La Solitudine di un giovane Principe (1754 - 1770) Sono circa 260 anni, il 23 Agosto 1754, che venne
al mondo il nipote di Luigi XV, il futuro Re Luigi XVI, che fu
l’ultimo monarca della storia di Francia a regnare nella
superlativa Reggia
di Versailles. Se il suo matrimonio con Maria Antonietta, il suo avvento al trono, le difficoltà del suo Regno ed il suo destino tragico sono argomenti spesso affrontati, la sua prima infanzia è un periodo della sua vita poco conosciuto.
Il futuro Re, per lungo tempo considerato come un personaggio insignificante, sognatore, maldestro e manipolabile, era tuttavia anche un allievo dotato, coscienzioso ed erudito. Divenuto
orfano molto giovane, e di natura solitaria, la sua infanzia
difficile non gli ha permesso di prepararsi efficacemente alla
sua futura condizione di Re di Francia. Per il Delfino Louis-Ferdinand, figlio di
Luigi XV, allora di 24 anni, l’annata 1754 venne segnata da due
avvenimenti nella sua vita di padre di famiglia.
Mentre la sua sposa, Marie-Joséphe de Saxe, attendendo il loro 4 figlio, ultimo della prole, Xavier-Marie-Joseph, Duc d’Aquitaine, di appena sei mesi, morì, il 22 febbraio 1754 per una febbre. Sei mesi più tardi, nel cuore dell’estate, alle 6 e 24 del mattino
del 23 Agosto, nella sua camera da letto al piano terra
del Castello di Versailles, la Delfina mise al mondo un altro bimbo, che divenne il terzo nell’ordine di
successione dopo suo padre ed il fratello maggiore, il Duca di
Borgogna.
Oltre ai portatori, le guardie del corpo e le sentinelle, numerose persone furono presenti per constatare l’arrivo del neonato, fra i quali il bambinaio Jard della Famiglia Reale, il cancelliere Guillaume de Lamoignon de Blancmesnil, la guardia di Sceaux Jean-Baptiste de Machault d’Arnouville, ed il controllore generale delle Finanze Jean Monreau de Séchelles. Il Delfino,
con la camicia da notte, accolse ognuno di essi con benevolenza:
“Entrate, amico mio, entrate presto, per veder coricarsi mia
moglie”. I testimoni della coricata non mancarono di
dichiarare il bebè come “più grosso e più grande rispetto gli
altri figli di Madame la Delfina”. Louis-Ferdinand esultò. Era il suo terzo figlio sui 4 che egli ebbe con Marie-Joséphe de Saxe, quando suo padre, il Re Luigi XV, aveva dovuto attendere il suo quarto figlio per avere infine un erede.
Luigi Augusto,
Duca di Berry Il Re Luigi XV aveva preso possesso delle sue aree estive al castello di Choisy-Le-Roi.
Il Castello fu distrutto nel XIX secolo - rinasce col 2015 l'Orangerie del castello Poco prima della nascita del futuro
Luigi XVI, il primo valletto da camera del Delfino, Binet, spedì
a Luigi XV
un operaio della Pétite Ecourie, per annunciargli
l’imminenza del parto. Poi subito dopo la nascita, il Delfino inviò
uno dei suoi scudieri, monsieur de Montfaucon, per annunciare la
nuova nascita propriamente detta e la notizia del sesso del
neonato. Sulla strada, Mountfaucon incrociò l’operaio
che era caduto da cavallo e che non aveva potuto portare il
primo messaggio. Lo scudiero venne dunque a portare al Re i due
messaggi simultaneamente, ossia quello della nascita imminente e
quella della nascita propriamente detta. Così avvertito Luigi XV offerse 10 luigi
all’operaio e mille livree allo scudiero, prima di prendere il
cammino per Versailles. Immediatamente dopo la sua nascita, il bebè
venne battezzato nella Chiesa di Notre-Dame di Versailles da
Sylvain Leonard de Chabannes, il cappellano del Re, prima di
essere riportato da sua madre. Quando, nei minuti seguenti, il Re fece la sua entrata nella camera della Delfina, contemplò il neonato, lo prese e gli diede il nome di Luigi Augusto, prima di dargli il titolo di Duca di Berry.
Il bebè venne allora ben presto affidato a
Marie-Louise-Genevieve de Rohan-Soubise, conosciuta come Madame
de Marsan, governante dei figli di Francia, prima di esser
condotto nel suo appartamento da Louis-François-Anne de
Neufville de Villeroy, Duca di Villeroy e capitano delle guardie
del corpo del Re. Come da tradizione, la notizia della nascita venne annunciata ai sovrani europei, così come al Papa Benedetto XIV. Verso le 13.00, il Re Luigi XV e la Regina Maria Leszczynska assistettero ad un Te Deum nella Cappella della Reggia.
