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Si può considerare il primo vero divo fra
i castrati: nacque a Perugia intorno al 1610 e all'età di 11 anni entrò ad
Orvieto al servizio del cardinale Crescenzi, dilettante di musica, ma
persona molto benestante: il cardinale non appena lo ascoltò esibirsi da
solo a voce spiegata, ne fu talmente impressionato che comprese le
illimitate possibilità della sua voce e decise di sfruttarle ponendolo a suo
servizio, per dar ulterior lustro al suo nome. Per questo se lo portò a
Roma, e poi lo affidò al maestro di Cappella di San Pietro, Ugolini, per
forgiare il non plus ultra canoro. Dopo 4 anni, il Ferri era completamente
formato per voce e tecnica.
Testimonianze dell’epoca riportano che la voce da soprano univa dolcezza e
forza, chiarezza e grande estensione, agilità ed uguaglianza: forte era
l’espressività mentre cantava.
Il Ferri aveva come peculiarità un inesauribile fiato: infatti il fisico
singolare gli concedeva di iniziare senza alcuno sforzo apparente una fase
con lo stesso respiro, non appena aveva finito un lungo passaggio. Ferri
rimase con lui sino al 1625, quando spiccò il volo verso la carriera
teatrale con sbalorditivo successo.
Alto, bello, con modi gentili, con una elegante ricercatezza nel vestire, Il
Ferri divenne ben presto non solo un cantante all’ultimo grido, ma un vero
sex symbol per le dame dell’epoca: si narra che le sue fans erano solete a
scene di fanatismo e di ammirazioni totalmente sbalorditive per l’epoca:
infatti una volta, a circa 4 chilometri da Firenze, una turba enorme di
donne gli andò incontro, lo costrinse a scendere dalla carrozza lo trasportò
sulle spalle sino al Duomo: quando fu a Firenze per esibirsi in un'opera di
Monteverdi, fu ricevuto a ben 3 miglia di distanza dalle porte della città
da un corteo consistente composto dai più eminenti cittadini e da qui fu
portato in trionfo per le vie di Firenze sino al suo alloggio.
Il suo benefattore, il cardinale Crescenzi, lo cedette poi al principe
Ladislao di Polonia, che se lo portò con sé a Varsavia, visto come un dono
portato dalla Roma papale.
In Polonia cantò per 3 Re: Sigismondo III, Ladislao VII, Giovanni Casimiro.
Il sopranista Baldassarre Ferri nel 1645 era in servizio presso la Corte
Polacca, sin dal 1625: orbene la Regina di Svezia Cristina - che ebbe
l'onore di esser sepolta nella basilica di San Pietro, sebbene avesse
assassinato il suo amante Rinaldo Monaldeschi - volle alla sua corte il
Ferri, affinché si esibisse in una serie di concerti vocali. Nulla di strano
in questa richiesta, se non il fatto che Polonia e Svezia erano in guerra
fra loro, e ancor più sorprendente della sfacciataggine della Regina, è la
reazione del Re polacco che ordinò una tregua fra i due stati: un vascello
svedese prelevò il Ferri, portandolo a cantare per 2 settimane in Svezia:
poi ritornato in Polonia, le ostilità fra Svezia e Polonia ripresero
tranquillamente.
Nel 1655 il Ferri rese il suo servizio presso la Corte della Regina Cristina
di Svezia, famosa per la sua infatuazione per i sopranisti e i castrati in
generale, forse dovuta alla sua ambiguità sessuale: la Regina infatti aveva
durante la sua vita nutrito fortissime passioni sia per uomini che per
donne, con la stessa possessiva intensità. Da ricordare che nei 25 anni in
cui la Regina Cristina soggiornò a Roma, riempì il suo Palazzo Corsini in
via Lungara sotto il Granicolo (allora si chiamava Palazzo Riario dal nome
del cardinale che lo fece costruire nel 1400) di artisti, attori, letterati,
cantanti, cantori dalla voce bianca, aggiungendo all’interno del Palazzo un
teatro.
Il Ferri si esibì in lungo e in largo per tute le Corti d’Europa,
conseguendo sempre successo, ma come caratteristica delle sue esibizioni
possiamo ricordare che le sue furono performaces soprattutto “private”, nel
senso che si esibiva presso i teatri di Corte e nei salotti privati, e non
nei teatri pubblici, come avvenne a Firenze, Venezia (dove egli fu insignito
dell’onorificenza di “Cavaliere di San Marco” come riconoscimento per la sua
bravura) e a Londra.
Si narra che a Londra, Baldassarre Ferri dovesse interpretare la parte di
Zefiro in un'opera: una sera dopo lo spettacolo nel quale era stato molto
applaudito, una donna mascherata gli si avvicinò, gli infilò un
preziosissimo anello al dito e scomparve. Sembra tuttavia che questa storia
non sia del tutto vera. Il personaggio di Zefiro appare nell'opera di Draghi
e Locke PSYCHE, su testo di Shadwell: però la prima fu data nel 1673, epoca
in cui il Ferri aveva 60 minimo, età troppo avanzata per poter ispirare
passioni così intense da regalare un anello. Esiste un'altra fonte che dice
che il Ferri cantò il 3 giugno 1669, ma l'opera è ignota. Comunque non è
certo che il Ferri si sia mai recato in Inghilterra: il suo biografo Andrea
Bontempi, a lui coevo, potrebbe aver inventato il viaggio. E Giovanni Andrea
Angelici-Bontempi, definì nella sua opera monumentale “Historia Musicae” il
Ferri come “Fenice de’ cigni e de’ cantori”: questa valutazione è importante
in quanto Angelici era il più grande critico e storico della musica al tempo
in cui scrisse, e mantenne questo titolo anche parecchi anni dopo la sua
morte. Altra testimonianza coeva sul canto di Baldassarre Ferri:
"Non è possibile farsi una idea della limpidezza della sua voce, della sua
agilità e della facilità mirabile nell'eseguire i passaggi più difficili, la
giustezza perfetta della intonazione, la vivacità brillante del trillo e la
sua inesauribile respirazione.
Lo si udiva affrontare spesso passaggi rapidi e difficili con tutti i
chiaroscuri dei crescendo e dei diminuendo e allorché, sembrava spossato,
incominciava un trillo interminabile, senza riprender fiato, e salire e
discendere sopra questo trillo, per tutti i gradi della scala cromatica, lo
spazio di 2 ottave, e sempre con una sicurezza perfetta. Tutto ciò non era
che un gioco per lui e i muscoli del suo volto non indicavano mai la minima
contrazione".
Successivamente a Londra fu ricevuto a Stoccolma con straordinario
entusiasmo.
Nel 1665 fu poi a Vienna e qui rimase per un ventennio; l'imperatore
Leopoldo I teneva addirittura un ritratto del Ferri in camera sua con la
scritta :"Baldassarre Ferri, Re dei musici". Finiti i 20 anni, il Ferri si
ritirò immensamente ricco nella sua città natale e vi morì il 18 Dicembre
1680 lasciando ben 600.000 scudi ad un istituto di carità che perpetuasse il
suo nome.
A cura di Arsace
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