presentazione ibrida delle due versioni 1730 / 1736, hanno garantito un ottimo apprezzamento generale per il pubblico che ha partecipato alla serata. Lo spettacolo è stato confezionato attraverso una serie di tagli di arie e recitativi, e partendo sulla base della versione iniziale romana del 1730, s sono aggiunte le arie scritte per Farinelli e per la Cuzzoni che cantarono nella versione del 1736 a Londra. Secondo i progetti espressi dal direttore Massimiliano Carraro, l'opera verrà riproposta ampliando alcune parti con arie e recitativi, ulteriori a quelli ascoltati nelle rappresentazioni di dicembre 2005. C'è da augurarsi che lo spettacolo possa esser confezionato in un cofanetto o meglio in dvd, per non dimenticare un'opera di Nicola Porpora così coinvolgente. Non resta che ringraziare tutti, davvero tutti, fra cantanti, strumentisti, direttore, registi, costumisti e Nicola Porpora per questo spettacolo davvero entusiasmante per noi Baroccofili.

Alcune opinioni dei nostri iscritti in mailing list Handel Forever sull'esibizione del MITRIDATE di Nicola Porpora

"Mitridate e Sifare" in MITRIDATE di Nicola Porpora

Il Mitridate è stato molto bello! Era parecchio che non vedevo un'opera barocca così ben congeniata. Costumi, cantanti, regia ed orchestra di ottimo livello. Peccato per i tagli, ma voglio qui ricordare che il Mitridate è stato inizialmente prodotto da un privato per festeggiare la sua Azienda: Rubelli, un'istituzione a Venezia per la produzione di broccati e lampassi. Egli aveva esplicitamente richiesto che tutta l'opera non durasse più di due ore per rendere piacevoli i festeggiamenti e non far pesare la serata a spettatori non abituati alla lunghezza tipica delle opere barocche ed ai numerosi recitativi.
Attenta la direzione dell'orchestra, costituita da giovani e bravi musicisti e da un direttore specializzato nel genere. Tra i cantanti, emergeva per la bellezza dei suoi filati, Alexandra
Zabala, ma anche gli altri interpreti nel complesso hanno cantato bene pur con qualche piccolo diffettuccio qua e là (ma vanno perdonati vista la giovane età).

Discorso a parte meritano la regia, la scenografia ed i costumi di Massimo Gasparon, assistente di Pier Luigi Pizzi e che da lui ha ereditato un gran gusto e la capacità di creare le giuste locations ed atmosfere con il sapiente uso di elementi di grande impatto visivo e soluzioni di scena veramente geniali: mi riferisco oltre che al bellissimo colonnato, alle passerelle che delimitavano il perimetro del Golfo Mistico e che venivano sovente utilizzate dagli interpreti per cantare a due passi dal pubblico e creare maggior movimento alle scene.

Considerando i badget sempre più esigui messi a disposizione degli enti lirici, tale soluzione mi ha colpito moltissimo per forza visiva e costo limitato. Cosa che non si può dire per i metri e metri di stoffe preziose che devono avere prezzi elevatissimi, ma che in questo caso erano forniti dal committente stesso :-)
La serata è stata piacevolissima e molte delle arie eseguite erano di rara bellezza. Non sono mancate pure arie di tempesta o di furore!!! Arsace ed io abbiamo avuto momenti di pura estasi musicale.
Personalmente mi auguro che vengano proposte più spesso produzioni barocche di questo livello a Venezia, e che venga preso a modello dai registi il raffinato stile del Gasparon.


Rodelinda


"Laodice" in MITRIDATE di Nicola Porpora

 

Sono Lulu e questo è il mio primo messaggio su Handel Forever. Vorrei scrivervi le mie impressioni su quest'opera che ho visto il 28 dicembre scorso al Malibran. Ho letto la recensione di Rodelinda, ma forse vi interessa avere un parere leggermente diverso. L'ho già scritto anche in
un'altro newsgroup (iamc) quindi scusate il cross-posting, oppure, per dirla in italiano, la ripetizione. In calce alle mie prime impressioni aggiungo però delle riflessioni che mi sono nate dopo aver letto ciò che ha scritto Rodelinda.

L'altra sera ho assistito alla seconda rappresentazione del Mitridate di Nicola Porpora al Teatro Malibran di Venezia.
Porpora scrisse due versioni di quest'opera, una per Roma nel 1730 e l'altra per Londra alcuni anni dopo. Quello che hanno fatto a Venezia è di ridurre l'opera romana per inserire alcune delle migliori arie della versione londinese. I tagli sono stati eseguiti in modo da permettere una esecuzione senza soluzione di continuità, cioè senza intervallo (dalle 19 alle 21) - personalmente non ho capito questa scelta... un intervalluzzo ci poteva stare, ma tant'è!
Il libretto della versione romana è di Filippo Vanstriper, che segue molto da vicino Racine. A sua volta Cigna-Santi prenderà spunto - anzi, alcune frasi intere - per il Mitridate musicato da Mozart.
Fu con il castrato Caffariello in mente che Porpora scrisse la versione romana, mentre quella londinese (su libretto di Gavardo da Gavardo) prevedeva il suo diretto rivale Farinelli. A Venezia, invece nessun controtenore in vista, rimpiazzato da mezzosoprani. Ecco la locandina:

