Francesco Cavalli
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Ipermnestra |
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Descrizione della presa d’Argo e degli amori di Linceo e di Ipermnestra. “Il Principe Cardinale Giovan Carlo dè Medici, Generalissimo del mare di S.M. il Re di Spagna, volendo festeggiare con istrabochevole contento la nascita del figlio di Filippo IV, ordinò al marchese Tommaso Guidoni, primo gentiluomo della camera, di porre in ordine un abbattimento di Cavalieri più numeroso di qualunque altro si fosse in alcun tempo veduto, il quale anzi che di Torneo o di Barriera, di vera guerra e di formidabile assalto avesse sembianza.” E’ curioso che un simile genere di spettacolo potesse dare argomento ad un dramma in musica. “Imperò dovendosi dar motivo e cagione a siffatta battaglia con qualche
poetico ritrovamento, ciò fu di presente ordinato da S.A. al signor Dottore
Gio. Andrea Moniglia, ingegno vivacissimo cui le Muse, oltre alla vaghezza
ed alla leggiadria, compartirono vena fluidissima e velocità nel comporre,
quale appunto desiderava l’impaziente volontà del signor Principe Cardinale
per rendere frettolosamente sì viva testimonianza della sua immensa gioia a
quelle maestà, e dichiarò il suo pensiero che scegliere si dovesse qualche
favola o istoria grave ed eroica, la quale in piccol modello o in qualche
minima parte simboleggiasse l’invidia del destino e delle stelle, che
s’ingegnava di rompere il filo a sì gloriosa propagazione, vinta poi dall’ineffabil
Provvidenza del cielo, che con ragione perpetua e senza alcun errore
governando le cose di noi altri mortali, ne ha benignamente conceduto un
germe a chiaro, e rinnovellato altrui le speranze in quell’altissima stirpe
d’una eterna dominazione. Il poeta dunque, appreso con somma accortezza
l’intendimento dall’A.S. ritrovò subitamente per adeguata composizione la
Guerra e la presa d’Argo, riducendoseli forse a mente di quanta lode degna
stimò Aristotile (siccome nella sua poetica egli accenna) una tale opera
sopra gli accidenti di Danaoe di Linceo, da Teedete Faselite in quei secoli
antichi composta ed oggi perdutasi, così in brevissimi giorni ne mise fuori
il disteso, che fu con ammirazione dei più intendenti oltremodo commendato
ed approvato. Terminata che fu la composizione di questo dramma,
speditamente si trasmise al signor Francesco Cavallo a venezia, acciocchè
con artifizio di suo ingegnoso contrappunto traesse altrui di mezzo al cuore
i più teneri e compassionevoli affetti, che all’espressione delle parole
delle parole e degli avvenimenti poetici fussero più confacevoli, ed egli
che viene oggi reputato il primo compositore d’Italia, particolarmente sopra
lo stile drammatico, con prestezza incredibile ne rimandò il composimento,
di tanta dolcezza e soavità di stile, che avendo, a detta d’ognuno,
nell’altre sue opere acquistata la palma sopra i maestri più esimi, in
questa può dirsi che abbia superato se stesso. Il pensiero poi di fare la
scelta dei musici, e delle voci più adattate alle parti degli interlocutori,
ed assister loro con ogni maggior studio e diligenza, fu dato da S.A. ai SS.
Marchese Filippo Niccolini, suo maestro di camera, e Marchese Gio. Battista
del Monte, suo cavallerizzo maggiore, ed alli SS. Pietro Strozzi e Filippo
Franceschi che hanno somma dilettazione nella musica ed ottimo gusto al pari
dei professori medesimi. Mentre tutte le sopradette cose con ogni maggior
velocità s’andavano allestendo, si attendeva agli altri abbellimenti delle
scene e del palco, e conosciutasi degna quest’opera d’ogni più eccelso
magistero, perchè ella comparissedi più pregio agli occhi dei riguardanti,
ne fu data la cura al signor ferdinando tacca, figliuolo di quel Pietro
tacca famoso, il quale ha dato così gran saggio nella scultura e nel getto
dei bronzi, onde tante opere così pregiate di lui tutta Europa ammira. Esso
non invidiando alle virtù del padre ripose ogni suo maggior talento nel fare
spiccare altrui questa nobilissima festa, siccome colui che oggi supera ogni
immaginazione nell’inventare nuovi e non pensati movimenti ad ogni altra
gran mole, in saper dar loro (quasi novello dedalo) altissimi voli, ed in
sospingere a vari cambiamenti grandissime prospettive con siffatta agilità,
che vince il pensiero nonchè l’occhio più veloce di chi le mira. Assistendo
con frettolosa diligenza alle maestranze del palco, acciocchè prontamente a
fine si riducessero, il signor Lionardo Martellini, principe in quest’anno
dell’Accademia, il signor Cardinale medesimo addolcisce le fatiche altrui e
da forza e celerità agli operai, che imperò con pari passo nella
sollecitudine procedendo tutti, fu ben tosto ogni cosa all’ordine per
celebrar sì nobile e maestevol festa, universalmente a ciascuno, che quella
vide, aggradevole ed ammirabile riuscita, sì per l’agilità e vaghezza dei
balli, come per il fiero e terribile abbattimento, e sì parimente per la
novella struttura d’ingegni facilissimi al moto; laonde dodici volte si
videro in miracolosa maniera cambiare diversamente le scene, e volgersi
intorno più di trenta macchine differenti, altre per l’aria con varie gite
volanti, altre ondeggianti per mare, ed altre per terra, che anzi di
soprannaturali incantesimi che d’ordigni dell’arte e dell’igegno umano
avevano somiglianza. Essendo dunque apparecchiata la festa, e preparati
tutti gli arredi di essa, S.A. le dedicò il giorno 18 Giugno, il quale
giungendo, non ancora mezzodì, che nella strada davanti, comechè larga e
spaziosa, il numero del popolo era diventato grandissimo, e meravigliosa
cosa era a vedere come gareggiasse ciascuno per introdursi prima dell’altro
a sì bramato festeggiamento; ma il signor Cardinale serenissimo non volle
che s’aprisse l’adito ad alcuno finchè non fossero consegnati i luoghi
migliori al concorso grandissimo dè forestieri, sì di Cavalieri di alto
affare, come di dame principalissime tirate a Firenze, nonchè da tutte le
cittadi circonvicine, dalle maggiori eziaudio dell’Italia, per lo grido
sparso di così nobile preparamento. Insomma con tale lodevole riguardo,
verso le 24 ore, trovandosi dentro il fiore di tutta la nobiltà, ognuno
agiatamente sedendosi, e più e più d‘altra gente, di cui la moltitudine era
inestimabile, ricreati tutti più volte dalla generosità di S.A. con
finissimi vini, e con acque freddissime, quali a siffatta stagione si
richiedevano; giunsero ai seggi loro i Serenissimi principi, al comparir dei
quali in meno che non balena sparve la tenda del proscenio, che anch’ella
avea dato nell’aspettare non ordinario trattenimento all’occhio dei
riguardanti con una leggiadra ed ingegnosa pittura.”
A cura di Artaserse |
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Ultimo aggiornamento: 07-05-20 |