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(Bitonto, 1703 - Napoli, 1783)
Il
suo nome di battesimo è per l'esattezza Gaetano
Carmine Francesco Paolo Majorano, ma è più noto come
Caffarelli, soprannome che assunse quando intraprese la carriera
artistica. "A 16 aprile 1710 il reverendo don Francesco Padula, de licentia ha battezzato Gaetano Carmine Francesco Paolo figlio legittimo e naturale di Vito Maiorano e di Anna Fornella: il compare fu il signor don Lorenzo Alburquerque. Nacque alli 12 di detto mese ad alba L.D. Parroco don Giovanni Battista Latillo". E'
da dire che non fu figlio unico ed ebbe pure dei fratellastri dal
momento che il padre dopo la morte di Anna Fornella (avvenuta il 25
ottobre del 1721) sposò in seconde nozze Laura de Fano il 26 febbraio
1722: da tale unione si ebbero Nicolangelo il 19/03/1723 e Gaetano
ancora (certo che avevano una grande fantasia coi nomi ..) il
20/12/1723, morto il giorno del battesimo e per il cui parto pure Laura
se ne dipartì. Le mortalità in quel periodo di neonati e per parto
erano abbastanza frequenti.
Il maestro Caffaro, dopo che si era dedicato assiduamente alla promessa
di forgiare il cantante al padre, si rese conto che non era più in
grado di completare l'educazione artistica del suo pupillo, per il quale
presentiva un grande avvenire: è per questo motivo che lo inviò a
proprie spese Napoli alla scuola del celebre Nicola
Porpora. Il Caffaro era convinto che un giorno sarebbe diventato un
grande cantante così da poter portare gloriosamente nel mondo il nome
della patria adorata, e che avverandosi la sua "profezia" del
modesto musicista di Bitonto, il Majorano, riconoscente della protezione
da lui avuta, ne assumesse il nome, facendosi chiamare CAFFARELLI. "Caietano Majorano, eius pronepoti et ut ille proficere possit studio gramaticae, et etiam dare operam cum majori decentia Musicae, in qua dictus Cajetanus magnam habere dicitur inclinationem, cupiens se castrare et eunucum fieri deliberasse ipsam Catherinam ex nunc et ab hodie dare et relaxare, imo donare donationis titulo irrevocabiliter inter vivos dicto Cajetano Majorano, eius pronepoti ut supradicto usufructum duarum vinearum" Alla luce di queste due precisazioni di lasciti della madre e della nonna, il Caffarelli si poteva ben mantenere da solo. Ma quanto tempo il Caffarelli rimase presso Nicola Porpora? Pare cinque anni, durante i quali il maestro gli fece studiare scale gravi, scale per il gorgheggio ed agilità, nonché tutte le forme degli abbellimenti. La storia riporta una frase (anche se non vi è la certezza che sia stata effettivamente proferita) dello stesso Porpora, che ad un certo punto gli disse: "Vattene, figliuol mio. Io non ho altro da insegnarti. Tu sei il primo cantante dell'Italia e del mondo"
Nel
Carnevale del 1730 il Caffarelli è di nuovo a Roma, al Teatro Capranica,
dove interpretò le parti di Tigrane e di Siface nelle opere di MITRIDATE
e SIFACE del suo maestro Porpora. Dopo queste seguenti recite,
fino a quelle date nell'anno 1732, ossia prima al Capranica di Roma
(carnevale), dove interpretò la parte di Pirro nel CAJO FABRICIO
di Johann
Adolf Hasse, e quella di Arminio nel GERMANICO del Porpora,
poi a Venezia al San Samuele interpretando la parte di Ormante in EURISTEO
di Hasse, al teatro Ducale di Milano nel dicembre, assieme a Angelo
Amorevoli, a Vittoria
Tesi e Anna
Peruzzi, detta "La Parrucchierina", nel CAUDACE di
G.B. Lampugnani, le ventisei recite di SIROE, RE DI PERSIA di
Hasse al Malvezzi di Bologna, non si sa dove Caffarelli si sia esibito. "Signore, Gaetano Majorano Cafarelli posto à piedi della M. V. supplicando l'espone come essendo la sua professione quella della Musica, et avendone dato saggio in molte principali città d'Europa, et attualmente ritrovandosi in questa per la recita nel teatro di San Bartolomeo, desidererebbe rimanere totalmente impiegato al servizio della M.V. nella Reale cappella, in cui tenendo la prima Piazza Matteo Sassano (i), avanzato in età, che non li permetta sempre assistere in tutte le funzioni, il Supplicante s'offrerisce di supplire in suo luogo, sempre che fosse dell'aggrado di V.M. il conferirli la futura di detta Piazza, che però ricorrendo alla sua Real Clemenza, la supplica di detta Grazia, e perciò maggiormente lo spera, come suo fedelissimo Vassallo: ut Deus." Un
