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Si ringrazia inoltre l'artista Angelo Manzotti per la concessione dell'aria live "Vano Amore" per il sito GFH, quale terzo elemento accanto a handelforever.com e handelforever.com
Opera in tre atti Musica di George Frederich Handel HWV 21 Dramma per musica Musica di George Frideric Handel, completata il 11 Aprile 1726 Libretto di Paolo Antonio Rolli, da La superbia d'Alessandro (1690) di Ortensio Mauro Prima rappresentazione: 5 Maggio 1726, King's Theatre di Haymarket, Londra
Cast della prima Alessandro:
Signor Senesino,
castrato contralto Coro a 4. Orchestra: Note: Handel riprese Alessandro nel dicembre 1727, per almeno 4
spettacoli, e nel novembre 1732, per altri 6, tagliando i ruoli di
Leonato e Cleone. Alessandro venne ripreso al King's Theatre negli anni 1743, 1744 e 1748 col titolo di Rossane. La partitura di Alessandro fu terminata da Handel l'11 Aprile 1726, ed il 5 Maggio dello stesso anno subito avvenne la prima rappresentazione dell'Opera. Questo tempo ristretto di preparazione non era a quell'epoca qualcosa di così anormale: non bisogna dimenticare che spesso le diverse arie erano date ai cantanti non appena erano finite e, durante la preparazione, erano provate in casa del compositore medesimo, eseguite spesso con l'accompagnamento del solo clavicembalo, in una cornice di concerto privato.
Questo quadro limitato di tempo di preparazione era al tempo sufficiente, e ciò era dovuto al fatto che nella pratica della rappresentazione dell'opera (come in quella del teatro) era previsto che un cantante (così come un attore) fosse anche, per la maggior parte del tempo, il suo proprio "scenografo per mettersi in scena". L'opera italiana dell'epoca di Handel si componeva di una successione di recitativi e di arie. I Recitativi erano fatti per sviluppare l'azione, che, come regola generale, era di contenuto minimo (benchè ogni opera avesse qualche momento di suspence, una battaglia o un duello, forse anche una scena inattesa di ritrovamento o ancora qualche altro colpo di scena, inquadrati dentro delle sinfonie strumentali). Le arie erano alla fine della azione: erano dei pezzi di presentazione che i cantanti interpretavano essi sia con la voce ed sia nei movimenti. Le regole del movimento (perchè esse c'erano) erano fissate in modo abbastanza convenzionale dalla pratica della rappresentazione musicale; non c'era dunque bisogno di uno sceneggiatore ulteriore. Queste regole erano determinate dal principio che ogni emozione ed ogni cambiamento di stato d'animo era sostenuto da un adeguata postura e da una gestualità, come lo si può osservare per esempio nelle pitture dell'epoca barocca; c'era una specie di codice generalmente accettato di queste posture e di questi movimenti che erano spontaneamente condivisi dagli spettatori e che provocavano la loro ammirazione - talvolta la stessa arte di questi movimenti era molto più impressionante che non il testo o la musica, tanto che "anche una persona sorda avrebbe potuto comprendere di che cosa si trattava e vivere tutte le passioni", come si può leggere nelle descrizioni degli attori e dei cantanti celebri. (Oggi, sfortunatamente, queste regole del movimento sono per molti dei nostri scenografi più famosi talmente estranee che spesso inventano delle azioni bizzarre per rendere le arie più vive e di fatto violano completamente il contenuto di queste arie). E' completamente evidente che i cantanti, educati non solo all'apprendimento delle note dell'aria, ma anche ad esprimere in modo visuale estremamente espressivo il contenuto del testo, non avessero bisogno di giornate intere per le prove o per la messa in scena, tanto più che le arie potevano consistere in quattro quinti dell'intera opera. A ciò si aggiunga che le decorazioni già esistenti erano spesso riutilizzate più volte (Il teatro possedeva per dotazione una decorazione di un tempio, un grazioso padiglione da Giardino, eventualmente una vista sul mare con porto, una muraglia di città, etc.). Londra, dove si realizzò tutta la carriera di Handel come compositore d'opere teatrali, era un esempio tipico per tali condizioni descritte sia peri cantanti che per le dotazione teatrali. Già intorno al 1710-1711 (all'epoca del RINALDO di Handel) e anche prima, vi si erano rappresentate delle opere italiane in occasione delle quali, sembra, l'atto più importante era quello di ingaggiare i migliori cantanti del mondo (e per questo motivo generando le spese più onerose), talmente di valore che non era più necessario pensare in prima linea alla realizzazione di grandi decorazioni (al contrario invece dell'opera francese i cui effetti generali, l'azione, i macchinari, i balletti etc. erano della massima importanza). Nel 1719, Handel ed il poeta Paolo Antonio Rolli (il librettista di ALESSANDRO) riuscirono a creare una "Accademia Reale della Musica", la cui direzione artistica era detenuta da Handel. All'inizio, questa istituzione aveva conosciuto un tal successo che nel 1722-1723 fu possibile aggiungere al cast il grande castrato Francesco Bernardi (soprannominato Senesino, cioè da Siena) e la grande prima donna Francesca Cuzzoni; e purtroppo, verso il 1725-1726, fu necessario rinnovare la pubblicità verso il pubblico, riempire di nuovo le casse ed