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(1690 - 1700 - Venezia o Bergamo - 1763 Würzburg) Le notizie attorno alla vita di questo compositore sono molto scarse ed a volte pure contraddittorie. Il più grande studioso di Platti, Fausto Torrefranca, che fu anche autore della più consistente biografia del compositore in oggetto, data i natali fra il 1690 ed il 1700, a Venezia o a Bergamo. L’educazione di Platti fu principalmente veneziana: a partire dal 1722 egli si trova in Franconia, dove è giunto al seguito del compositore Fortunato Chelleri. Nel 1724 Platti porta il titolo di “musicus aulicus” di Johann Philipp Franz von Schönborn, Principe Vescovo di Bamberg e Würzburg, e a servizio degli Schönborn a Würzburg e nel vicino castello di Wiesentheid, Platti trascorre tutto il resto della sua vita. La morte è datata 11 Gennaio 1763 a Würzburg. Oltre che compositore ed insegnante, Platti fu anche “maestro di canto” e “virtuoso da camera” di oboe, violino, violoncello, cembalo e flauto: siccome tutte queste qualità riunite in una unica persona sembrano essere troppe, si ritiene che i Platti fossero più di uno; a convalidare questa tesi, è stato anche osservato che le Sei Sonate per cembalo, pubblicate nel 1742, venissero indicate come “Opera Prima” da parte di un compositore che oramai aveva superato la cinquantina. Tuttavia è anche vero che si può rilevare una affinità stilistica fra queste Sei sonate del 1742 e quelle per violoncello e basso copiate nell’anno 1725, cosa che riporterebbe a pensare che di Platti ce ne fosse solo uno. Una analisi dei registri parrocchiali di Wurzburg, dove Platti si era sposato, è impossibile a causa dei bombardamenti subiti dalla città durante la seconda guerra mondiale. La produzione musicale di Platti comprende 7 lavori vocali (Oratori, Cantate, Messe) ed un centinaio di lavori strumentali (Concerti solistici e a più strumenti, Sonate da camera per strumenti vari, e 18 Sonate per cembalo solo). Il settore più importante è quello della Sonata per Cembalo: Platti ha un posto suo nella liquidazione dell’eredità barocca, nella sostituzione delle aspre difficoltà manuali o delle ardite costruzioni concettuali con la precisione e la razionalità “naturale” della forma della sonata: in sostanza un maestro, ed uno dei più significativi, dello stile galante, stile che, fra il 1740 ed il 1750, aveva fatto come l’ideale della semplificazione espressiva, di sfruttamento del sentimento in forme immediatamente apprezzabili, che Jean-Jacques Rousseau aveva diffuso nel pensiero, nell’arte e nel costume del tempo. Fausto Torrefranca, pioniere nella messa in luce del compositore Platti, lo va visto come un precursore del Romanticismo, un musicista che rivoluziona il modo di esprimersi. Platti è un perfetto maestro del suo tempo: verso il passato alcune matrici barocche sono presenti, ma piuttosto che a Vivaldi, come sosterrebbe Torrefranca, Platti si rifà al modello Corelliano, cioè da importanza al versante aulico, solenne del barocco, piuttosto cha a quello estroso ed irregolare. Tracce di stile di toccata sono poco percepibili (come per esempio nelle Sonate Op.1, il Presto e alla breve della Sonata n. 4), mentre c’è una maggiore sensibilità con la forma della suite (si pensi alla Sonata n.3). Platti predilige la trasparenza della scrittura a due parti, anche se atteggiata contrappuntisticamente, qualità questa che fanno avvicinare il Platti al Telemann delle FANTASIE PER CEMBALO (1732), mentre la frase breve, incisiva, evidenzia l’influenza dello stile essenziale dell’intermezzo buffo napoletano.