inciso riguardo il periodo del CAUDACE di G.B. Lampugnani: pare
che nel periodo del suo soggiorno a Milano, il Caffarelli abbia
assistito in casa di Gaetano Grossatesta, direttore e compositore dei
Balli al Teatro Ducale, alla lettura fatta dal Goldoni
della sua disgraziata Amalasunta, che poi condannò alla fiamme. "Se tiene en concepto de buen maestro de musica al pergolese, aunque la opera de su composicion, que se hiro a qui el ano passado, no hubiese mucho en contrado." Il
5 dicembre 1734 il Caffarelli si esibì ne il SIFACE di Leonardo
Leo, e in occasione del compleanno del Re, nel DEMOOFONTE del Metastasio,
in cui il primo atto fu musicato dal Sarro, il secondo da Francesco
Mancini e il terzo da Leo: quindi si potrebbe ben dire che non era
insolito che un'opera fosse musicata da tre compositori, dal momento che
una situazione simile lo ricordo si era ben verificata negli anni di
maggior conflitto/rivalità fra i compositori a Londra: mi sto riferendo
naturalmente al MUZIO SCEVOLA del 1721, i cui atti furono
musicati da Amadei, Bononcini
e Handel, rispettivamente il primo, il secondo e il terzo atto, e dal
cui confronto il nostro Caro Sassone ne uscì in una fulgente vittoria
verso Bononcini, che fino a quel momento era riuscito a tener testa a
Handel e spartirsi con Lui in modo paritario i favori del pubblico
londinese. Due precisazioni
Col Reginelli
si scatenò uno scandalo. "Nel mentre la mattina dell'8 corr. stavano sopra l'orchestra nella Chiesa di Donna Romita, ove solennemente celebravasi la funzione della professione d'una Monaca Dama, con pieno concorso di molta gente e soprattutto di Dame e Cavalieri, dovendo cantare un mottetto, il cennato Caffarelli, dal violino Crescenzo Pepe si dispensavano le parti, e come non giungeva a darla in propria mano del detto Caffarelli, richiese l'altri musici più prossimi che l'avessero pigliata e passata in mano del medesimo, con dire "Date questa al Sig.r D. Gaetano". Il Reginelli ciò sentendo e col supposto che detta parte si dasse al sacerdote D. Gaetano Leuzzi, che non poteva a lui precedere, sì perché quello canta di tenore, come altresì perchè era andato dopo di lui, domandò chi era detto D. Gaetano. A questo il Caffarelli rispose ch'egli era D. Gaetano Caffarelli, che doveva cantare, replicandolo due volte con ciera brusca, ed il Reginelli rispose che se egli era D. Gaetano Caffarelli, esso all'incontro era D. Nicola Reginelli, tanto che da queste parole nacque che eccederono ad offendersi scambievolmente d'altre parole pungenti e disoneste, onde indignati, il Caffarelli alzò contro di questo una piccola canna, che portava in mano, nel quale atto il Reginelli alzò anco il suo bastone, ma furono trattenuti dall'altri musici; con tutto ciò il Caffarelli prese l'arco del contrabbasso, ed il Reginelli, perchè se l'era tolto il bastone, si fè dietro l'intavolato, chiedendo la spada e non potendo aver quella pronta, prese un pezzo di legno che accidentalmente ivi trovò, e ritornando all'orchestra, s'attaccarono l'uno con l'altro, dandosi alcune bastonate, delle quali ne riceverono molte gli astanti che divisero, ed in quell'atto il detto Caffarelli sguainò la sua spada, però con quella niente fece, poichè entrambi furono trattenuti, ed alle grida delle monache, che stavano sopra al coro, furono divisi. Qual grave scandolo e disturbo con la perturbazione degli Divini Uficj abbia potuto apportare detto fatto lo lascio alla saggia considerazione di V. E. in una festività così solenne ed in una chiesa così qualificata di monache dame, tanto che il Vicario della medesima, che stava celebrando, fu necessitato di farli ambedue espellere da detta Chiesa e denominarli *scomunicati*. Però per quanto mi si dice, che il Reginelli sia stato poi assoluto, tanto che l'altra mattina cantò nella cappella Reale, e che il Caffarelli sta tuttavia sospeso... Con dette diligenze da me praticate ho anche inteso che sian tra loro passati ad atti di minacce, e che il Reginelli avendo alcuni fratelli di poca buona fama, dubitavasi che avesse potuto sortire altro disordine maggiore, onde per riparare ogni male ho fatto ingiungere mandato de non offendendo non meno al detto Reginelli ed uno de' suoi fratelli, che a detto Caffarelli." Poichè