MITRIDATE

Musica: Nicola Porpora
Libretto: Filippo Vanstriper

Roma, Teatro Capranica, carnevale 1730
Londra, Teatro dell'Haymarket, gennaio 1736

Revisione critica partiture: Bernardo Ticci
Revisione critica drammaturgica: Massimo Gasparon

Direttore: Massimiliano Carraro

Regia, scene e costumi: Massimo Gasparon

Insieme strumentale: La Officina de li Affetti

Mitridate, re di Ponto: Anicio Zorzi Giustiniani
Laodice, promessa sposa di Mitridate: Alexandra Zabala
Sifare, figlio di Mitridate: Sara Allegretta
Farnace, primo figlio di Mitridate: Maria Laura Martorana
Ismene, figlia del re dei Parti: Erika Pagan
Arbate, governatore di Ninfea: Mario Cassi

Lo spettacolo ideato da Massimo Gasparon era essenziale e scarno nella scenografia: una decina di colonne corinzie rivestite di velluto decorato a candelabra più qualche elemento scenico tipo un letto, un catafalco dal quale arriva Mitridate e poco altro; ma per il resto non poteva che dirsi assolutamente barocco, grazie agli splendidi broccati della Rubelli (una ditta veneziana che produce tessuti preziosissimi
lavorati ancora secondo le tecniche tradizionali) e la gestualità enfatica e in un certo senso meccanica tipica di quest'epoca.
La migliore in scena è stata senza dubbio Sara Allegretta nei panni di
Sifare. Ma chi era presente mi ha assicurato che era stata nettamente migliore la serata prima. Si sa, la seconda recita è sempre la peggio alla quale assistere perché non c'è l'adrenalina della prima ed entra di scena lo "svacco" - come si suol dire! Ma questa è una nota a margine che non riguarda lo specifico ma il generale. Buono il tenore Anicio Zorzi Giustiniani e il basso Mario Cassi e così pure l'altro mezzo della serata, Maria Laura Martorana. Ho qualche riserva sulla Laodice di Alexandra Zabala (piuttosto calante qua e là.... e di certo i flauti in a solo non l'hanno aiutata nella sua aria
degli Augeletti!) e non cosa dire di Erika Pagan come Ismene: questo è davvero un personaggio sfortunato in tutta la vicenda e le sono affidate due arie di una noia mortale........ Non mi è piaciuta ma potrei non essere obiettiva.
L'orchestra si chiamava La Officina de li Affetti, nata nel 2004. Non l'avevo mai sentita prima. Nelle note di sala comunicano che "fa parte di un progetto di riscoperta di autori del '700 italiano di ampio respiro nato sotto l'egida dell'Orchestra internazionale d'Italia". La formazione prevedeva due flauti, due oboi, un fagotto, due trombe, due corni, nove violini (il primo violino era Marcello Defiant con il suo Amati del 1725), tre viole, tre violoncelli, due contrabbassi e un cembalo.

A questo vorrei aggiungere che l'orchestra suonava su strumenti moderni, compreso l'arco, anche se a volte usano l'arco barocco e le corde in budello nude. Credo che abbiano optato per il moderno per esigenze dei cantanti e del teatro (il Malibran non ha un'acustica perfetta, soprattutto in platea, nella parte posteriore sotto alla balconata - dove sedevo io tra l'altro. Il suono arriva schiacciato, compresso. E' molto ma molto meglio in balconata e nelle gallerie).
Non avevo capito che la Rubelli fosse lo sponsor principale e me ne rallegro perchè quello che hanno fatto è stato davvero prezioso e importante.
Anch'io sono rimasta molto colpita dall'effetto dei praticabili che circondavano il golfo mistico e che permettevano ai cantanti di eseguire le loro arie virtuosistiche in contatto così diretto con il pubblico. Se volessimo usare il linguaggio cinematografico direi che questo espediente assomigliava molto a un primo piano. Ho notato che le arie amorose venivano eseguite a sinistra (dal punto di vista dello spettatore) mentre quelle "propositive" a destra. I duetti invece vedevano i protagonisti avvicinarsi lentamente, seguendo il ritmo della musica e il significato delle parole, per poi unirsi al centro.
Credo che l'aggettivo usato da Rodelinda alla fine della sua recensione dia magnificamente il senso della serata: raffinata, sotto ogni punto di vista.


Baci,

Lulu

"Sifare e Laodice" in MITRIDATE di Nicola Porpora

Miei buoni amici e amiche,

Eccomi qui, tertium datum, a scrivervi anch'io qualche nota sul Mitridate veneziano. Dopo le note esaurienti e tecniche di Rodelinda e Lulu (la prima certamente cantante, perchè ho avuto il grande piacere di conoscerla e udirla, la seconda pure probabilmente), e quelle altrettanto complete di Arsace per ciò che riguarda la parte scenica e costumistica, io non so proprio cosa aggiungere. Ma promisi e ora mantengo.

