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Si danno argomentazioni alla
legittimazione dei falsettisti (controtenori, contraltisti, sopranisti)
all’interno delle composizioni Barocche, in contrapposizione alle
contra-mezzo (neologismo da noi inventto per definire la categoria dei
contralti e mezzosoprani), che pretendono di essere le uniche titolate
a cantare nei ruoli un tempo affidati ai castrati:
1 - la preparazione dei
falsettisti delle ultime generazione (vedasi anche intervista
rilasciata al periodico ORFEO da Willam Christie, affissa in sezione
“foto” della mailing list
Handel Forever): oggi non hanno nulla
di che invidiare alle voci femminili, come qualcuno continua a
sostenere. In fondo come dice Christie i falsettisti odierni hanno una
preparazione di molto superiore ai falsettisti del periodo Barocco:
perchè? Si può rispondere che sia il risultato di un impegno costante,
spinto dalla necessità di sopperire all'attuale, giusta, mancanza di
castrati.
Mi spiego: a quell'epoca, parlo attorno al 1550 -1650, i falsettisti
erano impiegati all'interno della chiesa per cantare pezzi sacri
(luogo dove i presunti filologi estremisti al massimo non
obietterebbero confinarli ancor oggi): tali pezzi non erano così
elaborati come quelli del Pieno Barocco Teatrale, ma vista la pochezza
delle partiture dell'epoca (ricordo che siamo in un periodo Early
Baroque) e lo scarso onorario, che demotivava, non è che in sostanza
questi falsettisti si impegnassero poi così tanto nello studio e nella
riscoperta delle possibilità della loro voce, ma soprattutto, non ve
ne era neppure bisogno dal momento che le partiture dell’epoca non
richiedevano una forte preparazione rispetto composizioni mirabolanti
del Tardo Barocco.
Inoltre si potrebbe anche osservare che alcuni falsettisti forse non
erano particolarmente dotati, ma bisognerebbe vedere caso per caso.
La storia ci rammenta poi che, fra i falsettisti, venne fatto passare,
al cospetto di un papa, un vero castrato: il papa ne rimase colpito
così tanto che finì per sostituire lentamente le voci dei falsettisti
con quelle dei castrati, o comunque rimpinguando di molto i cori con
le voci di evirati cantori.
In Inghilterra la tradizione dei controtenori non si è mai estinta, ma
le partiture non sono mai state così impegnative come quelle delle
opere Barocche del pieno periodo maturo: solo che in questo momento i
castrati stars assolute del mondo Barocco pervadevano anche le scene
teatrali: *nessuno* all'epoca avrebbe perso tempo ad insegnare e
sviluppare le voci dei falsettisti nell'opera poichè c'erano già i
castrati a disposizione che fin dalla più tenera età (addirittura già
dagli 8 anni si evirava), erano già intenti a studiare musica, canto e
composizione presso i conservatori. I castrati erano sicuramente più
competenti in musica di tenori, soprani, contralti, bassi poiché
iniziavano a studiare prima di loro, ossia prima della muta della
voce, perchè così si poteva saggiare la voce in tempo e verificare se
valeva la pena d'evirare.
Ora però l'effettiva mancanza dei castrati ha spinto, in vista di una
loro sostituzione nelle esecuzioni odierne, i falsettisti a studiare
sempre di più e ad analizzare profondamente anche partiture teatrali,
non solo ecclesiastiche, limando e perfezionando la voce, aumentando
l'estensione, usando tecniche a volte di veloce cambio di registro;
insomma a colpi di cesello hanno creato “voci aliene” che rispondono
proprio alla necessità di creare l'altro che era l'evirato cantore: la
sua voce non era né bianca, né femminile, né maschile: è la necessità,
nel periodo barocco non c’era questa impellenza, che ha diretto oggi
il falsetto a forme sempre più perfette, sia da un punto di vista
timbrico, che da un punto di vista tecnico (agilità, estensione, messe
di voce, etc.): la voce di testa è una voce che si perfeziona sempre
di più facendo esercizio, esattamente come ci dice
Mancini. Ed è bene cominciare sin da piccoli, infatti questo
sarebbe un altro fatto che accomunerebbe i falsettisti a i piccoli
musici cantori del periodo Barocco.