questa rissa si era scatenata in un luogo sacro, il Vicario Generale
della Chiesa Arcivescovile istruì un processo contro i 2 cantanti,
"intendendo citarli a dover comparire tra ore
24 in quella corte Arciv. A dir la causa del perchè non dovevano
riputarsi e dichiararsi scomunicati per mezzo di pubblici Cedoloni".
Dalle discussioni successive al fatto però si giunse alla conclusione
che la rissa era sì scoppiata in Chiesa, ma fra 2 laici per cui la
punizione e giurisdizione per castigare il delitto apparteneva ad un
giudice laico e non all'ecclesiastico. A queste dissertazioni l'Ulloa
propose come castigo sufficiente, vista l'imminente partenza del
Caffarelli per la Spagna, che fu seguito, gli arresti domiciliari. Tornato a Napoli, dopo aver cantato (luglio 1740) nel giardino del Palazzo Reale ne I TRAVESTIMENTI AMOROSI di David Perez e poi al S. Carlo nel SIROE RE DI PERSIA dello stesso e nella ZENOBIA di Porpora, nell'OLIMPIA NELL'ISOLA D'EUDUBA del Latilla, benché fosse stato avvertito di comportarsi decentemente per lo meno quando era sulle scene a teatro, anche per adempiere alle sue incombenze, ritornava a suscitare un risentimento "per le sue discolezze". Questa vota l'ULLOA scrive nella relazione: "...ora perturbando la quiete degli altri rappresentanti, ora usando degli atti attinenti a lascivia con una delle rappresentanti medesime, ora parlando da sul teatro con le persone spettatrici, che erano nei palchi, ora facendo l'eco anche sul teatro a chi della compagnia cantava l'aria, ora a non voler cantare il ripieno con gli altri ..." A questo punto l'Ulloa si infuriò facendo sbattere Caffarelli nelle carceri di San Giacomo, ove però l'esimio cantante vi rimase solo per 3 giorni, avendo inviato una supplica al Montelegre, protestando il pentimento per aver dato occasione di suscitare dispiacimento, ma da lui "non avvertita né considerata", riconoscendosi perciò - e questa è davvero grande come ha rigirato la frittata nella supplica - "più imprudente che reo"; a suggellare la supplica c'è la cigliegina : non lo farò più …. Subito
dopo il Caffarelli, dopo questa performance, reclamò presso il sovrano,
di essere stato ricompensato per la fine della stagione teatrale con
sole 500 doppie per la recita, mentre Carestini e Senesino 800! Questo
trattamento avrebbe potuto danneggiarlo moltissimo in vista dei prossimi
contratti di scrittura per le stagioni successive. "In quanto al Senesino ... nel 1739 gli fu sì riconosciuto 800 doppie, ma è bene ricordare le angustie in cui ci trovassimo , perocché convenendo mandare alla Corte di Spagna il Caffarelli, che qui era appaltato, si rimase nel tempo avanzatissimo senza la parte prima di uomo, onde convenne soggiacere all'ingordiggia del suddetto Senesino per la somma mentovata." E ancora : ...." Si è ponderato pure che tutti gli esempi de' primi virtuosi d'Italia, qui per l'addietro venuti a cantare nel teatro, si aggirano al prezzo ad esso Caffarelli pagato, e pure han dovuto soggiacere alla non piccola spesa del viaggio". Una
buona difesa dell'Ulloa, ma non ci è dato sapere se il Caffarelli
l'abbia spuntata, e se comunque abbia potuto ottenere soddisfazione alla
sua lamentela. Tuttavia il desiderio dell'Ulloa di sostituire il
Caffarelli con il Gizziello, non sortì buoni esiti, dal momento che il
sovrano, essendo venuto a conoscenza della proposta di sostituzione
fatta dall'Ulloa, fece sì venire il Gizziello, ma pretese che il
Caffarelli rimanesse dove stava. Il fatto è che il Re aveva grande
predilezione per Caffarelli. Quindi non riuscì a sbarazzarsi di lui …
povero Ulloa.
