Nicolò Grimaldi, meglio noto come
Nicolino o Nicolini, venne battezzato a Napoli nel 1673 ed il suo nome è di
fondamentale importanza per la storia del melodramma barocco, poiché
promosse più di ogni altro la popolarità dell'opera italiana in Inghilterra,
essendo l'artista più completo fra i suoi coevi, capace di unire eccellenti
qualità canore ad un elevatissimo grado di recitazione: ottimo cantante e
attore quindi.
Dal momento che Nicolino cantò per molto tempo a Venezia, i veneziani
pretesero che fosse un loro compatriota, ed egli non negò mai in loro
presenza dal momento che, se l'avesse fatto, la sua popolarità nella città
lagunare ne avrebbe inevitabilmente sofferto. E’ indubbio però che i suoi
natali fossero della città partenopea.
Il
nome Nicola: ora Nicola e Niccolò sono 2 versioni differenti dello stesso
nome: lo stesso si può riscontrare nel nome di Nicola Porpora (oppure
Niccolò Porpora).
Si deve ricordare che non bisogna
confondere Nicolino col compositore Giuseppe Niccolini (1762-1842), nelle
opere del quale Velluti riscosse brillanti successi.
Le
sue origini sono povere, ma la sua famiglia era rispettabile: suo fratello
Antonio Maria diventò un tenore famoso e spesso cantò insieme a lui a
Napoli, mentre sua sorella Caterina Speranza sposò il compositore Fago,
detto “il Tarantino," dal suo luogo di nascita.
Come Handel, Nicolino fu una specie di fanciullo prodigio: esiste un
documento dove si afferma che egli cantò il 3 giugno 1679 a Withehall, ma
non è riportata la denominazione dell’opera in cui lui prese parte.
In
quell’epoca, il compositore napoletano più in auge vista del tempo,
Provenzale, dedicò una pagina di musica creata per lui in una ripresa della
sua opera DIFENDERE L’OFFENSORE O LA STELLIDAURA VENDICATA del 1685, la cui
prima rappresentazione era del 1670.
In
quest’opera Nicolino fece il suo debutto a soli 12 anni.
Provenzale si prefisse l’obiettivo della sua istruzione e in sostanza poi
diede ogni aiuto e incoraggiamento nel percorso carrieristico di Nicolino.
A
diciassette anni, Nicolino conseguì un posto nella Cappella del Tesoro di
San Gennaro, e poco dopo cantava nella cappella reale.
Contemporaneamente però non trascurò il teatro, infatti il suo successo ben
presto si consolidò con quello delle opere di Alessandro Scarlatti, fra cui
LA CADUTA DE’ DECENVIRI del 1697, MUZIO SCEVOLA del 1698 e IL PRIGIONIERO
FORTUNATO sempre del 1698.
Interpretò sollevando grandi entusiasmi e consensi anche TITO MANLIO di
Pollarolo e PARTENOPE di Manzo: scrosciarono gli applausi tanto per il suo
bell'aspetto, per la presenza sulla scena e per la superba recitazione,
quanto per il suo canto: tali doti riunite in una stessa persona suscitarono
commenti positivi degli intenditori dell’epoca, fra cui l’Algarotti che lo
dipinse come l’ideale fusione di cantante e di attore.
Nel 1699, Nicolino fu per la prima volta applaudito fuori Napoli, a Bologna.
Di
solito al di fuori dei teatri i castrati venivano disprezzati, incontrando
scherno anche, ma il giovane Nicolini era riuscito a scherzarci sopra,
nell’occasione di quando un mendicante lo aveva scambiato per una prostituta
che strillava.
Nel 1700 si recò a Venezia, la città che doveva diventare sua seconda
patria. Vi rimase, ad esclusione di brevi spostamenti occasionali in altre
città, fino al 1708 e riscosse tali ammirazioni che nel 1705 fu insignito
del titolo di Cavaliere della Croce di San Marco immediata conseguenza della
sua ultima interpretazione nell’ANTIOCO di Gasparini.
