Il Re Luigi XVI spesso ebbe modo di dire che il momento propizio alla fuga era l’indomani del 14 Luglio 1789, e di questo se ne rammaricava dopo l’arresto a Varennes. 

Ovviamente è facile dire cosa fare col "se di poi". Ma effettivamente ciò che era semplicissimo da farsi a Luglio 1789, era meno semplice nell’ottobre 1789, molto difficile nel 1790, praticamente impossibile nel 1791.

La FayetteLa prima grande offesa alla Monarchia non fu affatto la presa della Bastiglia, che, solo nell'immaginario collettivo (leggi qui), era luogo di oppressione del potere assoluto, ma l'assalto alla Reggia di Versailles, col conseguente obbligo al Re e famiglia, da parte del popolo, di trasferirsi a vivere a Parigi, nel vecchio rudere del Palazzo delle Tuileries, dove in sostanza Re, Regina e Famiglia finirono per diventare dei veri prigionieri. Nelle cupe Tuileries, guardate dalla diffidenza in armi dei Parigini, nella vasta prigione di cui l'ossequioso e presuntuoso La Fayette è carceriere, si discute ogni giorno se si debba fuggire o non fuggire. 

La libertà si assottigliava sempre di più e ci furono fatti che portarono pure a temere per la vita dei reali. I disegni seguono ai disegni, senza che la coppia Reale si decida. Ovviamente brulicavano i piani di fuga, per salvare la Regalità.

Carlo I, Re d'Inghilterra

Carlo I, Re d'Inghilterra

L’indecisione del Re se seguire o meno i piani di fuga, che si evolvevano, cambiavano, ampliavano o diminuivano nei dettagli, era da imputare alla cultura che Luigi XVI aveva: due esempi storici, che aveva ben presente, lo bloccavano: la storia d’Inghilterra è una delle sue letture preferite e in questo approfondimento due cose lo hanno colpito: Guglielmo II ha perduto la Corona per essere uscito dal Regno, e Carlo I, che è stato decapitato per aver preso le armi contro il suo stesso popolo. Inoltre un Re in fuga dal proprio paese non era per nulla dignitoso.

D’altro canto la Regina invece avrebbe avuto interesse a fuggire, non solo perché come madre avrebbe messo in salvo i figli, ma anche perché per lei non sarebbe stato un abbandonare il suo Paese natale, dal momento che era austriaca. Un’altra ragione che la spingeva a fuggire era da rilevarsi nella opinione che aveva il popolo: lei, Madame Deficit - così la chiamavano anche, era identificata dai parigini come la causa di ogni male in Francia, capace di influenzare nefastamente la volontà del Re. 

La Regina, tuttavia, sapeva bene che se avesse tentato da sola la fuga, il popolo francese non l’avrebbe di certo risparmiata in caso di arresto, mentre stando accanto a suo marito, la furia popolare si sarebbe arrestata dinnanzi alla maestà ancora riconosciuta del Monarca: in ragione di queste considerazioni Maria Antonietta rifiutò sempre qualunque progetto che vedesse lei fuggire coi figli, lasciando il marito, come lo si è visto nelle tremende giornate del 5 e 6 ottobre 1789 a Versailles

Una folla che si era agitata guidata da facinorosi che si erano messi in testa di distruggere la Reggia, sottraendo Luigi XVI ai consigli ed alle trame dei cortigiani. Che giornate disgustose! il conte de Fersen era presente specie quando accompagnò i sovrani a Parigi col corteo che partì da Versailles .. Scrisse a suo padre in questi termini:Il Conte de Fersen

“Ho preso parte alla rivolta per conoscerla bene. Ho marciato verso il Palazzo di Città e ce ne siamo impadroniti; il signor de la Fayette e Bailly, sindaco di Parigi, han perso la testa; la Guardia Nazionale si riunisce, e non s'ode altro che un grido: A Versailles!".... 

ed ancora....

"Sono stato testimonio di tutto e sono ritornato a Parigi in una delle carrozze del seguito del Re; siamo stati in strada per 6 ore e mezzo. Dio vi preservi dal vedere uno spettacolo tanto doloroso. Il popolo sembra essere felice di vedere il Re e la sua famiglia. La Regina è stata molto applaudita, e non può mancare d’esserlo ancora quando sarà meglio conosciuta e la folla renderà giustizia al suo desiderio di bene ed alla bontà del suo cuore”.