Il 17 aprile 1744, Carlo III di Borbone volle soddisfare e fare cosa
gradita al Marchese Bernardo Obizzi di Padova, accordando il permesso
richiesto da quest'ultimo di poter "bearsi" "di un
soprano di alto grido, come sarebbe il Caffarelli". EZIO del Sarro DEMOOFONTE di Sarro Mancini e Leo CIRO
RICONOSCIUTO del Leo. ANDROMACA di Leonardo Leo ISSIPILE di Hasse ALESSANDRO NELLE INDIE di Sarro (dove ebbero l'idea di far portare i doni da parte di Alessandro a Cleofide tramite un elefante in scena, ricevuto da Carlo III dal gran sultano)
ARTASERSE di Leonardo Vinci L'OLIMPIADE di Leonardo Leo DIDONE ABBANDONATA di Hasse
SEMIRAMIDE di Vinci ANTIGONO di Hasse ACHILLE IN SCIRO di Gennaro Manna
TIGRANE di Hasse LUCIO VERO di Manna IPERMESTRA
di Hasse. LUCIO PAPIRIO di Hasse CAJO FABRICIO di Hasse ARIANNA E TESEO di G. di Majo.
Dopo
un breve riposo, Caffarelli chiese al Re Carlo III di Borbone il
permesso per poter andare dove richiesto.
Nei primi del maggio 1749 il Caffarelli giunse a Vienna. Le notizie sul
suo soggiorno sono piuttosto scarse, ma la linguaccia di Metastasio,
tramite le sue lettere alla Principessa di Belmonte, con la quale ebbe
una corrispondenza lunga. Le lettere del Metastasio sono basate su una
continua elevazione delle virtù di Broschi, alias Farinelli, a scapito
del "gemello" Caffarelli, sottolineandone le stranezze. Ebbene
il Metastasio riferisce di un altro caso divertente. "In
contraccambio delle novelle armoniche che si compiace l'eccellenza
vostra comunicarmi del nostro amabile Monticelli, io gliene renderò una
bellicosa di questo valoroso Caffariello, che con pubblica ammirazione
ha dimostrato pochi giorni sono, non esser egli meno atto agli studi di
Marte, che a quelli di Apollo. Io non fui presente per mia sventura al
fatto d'arme, ma la relazione la più concorde è la seguente. Il poeta
di questo teatro è un milanese di molto onesti natali, giovane Ora qui perdé la tramontana la prudenza del direttore, e lasciandosi trasportare ciecamente dal suo furore poetico, cominciò ad onorarlo di tutti quei gloriosi titoli, de' quali è stato premiato il merito di Caffariello in diverse regioni d'Europa. Toccò alla sfuggita, ma con colori assai vivi, alcune epoche più celebri della sua vita, e non era per tacer così presto; ma l'eroe del suo panegirico troncò il filo delle sue lodi, dicendo arditamente al panegirista: "Sieguimi, se hai coraggio, dove non vi sia chi t'aiuti". E incamminossi in volto minaccioso verso la porta della camera. Rimase un momento perplesso lo sfidato poeta, quindi sorridendo soggiunse "Veramente un rivale tuo pari mi dà troppa vergogna; ma andiamo, chè nel castigare i matti è sempre opera cristiana!". E si mosse all'impresa. Caffariello, o che non avesse mai creduto così temerarie le Muse, o che secondo le regole criminali pensasse di dover punire il reo in loco patrati delicti, cambiò la prima risoluzione di cercare altro campo di battaglia, e trincerato dietro la metà dell'uscio, fece balenar nudo il suo brando, e presentò la pugna al nemico. Non ricusò l'altro il cimento. Ma fiero anch'egli il rilucente acciaro Liberò dalla