richiamare in più l'altra Grande Dama Faustina Bordoni, che divenne poco più tardi la sposa del compositore d'opere teatrali Johann Adolph Hasse, allo scopo di far entrare in scena allo stesso tempo lei con la Cuzzoni. Questo progetto si realizzò all'inizio, sotto i più grandi consensi, nell'ALESSANDRO dove i due primi ruoli di Rossane e Lisaura furono cantati da loro due, mentre il ruolo di Alessandro era tenuto, chiaramente, da Senesino. L'opera fu rappresentata più di 13 volte nella stagione, spesso tre volte per settimana, e ciò anche grazie alla nuova star: ma si tratta di certo di un successo inaudito, sia allora che ai giorni nostri Ma già durante la nuova stagione, ci si rese conto chiaramente che non era possibile sopportarsi: ciò condusse anche ad un incontro di pugliato che mise in scontro le due dame sulla scena durante la rappresentazione di ASTIANATTE di Giovanni Bononcini. Agli inizi della primavera del 1728 si disperse allora questa prima Accademia della Musica - e questo non solo a causa delle dispute fra le due primedonne... Handel doveva ancora lottare fino alla fin della sua carriera di compositore d'opera con simili situazioni cangianti e con tali rivalità. Joachim Eisenschmidt dà nel suo quaderno su "La rappresentazione scenica dell'opera di Handel sulla scena inglese del suo tempo" un'immagine vivente del contesto sociale che si dovrebbe legare a queste rappresentazioni di opere: "Che cosa aveva dunque di eccezionale questa opera di Handel? Innanzitutto, come ovunque d’altro canto, era un avvenimento mondano, era un luogo di incontro della buona società ", delle persone "alle buone situazioni" e di tutti quelli che potevano pagare l’entrata dai prezzi esorbitanti. Il modo che queste persone avevano di attirare i cantanti ai favolosi cachets così come i compositori più famosi, così come il modo farsi vedere al resto dell'Europa attonita dall'importo di queste spese elevate, fanno trasparire un certo snobismo culturale dei ceti agiati: ma anche gli intrighi in favore o contro i cantanti, per o contro i compositori, conducevano agli intrighi turbolenti che facevano parte dell'opera stessa, e non c'era la volontà di privare questa forma musicale dell'ambiente e delle attrattive simili a quelle presenti in altri campi come le corse dei cavalli, i combattimenti di galli, i duelli di spadaccini. La classe agiata dunque aveva dei gusti simili a quelli delle semplici persone comuni. A dovizia di particolari è da segnalare che per le persone meno agiate c'era a Teatro solo una "Galleria a 5 Shilling" al di sotto della quale si trovava ancora la galleria dei servitori. I servitori avevano l'entrata libera, perchè, esattamente come i gondolieri veneziani, essi dovevano convincere i loro padroni ad andare a teatro ed arricchire gli applausi. All'epoca di Handel però bisognava spesso minacciare di chiudere queste gallerie di "gente a piedi", poichè i loro visitatori si comportavano troppo male. Anche a Londra, non c'erano dei posti numerati e i servitori dovevano riservarli in anticipo, prendendo prima il posto per i loro padroni che arrivavano uno dopo l'altro durante parecchi atti. Si sedevano a lato dei più grandi dignitari finché i loro padroni non arrivavano. Alla fine della rappresentazione, essi attendevano nel vestibolo con dei candelabri per illuminare la strada fino ai calesse o alle sedie portate. L’Opera sembrava essere destinata solamente - grazie alle tali sensazioni - a dare un po’ di senso alla vita oziosa e distinta dei suoi visitatori, che impiegavano il tempo quotidiano in un modo che si ritiene possa esser descritto nel seguente modo dal Conte Pölinitz: “Ci si alza tardi e si scende senza spada, ma con un bastone nel parco, ci si cambia i propri vestiti e si va al Caffè; verso l’una ci si rende a Corte "e si guarda la vestizione del Re"; si lascia poi di nuovo questo luogo, verso le tre si pranza, in seguito si fa una passeggiata (e in inverno, invece, si fanno quante visite possibili finché non giunga il momento di andare all'Opera….), poi, dopo l'Opera, si va in società, si mangia di nuovo verso mezzanotte e ci si accomiata verso l’alba". E se si sfogliano le corrispondenze ed i giornali degli Egmont, Hervey, Cowper, Wentworth o dell'amica di Handel Mary Granville, non si troverà da nessuna parte descritta un'opinione scritta dell'opera. Si menziona invece esattamente che c’è stata e con chi si è realizzata l'opera; tutt’al più, una o due volte, "si aggiunge un breve apprezzamento." In sintesi dunque: c’era piacere di passare il tempo in modo gradevole, senza grande elevazione culturale; era un argomento su cui non valeva la pena fare riflessioni il giorno seguente, quasi come gli sceneggiati odierni. Si guardava al potere evocante in queste opere di un buon numero di momenti di incantevole bellezza e "di spirito"; si osservava i tratti esemplari di un grande genio, e tutto ciò in concomitanza ad una grande routine che d’altronde si non potrà mai abbastanza apprezzare. Un buon numero di giudizi e di descrizioni di cantanti celebri che partecipavano a queste opere, è giunto fino ai nostri giorni. Così per esempio, quello di Johann Joachim Quantz, che vide, un anno dopo l’ALESSANDRO, nel 1727, l’ADMETO di Handel a Londra, realizzato con gli stessi cantanti.