Mi sembra che ciò che manca ancora sia qualche noterella sulla  musica "in sè", cioè indipendentemente dalle esecuzioni. E' però molto difficile parlarne, poichè, come si è già detto, l'opera andata in scena al San Giovanni Grisostomo (anch'io preferisco chiamarlo così), è un assemblaggio di due opere scritte da Porpora per due differenti cast. Tuttavia a tal proposito soccorre il libretto, che contrassegna con un asterisco le arie della ripresa.
Ciò sarebbe molto interessante, perchè permetterebbe di distinguere le caratteristiche vocali dei due primi uomini cui inizialmente erano destinate, Caffarelli nella versione romana e Farinelli in
quella londinese. Due cantanti, non c'è bisogno che ve lo dica io, di immensa levatura, entrambi allievi di Porpora. Però ciò non è dato analizzare, perchè tutte le arie di Sifare provengono dalla
versione londinese. La proverbiale dolcezza di Farinelli emerge nello splendido duetto che chiude l'Atto secondo, che mi ha lasciato privo di ogni desiderio (o quasi) e in pace col mondo intero, mentre la sua potenza e il suo spericolato virtuosismo nell'ultima aria Cessa, Roma superba ed altera, superba veramente. Non so a chi fossero destinate le arie di Ismene nella versione romana, ma a me non son sembrate per nulla noiose, se non vogliamo confondere la noia col patetismo. Anzi, la seconda, Nel pensar che t'abbandono, tutta costruita su un ostinato tanto semplice quanto penetrante (talvolta la semplicità è l'arma migliore), mi ha commosso fino alle lacrime, nonostante le modeste doti vocali della Pagan.
Perfettamente costruite sul personaggio anche le arie di Farnace, piene di picchettati acutissimi come ben si conviene ad un personaggio evil: inutile dirvi che è stato questo il mio personaggio preferito. La caratterizazione di questo personaggio in Porpora mi sembra all'altezza dei più celebri villains Haendeliani, anche se insomma un Tolomeo poteva farlo solo il Caro Sassone...
Bellissima in particolare l'aria Colomba sventurata, mista di dolore e furore proprio come piace a me.
Giustamente eroiche anche le arie di Mitridate, insolitamente rappresentato da un tenore (tre primi uomini a quell'epoca non erano assolutamente di troppo, specialmente a Roma: il Trionfo del Tempo e della Verità ne conta infatti ben quattro.......). Specialmente mi ha colpito La fiamma che v'accende, poichè le sezioni A e B dipingono due contrastanti affetti, secondo un procedimento che ancora una volta Haendel porterà alla massima potenza drammatica.
Le arie di Arbate son quelle che mi son rimaste meno impresse...forse non erano quel granchè di speciale, ma sarà anche perchè non mi ha per niente convinto la voce di Mario Cassi, troppo sbrodolona come ha detto Rodelinda, ma anche, aggiungo io modestamente nel gergo dei cantori di coro, troppo gigioneggiante. Il coro finale sarebbe stato molto più bello se fosse stato cantato
con molta più leggerezza, come i vocalizzi verso la fine... tuttavia l'orchestra su strumenti moderni, benchè molto ridotta di numero, non permetteva sottigliezze, perciò non mi stancherò mai di raccomandare ai direttori l'uso di strumenti antichi... non sono barbosità di filologo a dettare le mie parole, ma l'amore per il canto e per il piacere.


Vostro dev.mo
Xenio Giziello

"Mitridate" in MITRIDATE di Nicola Porpora

 

"Farnace" in MITRIDATE di Nicola Porpora

 

Anch'io ero presente alla rappresentazione del 29.
La serata mi ha donato grandi emozioni.
Si trattava veramente di un magnifico spettacolo e voglio dire proprio spettacolo da godere con la vista e l'udito contemporaneamente.
Le arie di Porpora erano superbe e la loro bellezza ha in parte supplito alla mancanza di voci maschili soprano e contralto.
L'equilibrio dei personaggi previsto da Porpora era perfetto: due voci femminili due maschili e due castrati.
Probabilmente Gasparon ha detto una "betise", ma perdoniamoglielo, considerando il fatto che probabilmente non è un musicologo e può averla sentita da altri .
Per me è totalmente sbagliato cercare di esaltare un autore diminuendone un altro.
Personalmente neanch'io ho ritrovato alcunché dell'Alleluja di Handel nella serata al S.Giovanni Crisostomo.
Ma anch'io pur essendo una dilettante ho trovato delle somiglianze tra arie di grandi musicisti e minori precedenti nel tempo e di questo possiamo anche discuterne.
Sconsiglio perö polemiche tra di noi, che dobbiamo invece restare tutti uniti per promuovere l'opera barocca in una Italia, dove nei circoli lirici si celebrano quasi esclusivamente Verdi e Puccini e si mantiene ancora l'oblio sui nostri grandi come Porpora, Bononcini, Leo, Vinci etc..


  Dev.ma Faustina Bordoni

 

Il Cast da sinistra a destra:

Sifare, Laodice, Mitridate, Arbate, Ismene, Farnace

07/01/2006

a cura di www.haendel.it