L’anno prese una decisione a quell’epoca straordinaria di trasferirsi in
Inghilterra, paese che muoveva i primi passi nel fascinoso mondo dell’opera
italiana: certo, non era il primo cantante italiano che si faceva esibiva
sui palcoscenici londinesi: si può citare da un lato Baldassarre Ferri che,
molti anni prima si era esibito in un’unica apparizione, mentre Margherita
de l'Epine era a Londra dal 1692, dall’altro un altro nome insigne nel mondo
della Musica aveva inoculato il germe del melodramma italiano a Londra,
anche se non con esibizioni pubbliche teatrali: ci si riferisce qui a Siface
in occasione della sua visita in suolo britannico nel 1687. Da rammentare
inoltre che si ha notizia di un altro nome relativamente noto, per il fatto
di essere il primo castrato che si stabilì in Inghilterra: Valentino Urbani,
che però non era un cantante nemmeno lontanamente paragonabile a Nicolino:
Valentino Urbani è uno dei musici al servizio del duca di Mantova nell’arco
di tempo compreso fra il 1680 e il 1690, che si esibì a Bologna nel 1691 e
nel 1695 con il Pistocchi nell’opera NERONE FATTO CESARE di Perti.
E’
tuttavia da sottolineare che Nicolino era certamente il primo Castrato
famoso che si recasse in quel paese, decidendo in seguito di rimanervi per
un lungo periodo di tempo, e, sicuramente contribuì all’insediamento stabile
dell'opera italiana contro alcuni pregiudizi nazionalistici degli inglesi,
che finirono per assopirsi per lo meno fino agli anni attorno 40 circa del
1700: col
passar del tempo gli inglesi sentiranno l'esigenza sempre più forte di veder
rappresentate opere col loro idioma, e i sintomi di questa esigenza la si
vede nel progressivo sfoltimento della lunghezza dei recitativi delle opere
handeliane, e nell’intensificazione progressiva della produzione oratoriale
di Handel, unico vero compositore nella Londra d'oro dell'opera italiana.
La
prima apparizione cui partecipò Nicolino, nel dicembre del 1708, venne
eseguita in parte in italiano, e in parte in inglese, a seconda della
nazionalità degli interpreti: si tratta dell’opera, data
al Queen's Theatre,
PIRRO E DEMETRIO di Scarlatti (la cui prima era stata data a Napoli
nel 1694). L’enorme e grandissimo successo procurò un gran sbalordimento al
giornalista Steele, che scriveva nello Spectator, e ad altri che
assistettero all’opera in questione.
Nessuno osò farsi beffe di Nicolino e l'ammirazione per la sua arte fu
generale anche fra coloro che consideravano l’opera un’assurdità.
Ci
riferisce Steele:
“Per parte mia, fui veramente soddisfatto di questo attore che, con la
grazia e la proprietà dell’azione e dei gesti, fa onore alla figura umana.
E’ facile capire che alludo al signor Nicolini, che abbellisce il
personaggio che interpreta in un’opera con il suo portamento, così come con
la voce ne rende chiare le parole.
Ogni parte del suo corpo collabora nella recitazione, tanto che perfino un
sordo potrebbe comprenderne il senso. Non esiste, quasi, atteggiamento
armonioso di statua classica in cui egli non si metta, quando le diverse
circostanze del soggetto gliene diano occasione. Esegue il movimento più
naturale in modo adeguato alla grandezza del suo personaggio e ha maniere
principesche anche quando consegna una lettera o invia un messaggero.
I
nostri migliori attori non sanno come muoversi quando da una certa distanza
devono portarsi al proscenio, mentre io ho visto Nicolini entrare, sola,
dalla parte più distante del palcoscenico e avanzare con un’aria e con modi
così maestosi da riempirlo tutto e allo stesso tempo da imporsi
all’attenzione del pubblico con la monumentalità del suo aspetto.”