Il ruolo di un eroe gli andava meglio di quello di un amante.”
Nella sua azione, era un poco fredda, ed il suo fisico non era molto adatto per il teatro".
I passaggi, che siano stati composti sotto forma fluida o saltante, o, su una nota con numerose note di ornamento rapide e consecutive, sapeva crearli e produrli di petto con la più grande rapidità e in un modo tanto abile che sarebbe normalmente possibile su uno strumento. È insindacabilmente la prima che realizzò, e ciò col più grande successo, i passaggi così come erano stati pensati, su un tono, con altrettante note di ornamento. Lei cantava l'adagio con grande intensità e molta espressione..... Aveva una buona memoria nei cambiamenti arbitrari ed un giudizio molto sicuro su come interpretare il testo che lei recitava con la più grande precisione possibile e una abilità più marcata. Nell’interpretazione scenica, era particolarmente dotata; e siccome possedeva una forza di immaginazione considerevole, ciò le permetteva, - le piaceva così - di prendere delle espressioni le più variegate, e così poteva vestire bene sia i ruoli seri quanto i ruoli da innamorata e di tenerezza, e ciò riuscendo bene sia in uno che nell’altro aspetto: è nata per il canto e per l'azione." Nell’ALESSANDRO, tutte le parti erano state distribuite a cantanti italiani: "Tassile" era tenuto da Antonio Baldi, contralto castrato. "Cleone" da Anna Dotti (contralto). "Leonato" fu cantato da Luigi Antinori (tenore), "Clito" dal basso Giuseppe Maria Boschi, che aveva cantato già anche nel 1710 a Londra in RINALDO e che nel 1719 fu invitato di nuovo da Handel per la sua "Accademia". L'opera ALESSANDRO non è un'opera eroica, benchè Alessandro Magno è il ruolo principale, l'imperatore greco che aveva costruito un impero, ma piuttosto un opera eroica-comica o comica-eroica. Si vede innanzitutto Alessandro essere alle prese coi pericoli dell’amore e in seconda battuta, meno importante, essere alla mercé di pericoli politici: Clito vorrebbe rovesciarlo, in parte perché Alessandro si diverte troppo spesso a ricordare che è il figlio di Zeus e perché vorrebbe a questo titolo lasciarsi venerare. Rossane, una bella schiava che diventerà alla fine la sposa di Alessandro, e Clito, sono dei personaggi storici, gli altri sono stati inventati per le ragioni di drammaturgia. Le due primedonne, Rossane e Lisaura, lottano per l'amore di Alessandro, ma quest'ultimo mostra fino alla fine una debole preferenza per Rossane; si ha l'impressione che ciò che vorrebbe di più sarebbe di avere al tempo stesso le due donne ai suoi piedi, ma è costretto a decidersi per una per l'altra, perché altrimenti non lo lascerebbero più tranquillo. Rossane vince la lotta, e Lisaura prende il Principe Tassile per marito, che dall'inizio dell'opera gli faceva la corte. Alessandro si mostra positivo e nobile nel suo modo di trattare il suo rivale, Clito: verso di lui ed il suo servitore Leonato dà prova di un perdono generoso, dopo avere ridotto i due ribelli al silenzio con la sua sola apparizione. Il libretto di ALESSANDRO fu redatto per Handel da Paolo Antonio Rolli, tratto dal Libretto scritto da Ortensio Mauro, "La Superbia di Alessandro", che era stato messo in musica nel 1690 ad Hannover da Agostino Steffani. È con la più grande cura che Handel aveva fatto attenzione a distribuire equamente i ruoli, dando alle due primedonne uno stato di parità, con lo stesso preciso ed identico numero di arie ed un stesso spazio per le virtuosità. Come Handel stesso l'aveva previsto nel suo autografo, il coro - utilizzato molto poco - fu stato realizzato dall'insieme dei solisti, una soluzione molto economica che dimostra tuttavia come si risparmiò senza scrupoli, anche se ciò creò degli effetti assurdi nel contesto dell'opera, come per esempio nell'ultima scena dove Alessandro/Senesino - nelle ante scorrevoli - doveva cantare nel coro di soldati, quelli di Clito, che era nemico ad Alessandro. Handel riprese la sua opera ALESSANDRO una seconda volta nel dicembre 1727, ed una terza volta in 1732, rivisitando l’opera. Addirittura, l'opera fu ripresa senza la collaborazione di Handel, negli anni 1743, 1744 e 1748 a Londra. ALESSANDRO era già stato rappresentato prima ad Amburgo, nel 1726, coi recitativi tradotti