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Esistono
parecchie versioni di questo magnifico salmo, tra le altre ricordiamo:
1 - Carmelite Vesper
Taverner Choir & Players,
direttore Andrew Parrott
(edito dalla Virgin in un cofanetto di 2 Cd a basso prezzo). Gli interpreti sono:
Jill Feldman soprano
Emma Kirkby Soprano
Emily Van Evera Soprano
Margaret Cable alto
Mary Nichols alto
Joseph Cornwell tenore
David Thomas basso
I brani inclusi in questi Vespri Carmelitani del 1707 comunque non si esauriscono
con il Dixit Dominus, HWV 232; brillano nella costellazione delle
composizioni handeliane anche: Laudate Pueri, HWV 237 (di cui però esiste anche
una versione pare del 1703/1706), Te decus virgineum HWV 243, Nisi Dominus
HWV 238, Haec est Regina Virginum HWV 235, Saeviat Tellus HWV240,
Salve
Regina HWV 241.
2 - DIXIT DOMINUS
Choir and orchestra of Westminster Abbey,
direttore Simon Preston
(dove fra gli altri brani abbiamo nel cd il Nisi dominus e il Salve
regina, edito dalla Archiv, n° cd 423 594 2). Gli interpreti sono:
Arleen Auger soprano
Lyanne Dawson soprano
Diana Montague contralto
Leigh Nixon tenore
John Mark Ainsley tenore
Simon Birchall basso
3 - DIXIT DOMINUS
King's College Choir, Cambridge,
English chamber orchestra,
direttore
Stephen Cleobury
(DECCA, cd n°448 242 2, dove abbiamo anche un Laudate pueri e un
concerto per organo). Gli interpreti sono:
Isobel Buchanan soprano
Anne Mackay soprano
Michael Chance alto
William Kendall tenore
Henry Herdford basso
Ognuno di questi 3 Dixit ha una sua particolarità: quella più vistosa è che
il secondo presenta il "Gloria Patri" in modo differente rispetto gli
altri 2; infatti proprio l'inizio quando il soprano attacca con la frase
"Gloria" gli strumenti di accompagnamento sono un cembalo e in sottofondo
violoncello; il cembalo è solista nelle note introduttive dei 3 solisti che
giocano sulle parole "Gloria Patri"; gli altri 2 Dixit invece presentano in
risalto i violoncelli soli, con colpi di arco, con un organo mite di
accompagnamento. L'atmosfera che si crea è ben differente.
Da notare che il tema melodico è stato poi rielaborato ed arricchito
nell'opera
RODELINDA, REGINA DE' LONGOBARDI, nell'aria di Grimoaldo "Tuo Drudo è mio
rivale, tuo sposo è mio nemico e morte avrà" per tenore.
Altre differenze su cui mi soffermo sono sul "Virgam virtutis tuae":
1 - Parrott: ha un ritmo più veloce delle altre 2 esecuzioni, ma la voce del
contralto poco si sente, e le messe di voce non sono decisamente un gran
chè.
2 - Preston: Diana Montague, canta e mi pare che scandisca bene le parole;
presenta una buona agilità nei gorgheggi
3 - Stephen Cleobury: Michael Chance: il pezzo è ancora più lento come
ritmo, il cello è molto inprimo piano: la messa di voce eclissa totalmente
la 1° e parzialmente la 2°, essendo intensa.
Altro brano: Dominus a dextris
1 - Parrott: il contralto è inesistente, i soprani spiccano con la voce e si
ha un buon tono del tenore: ottimo il basso.
2 - Preston: maggior presenza dell'orchestra, soprani, Arleen Auger e Lyanne Dawson, si intrecciano nella frase ma hanno un che di etereo, il tenore
eclissa con la sua voce tutte le altre 2 registrazioni, ma il contralto è
poco presente: il basso è altrettanto possente, più che nelle altre 2
registrazioni.
3 - Stephen Cleobury: soprani molto brillanti nell'esecuzione, il
controtenore si sente bene, il tenore non è un gran che e il basso punta più
verso il baritono.
E' incredibile come nella stesso brano, ma eseguito da direttori differenti, alcuni pezzi assumono un'atmosfera differente: quello che di solito più mi
colpisce è la velocità di esecuzione, il ritmo con cui è affrontato il
brano, e l'uso di certi anziché altri strumenti per creare il continuo.
Ciò
che risulta pur essendo la stessa cosa eseguita è molto differente e suscita
impressioni e sensazioni totalmente differenti.
I casi più eclatanti che mi sovvengono in mente adesso sono 2 brani: il
primo è la celeberrima OUVERTURE da Water Music, che eseguita da McGegan
(che d'altro canto è tra i migliori dirrettori handeliani) non mi soddisfa
perché nel giro di 3 minuti l'ha esaurita tutta, ma la velocità secondo me
ha tolto tutta la sontuosità e grandezza del pezzo.
L'altro caso invece, ma non con toni negativi, anche perchè credo che Handel
abbia chiaramente espresso come doveva eseguirsi quel brano, è l'abisso che
si genera fra la sinfonia nella musica di scena, l'Alceste, quella che
precede il mite recitativo "He comes, he rises from below" e invece
l'arioso-recitativo introduttivo in The choice of Hercules, "See,
Hercules".
Il primo è vigoroso, con frullati di note abilmente concatenate, sposta una
nota e si impoverisce tutto, il secondo con un ritmo lento, pastorale, dove
in risalto non sono più posti i colpi vigorosi di arco e i "scravassi" di
note cembalistiche, ma oboi e fagotti che reggono tutta la melodia , ormai
in forma bucolica. Due pezzi totalmente distinti, ma che ti caricano in modo
assai differente.
Acura di
Arsace
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