E nella fuga che si concretizzò il 20 giugno 1791, l’amico di allora Fersen ebbe un ruolo organizzativo importantissimo. 

Negli avvenimenti che seguirono le giornate di ottobre, furono proposti due piani di fuga: uno era promosso dal Marchese de Favras, e l’altro invece da un personaggio di bruttezza fisica singolare, con un passato immorale, conoscenza delle prigioni dello stato e capofila delle giornate di sommossa di ottobre: Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau

Mentre il primo progetto però era configurato come una fuga del Re notturna, il secondo era più che altro uno spostamento del Re, fatto alla luce del sole, all’interno del suo paese per scatenare una guerra civile affinché la Monarchia potesse riprendere il controllo dello Stato che era caduto in gravi disordini.

Verso la fine del 1789, scoppia la bomba del Marchese di Favras (qui sopra), che fu la vittima della esasperazione popolare. Qualche mese prima della denuncia per la quale egli fu arrestato, un tale Augeard, appaltatore generale e segretario dei possedimenti della sovrana stessa, venne accusato di aver voluto far fuggire la Regina. 

Egli aveva consigliato a Maria Antonietta di uscire dalla Francia non nelle vesti ufficiali di sovrana, ma come una signora qualsiasi, in modo che potesse così salvare i Principi, che avrebbero dovuto indossare abiti femminili, ed il Re. E questo piano ha moltissimi punti in comune con quello che fu effettivamente realizzato nel giugno 1791.

Anche la Duchessa de Luynes suggerì l'allontanamento della Regina a nome di un comitato costituzionale che voleva allontanare Maria Antonietta dalla Francia in modo che si potesse affermare la costituzione, senza che nessuno potesse accusarla di influenzare il Re.

Il piano di Augeard fu steso per iscritto, enorme imprudenza, poichè lo scrivano, che doveva copiare la lettera, lo tradì: Augeard fu arrestato, ma riuscì a cavarsela a buon mercato, poiché venne assolto. 

Il Marchese di Favras pagò anche per lui: l’ira del popolo, che si era visto strappare la prima preda, lo travolse. Vi furono delle accuse molto più gravi contro il Marchese, giacchè si ritenne che lui volesse rapire il Re per condurlo a Peronne o a Metz e metterlo a capo delle truppe antirivoluzionarie, dopo aver assassinato il sindaco di Parigi, Bailly, Necker e La Fayette, ed essersi impadronito del sigillo di Stato. Ci furono delle testimonianze tremende a suo carico, ed in più aleggiava pesante il sospetto che ci fosse qualcuno di più grande di lui che nell'oscurità muovesse tutto in vista di un grosso complotto antirivoluzionario. Per chi agiva Favras? Si pensò naturalmente alla Regina, che si riteneva avesse mano in qualunque tentativo di frustrare ogni successo e conquiste rivoluzionarie. Si parlò anche di Monsieur, il fratello del Re, tanto che questi fu costretto a recarsi al Palazzo di Città per negare pubblicamente la sua partecipazione al piano "delittuoso". Ma non si riuscì a scoprire nulla di più, e Favras, che ad un certo momento parve voler fare delle confessioni, tacque. I giudici dello Chatelet emanarono la sentenza capitale ed il Marchese di Favras morì sul patibolo.

Il disegno invece di Mirabeau ha trovato degli ostacoli che possono vedersi innanzitutto sulla diffidenza della Regina: infatti qualcuno le ha riferito che Mirabeau era uno degli artefici ed organizzatori delle terribili giornate del 5 e 6 Ottobre 1789

Ma Mirabeau, che è a contatto colla Corte principalmente attraverso Jean Baptiste la Marck, non trascura di insistere sulla necessità di pensare all'esecuzione del suo piano, il quale si viene allargando ed arricchendo a misura che gli avvenimenti si svolgono. Queste "note" che Mirabeau scrive spesso febbrilmente, di notte, dopo una tumultuosa seduta all'Assemblea, vanno a finire nel famoso "armadio di ferro" del Re, e saranno trovate più tardi. 

