Il padre Francesco Antonio, che era
maestro di cappella della Chiesa di Santa Maria del Ponte a Lanciano (in
sostanza la cattedrale di Lanciano), molto attivo nella produzione di
oratori ed azioni sacre, gli impartì i primi insegnamenti musicali, sebbene
avesse preferito la carriera legale per il figlio.
Era in realtà di origine abruzzese, anche se poi in effetti si deve
considerare napoletano di adozione, anche perché l’Abruzzo faceva parte del
Regno di Napoli storicamente. Lanciano si deve dire era una cittadina
abruzzese di grande richiamo per le fiere famose che si tenevano a giugno e
a settembre: qui fiorivano le attività commerciali, per cui l’avo di Fedele
Fenaroli, “Messer Camillo Fenaroli” nel 1500 fu richiamato dalla città di
Bergamo in questi luoghi, alla fine insediandovisi. Anche se verso la fine
del Settecento, Lanciano aveva perso quella qualifica di importante centro
commerciale, tenne per diverso tempo anche un certo grado di attività
culturale, che appunto comprendeva la musica: la famiglia Sabino aveva dato
i natali a molti organari e musicisti, fra cui si può ricordare Ippolito
Sabino, i cui madrigali furono oggetto di stampe e pubblicazioni.
Alla morte del padre, a circa 14 anni Fenaroli decise di prosegure poi i
suoi studi al Conservatorio di Santa Maria di Loreto a Napoli con Francesco
Durante e P. A. Gallo, e fu compagno di studi di Antonio Sacchini e P.
Guglielmi.
A 22 anni terminò la preparazione musicale, e rimase legato alla scuola in
quanto alla morte di Durante diede un personale significativo contributo
succedendogli e dedicandosi all’insegnamento.
Dopo appena due opere teatrali, lasciò la produzione teatrale,
concentrandosi sulla composizione sacra e nell’insegnamento. Fra i suoi
allievi si annoverano Zingarelli, Cimarosa, Mercadante, Lavigna.
Si unì in matrimonio con la cantante Geltrude Di Maria.
Dal 1762 sostituì nell’insegnamento Antonio Sacchini nel Conservatorio di
Santa Maria di Loreto; nel 1763 fu nominato 2° maestro e nel 1777 primo
maestro di cappella nello stesso Conservatorio. Condivise la direzione del
Collegio di Musica della Pietà dei Turchini con Giovanni Paisiello e Giacomo
Tritto nel periodo compreso fra il 1807 e il 1813.
Sua attività principale continuò ad essere l’insegnamento fino al 1817 in
questo collegio, poi gli successe Nicola Zingarelli.
Alla veneranda età di 88 anni si spense a Napoli.
Oggi, come allora i biografi più vicini a lui nel tempo (e primo fra tutti
Francesco Florimo che raccolse le vive testimonianze dei suoi allievi) non
stimano molto le opere teatrali e sacre di Fenaroli poiché presentano
generiche qualità di “purezza di stile e regolare condotta dei pezzi“, la
fama del musicista è totalmente affidata alla sua attività didattica.
Questa attività didattica, riassunta nella stampa dei suoi “Partimenti” (6
volumi), non a caso datata al confine tra il 1700 e il 1800, lo occupò dagli
anni giovanili, dopo una infelice parentesi teatrale lampo, agli ultimissimi
giorni della sua esistenza. In questi Partimenti, egli volle scrivere una
summa di tutti gli insegnamenti musicali, già da tempo impartiti nelle aule
dei Conservatori napoletani: si tratta a qualcosa di simile agli odierni
esercizi di armonia e contrappunto su un basso dato.
Francesco Florimo, gran direttore della biblioteca del Conservatorio “San
Pietro a Maiella” di Napoli ci dice relativamente a quest’opera didattica:
“Essi sono il fondamento della sua scuola di contrappunto e di composizione,
fondata sugli incrollabili principi stabiliti dallo Scarlatti e dal Durante
con un metodo di insegnamento tutto suo, chiaro e semplice, trattando
l’armonia con grande purezza e facendo cantare con eleganza tutte le parti”.
