Il Caso della Marchesa de Brinvilliers La Marchesa di Brinvilliers supplicando disperata suo marito Madame di Sévignè in una lettera alla figlia così racconta: "E' finita: la Brinvilliers è nell'aria; il suo povero corpicino, dopo l'esecuzione, è stato gettato in un gran fuoco, e òe ceneri al vento; in modo che noi la respireremo, e per la comunicazione degli spiriti, saremo presi da qualche umore avvelenante, di cui tutti ci meraviglieremo. Il Processo è finito ieri.... fino alle cinque di sera ha raccontato la sua vita, spaventevole ancor di più di quello che si pensasse: ha avvelenato dieci volte di seguito suo padre (non poteva venirne a capo), i suoi fratelli e molti altri. Dopo questa confessione non si è tralasciato di applicarle la tortura ordinaria e straordinaria, ma non ha detto nulla di più.... Alle sei è stata condotta in camicia con la corda al collo a Notre-Dame, per fare l'onorevole ammenda; poi l'hanno messa nello stesso carretto dove io l'ho veduta, gettata supina sulla paglia, con una cuffia bassa, in camicia; da una parte c'era un medico, dall'altra un carnefice: in verità era uno spettacolo che mi ha fatto fremere.... Montò sola a piedi nudi sulla scala e sul patibolo, ed in un quarto d'ora fu rasata, girata e rigirata dal carnefice: vi fu un grande mormorio per questa crudeltà. L'indomani si cercavano le sue ossa: il popolo la credeva una santa. Venerdì, 17 Luglio 1676" Il supplizio di Madame de Brinvilliers Tutta la nobiltà Francese fu scossa dagli avvenimenti che toccarono Marie Madeleine Marguerite d'Aubray, Marchesa di Brinvilliers. Era una piccola e gradevole damigella della buona nobiltà, che senza un motivo valido, avvelenò parenti, amici e domestici. Quando avvenne l'arresto, si sparse per Parigi la voce che adoperò le sue attitudini anche negli ospedali dei poveri, luogo da lei molto frequentato dove si mostrava intenta a compiere opere caritatevoli. Ma questa fu solo una voce.... nel processo non si riuscì a provare anche questi delitti: i giudici non esitarono a dichiararla posseduta dal demonio, rea di veneficio e stregoneria: la sentenza fu di esemplare risonanza: fu condannata alla tortura, alla decapitazione e al rogo. Il Processo e la condanna di una Marchesa, è esemplificativo della prassi dell'epoca nella trattazione delle vicende criminali, che si fondavano nella tortura per estorcere confessioni ed informazioni, attività che non si fermavano solo agli accusati, ma pure ai testimoni. In ottemperanza del Titolo XIX dell'Ordinanza criminale dell'Agosto 1670, richiamata anche da una Memoria del Gennaio 1697, in tutti i Seggi di Tribunali Regi doveva esser a disposizione una sala dedicata all'attività di tortura, chiamata "Chambre de la question", nella quale , oltre a strumenti specifici per lo scopo, dovevano obbligatoriamente esser presenti una "sellette", lo sgabello su cui veniva bloccato l'accusato, "un tavolo" per un verbalista col compito di redarre una minuziosa descrizione di tutto ciò che accadeva durante l'esecuzione, e un "Santo Vangelo" per far giurare all'imputato di dire solo la verità. Da un'incisione dell'epoca la Tortura della Brinvilliers Alla tortura doveva esser presente uno dei giudici che aveva partecipato, o sarebbe andato a partecipare al processo del reo. Prima di subire le angherie, l'imputato veniva visitato da un medico e da 2 chirurghi, che dovevano attestare che fosse idoneo a subire tutte le torture prefissate dalla legge. Se si registravano degli impedimenti alla tortura, questi dovevano essere registrati e controfirmati. Nel caso della Marchesa di Brinvilliers, siccome l'accusato era condannato pure a morte, si doveva genuflettere mentre ascoltava il verdetto del processo letta dal