Le campane delle chiese di Parigi si misero a suonare,
e, la sera, un fuoco d’artificio fu tirato dalla Piazza d’Armi
del Castello di Versailles, lanciato dalla mano di Luigi XV, dal
balcone della sua camera tramite un zampillo continuo.
Il neonato soffrì di una salute abbastanza fragile durante i primi mesi della sua vita. Si disse che egli era dotato di “un temperamento debole e valetudinario”. La sua nutrice, che non gli dava latte a sufficienza si vide ben presto rimpiazzata, sotto l’insistenza della Delfina, da un’altra che rispondeva al nome di Madame Maillard. Svezzato a 18 mesi, il Duca di Berry diede
comunque
qualche inquietudine a sua madre, che lo fece esaminare da
Genevois Thèodore Tronchin, il più grande medico del suo tempo,
il quale consigliò una cura di aria pura a Meudon per il Duca di
Berry e suo fratello maggiore, accompagnata da una inoculazione
(trattamento del vaiolo) procedimento rivoluzionario a quel
tempo.
I genitori accettarono e tra il 17 maggio e il 27 settembre 1756, Luigi Augusto ed il Duca di Bourgogne vennero inviati al castello di Bellevue, a Meudon, al fine di respirarvi un'aria più pura di Versailles. Nei primi anni della
sua vita, il futuro Luigi XVI soffrì per il fatto di sentirsi
trascurato dalla governante, Madame de Marsan che, da una parte
favoriva il fratello maggiore il Duca di Borgogna essendo
l’erede al trono, e dall'altra parte gli preferiva, il fratello
minore, il Conte di Provenza, che vide la luce un anno dopo di
lui.
Luigi Augusto, Duca di Berry a destra, ed il Conte di Provenza, suo fratello a sinistra Ecco il perché Luigi Augusto non manifestò mai un affetto espansivo per Madame de Marsan, anche quando egli salì sul trono. La governante era incaricata di far
apprendere ai ragazzi la lettura, la scrittura, e la storia
santa. Fatto strano negli annali della Corte, il Delfino e la
Delfina sorvegliavano ugualmente da vicino sia i giochi che
l’educazione. Marie-Josephe de Saxe si prese la briga di insegnare la storia delle religioni, mentre Louis-Ferdinand, più presente si occupò dell’insegnamento delle lingue e delle lezioni di morale. L’educazione della coppia fu nondimeno a vantaggio del loro figlio maggiore erede al trono in seconda, ma soprattutto perché considerato un ragazzo intelligente e pietoso. Tuttavia, essendo nipote del Re, Luigi Augusto venne
tenuto, come i suoi fratelli, ad una serie di obblighi e di
rituali, come per esempio le inumazioni Reali, i matrimoni importanti, o ricevere
la visita di sovrani stranieri e di uomini di chiesa. Crescendo, i ragazzi reali dovettero passare dalle sottovesti della loro governante alle mani di un precettore incaricato di tutto l’insieme delle attività educative. Secondo le usanze della Corte, fu a 7 anni che questa transizione doveva accadere. Dopo aver pensato a Victor Riqueti, conte di Mirabeau e padre del celebre rivoluzionario, il Delfino scelse per i suoi figli un uomo vicino alle idee monarchiche: Antoine de Quélen de Stuer de Caussade, Duca de La Vauguyon, Principe de Carency e pari di Francia, che fu assistito da 4 aiutanti nella sua carica.
Era il 1° giugno 1758, poco prima del
suo settimo compleanno, che il Duca di Borgogna fu rimesso nelle
mani del Duca de La Vauguyon, lasciando così le sue cose di
bambino per degli abiti maschili. Questa separazione rattristò
molto il Duca di Berry, mortificato da questa inaspettata
rottura.
Un evento innocuo va a rovesciare il destino
di Luigi Augusto. Nella primavera del 1760, il Duca di
Borgogna, allora di 9 anni, cade dall’alto di un cavallo in
cartone che gli era stato offerto qualche tempo prima in dono.
In seguito della sua caduta, egli si mise a zoppicare e i medici
gli scoprirono ben presto un rigonfiamento all’anca.
