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Giovanni
Gabrielli
(? – 1611)
Fu detto il Sivello, e mentre l’anno di nascita risulta
ignoto, la morte risale fra il 1603 e il 1611: “il più bel tempo del suo
fiorire è stato attorno al 1600, disse una notizia riportata da un certo
Bartoli.
Attore di carattere morigerato ed onesto, riscosse approvazioni unanimi, con
elogi da parte di Ottonelli nella sua opera “Della cristiana moderazione nel
teatro”, Firenze 1655.
Giovanni era amico di Agostino Carracci che lo ritrasse ancora giovane, ma
già nel pieno della sua famea; era solito a girare per le piazze raccontando
novellette onestissime, e graziose al popolo, che affollato si fermava ad
ascoltarlo: dopo avergliela mostrata, sapeva recitare da solo tutta la
Commedia. A volte si mascherava fingendosi un personaggio, poi a volte si
toglieva la maschera e ne rappresentava un altro: e nelle sue favole non
introduceva visibilmente alcuna donna, e non si vestiva neppure da donna, ma
solo dentro la scena egli voleva che la voce della donna fosse sentita.
Il Sivello era un gran pantomimo, che fidava soprattutto nelle risorse di
un’arte che non dispiaceva neppure ai pubblici più raffinati.
Sono giunte sino a noi l’opera “Maridazzo di M. Zan Frognocola con madonna
Gnigniocola, stampato a Venezia e Treviso nel 1618, ed un “Testamento in
forma di lettera” del 1603. Edizioni Rasi: Gli è attribuita anche una
commedia “Il Studio” del 1602.
Francesco
Gabrielli
(1588 – 1636)
Nato nel 1588 e morto molto probabilmente nel 1636, fu musicista e cantore
inimitabile: assunse il soprannome di Scapino, e secondo il parere di uno
dei suoi collaboratori d’arte, un certo Niccolò barbieri, “il miglior Zanni
de’ tempi suoi”, alludendo forse al padre Giovanni, detto il Sivello, che
era già morto nel 1611 circa, e a cui viene fatta risalire il capostipite di
tutta la famiglia Gabrielli.
Accanto al padre, Francesco Gabrielli era entrato in contato con l’ambiente
musicale, e si sa che nel 1611 fu ben raccomandato dal cardinale Castani al
duca di Mantova , ossia suo figlio.
Ci sono due lettere dell’attore a don Giovanni de Medici, del 1615 e 1616,
che attestano fino a questo momento la sua appartenenza alla compagnia dei
Confidenti, diretti da Flaminio Scala.
Nel novembre del 1615, Francesco è a Bologna, recitandovi coi suoi compagni
una commedia intitolata I DUE MEZZETTINI; nel 1618 il Medici, impresario e
produttore della compagnia, scriveva da Venezia al duca di Mantova,
rifiutando di privarsi di Mezzetino e Scapino, entrambi considerati elementi
indispensabili della formazione.
Nel 1620 sempre con la compagnia dei Confidenti, giungendo da Venezia,
recitò al castello di Modena tre commedie in occasione della visita del
principe Tomaso di Savoia; nel 1624/1625 si tova a Parigi, con G.B. Andreini
e N. Barbieri, recitando dinnanzi al Re.
Nel 1626 si trovò a Firenze, inaugurando coi suoi compagni, sempre col
granduca presente, un corso di recite.
Nel 1627 in gennaio si trovò a Ferrara, nel 1635 a Milano. Qui fa istanza
per recitare nel carnevale del 1736 a Roma, ma non è dato sapere se ottenne
soddisfazione.
Assieme poi ai Confidenti, nell’arco di tempo fra il 1635 e il 1636 si esibì
a Bologna, poiché Fabrizio Ardizi, pronipote di Curzio Ardizi, amico di
Torquato Tasso, ha lasciato una lettera al diplomatico e dilettante di
teatro Camillo Giordani di Pesaro: “Ora in Bologna non vi sono comici,
essendosi sbandata la compagnia di Scapino per essersi egli ammalato”:
questa notizia risale al maggio 1636, anno in cui 48enne morì
Nel 1638 uscì dopo la sa morte un poemetto intitolato ”Infermità, testamento
e morte di Francesco Gabrielli detto Scappino, composto e dato in luce a
requisitione degli spiritosi ingegni”, dove si descrive la disperazione dei
comici dinnanzi a lui morituro; sempre sull’argomento, oltre all’epitaffio
di Francesco Loredano, esistono due sonetti:
“Proteo costui ben fu, ch ‘n mille forme”
e
“Scappino è morto, ah voi piangete, o muti”
Francesco Gabrielli fu soprattutto attore comico, gran chitarrista ed
inventore di strumenti musicali, su cui improvvisava canzoni ed ariette; la
molteplicità degli strumenti era tale (fra questi si citano il violino, il
basso, la viola, la chitarra, l’arpa, il bonacordo, la mandola, il liuto, la
tiorba, i tromboni) e tale la virtuosità che per gustarne pienamente l’arte
era necessario recitare addirittura una commedia intitolata “Gli strumenti
di Scappino” (G. Cinelli Biblioteca Volante, Modena 1695).
In un’arte che egli insegnava a principi e dame, dovevano veramente brilare
i talenti e le originalità di Scappino: ecco che questo spiega il prestigio
che riscosse, come ce ne parla Niccolò Barbieri “Sempre accettato tra’
grandi come virtuoso, e non come buffone.
Sua moglie, che assunse il nome d’arte Spinetta, recitò spesso con lui e gli
sopravvisse assieme alla figlia Diana, che in realtà si chiamava Giulia, e
figurano nell’elenco dei comici disperati per la scomparsa di Scappino.
Carlo Gabrielli
Fratello minore di Francesco, detto Polpetta, è citato da Quadrio come
attore di talento e “molto favorito da’ principi”.
Giulia
Gabrielli
Figlia di Francesco, recitò col nome di Diana e a Parigi
nel 1645 recitò e cantò con Carlo Cantù (detto il Buffetto) nell’opera FINTA
PAZZA di trozzi e Sacrati, nella parte di Teti.
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A cura di
Arsace
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