Sebbene non ci siano prove sul fatto che Platti conoscesse Domenico Scarlatti, molti spunti ritmici (come le battute 22-24 del secondo movimento, o le battute 13-17 nel terzo movimento della Sonata n. 2 dell’Opera 1) fanno presupporre che almeno lo Scarlatti dei TRENTA ESERCIZI, pubblicati nel 1738, gli fosse noto. Si sono cercati anche dei parallelismi fra Platti e Philipp Emanuel Bach, ma quest’ultimo è un artista diversissimo per gusto, cultura, e tradizione: egli rappresenta un aspetto settecentesco fatto di sensibilità ed inquietudini, complicato dal peso dell’eredità paterna. Torrefranca però usò aggettivazioni come “Platti, il grande” e “Ph.E. Bach, il piccolo”. Le composizioni pianistiche di Haydn, le prime sonate di Mozart paiono avere come punto di riferimento Platti. La scrittura di Platti ha un sapore tipico di mobilità di atteggiamenti, di ironia ovattata di cerimoniosità a volte in grado di acutezze tanto più penetranti quanto più valutate sul piano storico da dove nascono (non è priva di significato che una fonte settecentesca, il manoscritto 5327 della Biblioteca del Conservatorio di Napoli, mescoli alcuni movimenti di Sonate Plattiane con brani di Benedetto Marcello). In tutte le 18 Sonate di Platti, non si riscontrano difficoltà esecutive particolari: egli non è un ricercatore della tastiera, e non violenta lo strumento. Spesso vi sono dei pezzi che sono più consoni al violino (per esempio la battuta nr. 15 del secondo movimento della Sonata n. 6 dell'Opera 1), spesso le due mani si uniscono in clausole all'ottava derivate dal concerto strumentale: altre volte l'ideale classico del canto come realtà superiore governa la concezione della scrittura, con la mano destra librata su una euforica catena di terze e seste della sinistra: la tastiera è dunque un mezzo, usato da un maestro versato in tutti i settori della pratica musicale settecentesca. Le sei sonate dell'opera 4 presentano un quadro formale e stilistico molto più dinamico rispetto quello dell'Opera 1: lo schema in 4 movimenti, che caratterizzava la raccolta precedente, qui si trova solo nelle Sonate n. 1, 2 e 6 e in nessun caso in modo da rimembrare da vicino il vecchio modello che diverrà consueto nel primo settecento. Tangenze con il genere suite, possono notarsi nel Minuetto della Sonata n. 1, nel terzo movimento della Sonata n. 2 (Allemande), nel secondo Allegro della Sonata n. 5 (Passepied, Minuetto), nella Polonaise e nella Giga della Sonata n.6, anche se in questa spicca il respiro della danza. Il Primo movimento della n. 2 è chiamato Fantasia nella fonte principale, e non è facile attribuire il termine a specifici caratteri formali, se non ad una maggiore adesione allo spirito virtuosistico della Toccata più che al rilievo tematico della Sonata, e ad una ampiezza di estensione e varietà ed arditezza di scrittura che supera ogni altro primo elemento della raccolta. Una cosa particolare di Platti è la preferenza per la tonalità minore: tre Sonate, la numero 2, 4 e 5 sono in minore, e non solo: almeno un movimento in minore si trova in ciascuna delle tre altre Sonate. Le individualità tematiche usate da Platti oscillano dalle proposte vivaldiane allo stile galante dei figli di Bach; ma, a differenza dell'Opera 1, la bilancia pende in favore di questi ultimi;; una pagina come Andantino e staccato della Sonata n. 1, con il pathos barocco dei ritmi puntati, resta isolata nell'Opera4: suggestioni violinistiche, influssi dal concerto strumentale sono rari; emergono in primo piano nell'impostazione tematica dell'Allegro assai della Sonata n.4, ma solo qualche altro punto è lecito individuare nel secondo movimento (Presto) della Sonata n. 1 e nel finale (Allegro) della n.2; frequenti invece sono le idee di schietta natura tastieristica, come nel primo Allegro della Sonata n. 5, che sfrutta le possibilità coloristiche della tastiera contrapponendo la rapidità della scrittura toccatistica con le improvvise masse degli accordi; anche