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Caffarelli: castrato... incastrato
Caffarelli nella sua esibizione nel
teatro Argentina in Roma riscosse un tal successo da rasentare il
fanatismo: riuscì subito ad accaparrarsi i favori delle dame e delle
donne che impazzivano per lui, ammaliate dal suo canto e dalla sua
grazia.
Fra le tante, Caffarelli s'accese d'amore per una bella aristocratica
che apparteneva ad una delle più potenti famiglie nobili romane.
Spavaldo, come sappiamo dal suo difficile carattere e temperamento,
imprudente come tutti i giovani innamorati, alla fine finì per
insospettire il marito estremamente geloso della sua avvenente sposa.
Accadde che, durante una notte di amplessi fra Caffarelli e la nobile,
l'intimità dei due fosse interrotta dall'arrivo - davvero inopportuno
- del becco.
Essendosi resi conto dell'arrivo dal rumore della carrozza che entrava
nel cortile del palazzo, coadiuvato da una serva, confidente della
signora, Caffarelli riuscì ad abbandonare in tempo l'alcova profumata
per nascondersi dentro un pozzo di convogliamento delle acque piovane
situato in giardino.
Fatto sta che la serva liberò Caffarelli solo nella tarda mattinata:
questo comportò che il "castrato incastrato" dovette scontare una pena
di un mese di letto e oltre 3 mesi di inattività canora, prima che la
sua Voce potesse tornare al timbro normale.
Tuttavia la storia non finisce qui.
Il marito cornuto, istigato dalle malelingue, assoldò dei sicari allo
scopo di far assassinare il focoso amante di sua moglie (Caffarelli
poteva fare una brutta fine come quella di Siface).
Una sera Caffarelli venne aggredito: sebbene fosse abile spadaccino
(più volte si sa che sguainava la spada in cerca di risse e di guai)
tuttavia si salvò a stento per il tempestivo arrivo di una brigata di
sbirri accorsa per il fragore delle grida di aiuto che Caffarelli
lanciava: sarebbe morto sicuramente proprio poichè attaccato da un
grande numero di sicari.
Intervenne però dopo questo episodio la gran dama, che volle
proteggere il suo amato, appioppandoli una scorta di 4 guardie del
corpo, abili pistoleri e spadaccini, con l'incarico di proteggerlo e
di scortarlo in ogni suo movimento.
Tuttavia Caffarelli decise che era miglior cosa sgombrare il campo per
vivere "più tranquillo" lontano dal marito tradito inferocito di
rabbia: si trasferì quindi a Venezia.
Caffarelli e la monaca
Nel corso del suo soggiorno di
studio a Napoli, Michael Kelly pote' ancora vedere il vecchio
Caffarelli e venne a sapere una storia su di lui che segue:
La giovane e bella figlia del duca di Monteleone, uno degli uomini più
ricchi e potenti di Napoli, era stata destinata per volere
della famiglia a prendere il velo: la fanciulla acconsentì senza
fare rimostranze a lasciare questo mondo, purché la cerimonia
della professione dei voti fosse celebrata con imponente sfarzo; e
la condizione sine qua non fu che il grande cantante Caffarelli
cantasse durante la cerimonia stessa.
Le si ribattè che egli si era ritirato, straricco nei
suoi possedimenti in Calabria, dopo aver proclamato la sua
decisione irrevocabile di non cantare mai più in pubblico (cosa tipica
fare un proclama per il carattere di Caffarelli, vanaglorioso
com'era).
Al che l'assennata fanciulla disse: "E io proclamo la mia decisione
irrevocabile di non prendere il velo, a meno che egli non canti. Lo ha
fatto sei anni fa quando prese i voti mia cugina, e morirei piuttosto
che sentir dire che per lei ha cantato il primo cantante del mondo, e
per me no!"
