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Luigi Marchesi, detto il Marchesini, può esser considerato
il Caffarelli di fine 1700 ed era come contrapposto al Pacchierotti, che
doveva esser il Farinelli di fine settecento: infatti a quanto sembra il
Marchesi condivideva con Gaetano Majorano lo stesso carattere: uno spirito
vanitoso e prepotente, con un superbo disprezzo per ogni considerazione che
non fosse la propria gloria. Un vero animale da palcoscenico settecentesco,
esattamente come Caffarelli.
Pare che il Marchesi sia ricordato per la sua Bomba... ma veniamo ai fatti.
Si sa che il Marchesi era nato a Milano attorno il 1754 e dopo aver iniziato
gli studi a Modena, divenne un "allievo musico soprano", nella cattedrale di
Milano. Debuttò nella città cesarea nel 1774 in una ripresa della serva
padrona di Pergolesi, dove sostenne la parte femminile, e doveva
particolarmente piacere nelle parti femminili poiché interpretò anche
CASTORE E POLLUCE di Bianchi (un PS: ma vi rendete conto di quanti
compositori sono praticamente scomparsi nel nulla? Bianchi? e chi era
costui?) a Firenze. Un cronista del tempo, un certo Kelly ci racconta:
"[Marchesi] cantò l'aria "Sembianza amabile del mio bel sole" di Bianchi con
gusto incantevole; in un passaggio, dopo aver percorso la scala cromatica,
attaccò l'ultima nota con una tale forza e con una tal potenza, che da
allora in poi questa venne chiamata "la bomba del Marchesi" ".
Pare inoltre che una cantante, del cast sull'opera del Bianchi, una certa
Nancy Storace, si permise di imitare la stessa impresa: chiaro che il
Marchesi dovette insistere per farla licenziare immediatamente: non mi pare
di aver trovato scritto da qualche parte che ci riuscì, ma non è detto
neppure che fallì nell'intento: di certo questo comportò dei bei attriti nel
cast. Ma ancora il Kelly, un coevo, ecco che ci dipinge il Marchesi in
occasione di una rappresentazione a Napoli nella OLIMPIADE di Mysliweczek
(altro compositore caduto in oblio):
" La sua espressione, il suo sentimento, e la sua abilità nell'eseguire la
bella aria "Se cerca, se dice", erano al di là di ogni lode."
Cronologicamente il Marchesi nel 1175 esordì a Milano e a Monaco di Baviera
ma nel 1780 nell'ARMIDA di Mysliweczek il successo fu così grande che che
venne coniata dall'Accademia una medaglia d'argento. Nel 1782 brillò nel
TRIONFO DELLA PACE, sempre di Bianchi e divenne il musicista del re di
Sardegna con una retribuzione di 1500 lire piemontesi e il permesso di
recarsi per 9 mesi all'anno all'estero. Nel 1785 varcò le terre gelide che
varcò a suo tempo il caro Balani, ma il clima lo spaventava, per cui se ne
tornò a Vienna dove rimase sino al 1788. Sempre in questa data a Londra fece
strage di cuori femminili nel campo dell'amore, e conseguì un enorme
successo da un punto di vista musicale. Ed ecco uno scandalo: la moglie del
famoso miniaturista Cosway, alias Maria Cosway, lasciò marito e figli
seguendo il Marchesi in giro per tutta Europa, non tornando mai più in
Inghilterra fino al 1795.
Secondo un coevo, lord Mont Edgcumbe, per l'arrivo del Marchesi il rumore fu
tale che l'opera a stento poteva avere inizio... ma ecco cosa ci racconta:
Lord Mont Edgcumbe: "Marchesi era in quel tempo un giovane di bell'aspetto,
con una figura prestante ed un portamento pieno di grazia. La sua
recitazione era animata ed espressiva, grande la sua potenza vocale, ampia
la sua estensione, anche se poco portata ad irrobustirsi. La sua abilità era
veramente notevole, ma gli piaceva troppo farne sfoggio, nè d'altra parte il
suo cantabile era pari al virtuosismo. Nel recitativo e nelle scene di
violenza e di passione era insuperabile, e se fosse stato meno prodigo di
ornamenti, che non erano sempre appropriati, e se avesse avuto il gusto più
schietto e semplice, la sua esecuzione sarebbe stata perfetta; essa però era
sempre gagliarda, animata e di grande efficacia. Debuttò con l'opera GIULIO
SABINO, opera del Sarti (PS: l'aria "Lungi dal caro bene" si trova nel cd
recital di Aris Christophellis. Ensemble Seicentonovecento - Flavio Colusso
- Emi) nella quale tutte le arie del personaggio principale, molte e varie,
sono della più raffinata qualità. Fui però deluso dalla interpretazione del
Marchesi, poiché le arie mi erano familiari cantate da Pacchierotti in
privato: sentivo la mancanza della dolce espressione di Pacchierotti,
soprattutto nell'ultima scena patetica, e mi dispiaceva che la loro
naturalezza fosse rovinata da uno stile troppo fiorito. Ma questo stile
fiorito era di un'assoluta semplicità in confronto a quello udito
ultimamente. Il confronto fece sì che il Marchesi mi piacesse meno di quanto
non fosse avvenuto a Mantova o di quanto non mi fosse accaduto in altre
opere ascoltate qui in seguito. Venne accolto comunque da un caldo
applauso".