L’operazione che ne seguì non cambiò nulla. L’erede al trono fu
allora condannato a restare nella sua camera, e i suoi studi
vennero interrotti. Per alleviare la sua solitudine, il giovane
Principe espresse il desiderio di ricongiungersi col suo
fratello piu’ piccolo, il Duca di Berry. Fu così che, fin dal
1760, il futuro Re Luigi XVI, passò eccezionalmente nelle mani
del precettore un anno prima del settimo anno, e visitato fu trovato in perfetta salute.
Clotilde, l'altra sorella di Luigi XVI I due fratelli furono da allora educati
assieme cosa che li faceva gioire sia l’uno che l’atro. Se il
Duca di Borgogna si prese un malevolo piacere ad imporre la sua
autorità sul docile
fratello minore, i due ragazzini, a dispetto dei caratteri
diametralmente opposti, intrattennero una relazione
relativamente ravvivata. Ciononostante, ciò non permise di alleviare
il degrado progressivo dello stato di salute del Duca di Borgogna, a cui fu
diagnosticato nel novembre 1760 una doppia tubercolosi,
polmonare ed ossea. La Corte dovette arrendesi all’evidenza: la morte del Principe era imminente ed ineluttabile. Nell’urgenza,
il Principe fu battezzato il 29 novembre 1760, ed effettuata la
sua prima comunione il giorno dopo. Entrato in agonia, egli ricevette l’estrema
unzione il 16 marzo 1761, prima di morire in odore di santità
nella notte del 20 al 21 marzo seguente. La morte del Duca di Borgogna venne vissuta come un dramma dal Delfino e dalla Delfina. Il Duca di Berry,
costretto a letto a causa di una forte febbre, senza dubbio
provocata dall’angoscia e dalla disperazione, venne separato da
suo fratello parecchi giorni prima, e non ebbe dunque la
possibilità di assistere all’agonia del fratello. Tuttavia venne
traumatizzato dalla dipartita del suo fratello maggiore, che era
il suo modello. Per nulla preparato a questo trauma, Luigi Augusto venne rapidamente installato negli appartamenti del fu Duca di Borgogna. La morte di suo fratello non bastò tuttavia ad
attirar su di lui gli affetti dei genitori, che riversarono le
loro attenzioni sul piccoli cadetto il Conte di Provenza, più
vivo di spirito che il fratello maggiore, taciturno e
stizzoso.
Il 18 ottobre 1761, lo stesso giorno in cui
suo fratello cadetto Louis Stanislas Xavier, Conte d’Artois,
compiva tre anni, Luigi Augusto venne battezzato
dall’arcivescovo Charles Antoine de La Roche-Aymon nella
Cappella Reale di Versailles, in presenza di Jean-François
Allart, curato della Chiesa di Notre Dame di Versailles. Il Duca di Berry ricevette per padrino suo
nonno materno, Augusto III di Polonia, rappresentato da
Louis-Philippe, Duca d’Orléans, e per madrina, sua zia,
Marie-Adelaide di Francia.
Il futuro Luigi XVI, che è divenuto secondo
nella successione al Trono incontrò nuovi lutti durante questo
decennio. Il suo destino va ancora una volta ad esser sconvolto
da un avvenimento imprevisto. L’11 agosto 1765, il Delfino, suo padre
effettuò una visita alla abbazia di Royallieu, e ritornò verso
Versailles sotto la pioggia. Di una salute già precaria ed avendo
contratto un raffreddore, egli contrasse una violenta febbre. Il
suo stato peggiorò verso la fine del mese, e al termine di una
agonia lunga 35 giorni, il Delfino si spense il 20 dicembre 1765
al castello del Fontainebleau, all’età di 36 anni.
Luigi-Augusto non aveva mai ricevuto
quell’affetto sperato da parte di suo padre. Non ebbe il tempo
di intrattenere una relazione privilegiata con questo uomo
estremamente colto, che aveva tante cose da insegnargli. All’età di 11 anni, il Duca di Berry divenne
dunque il Delfino di Francia e successore diretto di suo nonno
Luigi XV, che allora era cinquantenne. Marie Josephe de Saxe,
dopo la scomparsa di suo marito, seguì scrupolosamente le
consegne materiali in materia d’educazione dei propri figli
inculcando loro più ancora i precetti della religione cattolica. E’ così che il Delfino ricevette il sacramento di conferma, il 21 dicembre 1766, ed effettuò la sua prima comunione il 24 dicembre seguente. Ciononostante, l’anno
1767 non si aprì sotto i migliori auspici.
