Venezia,
2 Agosto 2012 – Teatro LA FENICE di Venezia
“Chi
non ha udito la fama de’ Teatri Grimani, meraviglie della magnificenza,
incanto de’ popoli, che spiccansi ogni anno pe’l Carnovale non solo delle
corti più civili e più vicine dell’Europa, ma anco dalli ghiacci del
Settentrione per ammirare la ricca vaghezza de’ recinti, la pomposa varietà
delle scene, la maestosa comparsa degli abiti, lo stupendo artificio delle
macchine, la soavità incantatrice delle voci, e la magnificenza incredibile
delle opere musicali che vi si rappresentano?”
Agli
albori del XVIII secolo la famiglia Grimani è proprietaria di due teatri: il San
Samuele (per la commedia) e il San
Giovanni Grisostomo (consacrato alle opere serie). Ambedue i teatri sono
ritenuti i più sontuosi della città.
Il
San Giovanni Grisostomo sorgeva dove si trova l‘attuale Teatro Malibran ed
era gestito direttamente dai Grimani che si assicuravano un pubblico fisso,
colto e selezionato di spettatori agiati.
E’
in tale contesto che Farinelli (nome d’arte del sopranista Carlo Broschi)
viene chiamato a Venezia e la sua attività nella splendida città lagunare si
snoderà dal 1728 al 1734.
Al
Teatro Grimani si esibiscono solo nomi di primissimo ordine: Caffarelli,
Gizziello,
la Bordoni, la
Cuzzoni, Tolve, Giorgi…Cast da fare invidia a tutta Europa.
L’esordio
di Farinelli avviene col CATONE IN UTICA di Leonardo
Leo nel 1728. Seguiranno SEMIRAMIDE RICONOSCIUTA
di Nicola
Porpora, maestro del Farinelli, e L’ABBANDONO DI
ARMIDA, tipico pasticcio settecentesco.
Nel
1730 Farinelli compare in ben tre opere e soprattutto nel fortunatissimo ARTASERSE
di Hasse e in IDASPE,
scritto per lui dal fratello Riccardo
Broschi.
I
Trionfi non si contano e si susseguono copiosi: nel 1732-1733 NITOCRI
di Sellitto e ADRIANO IN SIRIA di
Geminiano
Giacomelli, nel 1734 nella MEROPE
sempre di Giacomelli, BERENICE di Araja e la
ripresa dell’ARTASERSE, ultima apparizione
del divo a Venezia. Pochi anni ancora e Farinelli non canterà più.
A
32 anni, nel 1737, si trasferisce alla Corte di Spagna e la sua vita cambierà
completamente, per finire 23 anni dopo nella solitudine e nel silenzio della
sua casa bolognese.
I
commenti del pubblico, veneziano e forestiero, ci lasciano molti ritratti di
lui e delle sue magnifiche esibizioni. “La voce
di tal castrato tocca tutte le note possibili saltando da un’aria ad
un’altra con agilità sorprendente. La sua voce di petto è tanto potente
quanto quella di testa è armoniosa e dolce: sbalordisce anche se non sempre
commuove” scriveva l’abate Conti.
Charles
Burney ricorda la sua padronanza assoluta della respirazione e
dell’intonazione, la naturalezza con cui senza artificio eseguiva figure
espressive quali messa di voce, portamento, appoggiature, e le sue capacità
mirabolanti negli exploit del canto di bravura.
Quantz
aggiunge: “Farinelli virtuoso è un cantante
dedicato anima e corpo all’alto tecnicismo, prodigo, sorprendente e
spettacolare. Trilli meravigliosi, dolcezza, uguaglianza e rotondità,
precisione assoluta nei salti.”
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