Francesco Cavalli

 

Ipermnestra

 

 

figurino di Hipermestra di Stefano Della Bella


 



Questa opera, lungamente dimenticata tra i lavori di Cavalli, venne rappresentata per la prima volta a Firenze, nel teatro di via della Pergola, il 12 giugno 1658. Dal libretto, che fu dato alle stampe almeno cinque volte, dal 1658 al 1698, sempre con l’indicazione di Cavalli come autore della musica, possiamo trovare alcune indicazioni e molti particolari che ci possono illuminare su alcuni avvenimenti legati a questo avvenimento teatrale:

Descrizione della presa d’Argo e degli amori di Linceo e di Ipermnestra.
Festa teatrale rappresentata dal signor Principe Cardinal Giovan Carlo
Di Toscana, Generalissimo del mare e Comprotettore
dei negozi di Sua Maestà Cattolica di Roma,
per celebrare il natale del serenissimo Principe di Spagna.
In Firenze
Nella Stamperia di S. A. S. M.D.-C.I.VIII.
Con licenza dè Superiori.

“Il Principe Cardinale Giovan Carlo dè Medici, Generalissimo del mare di S.M. il Re di Spagna, volendo festeggiare con istrabochevole contento la nascita del figlio di Filippo IV, ordinò al marchese Tommaso Guidoni, primo gentiluomo della camera, di porre in ordine un abbattimento di Cavalieri più numeroso di qualunque altro si fosse in alcun tempo veduto, il quale anzi che di Torneo o di Barriera, di vera guerra e di formidabile assalto avesse sembianza.”

E’ curioso che un simile genere di spettacolo potesse dare argomento ad un dramma in musica.