Marie Josephe de Saxe, che non si era mai ripresa dalla
morte del marito, che aveva curato lei stessa fino alla fine,
contrasse il suo male, e si spense in seguito alla tubercolosi
il 13 marzo 1767, all’età di 35 anni, circa quindi alla stessa
età del suo marito defunto. Nel giornale che tenne dopo l’inizio
dell’anno 1766, e nel quale scrisse molto sommariamente gli
eventi della giornata passata, il Delfino annotò, alla data del
13 marzo 1767: “Morte di mia madre alle otto di sera”.
Marie Josephe de Saxe, Delfina e madre di Luigi XVI Cinque bambini reali si ritrovarono dunque
orfani, di cui la più giovane,
Madame Elisabeth, era appena di
tre anni d’età (infatti non si deve dimenticare l'altra sorella
di Luigi XVI, Clotilde.
A solo 12 anni, il futuro Luigi XVI perse,
nell’arco di tempo di appena sei anni, suo fratello maggiore,
suo padre e sua madre. I rapporti intrattenuti tra il Duca di Berry e i suoi genitori non hanno cessato di essere d’essere improntati di un solenne formalismo.
Benchè divenuto delfino, questo cambiamento
di stato non esonerò Luigi Augusto di perseguire la sua
educazione, anzi tutto i contrario. Il Duca de La Vauguyon
coinvolse addirittura un’altra persona supplementare per
l’educazione nella persona del padre Guillaume François
Berthier, allo scopo di insegnare al Delfino, durante le sue 7
ore di studio quotidiano, la morale e il diritto pubblico. Il governatore incitò soprattutto il Duca di
Berry a pensare per lui stesso, applicando il metodo del libero
esame. Per fare ciò, gli domandò di redigere 18 massime morali e
politiche ispirate dalle letture chiave della sua educazione,
fra cui l’opera Les aventures de Télèmaque
di Fénelon.
Il futuro Re vi si impegnò con profitto e
pervenne a spronare come è noto il libero commercio, la ricompensa
dei cittadini o ancora l’esempio morale che si deve affibbiare
al Re, allusione appena velata ai flirts di Luigi XV. L’opera che ne esce è ricompensata da La
Vauguyon, che decise di farle pubblicare, lasciando al suo
allievo l’incarico di stamparla lui stesso. Una stampa venne trasportata dagli
Appartamenti del Delfino, che, aiutato dai suoi due fratelli, si
compiacque di procedere lui stesso le operazioni tecniche.
Luigi Augusto generò 25 esemplari della sua
opera che si incaricò di presentare a suo nonno, da cui non ne
ricevette i complimenti sperati. Probabilmente punto dal tono
moralizzatore e l’esaltazione permanente della virtù, il Re si
limitò a dire a suo nipote qualche cosa di deludente:
“Signore
il Delfino, la vostra opera è finita, rompete le righe”. Nonostante questa ripresa, il Delfino
realizzò un’altra opera intitolata Réflexions sur mes entretiens
avec monsieur le Duc de La Vauguyon, in cui sono relazionate le
idee ispirate dal suo precettore.
Il Conte d'Artois e il Conte di Provenza, fratelli minori del Duca di Berry Il Duca de La Vauguyon era stato il
precettore di tutti e 4 i figli di Louis Ferdinand de Bourbon e
di Marie Josephe de Saxe, ed aveva affibbiato 4 “F” ai 4 figli:
Le Fin, che era il Duca di Borgogna,
Le Faible, che era il Duca
di Berry, Le Faux, il Duca di Provenza e
Le Franc, il Conte
d’Artois.
Louis Stanislas Xavier, Conte de Provence Quello che diventerà Luigi XVI dipendeva
chiaramente una visione liberale della monarchia, enunciandone
per esempio che i Re essi stessi “sono responsabili di tutte le
ingiustizie che non hanno potuto impedire”, e un po’ dopo
aggiunse “Io devo guardare tutti gli uomini come ugual e
indipendenti dal diritto della natura”. Sul piano intellettuale, Luigi Augusto, a
differenza di suo padre, si rivelò un allevo dotato e
coscienzioso. Oltre la geografia, a cui sembrava votare una
referenza, si appassionava per diverse discipline scientifiche
come la matematica, la fisica, la retorica, la geometria,
l’astronomia, ma eccelleva anche nella scrittura, la grammatica,
la logica, la morale, il diritto pubblico, la soia, la danza, il
disegno, la scherma e la religione.
Con successo egli apprese parecchie lingue, come il latino, il tedesco, l’italiano, e soprattutto l’inglese che egli padroneggiava perfettamente. Inoltre egli coltivava qualche grande classico della letteratura come La Gerusalemme liberata, Robinson Crusoé o ancora Athalie di Racine, ma come altri intellettuali e grandi lettori, il Delfino sviluppò fin da giovane una forte miopia. Allievo studioso, non mancò mai di
ricordarsi dell’intransigenza di suo padre che poteva talvolta
privarlo della caccia al minimo rallentamento dei suoi studi.