in tedesco, nel 1690, di Agostino Steffani, e le arie di Handel in italiano. ALESSANDRO infine, fu rappresentato anche a Brunswick. Alessandro fu la prima delle cinque opere di Handel composte per le due più illustri primedonne dell'epoca, Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni. La Cuzzoni era da tre anni membro della Royal Academy Company di Londra, dove aveva interpretato con il castrato Senesino, i ruoli principali di tutta una serie delle più grandi opere di Handel – OTTONE, FLAVIO, GIULIO CESARE, TAMERLANO e RODELINDA - tra i mesi del Gennaio 1723 e di Giugno 1725. Durante l'estate dell'anno 1725, i direttori dell'Academy entrarono anche in trattative con Faustina. La stampa londinese non cessava di fare circolare pettegolezzi, i più disparati, dichiarando che si era offerto alla cantante lirica la somma considerevole di 2.500 livree per la stagione. Il Suo stipendio fu probabilmente di 1.500 livree, ma sia che abbia trattato l'importo del suo ingaggio, sia che sia stata trattenuta per altre ragioni, la cantante impiegò un tempo eterno prima del suo arrivo a Londra. È probabile che Handel abbia cominciato ALESSANDRO nell'autunno: il ruolo di Leonato, cantato dal tenore Antinori, che arrivò a Londra in novembre, era scritto per una viola, così come il coro della la scena 5 dell'atto I: Handel inserì allora nell'autografo la annotazione "Leonato al tenore"). Faustina che non arrivava ancora, ed allora Handel compose in fretta, come tappabuchi, SCIPIONE, che egli allestì il 12 marzo 1726. Una gran parte di ALESSANDRO era già scritta certamente a quella data: per guadagnare del tempo, Handel prese in prestito un'importante sinfonia del secondo atto di questa opera (II, VI) dopo che Smith l'ebbe copiata per lo spartito da dirigere, e se ne servì per aprire l'atto II di SCIPIONE. Egli la sostituì con il Grave di quattro misure che raffigurano alla pagina 87 dell'edizione Chrysander. Faustina arrivò probabilmente in aprile. Dopo avere operato numerosi cambiamenti nella partitura autografa, Handel la datò 11 aprile 1726. La prima rappresentazione ebbe luogo il 5 maggio al King's Teatro del Haymarket, con Senesino nel ruolo di Alessandro, Cuzzoni nel ruolo di Lisaura, Faustina nel ruolo di Rossane, Antonio Baldi (il castrato contralto), nel ruolo di Tassile, Antinori nel ruolo di Leonato, Anna Dotti (contralto) nel ruolo di Cleone e Giuseppe Boschi (baritono) nel ruolo di Clito. Non c'era coro. L'autografo di Handel e la partitura destinata all'esecuzione, mostra bene che il coro "Di un fiero tiranno” all'atto III, scena 6 (Chrysander stampò un testo apocrifo) era cantato da Leonato e Clito su scena e Baldi, Dotti e Senesino ai lati; questi ultimi non potevano apparire in scena, poiché erano della fazione nemica. Le arie "Sì dolce lusingar" (HG 107), e "L'armi implora" (HG 133), non sono presenti né nell'uno né nell'altro libretto stampato, e furono pubblicate in agosto come note aggiuntive, destinate a Faustina. E’ molto poco probabile che Handel abbia creato un squilibrio tra i ruoli e rischiasse i fulmini della Cuzzoni dando due arie supplementari alla sua rivale.
Aria "Sì dolce lusingar" - Canta Antonio Giovannini Si trattava quasi certamente di pezzi di ricambio, richiesti forse da Faustina, per le pagine che Handel aveva composto prima di avere sentito la sua voce. Le due arie raffigurano nello spartito autografo come inserzioni: "Sì dolce lusingar" dopo il recitativo alla fine di HG, dove la tonalità quadra, ma Rossane non si trova in scena; "L'armi implora" alla fine, con le annotazioni di Handel per le modifiche da portare alla versione B di Chrysander. Questa ultima aria sostituiva verosimilmente "Lusinghe più care" all'atto I, scena 4 (HG 20).
Aria "L'armi implora" - Canta Vivica Genaux Chrysander stampò "Sì dolce lusingar" come alternativa a "Brilla nell'alma" all'atto III, scena 3, perché una versione se ne presenta a questo luogo nella partitura d’esecuzione, ma la cadenza recitativa precedente non è modificata e “Brilla nell'alma" non è il tipo di aria che Faustina o Handel avessero sacrificato.
Aria "Brilla nell'alma" - Canta Julia Lezhneva Un posto possibile per "Sì dolce lusingar" si trova alla fine dell'atto II - in sostituzione di "Dica egli falso".