placida guaina. Tremarono i circostanti, invocò ciascuno il suo avvocato, e si aspettava a momenti di veder fumare sui cembali e i violini il sangue poetico e canoro. Quando madama Tesi, in casa della quale si trattavano le armi, sorgendo finalmente dal suo canapé, dove aveva giaciuto fin allora tranquillissima spettatrice, s'incamminò lentamente verso i campioni. Allora , o virtù sovrumana della bellezza! Allora il furibondo Caffariello, in mezzo ai bollori dell'ira, sorpreso da una improvvisa tenerezza, le corse supplichevole all'incontro, le gettò il ferro ai piedi, le chiese perdono dei suoi trascorsi, le fè generoso sacrifizio delle sue vendette, e suggellò le replicate proteste di ubbidienza, di rispetto, di sottomissione, con mille baci che impresse su quella mano arbitra de' suoi favori. Diè segni di perdono la ninfa, rinfoderò il poeta, ripreser fiato gli astanti, e al lieto tuono di strepitose risate si sciolse la tumultuosa assemblea. Nel fare la rassegna dei morti e de' feriti, non si è trovato che il povero copista con una contusione nella clavicola d'un piede contratta nel voler dividere i combattenti, d'un calcio involontario del pegaseo del poeta. Il dì seguente al fatto ne uscì la descrizione in un sonetto d'autore incognito. Ieri fui assicurato che v'è la risposta del poeta belligerante... Oggi gl'istrioni tedeschi rappresentano nel loro teatro questo strano accidente: mi dicono che già a quest'ora ancor lontana dal mezzo giorno, non si trovino più palchetti per denaro: io voglio aver luogo fra gli spettatori, se dovessi farlo per arte magica". Quando nel 1750 il nostro Caffarelli ritorna a Napoli, non esitò un attimo a fare un'ulteriore richiesta, presentata come supplica a Re Carlo: infatti dopo aver terminato le sue recite al S. Carlo, gli era stato sospeso lo stipendio e quindi il Caffarelli fu costretto a cercare altrove "colle sue fatighe quell'onesto guadagno che non poteva conseguire" in quella capitale. Per recarsi in essa inoltre sempre per qualche impegno di ufficiale (la Settimana Santa (1748), la festa per la nascita dell'erede maschio al trono, i viaggi da Firenze per tornare a Napoli e per Roma) aveva sostenuto delle spese ed ecco che il Caffarelli sta molto attento ai suoi interessi economici: Infatti alla supplica è allegata una nota delle spese e dei viaggi fatti dal Caffarelli per ordine della "Maestà del Re nostro Signore". Ecco la nota °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Da Firenze, 1747, venuto per la Festa teatrale nella nascita del nostro Principe Reale, duc. 259+ Da Roma, 1748, venuto per la settimana santa duc. 54+ Da Roma, chiamato 1749 duc. 54+ Da Roma, venuto per la settimana santa, 1750 duc. 513,10= Spesi in tutto d. 880,10 Soldo trattenuto dalla Cappella Reale per anni tre e mezzo, duc.1281, dei quali avendone ricevuti 51,54, resta l'attrasso di duc. 1229,46 Rimettendo il tutto alla gran Clemenza e Pietà della M.S., che Iddio guardi e feliciti sempre. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Ebbene
da una postilla a margine della nota sopra scritta il Caffarelli fu ben
rimborsato e per intero.
