Imeneo

 

 

Recensione Cd

 

 

IMENEO è un'opera poco citata di Handel. La parte principale è affidata ad un basso. L'opera è la penultima del Caro Sassone, è del 1738, poi revisionata nel 1740. In seguito verrà DEIDAMIA e il capitolo delle opere italiane si concluderà, aprendosi definitivamente la produzione oratoriale.
Una delle cose che stupisce dell'opera è innanzitutto l'organico, scarno: oltre all'orchestra standard di archi, si affiancano solo gli oboi. 
Handel è sicuro di sé: la sua fonte creativa non delude neppure questa volta: la creatività e il Genio, donano una serie di arie molto fresche, pur non presentando un'esuberanza timbrica strumentale: quanto non si può fare anche con strumenti standard...
La presenza di cori, in mezzo all'opera, denota la spezzatura dell'archetipo metastasiano.

L'Imeneo presenta uno schema armonico audace, delle melodie affascinanti, e la scrittura sempre elegante e complicata: le arie sono nello stile brillante dell'opera napoletana.
L'opera che ho sottomano è quella della casa discografica VOX, n° di catalogazione CDX5135, 2 CD a medio prezzo, DDD, della durata di 57.47 e 54.51.
Si tratta di una produzione statunitense, il cui cast vede nella parte principale di Imeneo John Ostendorf, Julianne Baird come Rosmene, D'Anna Fortunato nel ruolo di Tirinto, Beverly Hoch, nella parte di Clomiri, Jan Opalach in quello di Argenio.

Veniamo ad una analisi della composizione della distribuzione delle arie: 
15 arie con la particolarità che 3 di queste sono senza il consueto da capo.
1 ouverture
4 cori
2 duetti
1 terzetto
5 ariosi
1 recitativo accompagnato
21 recitativi.

L'Imeneo si apre con una Ouverture, in stile francese grave, per poi librarsi eterea nell'Allegro che segue: essa si termina con un delizioso minuetto. Poi parte subito un Arioso, dove Tirinto (cantante D'Anna Fortunato), cercante la sua amata Rosmene: il ritmo è andante, e la voce si giostra con il cembalo e il violoncello. Segue un recitativo, in forma standard, ma poi riecco che ritorna lo stesso arioso: sembra un'aria quasi tripartita, dove il movimento centrale è assegnato al recitativo, e il ritornello finale sia una variazione del tema iniziale, dal momento che l'orchestra rafforza cembalo e violino. Dopo un altro breve recitativo, ecco che riparte un'aria di una melodia da brivido: lenta dove Tirinto esprime la passione per Rosmene, probabilmente rapita insieme alle altre vergini di Atene. Incredibili le magie che riesce ad evocare anche con un'orchestra standard (archi e cembalo). Segue un recitativo, standard, e poi un coro, coro attenzione non un ensemble: il ritmo è andante: "Vien Imeneo frà voi, viene frà voi!": davvero fresco e incantevole. Segue un recitativo standard, a più voci. Si apre la prima aria di Imeneo, cupa e dal ritmo andante ma non troppo "Di Cieca notte allor": è una normalisima aria da capo. Dopo un'altro breve recitativo, Rosmene (interpretata dalla brava Julianne Baird) dove si destreggia fra l'amore per Tirinto, e il temporeggiamento verso Imeneo: il ritmo è andante: naturalmente l'aria è per soprano. "Ingrata mai non fui, non ho di sasso il cor" verso Imeneo e poi volgendosi verso Tirinto "Ma il cor non è per lui, lo serbo sol per te": non è la prima volta che Handel usa questa forma di spezzare l'aria verso due personaggi presenti in scena, anche se uno degli aspetti più belli è quando il personaggio si confida col pubblico: indimenticabile il momento, per fare un collegamento con un'opera teatrale assai più precedente a questa, in cui L'Imperatrice Agrippina cova la doppia faccia nei confronti di Ottone il generale romano che aveva salvato l'Imperatore Claudio dai flutti del mar: "Tu ben degno sei dell'allor" dice quasi in reverenza ad Ottone, con toni dolci e pacati, e l'orchestra sottolinea questa "riverenza", ma poi ecco che si rivolge al pubblico, l'orchestra si impenna volano le pirotecniche eil ritmo si serra "Ma di sdegno arde il mio cor". Un'aria breve ma che descrive così bene certi atteggiamenti.....
Torno a Imeneo...dopo l'aria di Rosmene si inserisce dal ritmo andante subito un'aria di Tirinto, senza uno stacco di recitativo secondo le buone regole Metastasiane "Mi chiederesti meno se mi chiederesti il core". Riparte un recitativo dove Clomiri non riesce ad attrarre l'Attenzione di Imeneo, in preda ai suoi sospiri. 
"V'è un infelice che per te more", una delicata aria dove si capisce l'interesse di Clomiri nei confronti di Imeneo: il soprano Beverly Hoch canta a tratti all'unisono con un violino: la maggior parte dell'aria è data da voce, violino e cello con clavicembalo, e ci sono passaggi da suono pieno a passaggi in "sordina".
Ma Imeneo vuole Rosmene "Esser mia dovrà la bella tortorella", dove a ritmo allegro incalzante intercalato da passaggi solistici brevi di violino, il basso sfoggia abilità di agilità da apprezzare: Il Cembalo non passa in secondo piano, sembra quasi che lo strumento sia sulla schiena del cantante.
L'atto primo si conclude con la ripresa del coro "Vien Imeneo fra voi..."