Aria "Dica il falso" - Canta Emma Kirkby L'opera riportò molto successo. Tredici rappresentazioni ne furono date nello spazio di un mese, un altro annullato a causa di un'indisposizione di Senesino. Handel lo riprese il 26 dicembre 1727, per un numero di rappresentazioni sconosciute, che arrivo forse a dieci, e di nuovo il 25 novembre 1732, per sei rappresentazioni. Nel 1727, i cinque ruoli principali furono cantati come nella distribuzione originale; è probabile che i ruoli di Leonato e Cleone siano stati tagliati, come essi lo furono certamente nel 1732, dove Senesino restava il solo artista che aveva partecipato alla prima rappresentazione, Rossane fu cantata allora da Anna Strada, Lisaura da Celeste Gismondi, entrambi soprani, Tassile dal contralto Francesca Bertolli, un specialista dei ruoli maschili, e Clito da Antonio Montagnana (basso). Il ruolo di Tassile che comprendeva adesso "Sì dolce lusingar", fu trasposto nell'acuto per la Bertolli, come lo fu per la Strada almeno per una delle arie di Faustina. Come era l'uso all'epoca, Handel troncò il recitativo, ripartendo tra gli altri personaggi il poco che restava dei ruoli di Leonato e Cleone. Handel effettuò anche alcuni tagli pregiudizievoli: il recitativo accompagnato "Vilipese bellezze", atto I, scena 7, e le arie "Pregi son" (HG 45),
Aria "Pregi son" - Canta Guy de May “Risolvo abbandonar" (II, 5),
Aria "Risolvo abbandonar" - Canta Max Emanuel Cencic "Sì, m’é caro"
Aria "Sì, m'è caro" - Canta Karina Gauvin e "Brilla nell'alma", (tutti e due III, 5), il coro all'atto III, scena 6, ed i due duetti al principio del finale sparirono tutti. Alessandro fu allestito ad Amburgo fin dal novembre 1726 ed a Brunswick nell'agosto del 1728. Ad Amburgo, come era l'abitudine, le arie furono cantate in italiano, i recitativi in tedesco. C.G Wendt, autore dell’arrangiamento della partitura, utilizzò apparentemente i recitativi dell'opera di Steffani che costituiva la sorgente del testo del libretto di Handel; poi aggiunse dei balletti ed un'aria di Scipione, ma omise tre arie fra cui l'incantevole “Che tirannia d’amor", forse perché non poteva farle quadrare coi recitativi di Steffani.
Aria "Che tirannia d'amor" - Canta Catherine Bott Ci furono anche due riprese dell’opera a Londra sotto il titolo di ROSSANE, dopo che Handel si fu ritirato dal teatro di opera, nel novembre del 1743 e febbraio del 1748. Handel non partecipò a queste imprese, ma consentì a prestare probabilmente la sua direzione. Si pretende talvolta che ROSSANE del 1743 era un pasticcio, o anche un'opera nuova di Lampugnani. Non è esatto. Sebbene Lampugnani abbia indubbiamente accomodato la partitura che conteneva delle arie di altre opere di Handel ed una versione di “Return, Oh God of Hosts” di SAMSON, si trattava essenzialmente di ALESSANDRO, col ristabilimento del ruolo di Cleone, ma non di quello di Leonato.
Aria “Return, Oh God of Hosts” - Canta Helen Watts ALESSANDRO conobbe più di 50 rappresentazioni, mentre era vivo Handel, un numero superiore a quello delle esecuzioni di molti capolavori riconosciuti, ma è stato raramente sentito da allora. Non si conoscono che poche produzioni sceniche attualmente, fra cui le più antiche all’Opera di Dresda nel 1959 ed a Chichester, dalla compagnia Opera 70, nel luglio 1981; un'esecuzione in forma di concerto fu data ad Oxford nel 1966. Per giungere ai tempi più vicini a noi, si segnala anche il tour che continua dal 2012 relativamente alla versione con Max Emanuel Cencic nel ruolo protagonista, con una direzione ed un cast che sono stati anche immortalati nel cofanetto della DECCA. Si pensa che la ragione di questa mancanza delle riprese in tempi moderni dell'Opera ALESSANDRO, negligenza che ha perdurato per molti anni, sia legata all'assurdità del libretto di Paolo Rolli. Dei due librettisti che lavorarono per Handel all'epoca della sua attività alla Royal Academy, Nicola Haym era di gran lunga più competente. Rolli, di cui uno degli epigrammi rivela il suo atteggiamento cinico riguardo ciò che considerava un bisogno alimentare, non mancava quasi mai di sciupare il lavoro che gli era stato commissionato. In questo caso, si ispirò a La Superbia di Alessandro di Ortensio Mauro, pezzo messo in musica da Steffani per Hannover nel 1690 e ripreso l’anno seguente sotto il titolo di Il zelo di Leonato.
