"Nei dissertazioni e nelle scelte, ci sono due specie di persone fra i vostri grandi medici: ascoltandoli parlare, sono i più abili del mondo; vedeteli all'opera, e sono i più ignoranti del mondo". Bisogna credere a Moliére quando, attraverso la bocca di Beraldo nel Malato Immaginario, attacca così direttamente i medici coevi? La medicina francese del XVII secolo appariva in effetti ben impotente davanti alla peste o ad il vaiolo, due grandi piaghe dell'epoca. Le donne morivano di parto spesso e su 1000 nuovi nati, la metà solamente riusciva ad arrivare all'età adulta. In questo secolo che si dice Il Grande, la medicina sembra non esser toccata dalla rivoluzione scientifica che è in corso. L'insegnamento dispensato nelle 24 facoltà del Regno resta quasi unicamente basato sul sapere degli antichi: Aristotele, Ippocrate e soprattutto Galieno. I corsi di anatomia sono rari, eccettto alla facoltà di Montpellier che pratica già la dissezione.
Montpellier surclassa Parigi Dal lato terapeutico, i progressi sono piuttosto poco consistenti. Si può citare innanzitutto la scoperta del chinino da parte dei Gesuiti in America latina, che permette di guarire le febbri dette intermittenti, altrimenti detta paludismo. Ciò non impedisce di esser screditata dalla conservatrice facoltà di Parigi. Una istituzione che Luigi XIV e i suoi successori non esiteranno a disconoscere, scegliendo volentieri come medici personali dei diplomati della facoltà di Montpellier, giudicata più progressista. Il Re interverrà ugualmente nel violento dibattito che ha opposto per dei decenni la facoltà di Parigi ai partigiani delle teorie dell’inglese William Harvey sulla circolazione del sangue. Andando contro agli insegnamenti degli antichi, William Harvey dimostra nel 1628 che il cuore è una pompa: spiega che il sangue entra nel cuore attraverso la vena cava per riuscirne attraverso l’arteria principale. Luigi XIV finirà per prendere atto della cosa sposando la tesi di Harvey, ordinando, nel 1673, l’insegnamento delle sue tesi al Giardino del Re, l’antico Giardino delle piante e del Museo di storia naturale. Al di là del ruolo di iniziatore o di modello, il potere Reale, soprattutto nel XVIII secolo, inizia a mettere a posto ciò che si può chiamare gli albori di una politica di salute pubblica. Le condizioni sono allora riunite: “Come l’influenza della religione si allenta, si può alla fine interessarsi ai corpi. Appare peraltro l’idea che lo sviluppo delle scienze è una specie di gloria per la Nazione. Infine, i Re considerarono ormai la popolazione come una ricchezza del Paese” come afferma Catriona Seth. Le guerre hanno necessità di una grande quantità di soldati, ed i Re, a partire dal XVIII secolo, hanno percepito il vantaggio che rappresenta una sana popolazione a livello geopolitico. Peraltro, le teorie mercantilistiche si sviluppano, mettendo avanti l’importanza della coltivazione del suolo, e questo esigeva un gran numero di braccia.
Il potere Reale desidera dunque dei sudditi numerosi ed in buona salute, e quindi prendono misure in tal senso: per lottare contro la forte mortalità delle madri e dei neonati, Luigi XV chiede a Madame du Coudray, una ostetrica rinomata, di sviluppare la formazione delle sue consorelle nel paese. Inoltre Luigi XV fa anche distribuire nelle campagne delle scatole di medicinali per i poveri, una specie di kits di sopravvivenza, concepiti per rispondere alle affezioni più comuni. Nel 1776 è creata, sotto la guida del medico parigino Felix Vicq d’Azyr, la Società Reale di Medicina: dei corrispondenti in ogni provincia sono incaricati di far risalire a Parigi le informazioni sulle epidemie e le epizoozie.
L’idea che una medicina debba fondarsi sulla osservazione alla fine riesce ad imporsi, aprendo la via alla medicina moderna. Ma sarà necessario attendere il XIX° secolo con il progresso dell’igiene, per la scoperta dell’anestesia, dell’antisepsi, e dell’asepsi affinchè i pazienti potessero beneficiare realmente dei suoi progressi.
A cura di Arsace e Faustina da Versailles |