Nel 1668, l'Osservatorio di Parigi vide la luce e l'astronomia moderna era ai suoi balbettii. Ma il cielo è pieno di promesse: gli interessi del potere e quelli della scienza puntano nella stessa direzione. Quando Colbert acquistò nel marzo 1667, per nome e conto di Luigi XIV, i terreni destinati alla costruzione dell’Osservatorio di Parigi a sud della città, l’astronomia non era per niente una scienza nuova. Tuttavia non vi era mai stato un momento propizio per la creazione di una costruzione dove questa disciplina, in piena evoluzione, potesse svilupparsi alla velocità dei Lumi che illuminavano l’Europa della Scienza con un giorno nuovo. Questo periodo cerniera fra il Rinascimento e Il Secolo dei Lumi vede infine il potere e la scienza andare nello stesso senso, anche se i loro interessi sono più paralleli che identici. Allo stesso modo gli sconvolgimenti stilistici del tempo – ricordando la famosa querelle fra gli antichi e i moderni che arriva fin nel campo dell’architettura – vanno a segnare la costruzione del primo grande edificio ad uso scientifico del Regno.
E’ questa convergenza di forze che finisce per permettere all’Osservatorio di Parigi già nel 1671, dopo poco più di 3 anni di costruzione, di potersi dedicare allo studio dei cieli. Il Re Sole, che è ancora un giovane di 28 anni, vede di buon occhio ciò che può far finire il suo Regno nella modernità. Da Copernico e da ciò che si chiama impropriamente “la rivoluzione scientifica”, la visione del mondo è cambiata, e non è più la Terra il centro del mondo, ma a ragione il Sole. Ci sono sicuramente dal Re, ma soprattutto da Colbert, degli scopi strumentalizzati nell’installazione di un osservatorio. Il potere cerca di far quadrare, di misurare, di incartonare il suo territorio (vedere l’item sulla cartografia) e pensa, non a torto, che le misure e le osservazioni degli astronomi saranno utili per la navigazione. Ora Colbert fa passare uno sforzo senza precedenti al Paese in relazione allo sviluppo della marina e non nasconde che la Francia abbia delle mire espansionistiche. Una delle opere maggiori degli astronomi dell’Osservatorio sarà quella di tracciare una meridiana che piazzi Parigi, per quanto possibile, al centro del mondo. Voltaire nel “Le siécle de Louis XIV” vi vede “il più bel momento dell’astronomia” e stima che “ciò basta per rendere eterno questo secolo”.
Nel progetto di Colbert, l’Osservatorio non dove solamente essere un luogo di osservazione, giustamente, ma un grande laboratorio che farà avanzare la ricerca, e da lì anche le tecniche, al servizio del Regno lanciato in una politica frenetica di costruzioni civili e militari (canali, città, palazzi e roccaforti). Ci va anche e soprattutto di mezzo il prestigio della Francia. Grande protettore delle arti e delle lettere, il Re non può che incoraggiare le scienze, tanto più che esse fanno la reputazione di altre nazioni. A Londra, la Royal Society ha visto la luce sei anni prima. A Firenze, l’Accademia del Cimento, fondata dai grandi allievi di Galileo nel 1657, faceva la gloria dei Medici. A Bologna, Jean-Dominique Cassini acquisisce una reputazione tale per le sue osservazioni che il Papa gli assegna parecchie missioni scientifiche e politiche.
La Francia dispone allora di parecchi circoli di studiosi con buona reputazione, ma la volontà centralizzatrice di Colbert ha presto fatto in modo di raggruppare sotto il Vessillo Reale, e, se possibile, in un luogo definito. L’astronomo Adrien Auzout non si sbaglia sull’argomento quando, nel 1665, chiede l’appoggio del Re per la Compagnia delle Scienze e delle Arti, che si stava creando: “Ne va di mezzo, Sire, della gloria della Vostra Maestà e della reputazione della Francia. E ciò che ci fa sperare che Lei ordinerà qualche posto per fare per il futuro ogni sorta di osservazioni celesti e che farà attrezzare di tutti gli strumenti necessari a questo scopo.”