Adattando questo libretto per Handel, Rolli insegue probabilmente tre obiettivi: 1 - ridurre a uno il numero dei personaggi per i cantanti disponibili, 2 - estendere i ruoli destinati alle due Principesse, 3 - comprimere contemporaneamente quello degli altri personaggi, tutti abbozzati abilmente da Ortensio Mauro. Tutti i cambiamenti o quasi che effettuò furono mal riusciti. Al posto di abbandonare Cleone, che ridusse alla completa irrilevanza, optò per la soppressione di Ermelao, capo della cospirazione, e rese così incomprensibile la storia togliendo colui che ne era anello fondamentale per lo sviluppo e la comprensione della vicenda. Nella scena cruciale sul testo di Rolli, un baldacchino crolla "per cospirazione" – ma è la prima volta che si sente parlare di un complotto - ed Alessandro si affretta a concludere che Clito è il responsabile dell'incidente: praticamente sono cose campate in aria. Ci sarebbe però da osservare in opposizione alle critiche appena mosse, che al tempo le storie delle opere erano già note, per cui fatti appena accennati, incomprensibili o del tutto insufficienti per spiegare l'avvicendarsi delle cose, trovavano completamento nel bagaglio culturale di fatti già noti al tempo. Fermi comunque restando allo sviluppo della storia scritta nel libretto di Rolli, la rivolta non si sviluppa fino all'atto III, ed Alessandro la reprime con una sola parola! La spietata compressione delle parti scritte per i ruoli secondari praticata da Rolli non fu compensata comunque dal trattamento di quelli affidati alle Principesse. Rolli le fece entrare in scena ed uscirne a sproposito, la maggior parte del tempo senza sforzarsi di trovare almeno una giustificazione drammaturgica alle loro entrate ed uscite di scena. I due episodi più impressionanti dell'opera, è cioè il temerario attacco della città di Ossidraca, quando i Macedoni vengono in aiuto ad Alessandro, Atto I, scene 1 e 2, e la scena del giardino dove egli fa, una dopo l’altra, delle avances alle due Principesse e dove ciascuna di queste gli risponde servendosi ironicamente delle parole stesse che egli ha dedicato all'altra, Atto II, scene 1 e 2, sono riprese quasi tali e quali dal testo stesso di Ortensio Mauro.
Fra le stragi e fra le morti - Canta Max Emanuel Cencic Le parole di “Fra le stragi" nella bocca di Alessandro, e "Aure, fonti", "Superbette" e "Vano amore", (leggermente modificate) sono di Mauro.
Aure, fonti - Canta Emma Kirkby In altre parti, i soli testi che hanno trattenuto Rolli, a parte alcune linee del recitativo secco, sono il doppio recitativo accompagnato "Che vidi" per Lisaura e Rossane nell’Atto I, scena 3 ed il coro nel quale Alessandro canta le sue proprie lodi (Atto I, scena 5). Il suo solo colpo felice fu l'inserzione dei duetti per Alessandro e ciascuna delle Principesse a turno all'inizio del finale: ma è merito di Handel se questa idea si è concretizzata, dal momento che Rolli fece stampare le parole come recitativi.
Il tratto più sorprendente della partitura risiede, come ci si dove aspettare, nella brillante scrittura vocale per i tre personaggi principali. Per una volta, Handel sembra avere pensato ai cantanti piuttosto che ai ruoli o al conflitto drammatico, che, se si fa eccezione delle prime ed ultime scene, così come della magnifica prima metà dell’Atto II, è meno sorprendente rispetto il normale. Mentre Senesino aveva otto arie, Faustina e Cuzzoni sette e parteciparono tutti a due duetti, gli altri quattro personaggi dovettero solamente dividersi cinque arie ed un breve arioso. Ecco ciò che minacciò di sbilanciare l'opera, tanto musicalmente che drammaticamente. Le arie sono per la maggior parte spettacolari pezzi di parata, nei quali i cantanti rivaleggiano in agilità coi violini all’unisono. Ciò che è eccezionale per Handel, sebbene ci siano parecchi ariosi lenti, particolarmente al principio dei due ultimi atti, è che l'opera intera rinchiude una sola aria che adotta un tempo più lento che Andante (salvo l'aria di sostituzione "L'armi implora"). Ma si tratta di un'aria splendida, la "Che tirannia di amore" di Lisaura all'atto II, ancora più ricca anche nelle sue finezze di armonia e di tessitura della maggior parte delle siciliane di Handel.