2 - la dimensione di una voce “altra”,
evocante un qualcosa che non è banale e ordinario come le voci naturali
maschili e femminili o bianche: naturalmente oltre ai trattati canori propri
dell'epoca specifici per castrati (si pensi ai trattati di
Tosi, oppure agli esercizi di
Nicola Porpora), per forgiare il metodo canoro dei castrati, credo che
l’esercizio continuo possa riuscire a perfezionare sempre di più la voce di
falsetto per arrivare asintoticamente vicina a quella dei castrati.
3 e 4
- l'equilibrio timbrico all'interno dell'opera nelle rappresentazioni
odierne: quante volte si prova noia o confusione nell’ascoltare un’opera in
Cd, quando le parti affidate ai personaggi maschili, ossia destinate ai
musici cantori, sono cantate da voci femminili? L’ascoltatore si trova
dinanzi ad un collegio svizzero, nel senso che le voci sono tutte uniformi
nella gamma dei registri femminili, appiattendo l’opera, creando confusione
nell’ascolto, e suscitando una monotonia timbrica che genera noia, e a volte
trasforma un’opera seria in opera buffa: è questo che si deve auspicare per
una bella rappresentazione del Teatro Barocco in epoca moderna?
Con l’inserimento, nei ruoli maschili che erano destinati ai castrati, dei
falsettisti si riesce ad ovviare a questi problemi, garantendo la
possibilità per l'ascoltatore di sentire più agevolmente l'opera, non
scambiandola per un uniforme collegio femminile svizzero.
5 - la presenza scenica: un eroe che
varca le scene del palcoscenico ci si aspetta abbia certe caratteristiche
fisiche: è una esigenza che il pubblico odierno ha, e le opere Barocche
devono adattarsi anche alle esigenze del tempo in cui viviamo: nel lontano
periodo Barocco, il musico cantore era imponente nella scena, e per di più
alto (conseguenza dell’intervento eviratorio): ora l’uomo, il falsettista
quindi, è in linea generale più vicino di una donna a queste
caratteristiche.
6 - conformità fisiologiche: per le vere
messe di voce risultano migliori le casse toraciche maschili: esse infatti
proprio per costituzione fisica sono più grandi di quelle femminili, e
quindi si avvicinano maggiormente a quelle di un castrato che aveva un
mantice incredibile.
7 – Inoltre la voce di falsetto ha la
caratteristica intrinseca di uno dei fondamentali perni del Pieno Barocco:
stupire e meravigliare l’ascoltatore: un uomo che canta intonando note che
dal basso vanno verso il campo delle note più acute, suscita meraviglia
rispetto ad una donna che canta note che, per leggi di natura, le sono date
per le loro caratteristiche fisiologiche, e che quindi le emette con una
coloratura timbrica che risulta "nella norma”, e quindi normali, e quindi di
conseguenza intrinsecamente non capaci di suscitare le stesse sensazioni di
stupore e meraviglia di una voce maschile in falsetto che sappia spaziare
dalle note basse fino a quelle alte, suscitando curiosità ed anche maggior
attenzione da parte degli uditori; esattamente in fondo come accadeva in
passato: tutte le attività (bere, chiacchierare, giocare a carte, flirtare,
dedicarsi ad amplessi amorosi, spettegolare, leggere libri etc.) che il
pubblico di un’opera teatrale era intento a fare quando cantava quello o
quell’altro cantate si fermavano, tutto taceva, non volava una mosca quando
sul palcoscenico era l’evirato cantore che interpretava la sua aria.