Marchesi e Katharina Cavalieri nel GIULIO SABINO di Sarti
(Vienna, 1758)
Fu a Londra che Pacchiarotti e Marchesi cantarono assieme, in un concerto
privato presso Lord Buckingham, e fu sempre a Londra che il Marchesi
pubblicò alcune arie da lui stesso composte. Marchesi come ho detto in
precedenza era un po' un mitomane: a teatro voleva apparire in un certo
modo: la sua entrée doveva esser assolutamente spettacolare: insisteva
infatti per entrare scendendo a cavallo da una collina, con un elmo a piume
sgargianti pluricolorate lunghe almeno un metro ed inoltre si doveva
preannunciare con un allegro suono di trombe e - non finisce qui - inoltre
si doveva cominciare sempre dalla sua aria preferita (aria da baule) "Mia
speranza, io pur vorrei" espressamente per lui scritta da Giuseppe Sarti e
tutto ciò indipendentemente dal personaggio che doveva rappresentare oppure
dalle situazioni ove si trovava. Certo erano manie dei cantanti, come quello
dell'aneddoto della cantante che pretendeva che in tutte le arie vi fosse
sempre inserito il binomio "felice ognora" che secondo costei faceva
comparire la sua voce nel modo migliore....
I tempi comunque stavano cambiando così come i gusti: gli abbellimenti non
venivano più apprezzati come una volta... siamo in un periodo di decadenza
del Barocco Debordante. Nel periodo in cui stava a Londra, un giornale
riportò:
"La scorsa note, le loro Maestà e le principesse onorarono l'Opera con la
loro regale presenza. L'oggetto dell'attrazione era il Marchesi, e il
cantante, animato dalla presenza della corte, diede il meglio di sé, ma
anche fino al punto di rovinare le arie caricandole di abbellimenti. La
melodia però è per l'orecchio ciò che la vista è per l'occhio, può esser
corretta dove non esiste, ma non trasmessa dove non c'è. Temiamo che il
Marchesi non vi sia."
Comunque il Marchesi rimase popolare in Inghilterra fino all'inizio del XIX
secolo. Da dire però che gli italiani erano molto più propensi a perdonare
molte cose per amore del virtuosismo (come non esser d'accordo....). La
società italiana più frivola chiacchierava, danzava, adorava il Marchesi,
che addirittura venne incitato dall'Alfieri ad agganciarsi l'elmetto e a
marciare contro l'invasore francese, anche se solamente col canto. Siamo nel
1796, e Marchesi si rifiutò di cantare davanti a Napoleone....nel 1800
cambiò opinione però, visto che si esibì dinnanzi all'imperatore con la
sig.ra Billington e Grassini.
Marchesi trascorse molto tempo anche nella bella Venezia. C'era una grossa
contesa con la prima donna portoghese Luisa Todi: il veneziano Zaguri nelle
lettere a Casanova accenna spesso a queste contrapposizioni. Nel 1790
scrive: "Quasi tutti parlano del nuovo teatro (la Fenice) e alla Todi, che
cantava nel teatro di San Samuele, e il Marchesi, che invece si esibiva nel
teatro al San Benedetto, costituiscono l'unico soggetto di conversazione in
tutti gli ambienti della città e lo saranno sino alla fine della quaresima:
il matrimonio della pigrizia con la nullità, infatti diviene sempre più
stabile e solido in questi lidi"
Naturalmente poi ci sono state delle acutizzazioni della contrapposizioni e
anche naturalmente lo schieramento dei sostenitori dell'uno e dell'altra, ma
ad un certo punto pare che la palma sembra spettasse sempre alla prima
donna: apparve una stampa di stile inglese che mostra la Todi trionfante e
Marchesi vinto. Ogni verso scritto in favore del Marchesi viene tagliato o
soppresso dal magistrato della bestemmia, cioè da colui che vigilava contro
le bestemmie.
Ogni cosa per quanto sciocca venga fatta in favore della Todi viene permessa
poiché ella è sotto la protezione di 2 potenti famiglie veneziane: i Damone
e i Casa. Comunque i fatti sono che Marchesi continuò a cantare a Venezia
per parecchi anni.
L'anno successivo, nel 1791, una notizia sui giornali inglesi:
Un giornale inglese scrive: "notizie giunte ieri annunciano la morte del
grande cantante Marchesi, avvenuta a Milano. Si dice sia caduto vittima di
qualche marito geloso nobiluomo, che riteneva troppo sospettoso e forte il
legame della moglie con lo sfortunato cantante. Pare che del veleno
somministrato con l'usuale abilità e sveltezza degli italiani, abbia
provocato l'esito fatale".
Tutto ciò o era inventato oppure l'esito non era stato poi così grave:
Marchesi venne forse ferito oppure avvelenato, comunque sia provò solamente
un po' di spavento...
Nel Settembre del 1794, Paguri, che aveva una avversione contro la Fenice
sin dall’inizio, scrisse: “La Fenice quest’anno avrà Marchesi, ma questo
teatro è stato così criticato per la sua brutta costruzione che la cosa non
durerà a lungo. Marchesi costa loro 3.200 zecchini”: ....
Nel 1798 a Venezia il nome del Marchesi appare in un curioso cartellone,
quello della CAROLINA E MEXICOW di Zingarelli, dove la grafia del secondo
nome interpretato da Marchesi sembra un tentativo di render italiano il nome
MacKintosh; la città era già stata assegnata agli austriaci dal trattato di
Campoformio, ma gli esecutori venivano chiamati ancora come “cittadino” e
“cittadina” tal dei tali, nonostante Marchesi correggesse questa uniformità
demografica con la locuzione “Maestro del Re si Sardegna”.
Marchesi cantò nella GINEVRA DI SCOZIA di Mayr per l’Inaugurazione del Nuovo
Teatro di Trieste nel 1801, e riscosse tutti gli applausi possibili fino a
poco dopo la stagione canora del 1805/1806 a Milano, dove si esibì in altre
opere di Mayr, fra cui ERALDO ED EMMA: dopo di che decise di ritirarsi dalla
vita pubblica, finendo la sua vita a Indago nel 1829.
A cura di Arsace
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