Incisione del profilo di Caffarelli Maturo Tornato
a Napoli si esibì nel TITO MANLIO sempre di Abos, nel FARNACE di
Tommaso Traetta, nell' IPERMESTRA di Pasquale Cafaro e nell'ATTALO di
Giuseppe Conti (e siamo nel gennaio del 1752). Nel frattempo
l'impresario del Teatro S. Carlo un certo Diego Tuffarelli, poichè
doveva assemblare la compagnia dei cantanti per la primavera del 1752 e
il carnevale del 1753, era in crisi dal momento che aveva intenzione di
sostituire il Babbi, poichè la gente era stanca di ascoltarlo dal
momento che cantava tutti i dì dell'anno per 5 anni, e anche non sapeva
inoltre a che santo votarsi per trovare un sostituto del Caffarelli,
poichè non era ben visto. "Il Caffarelli dovria mutarsi, perchè o non vuol cantare o più non lo può, avendo già 50 anni di vita ed ha dato ad impinguare, perchè li suoi recitativi non l'esprime, perchè malmena la Comica, perchè obbliga i compositori di Musica a scrivergli comodo e largo, sfuggendo le arie fugate e di scena, per sparmiar fatica". Naturalmente
non è vero che Caffarelli aveva 50 anni: se siamo nel 1751/52, essendo
nato nel 1710, si capisce bene che nel suo discorso l'impresario non
sapeva esattamente la data di nascita: ne aveva 41/42 quindi.
L'impresario poi riuscì a sostituire il Babbi con Gaetano Ottani, il più
accreditato tenore. SESOSTRI
RE D'EGITTO di Gioacchino Conti - primavera del 1752 Sebbene
piovessero polemiche e i "rimproveri" del pubblico, Cafferelli
riuscì ad ottenere un grande successo. Il successo ebbe come
conseguenza immediata un invito a Reggio di Modena dove ripetè il TITO
MANLIO di Abos.
In quel tempo a Parigi si agitavano nella sfera musicale gli animi, in
quanto vi ardeva la famosa lotta fra gli avversari ed i partigiani della
musica italiana: questa lotta è nota come la "QUERELLE DES
BOUFFONS" che divise il popolo parigino in Bianchi e Neri come un
tempo a Pistoja i Cancellieri (a questo proposito si potrebbe far
riferimento alla Lulliade o I Buffi italiani scacciati di Parigi, poema
eroicomico) scrisse un musicologo francese sulla storia dei giornali e
sulle memorie del tempo (i documenti sono conservati negli Archivi
Nazionali di Parigi). Appare chiaro che in una situazione simile un
individuo come il Caffarelli, sarebbe stato come una tanica di benzina
sui carboni ardenti. "Sarebbe difficile dare un'idea del grado di perfezione al quale questo cantante ha portato la sua arte. Il charme e l'amore che possono rappresentare l'idea di una voce angelica e che in fondo caratterizzano la sua, si uniscono alla grande esecuzione, a una facilità e a una precisione sorprendenti, diffondendo sui sensi e sul cuore un incanto verso il quale anche gli esseri meno sensibili alla musica non potrebbero sottrarvisi. Si può dire che non c'è mai stata messa più ascoltata di questa qui, dal momento che regnava il più gran silenzio nella cappella". A questo concerto ne seguirono altri: uno in particolare ricordato da "Mercure de France" il 28 agosto a Versailles, dove Caffarelli si esibì accanto a Albanese. [ Egidio Albanese eseguì la prima volta in Francia, insieme a Pietro Dota, detto l'abate Dota, lo "Stabat Mater" di G.B. Pergolesi, il 16/04/1725, ai "Concerts Spirituels" fondati da A.D. Philodor nel 1725.]