Dopo questo esperimento di ulteriore tentativo di far apprezzare a Londra il
melodramma italiano, le opere iniziarono a esser date interamente in
italiano; la
prima fu l’ ALMAHIDE musicata probabilmente da Giovanni Bononcini, ma il più
grande successo di Nicolino a Londra fu rappresentato da L’IDASPE FEDELE
di Mancini con la divertente scena del musico che lottava contro un
leone, delizia della maggior parte del pubblico e argomento ricorrente degli
scrittori di satire fino a Carey col suo incantevole DRAGON OF WANTLEY,
scritto nel 1737, in relazione all’opera di Handel GIUSTINO.
Riferisce William Hogarth:
“Questa scena deve essere stata di effetto assai buffo sul palcoscenico.
Idaspe indirizza al leone una lunga aria di bravura, “Mostro crudel, che
fai?” colma di trilli e di gorgheggi, rivolgendosi dapprima al “mostro
crudel” in tono di sfida per giungere poi a dirgli, con aria sentimentale e
con un largo in modo minore, che potrà anche lacerargli il petto, ma
non riuscirà a intaccare il suo cuore che è rimasto fedele all'amata.
Lo
spettacolo di Nicolino che ora si agitava, ora diceva parole senza senso a
un povero diavolo travestito da leone, e poi sussurrava una storia d’amore
all’orecchio di quella specie di mostro, e che finiva addirittura quasi con
lo strozzarlo sulla scena, deve essere stato comico al massimo e sufficiente
a gettare il ridicolo su tutta l’opera italiana.”
Doppiamente colmo di ilarità, comunque, poiché tutta era spesso oggetto di
richieste di bis e quindi il defunto animale veniva fatto risuscitare e
ucciso un’altra volta.
Lady Mary Wortley Montagu, in una epistola, accenna a questo fatto in modo
piuttosto misterioso:
“Fui giovedì scorso alla nuova opera, e vidi Nicolini strangolare con
coraggio un leone. Ma egli rappresentò la nudità con tale evidenza che fui
sorpresa di vederlo osservato senza disagio da quelle stesse signore che
pretendono di venire scosse così violentemente quando in una commedia vi
sono uno o due modesti doppi sensi. Mi sono convinta che quelle puritane che
si scandalizzano alla parola nudo, non hanno poi scrupoli di fronte
ai fatti.”
Per spiegare la portata di queste affermazioni, bisogna sottolineare che
Nicolino non apparve con elmo piumato, mantello, e sgargiante costume, pieno
di pizzi, maniche a sbuffo, pennacchi, merletti e decorazioni varie, ma con
un costume molto aderente color carne, il che fece apparire non solo a Lady
Mary, quindi in un costume tradizionale, ma anche a tutte le dame della
società che avevano partecipato all’opera Nicolino mezzo nudo.
Considerando il fatto che guardando i ritratti di Nicolini, ci si rende ben
conto che possedeva un corpo molto più gigantesco degli altri castrati e
immaginarlo quasi nudo, come un dirigibile, che incelofanato dentro un
corsetto color carne, si scaglia contro il “mostro crudele”, seguendo
perfettamente le regole del bel canto, prima dell’inizio dello scontro con
il leone finto, non si può certo trattenere un sorriso e si può anche ben
comprendere come questa scena di lotta dell’IDASPE di Mancini fu un vivo
argomento di discussione per anni: si deve ricordare che l’opera fu
rappresentata ben 46 volte nell’arco di tempo compreso fra il 1710 e il
1716.
Lo
Spectator arrivò fino al punto di richiamare Nicolino al dovere per
essere apparso nell’IDASPE.