Il musicologo Fétis, parlando della sua “méthode simple et facile”
sottolineò come Fenaroli non possedesse “une theorie profonde et raisonnée",
ma piuttosto un coacervo di “tradition et sentiment” e, dalla constatazione
singola, inferì una regola generale, secondo la quale “on raisonne peu sur
la musique en Italie: tout y est de pratique... Toute la science y est
bornée à un petit nombre de règles que Fenaroli a esposées avec clarté”.
Chiarezza e semplicità quindi risultano essere state le caratteristiche
fondamentali di Fenaroli nella sua attività didattica: con esse trasmise la
tecnica compositiva del suo maestro Durante, semplificandola e ritenendola
immutabile, con la fondamentale preoccupazione di trattare l’armonia
linearmente.
Da questa fede incrollabile in una tradizione che in buona parte proprio
grazie a lui si collegò l’aggettivo di “napoletana", derivarono le dispute
con Zingarelli, pure già suo allievo e all’epoca direttore del
Conservatorio, sulle “scandalose licenze” che Fenaroli riscontrava nelle
musica di Haydn e Mozart. A Zingarelli, che tentava di importarle dai suoi
viaggi all’estero, contrappose l’invito a “non cambiare la via vecchia per
la nuova, poiché il papà Durante ne sapeva più di noi”.
Sebbene l’establishment napoletano gli riconobbe un posto di rilievo,
cooptandolo nella Reale società Borbonica di lettere e arti e nominandolo
anche direttore della musica nella Nobile Accademia di Dame e Cavalieri, la
figura culturale di Fenaroli, eminentemente reazionaria, traspare dalla
motivazione con cui un decreto ministeriale nominò nel 1806 un triumvirato
di reggenza dell’istituzione musica napoletana: Giovanni Paisiello, Giacomo
Tritto e Fenaroli vengono definiti “tre sommità godenti la più
incontrastabile rinomanza da ristabilire l’antico splendore e l’antica
celebrità, col richiamare in osservanza gl’insegnamenti dei famosi maestri
Durante e Leo”: tutto questo se da un lato proprio a causa del tentativo di
proseguire, lasciando intoccate le antiche tradizioni napoletane, fece
giungere una progressiva emarginazione della “scuola napoletana” dalla scena
europea, d’altra parte la fece ben conoscere dove attecchì: Fenaroli con la
sua attività sul fronte operistico contribuì allo sviluppo della lingua
napoletana nelle opere comiche, distaccandosi dalle primordiali influenze
veneziane, proseguì la tradizione sacra napoletana, attirando molti nuovi
allievi nei suoi Conservatori, grazie agli illustri nomi di Leo, Durante,
Feo, Porpora, Vinci.
Composizioni
Opere (perdute):
I DUE SEDIARII (Napoli, 1759);
LA DISFATTA DEGLI AMALECITI (Chieti, 1780)
Oratori:
L’ARCA DEL GIORDANO (Lanciano, ?);
ESTHER (Napoli, 1759)
ABIGAILLE (ivi, 1760);
LA SCONFITTA DEGLI ASSIRI (Roma, 1789).
Musica sacra:
7 messe (compreso un Requiem);
24 mottetti;
Lamentazioni e lezioni;
Stabat Mater;
inni; responsori.
Musica strumentale:
Intavolature e Sonate per cembalo (1793);
pezzi per violino e clavicembalo.
Opere didattiche:
Regole musicali per i principianti di
cembalo nel sonar coi numeri e per i principianti di contrappunto (Napoli,
1775);
Partimenti ossia Basso numerato (Roma, circa. 1800);
Studio del contrappunto (ivi, ca. 1800).
Solfeggi per soprano (Manoscritto).
A cura di
Arsace