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Rinaldo:
David Daniels
Almirena: Cecilia Bartoli
Armida: Luba Orgonasova
Goffredo: Bernarda Fink
Eustazio: Daniel Taylor
Mago Cristiano: Bejun Mehta
Argante: Gerald Finley
Araldo: Mark Padmore
The
Academy of Ancient Music
dir. Christopher Hogwood
Decca (3 CD, 1999)
Questa edizione, edita dalla Decca, contiene la registrazione della prima
delle versioni del Rinaldo di Haendel.
Hogwood decide di fare le cose in grande e si avvale, oltre che degli
strumenti del tempo, anche di un esemplare di “macchina dei tuoni”
risalente al XVIII secolo, vera chicca di questa incisione. Il cast è di
quelli che farebbero sognare ogni ascoltatore, ma l’interpretazione di
alcuni cantanti è un po’ al di sotto delle aspettative. Spiace dirlo ma è
proprio David Daniels, controtenore tra i più acclamati al giorno d’oggi,
a non convincermi del tutto: sebbene sia dotato di una voce decisa e
abbastanza corposa, a mio avviso, non riesce a conferire al suo
personaggio, Rinaldo, un carattere sufficientemente eroico ed epico. La
dizione è chiara, ma alcuni errori di pronuncia e qualche indecisione,
uniti ad una, come dire, mancanza di cattiveria, non contribuiscono a
formare nella mia mente quel personaggio maestoso ed impavido che mi
aspetterei di trovare in chi interpreta Rinaldo.
Tuttavia, si tratta sempre di un cantante di razza ed eccolo sfoggiare una
buona interpretazione delle arie più cariche di pathos melodrammatico:
“Cara sposa” è emozionante, sebbene manchi d’invettiva nell’ultima parte,
rivolta contro gli “spirti rei”.
Decisamente riusciti i duetti in cui il controtenore si cimenta, fra i
quali spicca per bellezza canora e teatralità quello eseguito insieme alla
Orgonasova, felice interprete della maga Armida: tra inseguimenti e
intrecci vocali, sembra di trovarsi proprio nel mezzo della scena, con un
David Daniels davvero bravo nella parte del fuggitivo Rinaldo.
L’abilità del celebre cantante, però, non si esaurisce nella sola vena
drammatica del suo personaggio, ma viene fuori anche nell’eroica “ Il
Tricerbero umiliato”, grazie anche alla complicità dell’ottimo Hogwood. Ed
è proprio a lui che si deve la riuscita di buona parte dell’opera: deciso
nella conduzione, conferisce la giusta atmosfera ad ogni aria, non solo
accompagnando nei recitativi i cantanti, ma, addirittura, riuscendo a
duettare con questi. Ottima l’esecuzione delle marce militari, rese chiaro
specchio della composizione e dei destini dei due schieramenti
contrapposti: l’uno, quello di Argante, destinato alla sconfitta nello
sferragliare delle sue sinuose cotte di maglia; l’altro, quello di
Goffredo, indirizzato alla vittoria da una conduzione sapiente delle
manovre di battaglia, condizione opportunamente segnalata dallo squillare
ordinato delle trombe. Splendido l’accompagnamento nell’aria d’esordio del
fiero Argante, votata alla sinestesia nella sua prorompente pomposità . E
proprio in Gerald Finley, dotato di un pregevole timbro, troviamo un
interprete di grande valore: preciso e chiaro nella pronuncia delle
parole, delizia le orecchie con cesellature canore di sicuro impatto e di
gusto sopraffino. Molto teatrale nei suoi scontri con la maga Armida,
contrappone toni decisi a momenti di sincero trasporto amoroso nei
confronti della prigioniera Almirena. Favoloso il duello ingaggiato con la
consorte, che lo sorprende nell’atto di dichiarare il suo celato
sentimento alla bella figlia di Goffredo, sotto le cui sembianze ella si
nasconde. L’infernale maga è interpretata in maniera egregia dalla
Orgonasova, dotata di un timbro particolarmente adatto al ruolo. La
soprano si lancia in acuti di difficile esecuzione e si abbandona
all’atteggiamento altero del suo personaggio, colpito, però, dalla
bellezza dell’eroe cristiano, verso il quale improvvisamente inizia a
nutrire un dichiarato amore. Decisamente ben interpretate le arie in cui
emerge tutta la fierezza della maga, anche se la dizione perde qualche
colpo negli acuti più vertiginosi.
La coppia antagonista, dunque, è egregiamente rappresentata e non basta la
straordinaria interpretazione della Batoli, insuperabile Almirena, per
superare la complicità che è messa chiaramente in evidenza dal duo
Orgonasova-Finley. La prova vocale della soprano italiana è quanto mai
riuscita e raggiunge evidenti picchi di abilità tecnica. Anche se il
timbro non è splendido, nessuna critica si può fare alle esecuzioni di
arie, come “Lascia ch’io pianga mia cruda sorte”, nella quale emerge tutta
la delicatezza del personaggio e tutta la bravura della Bartoli, che canta
le sue linee vocali in maniera essenziale ma efficace, limitando gli
abbellimenti barocchi a pochi e preziosi gorgheggi di rara fattura.
Dalla parte dell’esercito cristiano troviamo anche una godibile Bernarda
Fink, brava interprete di Goffredo, particolarmente abile nelle arie che
richiedono agilità vocale e presenza scenica, ma meno incisiva nei momenti
più introspettivi, come “ Mio cor, che mi sai dir?”.
Una prova di tutto rispetto è quella di Daniel Taylor, controtenore che
impersona Eustazio, fratello di Goffredo. Il suo timbro è molto delicato e
limpido e si destreggia bene nelle agilità, anche se preferisce eseguirle
senza soluzione di continuità, decisione che, a mio parere, rende migliore
l’interpretazione delle arie. Tuttavia, è ravvisabile qualche incertezza
nella pronuncia. Menzione particolare merita l’aria “ Scorta rea di cieco
amore”, una delle più riuscite dell’intera registrazione e sicuramente la
più bella tra quelle assegnate ad Eustazio.
Particolarmente coinvolgente l’aria cantata dalle due sirene, Catherine
Bott e Ana-Maria Rincòn, brave nel conferire all’esecuzione quel quid di
etereo e fiabesco.
Deludente, con troppe imprecisioni nella pronuncia, è la prova del
controtenore Bejun Metha, che qui appare fuori forma.
Al tenore Mark Padmore è assegnato il ruolo dell’Araldo, francamente
troppo esiguo per poter esprimere un parere.
Nel complesso, dunque, l’edizione è consigliabile, con un Hogwood
protagonista assoluto del successo, con una Bartoli piacevolmente a suo
agio nella parte di Almirena e una coppia di cattivi davvero affiatata.
A cura di
Gentario
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