A 41 anni, nel momento in cui accedeva al potere, Philippe
d’Orléans aveva perso lo splendore della giovinezza. “Mio figlio non è bello -
confessava sua madre Liselotte – ha delle grosse guance, è piccolo, grasso e di intenso
rossore, ma non mi sembra spiacevole”.
Da lui si librava un’aria a volte maestosa e benevola. Molte delle informazioni giunte a noi sul Reggente derivano dalle MEMOIRES del Duca di Saint-Simon. Il suo
regime alimentare, deplorevole, era la causa di una salute fragile. Oltre alle
sue abituali sincopi, aveva frequenti emicranie, flussioni e frequenti degli attacchi di
febbre. Da quando poi era stato ferito all’occhio sinistro, aveva una
racchetta, e vedeva molto male. A dispetto di queste defaillances fisiche, sorprendeva il suo entourage per la sua prodigiosa memoria, la sua conoscenza dei dossiers, dei trattati, dei rapporti delle cancellerie o di genealogia della Grandi Casate Nobiliari. C’era solo una nota stonata: la sua lucidità e la sua sicurezza di giudizio erano spesso sciupati da una indecisione paralizzante. Nulla lo urtava, trovare sempre un compromesso, un “mezzo termine” come diceva: era questa la linea di condotta di quest’uomo senza rancore. Non era debole, velleitario. Ostinato, furbo, faceva finta di cedere, ma poi tornava alla carica con dei mezzi indiretti: si dilettava con dei voltafaccia, dei sotterfugi, di buone parole che finivano per far disperare quelli che si aspettavano delle decisioni concrete. Con il suo gusto profondo per l’intrigo, questo Proteo dalle molteplici faccettature era a volte chiacchierone e generoso (sopratutto in promesse), sospettoso e impenetrabile.
Indolente in apparenza, era un lavoratore accanito. Attaccato a salvaguardare una esistenza personale caratterizzata da una naturale timidezza, non si sentiva a suo agio se non con lo stretto cerchio di intimi. Le famose cene che egli divideva con i suoi amici e le sue favorite non avevano nulla di baccanale: le descrizioni che se ne sono fatte provengono da pettegolezzi di seconda mano, da testimonianze dubbie e da quella letteratura erotico-letteraria dei coevi della rivoluzione francese.
Questi pasti erano solo leggeri, dove Philippe e la sua compagnia di “roués”, Brancas, Nocé, Broglie, Canillac o Nancré raccontavano delle storie un po’ sconvenienti e gagliarde, nulla di più. A queste cene si faceva saltare l’omelette e si sorvegliavano le salse. Il Reggente era felice e disteso. Un bicchiere o due di champagne bastava ad inebriarlo. Come degno discendente del Vert Galant, amava le donne vispe e sensuali, detestava le sentimentali e le intellettuali…. Una delle grandi
favorite della Reggenza fu Madame de Parabère, nata Marie-Madeleine Coatquer de
la Vieuville, vedova nel 1716 del Conte Beaudéan de Parabère, bellezza un po’
fredda dai capelli d’ebano, che diede a Philippe due o tre figli.
Con lei, Philippe ebbe 8 figli legittimi, un maschio e 7 femmine:
Il
ragazzo, Louis, un po’ squilibrato, condusse una vita dissipata prima di cadere
in una scrupolosa bigotteria. Sposò la Principessa de Bade, poi si ritirò nella
Abbazia di Sainte-Geneviève, da cui il soprannome di énovéfain. Sarà il nonno di
Philippe-Egalité.
Di un carattere
bizzarro, appassionato, di una golosità fenomenale e di un orgoglio senza
limiti, lei collezionò gli amanti, malgrado fosse molto devota e pure mistica.
Quando morì a 24 anni, il 21 Luglio 1719 a Chateau de la Muette, fu un terribile dolore lacerante per il
padre.
Philippe si dimostrò protettore illuminato delle arti e delle scienze. La Musica, come sempre aveva la sua predilezione: amava Michel Richard de La Lande, André Campra, Charles Hubert Gervais, Jean-Baptiste Morin, Jean-Joseph Mouret… Grande collezionista, possedeva circa 500 quadri di maestri,
quali Raffaello, Tiziano, Tintoretto, Carrache, Albane, Michelangelo, Van Dyck,
Veronese, Poussin, Rembrandt, Rubens, Vouet, Wattheau…
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