Pare che Addison si lamentò
solo del fatto che non si potesse resuscitare il leone per fare un bis:
“Non pensiate che io stia criticando il signor Nicolino, che solo in questa
parte si conforma al cattivo gusto del pubblico. Egli sa benissimo che il
leone ha molti più ammiratori di lui, alla stregua della famosa statua
equestre sul Pont Neuf a Parigi, che molta gente va ad ammirare per il
cavallo più che per il re che gli sta in sella.
Mi
sento giustamente indignato nel constatare che una persona, la cui
recitazione dà nuova dignità ai Re, nuovo impeto agli Eroi e nuova Dolcezza
agli amanti, sia scesa così in basso dalla grandezza del suo comportamento,
degradandosi col personaggio del “The London Prentice”.
Ma
lo scontro con il leone era motivo di grande divertimento: nello Spectator
nel febbraio del 1712 si pubblicò la richiesta espressa da un lettore:
“Mr Spectator,
sappia che sono coraggioso per natura ed adoro battermi, come qualunque
altro inglese.
Questa mia indole mi porta ad apprezzare moltissimo le battaglie in scena.
Ardisco mostrare verso di lei il mio disappunto, per il fatto che Nicolini
mi ha deluso negando di rappresentare quella scena dell’opera che più mi
rapisce. Ho notato che è divenuta consuetudine che ogniqualvolta un’aria
piace in modo particolare al pubblico, tanto da gridare”Ancore” o “altro
volto”, l’interprete è così cortese da cantarla un’altra volta.
Ero all’opera l’ultima volta che era stato rappresentato l’IDASPE e nella
scena in cui il protagonista affronta il leone, il leggiadro modo in cui ha
ucciso a quell’orribile mostro mi ha procurato un tale piacere e un
contemporaneo senso forte di impavidità che non ho potuto esimermi di
chiedere con vigore un bis, urlando “altro volto”, confermando i miei amici
che ho pronunciato queste parole in modo corretto e con un buon accento,
considerando che era solo la terza volta che assistevo all’opera nella mia
vita.
Tuttavia la mia richiesta non è stata neppure valutata, e il leone fu
portato via e se ne andò a letto, per cui con mio grande disappunto non fu
più ucciso per quella sera.
Ora signore, la imploro di capire che non ho capito una parola di ciò che
Nicolini ha detto a quella feroce bestia; inoltre non ho orecchio per la
musica, sicchè durante la lunga lotta fra Nicolini e il leone, tutto il
godimento che ho ricavato mi derivava dall’aspetto visivo: dunque perché non
ho diritto d’assistere alla ripetizione di una scena d’azione così ben
rappresentata, così come un altro ha diritto di chiedere il bis di un suono
piacevole?
Sono inglese e mi aspetto che mi venga data una qualunque risposta a questo
riguardo!”
Il leone comunque fu protagonista
di riflessioni da parte di Addison nel The Spectator, poiché innanzitutto si
era diffusa una voce di corridoio che, in occasione già del primo
combattimento rappresentato dell’IDASPE, si sarebbe, per ogni
rappresentazione dalla Torre sarebbe stato inviato sulla scena un leone
vero, affinché Idaspe l’uccidesse. Questa voce si diffuse sui piani alti del
teatro, tanto che alcuni illustri politicanti si diedero da fare per
diffondere la notizia che la scena sarebbe stata rifornita di leoni a spese
del pubblico per tutta la stagione. Ipotesi girarono sul modo con cui il
Nicolini avrebbe portato a morte la fiera: c’era chi sosteneva che Nicolini
lo avrebbe sopraffatto nel corso del recitativo, esattamente come Orfeo era
soleto domare le belve feroci alla sua epoca, per poi dargli un colpo sulla
testa.ma altri erano fermamente convinti che la fiera non avrebbe osato
attaccare Nicolini affidando sul virtuoso le unghie, poiché circolava la
credenza che un leone non avrebbe mai attaccato una vergine.
Stimolato da tante voci, Addison
decise di indagare per verificare se si impiegava un vero leone oppure una
contraffazione. E girando dietro le quinte, Addison per poco non faceva un
infarto, poiché il suo sguardo curioso incrociò il volto della terribile
fiera: sobbalzò dallo spavento.