L'8 ottobre apparì nell'intermezzo di un oratorio di Hasse, nella
DIDONE ABBANDONATA dello stesso, opera che si ripetè dinanzi alla
Delfina Maria Giuseppa di Sassonia il 13 dello stesso mese. Accanto a
Guadagni Gaetano, accompagnandosi lui stesso al clavicembalo, Caffarelli
si esibì il 17 e il 19 ottobre del 1753 a Versailles in "plusieurs
ariettes italiennes" nei "concerts particuliers qui ont été
faits chez Madame la Danphine". "le public qui desiroit vivement l'entendre fit dés qu'il le vit éclater sa joie par des applaudissement redoublés. Il chanta deux Ariettes, dont la première surtout fut extrémement gontèe. On admira l'art et le gont de son chant, sa prodigieuse exécution, la beautè et la douceur de ses tenues, la finesse et la science de ses points d'orgue, et l'on rendit avec transport tout l'hommage dù à son prodigieux talent et à sa grande réputation". Si
narra nel libro di Giorgio Cucuel "La Pouplinière et la musique de
chambre au XVIII° siècle" (Paris, 1913, pag. 302-303) una
"scène fort curieuse" svoltasi in casa di un potente agente
delle tasse e gran dilettante di musica, il primo gennaio 1754, durante
il pranzo che egli offerse ad alcuni amici, fra i quali appunto
Caffarelli e il poeta Ballot de Sauvot. Dopo
aver lasciato la Francia, nella primavera successiva Il Caffarelli si
fece udire ancora un'ultima volta nel teatro di San Carlo nell'ARSACE
del maestro Nicola Sabatini: non apparve più nelle scene napoletane. Si
recò alla Corte del Portogallo, dopo aver ottenuto un permesso
"facendogli - il Re - nel contempo la grazia della continuazione
del soldo che gode come musico di questa R. Capp. durante la sua
assenza". "Caffarelli che ultimamente arrivò da Lisbona per restituirsi in Italia, ha manifestato la volontà di non voler più cantare, e , prima di lasciare la Spagna si recò a s. Ildefonso a baciar la mano della Regina Madre, la quale gli regalò un orologio d'oro ed un anello con diamante". Pur
rimanendo al Servizio della Real Cappella non volle più esibirsi in
pubbliche scene, tant'è che quando l'impresario Gaetano (dev'esser
stato un nome molto diffuso a quel tempo) Grossatesta, ch'era succeduto
fin dal 1753 al Tufarelli, si rivolse al Caffarelli poichè aveva
bisogno di "un soprano d'alto grido", Caffarelli declinò
adducendo come motivo "per timore che la sua salute non possa
dargli campo di soddisfare al proprio dovere ed al piacere di questo
pubblico". In data 20/02/1759 " S.M. per la particolare
soddisfazione del servizio dei musici Gaetano Caffarelli e Giov. Amadori,
ordina che vengano loro distribuiti i 15 ducati al mese vacati per la
morte del musico soprano Domenico Gizzio aumentando al Caffarelli 5
ducati sui 30 che già gode e all'Amadori gli altri 10, sopra i 20 che
gode". "S. R. M. Sig.re, Dn. Gaetano Majorano Caffarelli, ultimamente prostrato al regal trono di V. M. le rappresenta, come sono più anni che stante la sua età avanzata, e per essergli mancata la voce, non presta alla Regal Cappella il dovuto servizio; con tutto ciò per Regal Munificenza della M.V. ha goduto il soldo, non solamente stando in Napoli, ma ancora, quando gli è occorso di andare in Provincia di Lecce, ove possiede alcuni beni. Le sue indisposizioni ed i suoi interessi richieddono che per alquanti mesi egli si trattenga nella detta provincia: onde riverentemente ne chiede a V.M. il permesso e di accordargli la solita grazia del soldo: tanto più che è egli inutile al servizio della Cappella Reale ..." Nel
1763, nel suo feudo di S. Donato ricevette l'invito a solcare ancora le
scene teatrali, invito fattogli dal ministro Bernardo Tanucci,
attraverso il signor Caruso Consigliere della Giunta dei Teatri: rifiutò,
e si ritiene per rimanere fedele alla sua decisione di ritiro globale
dalle scene e per la volontà di godersi, nella tranquillità del suo
feudo, le immense ricchezze che aveva accumulato durante la sua vita di