“Imperò dovendosi dar motivo e cagione a siffatta battaglia con qualche poetico ritrovamento, ciò fu di presente ordinato da S.A. al signor Dottore Gio. Andrea Moniglia, ingegno vivacissimo cui le Muse, oltre alla vaghezza ed alla leggiadria, compartirono vena fluidissima e velocità nel comporre, quale appunto desiderava l’impaziente volontà del signor Principe Cardinale per rendere frettolosamente sì viva testimonianza della sua immensa gioia a quelle maestà, e dichiarò il suo pensiero che scegliere si dovesse qualche favola o istoria grave ed eroica, la quale in piccol modello o in qualche minima parte simboleggiasse l’invidia del destino e delle stelle, che s’ingegnava di rompere il filo a sì gloriosa propagazione, vinta poi dall’ineffabil Provvidenza del cielo, che con ragione perpetua e senza alcun errore governando le cose di noi altri mortali, ne ha benignamente conceduto un germe a chiaro, e rinnovellato altrui le speranze in quell’altissima stirpe d’una eterna dominazione. Il poeta dunque, appreso con somma accortezza l’intendimento dall’A.S. ritrovò subitamente per adeguata composizione la Guerra e la presa d’Argo, riducendoseli forse a mente di quanta lode degna stimò Aristotile (siccome nella sua poetica egli accenna) una tale opera sopra gli accidenti di Danaoe di Linceo, da Teedete Faselite in quei secoli antichi composta ed oggi perdutasi, così in brevissimi giorni ne mise fuori il disteso, che fu con ammirazione dei più intendenti oltremodo commendato ed approvato. Terminata che fu la composizione di questo dramma, speditamente si trasmise al signor Francesco Cavallo a venezia, acciocchè con artifizio di suo ingegnoso contrappunto traesse altrui di mezzo al cuore i più teneri e compassionevoli affetti, che all’espressione delle parole delle parole e degli avvenimenti poetici fussero più confacevoli, ed egli che viene oggi reputato il primo compositore d’Italia, particolarmente sopra lo stile drammatico, con prestezza incredibile ne rimandò il composimento, di tanta dolcezza e soavità di stile, che avendo, a detta d’ognuno, nell’altre sue opere acquistata la palma sopra i maestri più esimi, in questa può dirsi che abbia superato se stesso. Il pensiero poi di fare la scelta dei musici, e delle voci più adattate alle parti degli interlocutori, ed assister loro con ogni maggior studio e diligenza, fu dato da S.A. ai SS. Marchese Filippo Niccolini, suo maestro di camera, e Marchese Gio. Battista del Monte, suo cavallerizzo maggiore, ed alli SS. Pietro Strozzi e Filippo Franceschi che hanno somma dilettazione nella musica ed ottimo gusto al pari dei professori medesimi. Mentre tutte le sopradette cose con ogni maggior velocità s’andavano allestendo, si attendeva agli altri abbellimenti delle scene e del palco, e conosciutasi degna quest’opera d’ogni più eccelso magistero, perchè ella comparissedi più pregio agli occhi dei riguardanti, ne fu data la cura al signor ferdinando tacca, figliuolo di quel Pietro tacca famoso, il quale ha dato così gran saggio nella scultura e nel getto dei bronzi, onde tante opere così pregiate di lui tutta Europa ammira. Esso non invidiando alle virtù del padre ripose ogni suo maggior talento nel fare spiccare altrui questa nobilissima festa, siccome colui che oggi supera ogni immaginazione nell’inventare nuovi e non pensati movimenti ad ogni altra gran mole, in saper dar loro (quasi novello dedalo) altissimi voli, ed in sospingere a vari cambiamenti grandissime prospettive con siffatta agilità, che vince il pensiero nonchè l’occhio più veloce di chi le mira. Assistendo con frettolosa diligenza alle maestranze del palco, acciocchè prontamente a fine si riducessero, il signor Lionardo Martellini, principe in quest’anno dell’Accademia, il signor Cardinale medesimo addolcisce le fatiche altrui e da forza e celerità agli operai, che imperò con pari passo nella sollecitudine procedendo tutti, fu ben tosto ogni cosa all’ordine per celebrar sì nobile e maestevol festa, universalmente a ciascuno, che quella vide, aggradevole ed ammirabile riuscita, sì per l’agilità e vaghezza dei balli, come per il fiero e terribile abbattimento, e sì parimente per la novella struttura d’ingegni facilissimi al moto; laonde dodici volte si videro in miracolosa maniera cambiare diversamente le scene, e volgersi intorno più di trenta macchine differenti, altre per l’aria con varie gite volanti, altre ondeggianti per mare, ed altre per terra, che anzi di soprannaturali incantesimi che d’ordigni dell’arte e dell’igegno umano avevano somiglianza. Essendo dunque apparecchiata la festa, e preparati tutti gli arredi di essa, S.A. le dedicò il giorno 18 Giugno, il quale giungendo, non ancora mezzodì, che nella strada davanti, comechè larga e spaziosa, il numero del popolo era diventato grandissimo, e meravigliosa cosa era a vedere come gareggiasse ciascuno per introdursi prima dell’altro a sì bramato festeggiamento; ma il signor Cardinale serenissimo non volle che s’aprisse l’adito ad alcuno finchè non fossero consegnati i luoghi migliori al concorso grandissimo dè forestieri, sì di Cavalieri di alto affare, come di dame principalissime tirate a Firenze, nonchè da tutte le cittadi circonvicine, dalle maggiori eziaudio dell’Italia, per lo grido sparso di così nobile preparamento. Insomma con tale lodevole riguardo, verso le 24 ore, trovandosi dentro il fiore di tutta la nobiltà, ognuno agiatamente sedendosi, e più e più d‘altra gente, di cui la moltitudine era inestimabile, ricreati tutti più volte dalla generosità di S.A. con finissimi vini, e con acque freddissime, quali a siffatta stagione si richiedevano; giunsero ai seggi loro i Serenissimi principi, al comparir dei quali in meno che non balena sparve la tenda del proscenio, che anch’ella avea dato nell’aspettare non ordinario trattenimento all’occhio dei riguardanti con una leggiadra ed ingegnosa pittura.”