Il leone rendendosi conto della
sorpresa di Addison disse con toni garbati che non intendeva far male a
nessuno.
Il leone poco dopo fece un balzo
ed entrò in scena dove l’attendeva il Nicolini, ottenendo enormi scrosci di
applausi.
A quel tempo però si notò che il
leone nelle varie rappresentazioni cambiò atteggiamento nel suo confronto
con il virtuoso, e questo fatto fu dovuto al fatto che il leone fu
sostituito tre volte.
Il primo leone era interpretato da
uno smoccolatore, che aveva un carattere irascibile, e ogni volta che
durante il combattimento fuoriusciva un po’ dal costume si inferociva ancora
di più: ora durante una normale conversazione lo smoccolatore si lasciò
sfuggire che non aveva combattuto bene, poiché si era lasciato atterrare ed
affermò che avrebbe saputo fare meglio ed era pronto ad affrontare Nicolini
anche fuori dal palcoscenico quando questi avrebbe voluto, fuori dalla pelle
di leone: si ravvisarono segni di instabilità mentale verso lo smoccolatore,
e ritenne opportuno licenziarlo, prima che scoppiasse una lite fuori dal
palco.
Il secondo leone, quello con cui
Addison parlò dietro le quinte, era interpretato da un sarto, dal carattere
mite e raffinato, infatti il leone entrava faceva una modesta passeggiata
sulla scena, cadendo con riverenza al primo tocco di Idaspe: se il primo
leone fu giudicato troppo violento, questo si trovava agli estremi opposti:
troppo mite per essere una belva feroce degna avversaria dell’eroe. E’
questo il leone che conversò con Addison dietro le quinte del palcoscenico.
Il terzo leone invece aveva un
atteggiamento impetuoso: chi lo impersonò era un gentiluomo di campagna che
aveva assunto questa interpretazione non per denaro, ma solo per
divertimento.
Non voleva però che il suo nome
venisse pubblicato fra gli interpreti dell’IDASPE di Mancini, poiché se i
suoi compaesani fossero venuti a saperlo, certamente lo avrebbero canzonato
chiamandolo “L’asino nella pelle di leone”: ilare, dolce ed impetuoso, così
lo ricorda Addison nelle sue memorie.
Addison riferisce inoltre che
c’era la voce che il leone e Nicolini sono stati seduti amichevolmente uno
accanto all’altro, fumando la pipa dietro le quinte: questo atteggiamento
però era solo fuori scena, poiché questa armonia non si poteva percepire in
scena, e solo dopo che il leone era effettivamente morto, secondo le regole
dettate dal teatro.
Altra voce che girava relativamente all’opera IDASPE, era che Nicolino in
persona avrebbe scritto il libretto dell’IDASPE, così come quello
dell’AMLETO di Gasparini, ma in realtà siccome Nicolino dirigeva in
quel periodo il teatro di Haymarket, il suo nome veniva stampato sui
libretti delle opere rappresentate; può essere che sul testo del primo
dramma di Cicognini e sul testo del secondo dramma che era di Zeno e Pariati,
il Nicolino avesse apportato modifiche.
Nel 1711 arrivò a Londra Handel e rappresentò il suo RINALDO con
enorme successo, nonostante le numerose assurdità della messinscena.
Nicolino faceva parte del cast e viene descritto da Joseph Addison
come “esposto alla tempesta, in mantello d'ermellino, mentre veleggia con
una barca scoperta, su un mare fatto di cartapesta”.
Nella versione del 1711,
Nicolino che interpretò la parte di Rinaldo nell’opera di Handel, segna
l’inizio di una consuetudine Handeliana, ossia quella di assegnare al
castrato più in voga del momento la parte dell'eroe principale.