Mirabeau fu il primo uomo ad esser sepolto al Pantheon, la sera stessa della sua morte il 2 aprile 1791, alla fine di un grandioso funerale attraverso le strade di Parigi, accompagnato da musiche, canti ed elogi. Tuttavia, come si diceva, la scoperta dell'ARMADIO DI FERRO nel novembre 1792, fece vedere che Mirabeau aveva mantenuto contatti segreti con il Re Luigi XVI. Per questo motivo fu considerato un traditore ed allora il corpo del tribuno verrà strappato al Panteon e disperso, perchè la Convenzione, in cui siede Robespierre, dichiarerà "che non si può essere grandi uomini senza virtù".

Seguendo la regia di un cerimoniale diretto dal pittore J-Louis David, nello stesso momento in cui la sua bara veniva fatta uscire da una porta laterale, dall'ingresso principale, simultaneamente, veniva fatta entrare con grandissimi e solenni onori, quella di Marat. I resti mortali di Mirabeau vennero dispersi e gettati nelle fogne di Parigi.

Ad inizio estate del 1790, mentre il Re in questi momenti è morso dalle indecisioni, la Regina invece, l'"unico uomo del Re", come avrà modo di dire Mirabeau, acconsente alla fine di incontrare il tribuno, segretamente, a Saint-Cloud, nei giardini, all'alba del 3 Luglio 1790.

I giardini di Saint-Coud, oggi

Evidentemente i due si capirono, in quanto Mirabeau ebbe modo di esclamare: "Signora, la Monarchia è salva!". Già a suo tempo aveva esclamato gridando, come era la sua indole impulsiva e generosa e straordinariamente fiduciosa a La Marck: "Io strapperò questa disgraziata Regina ai suoi carnefici o morirò!". 

Il Tribuno Mirabeau

Già il giorno dopo gli strilloni de "L'Orateur du peuple" annunciavano il grande tradimento di Mirabeau.

Attraverso i promemoria e le note che periodicamente invia alle Tuileries, Mirabeau approfondisce sempre di più il suo piano. 

In fondo - lui dice - non bisogna temere la guerra civile; in determinati momenti anch'essa può esser utile e bisogna affrontarla con coraggio ed accettarne le conseguenze. 

Mirabeau ha modo di dire anche che il generale de Bouillé può esser contrapposto a quel La Fayette che sfugge ad ogni accomodamento per viltà, per incapacità, per orgoglio o per imbecillità. L'Assemblea decade: essa poteva salvare la Monarchia, ed invece minaccia di perderla. Bisogna scioglierla e, per giungere a ciò, abbassarla nello spirito e nella considerazione di quelli stessi che l'hanno esaltata. E dopo di ciò, scelto il momento opportuno, andarsene. Uscir da Parigi, in pieno giorno, a testa alta, come egli aveva già detto; recarsi a Fontainebleau o a Compiègne, dove Bouillé con i suoi soldati attenderà il Re per proteggerlo e difenderlo. Si vedrà poi se è il caso di raggiungere Metz o un'altra piazzaforte della frontiera.

Il gesto del Re quindi nella mente di Mirabeau non ha nulla della fuga notturna, avvilente, sebbene come si vedrà, necessaria. Esso è un atto leale, inquadrato in un vasto piano politico che tiene conto di tutti quegli elementi del momento: un vero colpo di Stato di cui l'ideatore ha studiato tutti i particolari, come appare da un lungo promemoria che Mirabeau ha inoltrato a La Marck, il 23 Dicembre 1790, tutto volto a "ristabilire l'autorità ed a salvare la cosa pubblica"..

Luigi XVI, grazie alla mediazione di La Marck, accettò il piano di Mirabeau, ma non si sarebbe mai adattato ad uscir dalla Francia.

Ma da che parte il Re doveva dirigersi una volta uscito da Parigi? verso una città fortificata ovviamente e nello stesso tempo tale da poter radunare un esercito, e per questo il Re, seguendo dunque il consiglio di Mirabeau, si era rivolto al Generale Bouillé.

Il Generale Bouillè

Continua.....

A cura di

Arsace da Versailles e Faustina da Versailles

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