La bella fanciulla non ne volle sapere di rimangiarsi la
sua decisione, e tale la sua splendida ostinazione che suo padre
dovette andare in Calabria, e lì, con molte preghiere e molte
argomentazioni di notevole peso, riuscì a persuadere Caffarelli a
tornare con lui a Napoli, per cantare il Salve Regina durante la
cerimonia della figlia; la fanciulla, avendo ottenuto ciò che voleva,
entrò appagata in convento, segregata per sempre da questo mondo gaio
e immorale.
Due Farinelli in uno
Metastasio lo detestava: non poteva tollerare i
comportamenti irruenti di Caffarelli, e spesso ne dà una malevole
descrizione. Caffarelli, per questi suoi comportamenti si guadagnerà
il titolo di "Capriccioso Caffariello".
Attorno al 1750, a Torino si stavano per festeggiare le nozze
del principe di Savoia Vittorio Amedeo III, con l'Infanta di Spagna
Maria Antonia. Costei ebbe la fortuna di poter assistere dal vivo
alle esibizioni del Farinelli, e tanto l'aveva incantata il suo
canto, che considerava Farinelli stesso il non plus ultra canoro.
Il fratello maggiore di Maria Antonia era Carlo III che era il Re
di Napoli, che decise di fare un regalo di nozze alla sorella
speciale: ordinò a Caffarelli di cantare per il matrimonio, e quindi
di recarsi a Torino. Un'opera doveva rappresentarsi intitolata "LA
VITTORIA DI IMENEO", un lavoro di circostanza che annoiavano
Caffarelli, che non accolse di buon grado l'incarico, ma che
tuttavia non poteva apertamente rifiutare.
Già all'arrivo a Tornino Caffarelli fece capire la sua non
buona volontà, e palesò di non volersi impegnare più di tanto,
sicuramente di non voler dare il meglio di sè. Fatto sta che ricorse
alla scusa di aver perso il quaderno delle sue variazioni e cadenze,
senza il quale non poteva cantare decentemente: si ricorda infatti
che spesso, nel settecento l'aria era scritta in modo che il da capo
dovesse seguire la parte A dell'aria, ma come canovaccio, dove
l'artista poteva liberamente inserire del suo, con il gusto (che si
sostanziava anche in cadenze nei quaderni personali) e/o
l'ispirazione del momento: il pubblico si aspettava abbellimenti e
fioriture nel da capo dell'aria: ora a maggior ragione il
pubblico si aspettava cose spettacolari dal grande cantante quale
era Caffarelli...chissà cosa aveva in serbo "il primo cantante
del mondo " come affermò Porpora...e ora lui adesso se ne
usciva affermando di aver perso il suo prezioso quaderno di
cadenze.....
Si minacciava una scarna esecuzione, sicuramente al di sotto
delle aspettative di tutti....
Ma ecco che la sera della prima rappresentazione, il principe
di Savoia, ancora vestito dell'abito nuziale, si recò dietro le
quinte appena prima dell'inizio dell'opera, attaccò discorso con
Caffarelli. Gli disse che era felice di vederlo lì, anche se alla
principessa di Savoia pareva molto difficile che qualcun altro
potesse cantare così bene da procurarle godimento, dopo Farinelli.
"Ora, Caffarelli" disse il principe, battendogli una mano sulla
spalla, "datevi da fare, e curate la principessa di questo suo
pregiudizio a favore del suo maestro" (Farinelli infatti le aveva
impartito lezioni di canto per vari anni).
Caffarelli fu colpito dall'affabilità del principe ed esclamò:
"SIRE, SUA ALTEZZA STASERA ASCOLTERA' DUE FARINELLI IN UNO!"
E si dice che in quell'occasione abbia cantato meglio di
chiunque altro (Burney nella sua Storia della Musica).
“Dannate primedonne!”