L'aria "Cara Sposa"
affidata a Nicolini che interpreta Rinaldo si dice (fonte Hawkins) "che
l'autore spesso diceva essere stata una delle migliori melodie che avesse
mai composto accanto a "Ombra cara" in RADAMISTO.
Il
14giugno 1712, al Queen’s Theatre sullo Haymarket, il signor Cavaliere
Nicolino Grimaldi si congederà dall’Inghilterra, ben dopo 4 anni di
permanenza, con una rappresentazione dell’ANTIOCO di Francesco Gasparini.
A
causa della forte calura, la cascata resterà in azione per tutta la durata
dello spettacolo: la cascata era una delle attrazioni visive e dei
macchinari dell’apparato scenico dell’Haymarket: Addison si dolse e
nell’apprendere dalle locandine che questo era uno spettacolo di commiato
del Nicolini, che considerava un grande artista, capace di far conoscere la
musica italiana in tutta la sua perfezione.
Nel 1712 il cantante ritornò a Venezia, dove interpretò con successo
vivissimo l’opera LE GARE
GENEROSE di Albinoni, l’opera LA VERITA’ NELL’INGANNO di
Gasparini e altri lavori. Una cronaca dell’epoca così dice:
“Pochi giorni fa, il virtuoso signor Nicolino Grimaldi ritornò da noi dopo
una sospirata attesa; in questo tempo, grazie all’armonia della sua voce
soprannaturale, egli è divenuto l'idolo delle prime corti europee, e in
quella d’Inghilterra si è guadagnato i favori di Sua Maestà la Regina Anna.
Si dice che, insieme ad altri doni di valore, abbia ricevuto a Londra un
gioiello molto peculiare di inestimabile valore, del quale non sapremo mai
la qualità; se ne parlerà, forse, con maggiori dettagli quando egli si sarà
ristabilito, dal momento che per ora giace a letto ammalato.”
Questo oggetto prezioso cui si fa riferimento nella cronaca suddetta era il
bastone di San Giuseppe che fiorì quando egli divenne promesso sposo della
Santissima Vergine.
Nicolino l’aveva comprato durante la sua permanenza in Inghilterra, e ne
fece il suo più prezioso tesoro, e arrivò, secondo le testimonianze coevi, a
esibirlo in occasione della festa dedicata al santo nella sua casa con la
più grande solennità di cerimonie e di musiche.
Nicolino fece un’apparizione a Napoli nel
1713, mentre nel 1714 riapparve a Londra per un breve periodo cantando in
una ripresa del suo prediletto IDASPE, nell’AMADIGI DI GAULA di Handel,
la cui
rappresentazione fu data il 25 marzo 1715,
e nel pasticcio GLEARCO.
AMADIGI,
riscosse un successo
clamoroso perchè la musica era altamente ispirata. L'allestimento dell'opera
fu grandioso: costumi e scene nuove, il palcoscenico fu dotato di carrucole,
quinte, candele, lanterne, torce, altri armamentari: tutta Londra parlava
della fontana gorgogliante illuminata da diversi colori e dell'accoppiata
Nicolini e Anastasia Robinson.
Ma
ben presto sentì l’impulso di rientrare a Venezia dove apparve nell’ EUMENE
di Albinoni, nell’ASTIANATTE di Bononcini, nell’ARSACE di
Gasparini.
Si
trasferì a Napoli nel 1718 fu udito nella FEDE NE’ TRADIMENTI e nell’ARSACE
di Sarro, nonché nella serenata L’ANDROMEDA con Marianna
Benti-Bulgarelli e Matteuccio.
Nel
1718, lo stesso RINALDO di Handel viene riproposto a Napoli, sotto la
direzione di Leonardo Leo, e il protagonista principale è ancora Nicolini.
Nel
1720 comunque a Londra il successo di Nicolini viene lentamente oscurato dal
nuovo idolo del pubblico inglese: Senesino.