8 -
La
testimonianza di Mancini
evidenzia un fatto di fondamentale importanza, che ci fa ben comprendere
quanto una voce di falsetto possa avvicinarsi a quella di un evirato
cantore: la sostanza del punto che si vuole sottolineare è che il
compositore Lorenzo Perosi nella prima decade
del 1900 rifiutò Mancini che era un falsettista sopranista, nel corpo canoro
della Cappella Sistina, poiché lo aveva scambiato, dopo averlo udito
cantare, ad un castrato (nel 1902 si decise di non assumere più nei cori e
nemmeno come cantanti solisti nuovi evirati cantori, lasciando tuttavia
quelli già presenti per potergli assicurare la pensione; tutto questo allo
scopo di voler così estinguere le motivazioni dell’atroce atto di
evirazione).
9 e 10
- Il caso di William Savage:
Il 4 aprile 1739 The London Daily Post, in relazione a ISRAEL IN EGYPT
annovera William Savage come Alto, cosa molto interessante dal momento che
egli figura come boy-soprano in ALCINA, FARAMONDO E GIUSTINO, mentre in
IMENEO e DEIDAMIA cantò come basso: questo implica che William Savage cantò
anche in falsetto, oltre che con voce naturale, in composizioni Handeliane.
Questo anche in considerazione del fatto che i castrati sulla scena mondiale
si erano drasticamente ridotti: in effetti le condizioni economiche medie
erano di gran lunga migliorate rispetto il 1600, per cui le famiglie ci
pensavano due volte prima di sacrificare la virilità dei propri figli in
vista di un miglioramento economico aleatorio dovuto ai compensi che i loro
figli avrebbero potuto avere se avessero sfondato nel mondo musicale, specie
se varcavano le scene teatrali. Ecco quindi un piccolo esempio di sopperire
a questa mancanza col ricorso all’uso di un falsettista.
Il falso castrato Balani: si ricordi l’aneddoto di questo presunto castrato:
in realtà i testicoli erano retrattili e con uno sforzo per arrivare ad una
nota particolarmente alta, essi scesero nello scroto, e si disse che come
conseguenza perse la voce: tuttavia prima aveva cantato varcando le scene
teatrali. E’ una cosa alquanto improbabile sia il fatto in sé così come
tramandato: è ragionevole credere che il buon Balani, si era ben reso conto
che gli onorari pagati ad un evirato cantore erano di gran lunga superiori a
tutti gli altri cantanti (soprani, bassi, tenori, contralti), quindi per
poter “mangiare”, e mantenersi, sollevandosi dallo stato di miseria, si è
improvvisato castrato, ma nascondendo i gioielli di famiglia, e le
caratteristiche tipiche maschili di chi non ha subito l’evirazione: e deve
esser stato molto bravo anche col canto, tanto da esser scambiato per un
castrato, solo che forse ha voluto strafare, o forse non aveva esercitato un
buon allenamento della voce a sopportare le tensioni che un falsettista deve
evitare – ma forse lui o l’epoca non lo sapeva: in sostanza si è rotto la
voce, danneggiando le corde vocali.
Allora da questo viene anche ben da pensare che nell’opera del periodo
Barocco hanno cantato anche altri falsettisti che si spacciavano per
castrati, e proprio per un motivo economico. Sono da scoprire i nomi,
tuttavia quelli che possono risultare sospetti sono quelli che si sono
sposati, e quelli che hanno avuto figli, adducendo che l’operazione era
stata fatta male, o che avevano un terzo testicolo... la ricerca non è
finita, anzi invito tutti a ricercare nelle fonti storiche.
11 - Consultando gli Handel Handbuch, ho
verificato un dato: confrontando la presenza di voci falsettistiche negli
oratori e serenate inglesi per certi ruoli, e gli stessi a volte ricoperti
da castrato, posso dedurre che per Handel quella parte si poteva
interpretare con entrambe le tipologie vocali; quindi c'erano falsettisti
che riuscivano a sostenere parti scritte anche per castrati. Questo già lo
avevo notato, ma poi mi sono chiesto come mai non affidare esclusivamente
queste parti ai castrati? riflettendoci sopra, e collegando mentalmente
altre letture che nel corso di questi anni ho affrontato, sono giunto alla
considerazione che la motivazione sta nella stessa ragione per cui non ha
affidato (non dico sempre perchè c'è il caso di William Savage) i ruoli di
primo uomo ai falsettisti nelle opere: la lingua.