cantante di primo piano, anche se non solo per la sua voce sublime... "Durante lo spettacolo s'era visto entrare in platea Caffarelli: il signor Giraldi che stava con me nel palco di M. Hamilton, mi propose di andare a conoscerlo. Accettai; e alla fine della rappresentazione egli mi condusse a lui. E' un uomo di bellissimo aspetto, ed ha un'espressione vivacissima; non mostra più di 50 anni, quantunque egli confessi di averne 63. Fu gentilissimo, ed entrò in discorso con disinvoltura e gaiezza. Mi domandò notizie della duchessa di Manchester e di Lady Fanny Shirley che l'onorarono della loro protezione quando egli fu in Inghilterra, cosa che avvenne, come mi disse, alla fine del regno di M. Heydegger. Volle presentarmi al signor Manna, celebre compositore napoletano, ch'era seduto dietro di lui. Il signor Giraldi gli aveva già parlato per fissare l'ora in cui potesse ricevermi in casa sua. Restammo intesi che ci saremmo incontrati da Lord Fortrose, ed effettivamente debbo a sua eccellenza questo favore, come tutte le altre notizie che ricavai a Napoli. La sala si svuotò presto e fui costretto a congedarmi da questo patriarca del canto che, sebbene sia il più vecchio musico d'Europa, continua ancora ad esercitare pubblicamente la sua professione: egli seguita a cantare nelle chiese e nei conventi, ma da un pezzo ha lasciato il teatro". Charles Burney il 6 novembre ebbe ancora modo di incontrare il divo barocco, in casa dell'ambasciatore Fortrose e di udirlo cantare: "Presentemente ha parecchie note deboli nella voce, ma nella sua esecuzione son sempre tratti abbastanza accentuati per convincere quelli che lo sentono qual meraviglioso artista egli sia. S'accompagna da sè, e canta col solo clavicembalo: le sue principali caratteristiche sono la grazia e l'espressione in tutto ciò che esegue. Quantunque Caffarelli e Barbella (compositore e virtuoso di violino, dal quale Burney ottenne molti dettagli sulla vita musicale settecentesca napoletana) siano già anziani quel che resta di essi è ancora prezioso. Caffarelli proponeva che passassimo insieme tutto un giorno discorrendo di cose musicali, ed aggiungeva che era ancora poco tempo per tutto quello che avevamo da dirci; ma quando gli feci comprendere la necessità in cui mi trovavo di ripartire per Roma la notte seguente, immediatamente dopo il teatro m'offrì di rivederci ancora da lord Fortrose l'indomani mattina." Con la rinuncia del grande virtuoso al teatro, si può dire che la usa vita artistica ebbe fine, poichè non si deve tener conto delle poche esibizioni nella Real Cappella e/o in qualche altra Chiesa e/o concerto. Gli ultimi suoi anni di vita, Caffarelli li dedicò alla diligente educazione dei 3 figli del fratello Pasquale, e tutti e tre col nome di GAETANO...
Il 31 gennaio 1783, questo cantante illustre che per le virtù vocali ed
artistiche aveva deliziato i pubblici del suo tempo, moriva in Napoli e
non nel proprio feudo di S. Donato, come erroneamente si disse,
prescegliendo per la sua ultima dimora la stessa Chiesa dei frati
cappuccini di S. Efremo, dove il celebre letterato e filosofo Antonio
Genovesi volle esser seppellito in umiltà. "AMPHION THEBAS, EGO DOMUM" una allusione alla mitologica storia del figlio di Zeus ed Antiope che edificò la città di Tebe, traendosi le pietre al suono della Lira. Ci sono alcune precisazioni da fare così come anche alcune foto di alcuni luoghi di interesse: innanzitutto l'informazione della strada di dove si trovano gli antichi vessilli della dimora sontuosa di Caffarelli non sono affatto Vico Carminiello sopra Toledo. La sua dimora non dista molto dal Palazzo Reale di Napoli nè tantomeno dal Teatro Regio San Carlo: a circa metà Via Carlo de Cesare 15, potete trovare la sontuosa iscrizione scolpita sopra il Portale. Attualmente - Dicembre 2015 - è in restauro il condominio e le foto qui lo testimoniano.
Immagine del portale restaurato circa un lustro fa della Villa di Caffarelli La Chiesa nei quartieri spagnoli di Sant'Anna in Palazzo esiste ancora: essa racchiude l'atto di morte di Caffarelli, dove il musico esprime la sua volontà di esser sepolto presso la Chiesa di Sant'Efremo, ubicata vicino a Capodimonte e al Real Orto Botanico.
Le ricerche si sono interrotte in quanto all'interno della Chiesa in questione non si è trovata alcuna iscrizione del suo nome, e, sentito anche il gentil parroco, nessuno conosce il luogo in cui sono conservati i resti di Caffarelli. Di Chiese di S. Efremo ce ne sono due, quella Vecchio e quella Nuovo, la quale era all'interno di un penitenziario oggi caduto in disuso. Potrebbe esser sepolto anche nelle Catacombe che stanno sotto la Chiesa di Sant'Efremo (qui sotto), ma essendo luoghi che risalgono al 300 difficilmente potrebbero contenere una tomba del 1783, anno della dipartita del Musico Cantore.
Alcune interpretazioni di Caffarelli
Lettere di Metastasio su Caffarelli
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