Si trovano nel libretto molti altri ragguagli, come la lista dei cavalieri fiorentini che presero parte agli abbattimenti ed ai ballabili, in numero di novantaquattro.
Il generale in capo delle tre squadre di Linceo fu il marchese Gio. Vincenzo Salviati, e le tre squadre, ciascuna di quattordici cavalieri, vestivano la prima di color biancoe scarlatto, la seconda di verde e oro, la terza di giallo e oro. La squadra di Danao dentro la fortezza portava i colori giallo e nero e si componeva di diciotto cavalieri guidati dal cav. Orazio Gianfigliazzi. Dodici cavalieri eseguirono il ballabile delle Furie, otto quello degli Amori, sei l’altro dei Giardinieri, ed altrettanti quello delle Ninfe.
Questo dramma ebbe cinque edizioni, quattro a Firenze, una contemporanea alla rappresentazione, altra senza data, la terza nella raccolta delle Opere drammatiche del Dotto Moniglia nel 1689, la quarta nel 1698 con altre poesie dello stesso autore. La prima edizione, dedicata con lettera del poeta in data 12 luglio 1658 a Don Luigi de Haro, conte d’Olivares, è arricchita di dodici tavole (misura 45 per 33 centimetri) raffiguranti i principali scenari o prospettive e una riproduzione della sala del teatro vista dal palcoscenico, qual’era stata costruita di recente da Ferdinando Tacca. I disegni e l’incisione in rame delle tavole e della copertina emblematica sono opera di Silvio degli Alli, Paggio di valigia del principe cardinale.
Altra edizione dell’Ipermnestra è di Bologna 1658, cioè l’anno stesso della rappresentazione a Firenze. Non si riscontra la stesura originale del libretto, ma solamente quella relativa all’edizione bolognese. Abbiamo infine un’edizione fiorentina senza data e l’ultima del 1698, sempre senza menzione della musica.
I personaggi del dramma sono i seguenti:

Danao, re degli Argivi;
Ipermnestra, figliuola di danao;
Elisa, Dama. Favorita di Ipermnestra;
Arbante, favorito di Danao;
Arsace, uno dei capitani dell’armi argive;
Berenice, balia d’Ipermnestra;
Alindo, valletto d’Arbante;
Linceo, figlio d’Egitto re dell’Egitto;
Delmiro, generale dell’armi d’Egitto sotto Linceo;
Vafrino, valletto di Linceo;
Coro di soldati Egizi.
Sole – Coro d’ore mattutine – Venere – Teti – Coro di Nereidi.
Giove – Coro di Deità – Giunone – Coro di Giardinieri e Giardiniere nei giardini di Cipro – Amore – Coro di amori – Vulcano – Coro di Ciclopi – Discordia – Gelosia.

Il libretto non riporta i nome degli artisti che presero parte all’esecuzione; troviamo però notizie utili in altri documenti.
Gli artisti furono quindi: Michele Grasseschi, Lisabetta Fabietti-Naci, Carlo Righensi, Vincenzo Pazzini, Simone Martelli, leonora Fabletti-Ballerini, Domenico Bellucci, Niccolò Coresi, Antonio Rivani, il moro di S. Altezza, Gio. Michele de Bar, Michele Mori, Francesco Leonardi, Antonio Ruggeri, Paolo Rivani.
Questi artisti formavano una compagnia permanente a Firenze; li ritroviamo infatti nel Potestà di Colognole, nel Pazzo per forza eseguiti alla Pergola nel carnevale del 1657 e del 1658, e nel grandioso Ercole in Tebe del 1661 per le nozze del gran principe di Toscana, che fu poi Cosimo III, con Margherita d’Orleans.
Sappiamo che Michele Grasseschi cantò a Venezia nel Bellerofonte del Sacrati, nel carnevale 1642, e che Antonio Rivani era nella comnpagnia musicale italiana a Parigi nel 1661.
La rappresentazione del dramma durò cinque ore; la spesa dell’allestimento scenico di di trentatremila lire. Per le stoffe e la fattura degli abiti sborsarono del proprio diecimilacinquecento lire gli Accademici Immobili proprietari del teatro, i quali per di più diedero alloggio e vitto nei loro palazzi ai primari artisti e fecero le spese delle prove.
L’abito di Ipermnestra fu regalato dalla Granduchessa. La foggia degli abiti era di pura fantasia, senza alcun riguardo per l’ambientazione ed il colore locale; le figure riprodotte nelle stampe portano infatti tutte in capo dei cimieri di penne che non hanno decisamente nulla di argivo, né tantomeno di egiziano.
Non si conoscono al momento esecuzioni recenti di quest’opera, né edizioni a stampa. Esiste un manoscritto del Fondo Contarini custodito presso la Biblioteca Marciana di Venezia.

 

 

 


 

 

A cura di Artaserse

 

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Ultimo aggiornamento: 07-05-20