La
cara Mrs Pendarves, alias Mary Granville, amica di Handel, racconta:
"Il
palcoscenico non è mai stato così ben servito come ora non c'è un solo
cantante scadente: infatti sono tutti italiani. C'è un certo Serosini che
sopravanza Nicolini sia nella presenza fisica sia nella voce".
Serosini è Senesino che rimase con l'Academy nella qualità di primo uomo
finchè non chiuse i battenti. Tuttavia c'era gente che la pensava
differentemente nel confronto fra i 2 evirati cantori.
Ecco cosa dice Zambeccari, l'impresario che aveva lavorato con Senesino in
Italia:
“Senesino continua ad essere impacciato in scena; se ne sta immobile come
una statua e le poche volte che fa un movimento, lo fa dalla parte
sbagliata. Nei recitativi si esprime in modo assai abominevole e assai
diversamente da Nicolino, che invece li cantava in modo ammirevole: per
quanto concerne le arie, quando è in voce le canta anche bene. Ma ieri sera
nell'aria più bella, era in anticipo di due tempi”.
Gli anni immediatamente successivi videro Nicolino dividersi fra Venezia e
Napoli. Nella prima città riscosse un enorme successo cantando con Vittoria
Tesi nell’ARMINIO di Pollarolo, e nella seconda venne acclamato nell'ARIANNA
E TESEO di Leonardo Leo del 1721.
Fu
interprete, inoltre, alla prima esecuzione del famoso dramma di Metastasio,
DIDONE ABBANDONATA, musicato in questa occasione da Sarro. Nicolino
faceva la parte di Enea, la Benti Bulgarelli quella di Didone e il tenore
Annibalino quella di Iarba.
La
voce di Nicolino in questo periodo registrava una decadenza, ma perseverò
comunque ad interpretare le parti principali, sempre costantemente ammirato
per la sua eccelsa recitazione e per il suo modo di proporsi sulla scena.
Continuò a cantare a Venezia fino al 1730, quando apparve nel SIROE , RE DI
PERSIA di Leonardo Vinci e nel MASSIMIANO di Orlandini.
Nel 1725 Nicolini, all’età di 52 anni. dall’immensa corporatura, interpretò
a Venezia la parte dell’infido Artabano nell’ARTASERSE di Johann Adolf Hasse:
la prima a Vnenezia si risolse in un successo clamoroso, lo stesso
compositore fu portato in auge.
Nel 1731, all'età di cinquantotto anni, fu scritturato a Napoli per cantare
nella SALLUSTIA di Pergolesi, e il suo nome risulta stampato sul
libretto, ma egli non prese parte all’esibizione poiché in seguito ad un
litigio con l'impresario, si ritirò e, prima che le cose si aggiustassero,
cadde seriamente ammalato e morì il 1° gennaio 1732.
Il
lungo e verboso testamento, in data 1 gennaio, dettato in extremis,
contiene le più dettagliate direttive per la sistemazione del suo
considerevole patrimonio, particolare che riscontriamo anche nel testamento
di Farinelli e di Filippo Balatri.
Tra i vari legati, esiste anche il seguente:
“Il sig. Cav. D. Nicolò lascia al sig. Nicola Fago, suo cognato, per l'amore
che gli porta, la famosa reliquia del bastone di San Giuseppe, che egli si
procurò con tanta fatica in Inghilterra, togliendolo dalle mani degli
eretici, e che ha sempre tenuto in casa sua con grande Venerazione,
solennizzando ogni anno la sua festa, egli supplica e incarica il detto S.
N., suo cognato, di tenerlo presso di sé e di celebrare ogni anno la festa
in onore del detto glorioso santo".
Impartì poi ulteriori disposizioni al cognato Fago affinché alla sua morte,
la reliquia fosse lasciata alla Chiesa, cosa che deve essere stata fatta,
poiché il bastone si può ancora oggi ammirare a Napoli nella chiesa di Monte
Reale.
A cura di Arsace