giudice, prima di essere legato e torturato. "La Question donné avec de l'eau": Quanto alla tortura dell'acqua, che venne inflitta alla Marchesa come si nota nell'immagine sovrastante, la legge prevedeva che il reo venisse spogliato, con la camicia legata alle gambe. Se era di sesso femminile, gonna e camicia potevano essere lasciate, ed allora era previsto che la gonna venisse legata all'altezza delle ginocchia. La tortura poteva essere ordinaria e straordinaria: nel caso della Marchesa fu applicato in entrambi i modi. La legge prevedeva tutto minuziosamente: 1 - La question ordinaire si deve eseguire sul piccolo cavalletto di 2 piedi di altezza e 4 bricchi di acqua per un totale di 6 litri d'acqua (la legge parlava di 4 "Coquemars" di "deux pintes et chopine"). 2 - La question extraordinaire si deve eseguire sul grande cavalletto di te piedi e quattro pollici e con il doppio d'acqua. Un aiutante che starà con il suppliziante costringerà la testa dell'accusato un poco bassa e un imbuto nella bocca, per far sì che resti aperta per l'introduzione dell'acqua. Il Torturatore, afferrando il naso del reo, lo stringerà, lasciandolo ogni tanto per permettergli di respirare, e tenendo il primo bricco in alto, lo verserà nella bocca dell'accusato. Dopo di che, lo dichiarerà ad alta voce al giudice, ugualmente poi per gli altri 3. A ciascun Coquemar il giudice dovrà chiedere all'accusato di dire la verità, e di tutto ciò che accadrà, e di quello che si dirà, nel corso di questa prassi esecutiva, se ne dovrà fare strettissima menzione. Poteva accadere che il suppliziato decidesse di confessare tutto a metà bevuta, la pratica veniva sospesa e slegato ed ascoltato. Dopo però il supplizio riprendeva, fino all'ultima goccia d'acqua. Ci sono state persone che affrontarono questa terribile tortura con coraggio, e la Marchesa di Brinvilliers, entrando nella Chambre de la question, pare abbia esclamato, nel vedere che c'erano 3 secchi colmi d'acqua: "Certamente saranno per annegarmi, giacché, minuta come sono, non si potrà pretendere che io possa bere tutta quella roba!" Una volta conclusa questa tortura, il condannato era sciolto, avvinto in una coperta e coricato in un materasso accanto al fuoco: poi il giudice, letto il verbale della pratica che era stata appena perpetrata ai danni del reo, glielo faceva firmare. Tuttavia le torture variavano in conformità dei luoghi in cui venivano praticate: a Parigi in aggiunta al supplizio dell'acqua, c'era la "question des brodequins": le gambe del condannato venivano denudate, fermate su 4 assi, dal piede sino al ginocchio, poi fra gli assi venivano piantati a colpi di martello dei grossi cunei di legno. A Orléans e a Besançon vigeva la tortura della corda; a Metz si preferiva inserire sotto le unghie dei ferri taglienti. Lione invece soleva esser più appariscente: l'usanza era di infilare fra le dita dei piedi delle micce accese. Autun invece prediligeva l'olio bollente. Finita la fase della Tortura, in tutti questi vari aspetti, si giungeva alle esecuzioni che potevano essere: Decapitazione - ma questo era un onore riservato alla Nobiltà Impiccagione - per delitti di assassinio, ratto, stupro, falsificazione della moneta, bancarotta fraudolenta, peculato, furti domestici, plagio, riunioni illecite, possesso d'armi vietate, sobillazione Ruota - per uccisione del padrone da parte di un servo, parricidio, brigantaggio Fuoco - per crimini di magia, eresia, bestemmia, sortilegio ,sodomia, incesto, incendio volontario, avvelenamento Squartamento - per Regicidio e crimini di Lesa Maestà. Incisione della Marchesa di Brinvilliers, poco prima di morire A Cura di Arsace da Versailles
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