"Che tirannia d'amor" - Canta Catherine Bott Il compito di fornire alle due primedonne esigenti ruoli equivalenti in lunghezza, contenuto e difficoltà di esecuzione imposero una certa costrizione a Handel, che nel compito fu molto meticoloso. I talenti della Cuzzoni gli erano noti da molto tempo. Due punti illustrano l'attenzione che egli focalizzò su Faustina. La nota “la” finiva per possedere nella sua voce un potere particolare; gli diede due arie ed un duetto nei quali questa nota è la tonica, ed un altro duetto dove costituisce la dominante. Faustina aveva cantato a Venezia nelle opere di Leonardo Vinci e di Giuseppe Maria Orlandini, cosa di cui era a conoscenza Handel che, l'anno precedente, aveva preso in prestito a questi compositori, numerose arie per il suo pasticcio ELPIDIA, (Handel diede alla Cuzzoni cinque delle arie di Faustina, questo a cosa non dovette arrischiarsi più tardi!). "Brilla nell'alma" è uno delle prime arie in cui Handel mostrò una completa padronanza dello stile nuovo, coi suoi bassi di timpani, il suo accompagnamento in accordi e la sua assenza di contrappunto, particolarità questa in cui Vinci era un tipico rappresentante. Handel introdusse le Principesse in scena sotto la forma insolita di un duetto recitativo con orchestra, scrivendo la parte di Rossane al di sotto sulla portata di quella di Lisaura, sebbene la tessitura normale di Faustina fosse stata più grave di un tono circa, e ne diede loro due di più nella scena finale. Se una delle cantanti aveva un'aria brillante, l'altra ne otteneva una equivalente poco tempo dopo: è senza dubbio questo a cui mirava il libretto. Faustina si trovava a maggior agio nei recitativi accompagnati: "Vilipese bellezze" all'atto I, scena 7 e "Solitudini amate" all'atto II, scena 1, fanno parte dei gioielli dell'Opera. Ogni eroina dovette avere un duetto con Alessandro alla fine dell'opera, sebbene solo una di esse potesse sposarlo. Handel ha realizzato qui un tour de force incatenando i due duetti, un trio con Alessandro ed il coro in un unico finale nel seno del quale le relazioni tematiche creano un legame e l'accumulo di procedimenti di orchestrazione è molto varia: violini all'unisono nel duetto con Lisaura, diverse combinazioni di terza per flauti a becco e violini in quello di Rossane, oboi e violini nel trio e lunga serie di orchestrazione completa con corni e trombe nel coro. Handel aveva fatto un finale composito, comprendendo tre duetti e due danze sullo stesso materiale, già nella prima versione inedita di RADAMISTO (aprile 1720), ed egli aveva sviluppato questo procedimento in numerosi e differenti modi nelle opere successive.
Paola Nicoli Aldini live: suona lo strumento cembalo Nella totalità le arie vere e proprie sono in ALESSANDRO meno interessanti rispetto i recitativi ed ariosi accompagnati, che sono associati spesso a degli esperimenti sul modello formale tipico, campi in cui Handel allargava considerevolmente il raggio d’azione dell'opera seria. La prima scena combina i due tipi di recitativo e due sinfonie sullo stesso tema, la seconda che costituisce un'estensione della prima (la sua sezione B si presenta dopo una considerazione). L'ultima scena dell'Atto I possiede una duttilità simile alle due sinfonie a cui succedono poco dopo un duetto per le Principesse, non trattato nella forma col da capo. Le 2 cantanti non ebbero mai altro di simile nelle opere che Handel scrisse o rivide in seguito per esse; ci sarebbe stata dell'imprudenza a mettere due tigri come quelle nella stessa gabbia! Le scene bucoliche e dedicate al sonno hanno sempre fatto emergere il gran talento di Handel, sia nell'invenzione o nell'originalità dello schema, come lo mostrò in AGRIPPINA (Consciamente o no, Handel ritorna con lo spirito alla stessa scena del giardino in questa opera: Handel la cita con la stessa orchestrazione per flauti a becco nell’aria “Sempre fido” di Tassile), SCIPIONE, TOLOMEO, SERSE e in altre opere. L'Atto II di ALESSANDRO si apre con uno di esempi più belli per questo tipo di scene: un'introduzione di meravigliosa ricchezza, a dieci voci (due flauti a becco, due oboi, fagotti, tre violini, viola e contrabbasso) condotto ad un recitativo accompagnato e ad un languido arioso sullo stesso tema, dopo il quale Rossane si addormenta sulla dominante, lasciando le corde riportare nella dolcezza la musica alla tonica. La spirituale scena che segue, capolavoro di ironia in termini di composizione, finisce nella più magnifica delle arie di Alessandro, “Vano Amore", pagina di una grande intensità emozionale, con la sua varietà di orchestrazione, le sue palpitazioni affidate ai violini gravi ed alle viole e la sua sezione B che cambia metro e tempo (Presto dopo Andante), e che si avvia in una tonalità inattesa (do minore dopo sol minore, mentre ci si aspetta un si bemolle maggiore). Il fatto di avere posto la prima aria con da capo dell'atto dopo un'introduzione sinfonica, un recitativo accompagnato e non meno di cinque ariosi (riprese comprese) ne raddoppia l'impatto. E’ immediatamente seguito da un altro drammatico cambiamento di tonalità, la minore dopo sol minore, e da uno squisito breve arioso di quattro battute per Lisaura, "Tiranna passion", di cui il ritorno inatteso su una cadenza recitativa interrotta produce un esemplare da capo originale in miniatura. Ci sono numerose altre finezze di dettagli. All'atto II, scena 5, Alessandro risolve di rinunciare all'amore dopo che le due belle l'hanno fatto sembrare ridicolo. Quando Lisaura prova a riconquistarlo su una cadenza sospesa in la maggiore, esclama "No" su un fa naturale (ciò che fu un tratto di finezza di Handel, la parola non figura nel libretto!) che scatena allora l'aria in fa maggiore. Il ritornello dell'aria di Rossana “Tempesta e calma” comincia come nel mezzo della frase, ed occorrono alcune battute prima che l'orecchio sia rassicurato dalla tonica.