Questo appello sarà ascoltato e Adrien Auzout farà parte dei padri fondatori dell’Osservatorio, diventato uno strumento di primaria importanza: l’evoluzione delle tecnologie sta in effetti rivoluzionando l’astronomia. I grandi periscopi, che si perfezionano incessantemente da quello di Galileo messo a punto nel 1609, sconvolgeranno la concezione del mondo ed offrono delle prospettive infinite.
In definitiva, l’Osservatorio non è che la materializzazione in architettura di queste spinte. Attraverso la sua concezione stessa, la costruzione tradisce le tensioni che perdurano tra i bisogni di osservazione scientifica e le mire del potere. Edificato lungo la meridiana, questa costruzione rettangolare di 31,2 metri su 28,6 metri, fiancheggiato da due torri ortogonali e da una grande torre quadriangolare, è concepito dal geniale ficcanaso Claude Perrault, il cui il cui fratello, Charles, era segretario di Colbert e sovrintendente ai lavori pubblici. Gli strumenti ottici a disposizione dell'Osservatorio furono costruiti invece da Giuseppe Campani. Claude Perrault, fratello del celebre narratore, già convocato per l’ala Est del Louvre e certe pianificazioni di Versailles, impone le sue concezioni disegnando i piani dell’Osservatorio. Medico di formazione, egli s’ispira nella sua architettura dall’anatomia e rigetta la simmetria antica ereditata dai greci.
L’unità del Regno deve anche essere architetturale e l’estetica vi guadagnerà in ciò che la scienza vi perderà. L’ambizione di Colbert non sarà d’altro canto totalmente soddisfatta: troppo allontanata dalle barriere di Parigi dell’epoca, mal mantenuto, l’Osservatorio è un po’ maltrattato dagli studiosi. Infatti non diventerà questo grande centro pluridisciplinare che auspicava il controllore generale delle Finanze. Tuttavia lesso ha permesso agli astronomi riuniti a Parigi di perfezionare il loro equipaggiamento e le loro ricerche, mettendo in opera una vasta gamma di programmi di calcolo di longitudini, facilitato da parecchie spedizioni sulle coste della Francia o nelle colonie. Queste misurazioni saranno importanti per l’avanzare dell’astronomia. Il primo almanacco nazionale del mondo, il Connaisance des temps, fu pubblicato dall'osservatorio nel 1679, utilizzando le eclissi dei satelliti di Giove per stabilire la longitudine. Qui si espongono i direttori dell'Osservatorio dagli inizi ad oggi Giovanni Cassini (1671-1712) Jacques Cassini (1712-1756) César-François Cassini de Thury (1756-1784) Dominique, conte di Cassini (1784-1793) Joseph Jérôme Lefrançais de Lalande (1795-1800) Pierre Méchain (1800-1804) Jean Baptiste Joseph Delambre (1804-1822) Alexis Bouvard (1822-1843) François Arago (1843-1853) Urbain Le Verrier (1854-1870) Charles-Eugène Delaunay (1870-1873) Urbain Le Verrier (1873-1877) Amédée Mouchez (1878-1892) Félix Tisserand (1892-1896) Maurice Loewy (1896-1907) Benjamin Baillaud (1908-1926) Henri-Alexandre Deslandres (1926-1929) Ernest Esclangon (1929-1944) André Danjon (1945-1963) Daniel Egret (2002-)
L’Osservatorio di Parigi oggi Durante due secoli, l’Osservatorio di Parigi si specializza nella geodesia, disciplina che ha creato l’astronomia di posizione, l’astronomia meridiana ed il loro uso nella cartografia o nella navigazione, così come nella meccanica celeste.
Nel 1893 sono messi in servizio il cannocchiale e telescopio di un metro. Durante la seconda guerra mondiale gli sviluppi tecnici a fini militari, in particolare in elettronica, fanno nascere la radioastronomia. Nel 1953 dei ricercatori della Scuola normale superiore di Parigi fondano la stazione di radioastronomia di Nançay la cui gestione e sviluppo sono affidati nel 1956 all’Osservatorio di Parigi. Tra le numerose scoperte che si devono all’Osservatorio si possono citare il calcolo della longitudine e la messa in opera - con altri grandi osservatori mondiali – del tempo universale, la prima carta del cielo, la prima foto del sole, lo sviluppo della meteorologia, ma anche la cattedra internazionale dell’ora e dell’orologio parlante o l’Unione astronomica internazionale.
A cura di Arsace da Versailles |