nell'allegro della Sonata n. 4 alcune soluzioni (battute 39-40) ricorreranno assai simili in Mozart, si pensi alla Sonata in fa maggiore, KV 332, ultimo movimento, mentre la progressione di settime di dominante (battute 47 e sgg.) è anch'essa squisitamente cembalistica. Senza mostrare vere diversità esecutive, sul tipo di Domenico Scarlatti per capirci, il discorso è tuttavia sempre sostanzioso come condotta di parti: nell'opera 4 le semplificazioni galanti , come i bassi albertini, sono pressocchè assenti o limitate a poche battute, e solo nelle Sonate più tarde verranno alla luce con più frequenza. Più evidente rispetto l'opera è anche l'affinità verso quei brani brevi e precisi che per convenzione si potrebbero riassumere nel nome di Pergolesi; l'apertura delle Sonate n. 3 e 6 ne sono un esempio lampante: dopo tali esordi, il discorso si arricchisce (come per esempio il contenuto del primo movimento della Sonata n.3 ) con cromatismi espressivi, seste napoletane, improvvise tonalità minori, insomma con il formulario del "sensibilismo" e del patetico tenero pergolesiano, trasferito alla tastiera con notevole scaltrezza. In merito alla struttura degli Allegro, il raggruppamento strofico della forma sonata è presente sia secondo lo schema binario senza ripetizione del tema di apertura), sia secondo il modello ternario (con ripresa del tema di apertura). in questo quadro però il Platti dell'Opera 4 si muove con gusto estemporaneo: la ripresa (Si pensi al finale della Sonata n.2, primo movimento della Sonata n. 3) mantiene una certa libertà rispetto all'esposizione, non la ricalca pedestremente, e in qualche caso ("Non tanto allegro" della Sonata n. 6) apporta reali novità inventive. Non è presente un secondo tema contrastante, ma qualche volta la libertà inventiva evidenzia un orientamento verso il nuovo tema: ad esempio l'Allegro della Sonata n. 4 presenta alle battute 5 e 12 nuove figure tematiche, la seconda delle quali, per l'impianto tonale alla dominante e le fattezze differenti, può adattarsi la definizione di "secondo tema". I movimenti lenti, praticamente in forma bipartita tutti, non presentano interesse per la tensione fra aree tonali (una stessa situazione tonale si può ripetere a breve distanza all'interno della stessa pagina: si può citare per esempio la Sonata n. 4 nell'Adagio, oppure il Larghetto della Sonata n. 6 con la ripetizione dopo poche battute della stessa idea in relativo maggiore): ma contengono momenti fra i più intarsiati e lavori dell'invenzione di Platti, molto aderenti alle possibilità espressive dello strumento a tastiera: è raro trovare nel primo settecento una abilità di raccoglimento come nell'Adagio della Sonata n. 4 o una linea ornamentale così necessaria, non estrapolabile da uno scheletro melodico, come nell'Adagio che presenta la Sonata n.5. D'altro canto a testimonianza di una gamma espressiva assai variegata, è presente la "galanteria" del Minuetto in fa maggiore della Sonata n. 1, molto vicino al Minuetto K.2, della stessa tonalità, di Mozart. in La minore Esecuzione privata concessa ad handelforever.com da Il Principe del Cembalo, a cui vanno tutti i ringraziamenti possibili
F. Torrefranca: Giovanni Benedetto Platti e la Sonata moderna, con un appendice di F. Zobeley e testi musicali, Istituzioni e Monumenti dell'Arte Musicale italiana, Vol. II, nuova serie, Ricordi, Milano 1963. Da pag. 215 a pag. 403 il volume contiene le 18 Sonate per cembalo solo. L. Hoffmann-Erbrecht: Deutsche and italienische Klaviermusik zur Bachzeit, Jenaer Baitrage zur Musikforschung , Breitkopf & Hartel, Leipzig 1954 W.S. Newmann: The sonata in the Classic Era, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 1963 L. Hoffmann-Erbrecht: Vorwort in G.B. Platti, Zwölf Sonates, Middledeutsches Musikarchiv, Reihe 1, Heft 4, Veb Breitkopf & Hartel Musikverlag Leipzig 1954 A cura di con la preziosa collaborazione de Il Principe del Cembalo Altri suggerimenti nel sito gemello haendel.it - click here |