Il secondo Atto si riapre con un arioso dove spicca il violoncello, strumento fra gli archi più adatto per dare quel tocco patetico a "Dhè, m'aiutate, o Dei!" di Rosmene, poichè "Vogliono i tuoi maggiori, il senato la patria e vuol ragione che tu sia di Imeneo": in fondo è un po' la stessa situazione che all'apertura di Semele si trova la protagonista del Musical Drama.
Argenio canta "Su l'Arena di barbara scena", è in allegro moderato, di una melodia accattivante: lo scopo è convincere Rosmene a cedere a Imeneo. Rosmene rimasta con Clomiri sulla scena, è confusa, che fare? ed ecco una delle metafore più ambite ed usate dal Barocco, nel recitativo "mi trovo fra i fluti del pensiero, qual navicella in mar senza nocchiero". Clomiri chiede a rosmene la motivazione del suo stato afflitto, e poichè non conosceva Amore proferisce "Buon giudice non sei del mio tormento!". Parte un'altra aria leggera "Semplicetta, la saetta non intendi ancor d'Amore" (qui è inevitabile un collegamento spontaneo ad un'analoga aria "leggera dall'Alcina "Semplicetto, a donna credi"). Poi come un twister parte un'aria talmente coinvolgente e da un ritmo incalzantissimo, mossa da un'altra metafora: SORGE NELL'ALMA MIA, per descrivere i tumulti dell'alma di IMENEO, un frullato di note, miriadi di note del cembalo che è magnificamente in primo piano, tutto per descrivere l'avvampo di gelosia di Imeneo... ma il cembalo e i turbinii degli archi. E' definita come un ottimo esempio di "Aria di tempesta". A dire il vero quest'aria non mi era ignota, in effetti Aris Christofellis nel suo recital Arie di virtuosismo del 18° secolo la propone, ma l'acutezza della sua voce dal mio punto di vista oscura la costellazione di note del cembalo, che invece nella versione di quest'aria per basso si può ben assaporare nella pienezza.
Cosa un po' strana nella prefazione dell'aria del cd di Crhistofellis ci si concentra sul fatto che il ruolo di Tirinto era affidato a Maria Monza per poi essere adattato al castrato Andreoni. Quello che però mi verrebbe da obiettare è che l'aria non è cantata da Tirinto ma da Imeneo. Che sia successo come con l'aria TORNAMI A VAGHEGGIARE in Alcina, dove l'aria a volte era affidata ad Alcina e altre volte alla sorella Morgana? Altra aria deliziosa è "E' sì vaga del suo bene" con una melodia intervallata da commenti violinistici, il tutto con tono "Leggero": da dire che il soprano splende di una freschezza inaudita: a volte va talmente su col livello di note, che è davvero un piacere inebriarsi di anche queste altre prodezze. Trilli a go go in certi punti del testo! Altra aria vigorosa del basso IMENEO "Chi scherza con le rose un dì si pungerà": evidentemente non aveva capito che bisognava lasciare le spine per cogliere le rose ( Benedetto Pamphili in Trionfo del Tempo e del Disinganno, "Lascia la spina, cogli la rosa"). Comunque sia il cembalo pur avendo un ruolo di continuo, sembra sempre in primo piano (quasi un po' come nell'incisione di TITO MANLIO di Antonio Vivaldi). C'è poi un bel terzetto in ritmo lento dove i 2 spasimanti di Rosmene si lamentano perchè pace vogliono trovare al tormento del loro amore per Rosmene: cantano dapprima separati poi le loro tre voci si rintrecciano in "Ah s'io morissi ancora!", la situazione si fa pressante per Rosmene poichè Tirinto e Imeneo sbottano, sempre però con tono pacato-lamentoso, "Alfin chi di noi due Ritroverà mercè?", ma Rosmene ribatte "Non so, se poi sarò di lui se poi sarò di te". Ecco che interviene un coro "E troppo bel trofeo della Bellezza il cor. Lo vincerà Imeneo e già lo vinse Amor?" con ritmo andante che chiude il secondo atto.
