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Hercules: John Tomlinson
Dejanira: Sarah Walker
Hyllus: Anthony Rolfe Johnson
Iole: Jennifer Smith
Lichas: Catherine Denley
Monteverdi Choir
English Baroque Soloists
dir.
John Elliot Gardiner
Archiv (2 CD medio prezzo, 1982)
Siamo di fronte ad una edizione del celebre oratorio di Handel che rasenta
la perfezione. Se proprio si vogliono trovare delle pecche, bisogna
prestar attenzione ai soli personaggi di Lichas e Iole, interpretati
rispettivamente da Catherine Denlay e Jennifer Smith. La prima, infatti,
interpreta un personaggio maschile, sebbene non possieda un timbro molto
adatto: sarebbe stato preferibile utilizzare un controtenore per questa
parte. Tuttavia, sul piano dell’interpretazione non c’è nulla da
rimproverarle, così come sul piano tecnico. La sua aria d’apertura, “No
longer fate”, è ben riuscita, specialmente sotto il punto di vista
dell’interpretazione.
Jennifer Smith, sebbene sia davvero brava tecnicamente e decisamente a suo
agio nell’interpretare la bella Iole, sia nelle arie cariche di tristezza,
che in quelle più spensierate, tuttavia, possiede un timbro che non mi
convince nei recitativi: a tratti evoca sonorità da contraltista, cosa che
può dare fastidio, considerando che Iole è un personaggio femminile
giovane. Inoltre, nel recitativo che precede la piacevole “From celestial
seats descending”,
aria di Hyllus, la principessa prigioniera sembra voler schernire il
giovane: è questa l’impressione che si ricava dall’interpretazione di
Jennifer Smith. Sinceramente, non credo che le intenzioni di Iole siano
quelle, dal momento che le motivazioni addotte dalla principessa nel
recitativo per giustificare il proprio rifiuto alle avanches di Hyllus
fanno riferimento alla parentela che il giovane ha con l’eroe Hercules,
che ha espugnato Oechalia e ucciso il re Eurytus, padre di lei, e,
soprattutto, dal momento che i due finiranno per amarsi. Al di là di
queste mie segnalazioni, però, la prova di Jennifer Smith è comunque molto
buona, poiché riesce a delineare il carattere sensibile e docile del suo
personaggio. La cantante si distingue particolarmente per un’ottima
esecuzione dell’aria “Ah! Think what ills”, che interpreta molto bene,
arricchendola con acuti vertiginosi e gorgheggi in pieno stile barocco.
La vera star femminile, però, è senza ombra di dubbio Sarah Walker,
interprete impeccabile di Dejanira. Ella conferisce al personaggio il
carattere impulsivo e volubile che contraddistingue la sposa di Hercules.
La mezzo-soprano si adegua egregiamente alle situazioni in cui Dejanira si
viene a trovare nello svolgersi della trama, mutando la sua espressività
di volta in volta, partendo dalla disperazione che caratterizza l’aria
“The world, when day’s career is run” per giungere fino alla gioia di
“Begone, my fears”, interpretata così bene, che sembra di veder davanti ai
propri occhi volare via le nuvole che prima oscuravano il cielo della
superba Dejanira. Tuttavia, secondo me, la cantante dà il meglio di sé
nell’interpretazione di “Where I shall fly” e di “Resign thy club”: nella
prima, infatti, si può veramente sentire tutta la follia rubiconda che
invade la donna, certa di esser stata tradita dal marito, come una
baccante in preda ad una crisi mistica; nella seconda, invece, si assapora
in pieno la vena più civettuola e sarcastica del personaggio, che si
diverte a sbeffeggiare in maniera molto divertente il malcapitato Hercules.
Costui è ben interpretato da John Tomlinson, che possiede un timbro
davvero gradevole ed adeguato ad un personaggio mitologico. Le sue due
arie sono eseguite al meglio, ponendo l’accento ora sulla sua forza, nella
celebre “Alcides’ name in latest story”, ora esprimendo il desiderio di
Hercules di abbandonarsi ai piaceri dopo tanto guerreggiare, che si
evidenzia nell’aria “The God of battle”. Il personaggio che emerge è
sicuro di sè e forte, anche se si lascia muovere a pietà dalla bellezza di
Iole legata in lacci. Nei recitativi, inoltre, il tono di John Tomlinson
conferisce forza alle parole del semi-dio, non sfigurando, così, di fronte
alla superbia di Dejanira.
Il personaggio maschile che però più mi ha colpito è stato Hyllus,
magistralmente interpretato da Anthony Rolfe-Johnson, che delinea
perfettamente il carattere del figlio di Hercules: votato alla causa
paterna, sensibile e in balia della bellezza di Iole. Per corteggiarla,
egli esegue una delle arie più belle dell’intero oratorio, “From celestial
seats descending”. Grazie all’esecuzione impeccabile e commovente del
tenore, possiamo assaporare tutta la speranza che Hyllus racchiude in
questo sfogo belcantistico, speranza che non sarà disattesa, grazie
all’intervento di Giove. Stupenda l’interpretazione di “ Where congealed”,
in cui si sente proprio l’affetto che il figlio nutre per il padre,
arrivando al punto di andare in cerca di lui anche a costo della vita. Il
duetto finale con Iole è molto delicato e lascia grande spazio al
sentimento.
Personaggio fuori dalla scena è senza dubbio il coro, questo coro: il
Monteverdi Choir. Eccezionali l’esecuzione e l’interpretazione delle parti
a lui assegnate, specialmente nel caso di “Crown with festal pomp the day”
e “Jealousy! Infernal pest”. Gardiner riesce a mettere in evidenza ogni
componente del coro stesso, dai bassi ai controtenori, questi ultimi
veramente bravi nel “rivaleggiare” con le soprano. Questo ensemble vocale
merita certamente un posto d’onore tra i migliori cori che ci siano.
Non si può, però, concludere una recensione senza dedicare qualche riga
alla conduzione energica di Gardiner, molto bravo a sottolineare alcuni
passaggi e nell’accompagnare i personaggi nelle loro vicende, creando le
adeguate atmosfere ad ogni cambio di scena. Deliziosa l’esecuzione della
marcia che accompagna l’entrata in scena di Hercules.
Se l’esecuzione di questo oratorio rasenta la perfezione, gran parte del
merito va a Gardiner, al Monteverdi Choir… e ad Haendel, ovviamente!
A cura di
Gentario
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