Handel era legato al testo che andava a musicare: si pensi agli aneddoti che
ci sono stati tramandati per esempio per la composizione di ALEXANDER BALUS,
dove troviamo un Handel che, mentre era impegnato nella composizione, anche
a notte fonda, o ad ore in cui la gente normale dormiva, si vestiva e con la
carrozza si faceva accompagnare a casa del librettista, bussava alla sua
porta a qualunque ora per chiedere il significato di certe parole del testo,
per meglio comprenderne la portata ed elaborarne una musica adeguata. A
questi episodi, ci sono giunte ulteriori testimonianze di come i cantanti
italiani (specie i castrati) non erano preparati a cantare in inglese, nel
senso che la loro pronuncia non era "adeguata" e finiva a far storcere il
naso agli inglesi. Sapendo però la vanagloriosità generale dei castrati,
volendo esser sempre loro sotto attenzione, è possibile che tentassero e
volessero riprovare, ma che alla fine si preferiva un controtenore.
Si pensi al caso di Guadagni che fu sostituito da un controtenore in una
produzione oratoriale.
Credo sia stata una situazione speculare per i falsettisti nell'opera
teatrale italiana: poichè lì i controtenori erano di nazionalità inglese,
avevano problemi con l'italiano, e col testo che dovevano interpretare,
poichè non lo potevano capire così a fondo come i cantanti star importati
italiani (quindi non solo un problema di dizione nel canto, ma di
appropriarsi del significato del testo che cantavano, del libretto e della
trama nella singola parola mattone della vicenda che si rappresentava).
Fortunatamente questa ghettizzazione del falsetto non è più relegata solo
all'Inghilterra, ed anche qui in Italia, come d'altro canto in altre parti
d'Europa e dell'America, ci sono falsettisti che si impegnano nella
pronuncia e nella comprensione del testo, ovviando al problema
settecentesco.....In fondo oggi, vista la mancanza degli evirati cantori, è
una necessità a cui ha sopperito la categoria falsettistica.
Alcuni nomi, individuati nei giornali coevi appartenenti alla categoria
falsettistica sono:
John Brown, alt;
John Beard, alt;
Thomas Barrow, controtenore:
Johnn Randall, soprano.
12 - La morale dei
Castrati in eredità ai falsettisti
Sebbene sia necessario distinguere fra l’area teatrale e quella sacra, dalla
storia possiamo desumere che in entrambi i casi la voce dei castrati, per un
loro quid che li caratterizzava come categoria vocale, assunsero posti di
rilievo in entrambe i campi, anche se il Teatro era il luogo più esposto
alle lodi del grosso pubblico, visto che era il perno trainante di tutta la
musica del Sei/Settecento.
Una delle contraddizioni che permase nei secoli dell’Ancient Régime è la
completa dualità fra i costumi per lo più facili - non bisogna trascurare
che il termine libertino si definisce e si sviluppa proprio in questo
periodo - e l’ideale moralistico – espresso nei temi dell’eroe, esempio
imperituro dei miti classici, o degli eroi storici che realizzarono grandi
gesta e che erano i depositari di elevati valori morali e spirituali, degni
di esser imitati dagli uomini. I temi trattati spesso si rifanno ai romani,
che con le loro storie, potevano evidenziare gli aspetti virtuosi ed
educativi, sia per il popolo/pubblico sia per il Re/sovrano. L’opera era
quindi oltre che un mezzo per divertirsi, anche uno strumento educativo: le
figure dei Sovrani, descritte nelle opere, dovevano essere il modello per i
regnanti che governavano l’Europa: il Re è il primo suddito, e deve
sacrificarsi, anche reprimendo i suoi desideri o sentimenti, (per esempio in
ATTILIO REGOLO e in CATONE di Metastasio) per occuparsi del bene del suo
popolo: il Teatro diviene un luogo esemplificativo per il Re, che viene
quindi istruito nei suoi doveri, giacchè il melodramma dava una indicazione
per arrivare ad una certa qualità di governo più comprensivo delle esigenze
del popolo, facendo trionfare una razionalizzazione del potere: quindi il
pubblico in sostanza andava a seguire dei modelli in scena da seguire
concretamente nella vita reale, cosa che tuttavia non accadeva
sistematicamente.