"Tempesta e calma" - Canta Marita Sølberg In "Che tirannia d’amor", il ritornello ha una cadenza alla dominante, sebbene l’entrata della voce alla tonica aggiunge un leggero elemento di sorpresa. I tratti felici di questo genere abbondano nelle opere di Handel, anche in quelle che non sarebbero da computare nei suoi capolavori riconosciuti. Sulla scia delle sue vittorie attraverso l'Asia, Alessandro il Grande, durante la conquista della città di Ossidraca delle cui mura egli trionfò, si trova impantanato in una situazione disastrosa: sarà aiutato tuttavia dai suoi fedeli combattenti, alla testa dei quali si trova il coraggioso generale capo Clito, un Principe macedone. Al campo tremano Lisaura, Principessa del paese degli Sciti, così come una Principessa persiana - Rossane, che è prigioniera di Alessandro – temendo per la vita del glorioso eroe. Esse sono rivali: tutti e due amano Alessandro e la gelosia le tormenta, perché Alessandro si comporta ugualmente con lo stesso affetto verso entrambe e non sembra avere fatto ancora la sua scelta definitiva. Tassile, il Re dell'India, che deve il suo Trono e la sua vita ad Alessandro, riferisce al campo che l'eroe è uscito sano e salvo del pericolo. Le due Principesse sono colme di gioia, con grande dispiacere di Tassile che ama la Principessa Lisaura ed è ferito nel vedere in lei tale entusiasmo. La gloria di vincitore e di conquistatore del mondo invincibile ha accecato Alessandro. Nel tempio di Giove, egli si lascia venerare come figlio del padre degli Dei. Solo Clito, di carattere schietto, osa contraddire Alessandro; nondimeno Alessandro si lascia acquietare per le suppliche di tutti quelli che lo circondano. Alessandro esita sempre per quale delle due Principesse che lo corteggiano debba fare una scelta. Appena incontra una delle due, sembra darle speranza; ma le Principesse comprendono il suo gioco. Rossane, bella prigioniera persiana, gli ricorda la sua gloria ed il suo grande coraggio e lo supplica di liberarla. Potrà forse averla in questo modo. Alessandro ha paura di perdere Rossane e si persuade a renderle, con suo dispiacere, la libertà. Il generale in capo, Leonato ed i suoi amici sono intanto indignati per l'immensa superbia di Alessandro. Essi vogliono scacciare il tiranno. Nei suoi quartieri, Alessandro annuncia ai suoi generali radunati che desidera dividere il paese conquistato fra essi. Lui stesso, figlio di Giove, si accontenterà di nuovo della sua gloria immortale. Il coraggioso Clito si oppone ad Alessandro. Con parole violente, mette in dubbio la discendenza divina di questo matto. Alessandro, furente, vuole trapassare questo audace con un colpo di lancia. A questo punto, ad un segnale convenuto da parte dei cospiratori, si fa crollare la casa. Nessuno è ferito, nemmeno Alessandro, che è convinto che suo padre Giove - la Provvidenza! – lo ha protetto e salvato da morte certa. Dà quindi l'ordine al servile Cleone di fare prigioniero Clito. Rossane ha appreso dell'attentato contro Alessandro. Esasperata, piange il suo amore che crede morto. Alessandro, che ha sentito segretamente i suoi lamenti, ne è molto colpito. Si rende conto del suo grande amore e si decide di scegliere Rossane come compagna al suo fianco. Il cospiratore Leonato si precipita sulla scena col pretesto che i popoli sottomessi si sono ribellati. Alessandro vuole raggiungere le sue truppe e deve abbandonare Rossane in una nuova incertezza. Leonato riesce a liberare l'onesto Clito e imprigionare Cleone, il carceriere, che sarà poi liberato di nuovo della sua detenzione dalla sua gente. Coi macedoni che gli sono devoti, i cospiratori vogliono annientare Alessandro sul campo di battaglia. Alessandro incontra ancora Lisaura una volta. Non senza malignità e con dei propositi lusinghieri, sa farsi comprendere che deve rinunciare al suo amore e che non può essere un ostacolo a Tassile, il Re dell'India, il suo amico più fedele, che ama la principessa sciita Lisaura. Tassile è felice della decisione di Alessandro. Intanto i cospiratori si sono radunati per lottare contro Alessandro. Tassile con le sue truppe di appoggio, si schiera a fianco di Alessandro. I cospiratori sono vinti. Tutti chiedono la grazia al grande Alessandro che la accorda loro generosamente.
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Ultimo aggiornamento: 17-10-21
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