Nel Gennaio del 1748, il direttore del Teatro San Carlo di
Napoli, Saverio Donati, scrisse:
“Ieri sera al teatro reale quando giunse al duetto finale del secondo Atto,
il musico Caffarelli cominciò a cantare i primi due versi in modo
completamente diverso da come erano stati scritti dal maestro Sassone (Hasse):
ma la primadonna Giovanna Astrusa, sebbene costretta così ad improvvisare,
fece del suo meglio e la prima e la seconda parte del duetto andarono avanti
abbastanza bene. Al ritornello, però, Caffarelli eseguì una nuova versione
diversa dalla precedente e piena di variazioni ritmiche e di sincopi,
anticipando di una battuta. Quando la Astrusa, rispondendo, cerco di
ritornare al tempo giusto, Caffarelli ebbe l’audacia non solo di mostrare,
con le sue mani, in che modo ella dovesse tenere il tempo, ma di suggerirne
anche vocalmente come dovesse cantare. Ciò fu visto e compreso da tutti ed
io non posso dirvi lo scandalo che derivò da questo incidente; vi fu un
mormorio generale di protesta dai palchi e dalla platea….”
Caffarelli detestava le primedonne ed il suo scopo era quello di far passare
Giovanna Astrusa da sciocca, ma le sue bravate ricaddero su di lui, ed
ancora una volta sfuggì a stento alla prigione.
Dante
contro Caffarelli
Ho trovato altre informazioni sul Caffarelli: sono veramente
rimasto amareggiato nel leggere un documento del 12 Novembre 1894, specie in
relazione alle motivazioni del Momsen.... riporto di uguale il documento
Proposta di dare il nome di Dante Alighieri ad una via della città
(Tornata consigliare del 12 novembre 1894).
Il presidente riferisce sul n. 3 dell'ordine del giorno notificato ai
consiglieri con lettera del 9 corrente relativo alla proposta di dare il
nome di Dante Alighieri ad una via della città a ricordo del 5. congresso
della società Dante Alighieri qui tenuto negli ultimi giorni dello scorso
ottobre.
Il nome di Dante Alighieri non è segnalato in vessillo di voruna parte
politica, esso esprime il più alto concetto d'italianità, così nei cuori di
tutti i patrioti, come nella mente dei più insigni letterati ed artisti di
questa terra classica, che poggia solitaria a non raggiunta altezza tra le
genti civili.
Quindi propone di dare il nome di Dante Alighieri al piazzale della
ferrovia.
Entra il 44.: il sig. Costantino.
Il Sig. De Nicolò plaude l'amministrazione che ha avuto il gentile e civile
pensiero di dare il nome di Dante Alighieri ad una via o piazza della nostra
città, poichè onorando Dante non onoriamo un partito, ma tutti e l'Italia.
Però vorrebbe che non si desse il nome di Dante al piazzale della ferrovia.
Momsen che a palmo a palmo ha studiato le contrade italiche, e con singolare
amore la regione pugliese elogia la nostra Bari perché ha intitolato le sue
Vie di nomi di benemeriti uomini del luogo, che se non sono glorie
nazionali, sono certamente glorie cittadine che non devono essere
dimenticate e molto meno ignorate dai nostri nipoti. Però egli non sa
persuadersi come possa noverarsi fra gli uomini illustri un evirato cantore
qual fu Caffarelli. E qui si propone che al nome di Caffarelli si
sostituisca quello dell'altissimo poeta che è espressione della più alta
virilità del pensiero italiano.
Il presidente a nome della giunta accetta l'emendamento proposto dal sig. De
Nicolò e mette ai voti la proposta di dare alla via Caffarelli il nome di
Dante gravando la relativa spesa sulla categoria del bilancio 894. Il
consiglio all'unanimità per alzata e seduta l'approva.
(N. 134 pag. 261 del registro - Archivio Comunale).
Come se di "via Dante Alighieri" non ve ne siano già abbastanza in tutta Italia...
si dovrebbe invece ripristinare l'antico nome della via!
A cura
di Arsace
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