In questo contesto teatrale l’intento moralistico/educativo era incentrato
nella voce dell’evirato cantore che rappresentava una voce senza età, sempre
attuale, “fresca” che non invecchiava col passare del tempo esattamente come
la morale che si portava in scena, o come i vizi che, sempre presenti fin
dall’inizio dell’umanità, quindi a-temporali, dovevano esser combattuti e
vinti (ecco anche il sempre lieto fine nelle opere teatrali). La voce di
falsetto analogamente, proprio per la sua “non quotidianità” riesce oggi a
rappresentare un archetipo a-temporale, supplendo alla funzione che era
propria al tempo dei Castrati: difficilmente si dà una età ascoltando un
falsetto, essendo la voce lontana dal quotidiano, da voci in sostanza che
ogni giorno ascoltiamo anche durante la routine della vita e fuori del
contesto musicale: ecco quindi per esempio che un Giulio Cesare
rappresentato con voce baritonale, o bassa si assegnerebbe una “età” al
personaggio che trova il suo tempo e la sua collocazione “mortale”, che
“finisce”, e lo stesso si può dire a voci quali quelle femminili sopranili e
contraltili che sono di tutti i giorni, nella norma, e quindi in linea
generale non in grado di soddisfare quella esigenza di “immortalità” di
valori: una voce alta maschile ed aliena agli standard “naturali” invece
acquista quel rivestimento dell’a-temporalità, capace di esprimere un
modello sempre giovane, anche col passare degli anni o dei secoli: sempre
vivo e fresco: una giovinezza intrinseca, che concretizza oggi l’esempio che
si voleva dare nel Barocco.
Esponendo il concetto con altre parole, sebbene se si può supporre in linea
generale che la voce del castrato non sia uguale a quella del falsetto, si
può affermare che la “non naturalità” del falsetto, proprio per le
caratteristiche accomunanti della categoria, possa fungere nei nostri giorni
ad una funzione analoga a quella dei musici cantori, nel far rivivere i
personaggi edificanti delle gesta eroiche, da prendere a modello sempre,
proprio perché quella voce non ha età, non ha tempo, ed è sempre attuale,
poiché il tempo non la tocca e non corrompe il modello moralistico….Si
potrebbe dire che agli eroi delle gesta dell’età classica si dà una patina
di divinità, cosa che non sarebbe possibile con una voce naturale maschili e
femminili, giacchè alle voci “naturali” si dà sempre una età ed una caducità
alle stesse. Il carattere - anche se vogliamo ermafrodita - della voce di
falsetto, non ugualmente, ma allo stesso modo di quella degli evirati,
rafforza l’impressione di una giovinezza eterna, che caratterizza semidei
senza età: modelli, archetipi da seguire, non una rappresentazione di
persone vere, proprie della realtà e di una contestualizzazione precisa
storica: e questa peculiarità vocale finisce per amplificare le passioni
amorose, la magnanimità, la gioventù, le virtù, ma anche volendo i vizi per
i personaggi negativi dell’opera.
Quanto all’ambito sacro, la voce del falsettista può supplire alla mancanza
di quella dei musici cantori proprio nella ricerca del “sacro”, quindi del
“non terreno”, e di conseguenza del “non naturale” esattamente come si
idealizzano le voci divine, angeliche immaginate senza tempo e distanti dal
quotidiano: non dimentichiamo che “il musico tende ad essere omologato al
cantore canonico – l’immagine più vicina all’Angelo” (Gino Stefani in Musica
Barocca 2: Angeli e Sirene (1988)) ed ancora “così come gli angeli in
cielo”, così i musici in terra ed oggi i falsettisti.
Falsettisti & Sopranisti emergenti
THE (UN)OFFICIAL COUNTERTENOR HOMEPAGE
The Male Soprano Page
A cura
di Arsace
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