Rosmene combattuta fra gratitudine verso Imeneo e amor verso Tirinto, non sa a chi cedere: "In mezzo a voi due qui lascio il mio core. " ecco la prima aria del Terzo atto, sempre con tono leggero: peculiarità: non ha il da capo. Imeneo confida a Tirinto che sua sarà Rosmene la sua anima "uscir vedrai di vita e uscir di pene". D'altro canto Tirinto "Dì, se mai la fortuna arride al tuo conforto (nel senso verso Imeneo), ch'è tua Rosmene, e che Tirinto è morto". "Pieno il core di timore", questa è l'aria seguente di Tirinto, dove si ravveggia il carattere eroico/patetico dell'eroe handeliano: ci sono delle soluzioni del trattamento degli archi che mi fanno tornare in mente Serse. Imeneo intanto in uno scambio di confessioni con Clomiri, si riserba solo per Rosmene: e Clomiri sbotta "Pazienza!", e con questa sua caratteristica di arie leggere se ne esce di scena con "Se ricordar ten vuoi", senza il consueto da capo. Imeneo parte con un'altra aria senza aspettare un recitativo "D'Amor nei primi istanti, facili son gli amanti a farsi lusingar solo per vanità". Ma intanto in un recitativo successivo confessa che intende perfettamente gli interessi di Clomiri, ma finge di non comprenderli. Giunge Rosmene, Imeneo le si avvicina e parte con un arioso grave "Se la mia pace a me Vuoi togliere, barbara, toglimi la vita ancor!", ma ecco che entra Tirinto, dopo un istantaneo recitativo, Tirinto ricanta le stesse parole di Imeneo, ma comn ritmo più serrato: gli effetti sono davvero contrastanti esattamente come differenti sono caratterizzati i personaggi: Rosmene sta per decidere, ed ecco che lo dice in un recitativo, ma sembra quasi essere interrotta dallo stesso motivo "Se la mia pace" in ritmo più serrato cantato da Imeneo e Tirinto assieme. In una scena di finta pazzia, dove Rosmene intravede un'ombra per consigliarla a decidere, ella sviene "Che mancar mi sento", tutti i personaggi compiangono la sua sorte, ma poi rinviene, e al risveglio proferisce "Fui costretta a dir di sì", quindi colpo di scena sceglie Imeneo, e a Tirinto (che stava cercando di recuperare la mascella poichè non se l'aspettava! ) "Tirinto datti pace, e non dispiaccia a te ciò che a me piace". L'atto si conclude con un duetto "Per le porte del Tormento" e un coro conclusivo che riassume quanto la ragione prevalga sui voleri : "Se consulta il suo dover, nobil alma o nobil core non mai piega a' suoi voleri, ma ragion seguendo va", ma di più insiste: "E se nutre un qualche amor ch'a ragion non si convien, quell'amor scaccia dal sen ed ad un altro amor si dà".


 

 

Imeneo: John Ostendorf, basso
Tirinto:
D'Anna Fortunato, mezzo soprano
Rosmene:
Julianne Baird, soprano
Clomiri:
Beverly Hoch, soprano
Argenio:
Jan Opalach, basso

Brewer Chamber Chorus, Brewer Chamber Orchestra,  
dir.
Rudolph Palmer

Vox (2 CD medio prezzo, 1991)

 

 

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A cura di  Arsace

 

www.haendel.it

 

Ultimo aggiornamento: 17-10-21