Divenuto adolescente, il Duca di Berry cominciò così a praticare
l’equitazione, appassionandosi delle arti meccaniche come l’orologeria e la tecnica dei fabbri ferrai, due
divertimenti che non lo lasciarono più. Dopo una incontestabile cultura storica e
geografica, e certe competenze in economia, il futuro Re
ricevette una educazione che sembrava esser stata largamente
influenzata dalla corrente dei Lumi, e certamente dal filosofo
Montesquieu che gli ispirò una concezione moderna della
monarchia, staccata dal diritto divino.
Al di là della sua innegabile erudizione,
Luigi Augusto si distinse subito anche per una grande timidezza
che nascondeva con mancanza di carattere. Fin dal 1762, il Duca
Emmanuel de Croy, maresciallo di campo, annotò:
“Noi notammo che
dei 3 Bambini di Francia, non c’era che monsieur de Provence che
mostrava spirito ed un tono risoluto. Monsieur de Berry, che era
il maggiore ed il solo da annoverare in età adulta, sembrava molto
angosciato”. A dispetto della qualificazione di debole,
che gli era affibbiata, il Duca di Berry si mostrò nondimeno talvolta a suo agio davanti agli storici e
filosofi che si presentavano a Corte.
Inoltre diede prova di umorismo e di saper rimbeccare. La Vauguyon ed il gesuita Charles Frey de Neuville notarono anche nell’adolescente delle qualità abbastanza forti per divenire un buon sovrano. Avvicinandosi alla sessantina,
il vecchio Re Luigi XV cominciò ad interessarsi a suo nipote, al
quale non era stato per nulla vicino, e in cui non vi trovò che
poco carattere. Luigi Augusto era intimorito da questo nonno che chiamava “papa-roi”. Il futuro Re cercava di perfezionare la sua educazione, ma non in materia politica o di guerra, di cui era sprovvisto delle conoscenze necessarie fino alla morte di suo nonno. Luigi
XV giunse alla fine ad amare suo nipote, il giovane Delfino
dagli occhi blu, dalla figura un po’ robusta e dall’andatura
maldestra. Alla fine degli anni 1760, il Re gioì di vedere il suo erede a giungere all’età minima per poter - il momento era giunto - succedergli senza che un periodo di Reggenza fosse necessario. Il momento sembrava appropriato, per il Re,
per maritare il Delfino.
L’educazione propriamente detta di Luigi
Augusto terminò quindi colla sua sistemazione, ossia col
matrimonio. In questa occasione, l’abate Jacques-Antoine
Soldini, in carica per l’educazione religiosa del futuro
sovrano, indirizzò al Delfino una lunga lettera di consigli e di
raccomandazioni per la sua vita futura. L’ecclesiastico mise ben in guardia il prossimo monarca sulle “cattive letture” da evitare, e sull’attenzione da tenere per la sua alimentazione. Lo esortò
infine di restare per sempre puntuale, buono, affidabile, franco
ed aperto, il tutto essendo prudente nelle sue parole, e fedele
alla sua sposa. Soldini sarà più tardi il confessore del Delfino
divenuto Re. Giunto a 16 anni, colui che si chiamerà Luigi
XVI misurava più di un metro e 90, una taglia fuori del comune
per l’epoca, e inoltre era dotato di una forte muscolatura.
Presentava d’altro canto d’un viso dai tratti regolari, sebbene
i denti fossero maldisposti. Maledettamente timido e diffidente, assumeva
un’aria scura e scontenta, non guardando in faccia le persone
colle quali conversava.
Solitario, non gli si riconosceva alcun favorito. Parlava poco, e quando prendeva la parola, la sua voce nasale ed arroccata alta, impressionava sfavorevolmente il suo interlocutore. Malgrado il suo carattere chiuso, Luigi
Augusto era considerato dalla Corte di Versailles come un adulto
perfettamente capace di condurre la sua vita di Principe senza
altra regola di condotta che la sua. Pochi Re si mostrarono così
docili come lui alle lezioni dei loro maestri. Non restava altro al giovane che quattro anni dopo si sarebbe trovato a confronto con la realtà dell’esercizio del potere.
Nessun dubbio che salendo sul trono di Francia nel
maggio del 1774 non sarebbe stato animato che dalla sua volontà di
mettere in applicazione i precetti che gli erano stati
inculcati.
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