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Civico Museo Bibliografico Musicale, Bologna
Tommaso Guarducci esce dall'idea
comune che ci si fa dei musici cantori: era una persona modesta e di poche
pretese, e di conseguenza non aveva indole per imporsi ottenendo grandi
successi.
I suoi natali si risalgono al 1720 a Montefiascone, e si sa che
fu l'allievo del Bernacchi.
Non suscitò successi sensazionali quando si esibì a Napoli presso il
teatro San Carlo nel 1758/1759 e 1762.
Nel 1762 giunse in Inghilterra, non rilevando dapprima neppure qui uno
straordinario successo.
"Goffo di figura e alto, senza vita come attore, avulso di grazia e lento
nei movimenti: tuttavia malgrado questi difetti era un uomo di alta
probità e molto stimabile, sfoggiando un alto grado di precisione mai
sentito prima. La voce di Guarducci, assai inferiore a quella di
Manzuoli,
era chiara, dolce e morbida. Ben presto comprese che un cantante non
poteva guadagnarsi il consenso degli inglesi con dei trucchi o con
un'esecuzione di carattere strumentale..."
A Burney Guarducci anni dopo raccontò che la sobrietà del gusto
inglese gli aveva insegnato molto. Secondo Burney, Guarducci fu un
cantante semplice e il più schietto fra quelli di primo piano sentiti a
Londra.
Gli effetti che produceva erano determinati dall'espressione e dalla
raffinatezza, facendo passare in secondo piano la premura di effettuare
una esecuzione tecnica perfetta. Si può pensare che Guarducci volle
proporsi a Londra in modo da stupire il pubblico - e sembra strano dalle
parole di Burney che gli inglesi non volessero esser stupiti, ma forse
associava il suo desiderio a quello del pubblico coevo - ma poi, essendo
scarso nelle agilità, abbia deciso di sedurre il pubblico con una
metodologia di canto più semplice.
Il nuovo stile sincero e prettamente spontaneo, la sua cortesia e
compiacenza, sollevò un corposo seguito a Guarducci. Soleva cantare nel
modo più sobrio possibile, naturale, e contrassegnato dalla modestia, non
si diede mai arie da primo uomo.
Apprezzatissimo negli oratori inglesi, ottenne la più alta cifra concessa
a quel tempo: 600 sterline per 12 esecuzioni.
Cantò a Londra il CARATTACO di
J.C. Bach e LA CONQUISTA DEL MESSIO di
Mattia Vento.
Nel 1769 lasciò l’Inghilterra, e qui seguì l’esempio di molti suoi altri
colleghi: si fermò definitivamente presso la sua città natale, per
accogliere nel 1770 Charles Burney, che ci racconta come il cantante si
fosse costruito una bellissima casa, arredandola col gusto inglese.
Cantò in presenza di Burney un’aria del compositore
Sacchini, eseguendola
divinamente. Secondo Burney la voce di Guarducci con l’età è divenuta la
più potente di quando era in Inghilterra, incrementando in più il gusto e
la forza espressiva, piene di raffinatezza e di precisione.
Guarducci negli abbellimenti delle arie era assai castigato e aggiungeva
pochissime note, ma talmente ben ricercate che determinavano un grande
effetto, lasciando l’orecchio dell’ascoltatore totalmente compiaciuto.
Burney ci testimonia che a Roma parlavano ancora della sua esecuzione
nell'opera di
Piccinni DIDONE ABANDONATA.
Nonostante la voce di Guarducci fosse al tempo della visita di Burney
ancora nel suo pieno splendore, raramente cantò ancora in pubblico, e le
notizie su di lui si dileguano, forse per una cattiva salute.
Ange Goudar, un coevo, ci afferma che il Guarducci continuava a comparire
sul palcoscenico nonostante avesse una infiammazione al petto, che da
circa 40 ani gli dava noia. Ma in sostanza, ci dice. Il suo forte è il
cantabile, che oramai non canta più, ma pretende di farlo.
Assolutamente sconosciuta risulta la datazione della sua dipartita.
A cura di Arsace
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