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Civico Museo Bibliografico Musicale, Bologna
Pistocchi fu più noto come maestro di canto che come
interprete vocale, e si distinse anche nella composizione.
Era figlio di un violinista, nato a Palermo nel 1659. Ma nel 1661
la famiglia
Pistocchi si trasferì a Bologna,
poiché il padre era stato assunto come musicista addetto alla cattedrale
di San Petronio.
Pistocchi dimostrò di essere un bambino prodigio, sia
come cantante che come compositore: a cinque anni colpì l’attenzione del
Granduca di Toscana e di un cardinale di Bologna.
A otto anni invece pubblicò la sua prima composizione CAPRICCI PUERILI,
una serie di variazioni per tastiera, arpa, violino ed altri strumenti.
Ebbe comunque come insegnante un nome altisonante quale quelli di Perti.
All’età di dieci anni compose un’opera buffa, GIRELLO, che però non fu
rappresentata che nel 1682, poiché era cosa rara nel 1669.
All’inizio, sebbene prestasse il suo contributo canoro nel coro della
cattedrale, non aveva preso sul serio questa professione, e nemmeno suo
padre, né è prova il loro vagabondare cantando e suonando nei teatri e
nelle case di ricchi amatori ogni volta che ne avessero avuto l’occasione.
Nel 1675 però proprio per questo comportamento furono licenziati, sia il
Pistocchi che il padre.
Dopo questo episodio il padre scompare dalle notizie che ci sono
pervenute, per cui o è morto, o comunque si è separato dal figlio nelle
esibizioni musicali.
Pistocchi sfoggiava fin dagli inizi una voce sopranile assai promettente,
ma poi la perse improvvisamente: pare che sia stata la sua vita dissoluta:
in realtà potrebbe anche essere diversamente da questa tesi che sostiene
Burney: infatti i castrati dovevano fare i conti con il periodo in cui la
voce sarebbe cambiata se non fossero stati evirati: questo era un periodo
difficile localmente parlando: alcuni arrivavano comunque a perdere la
voce per sempre, vanificando quindi il sacrificio enorme che avevano fatto
per preservare e potenziare la bellezza della loro voce bianca.
Pistocchi fu costretto a rinunciare al canto, e si trasferì a Venezia,
concentrandosi sulla composizione, dote che poteva ben sviluppare dal
momento che tutti i musici cantori avevano una solida preparazione
musicale che potevano anche sfoggiare nelle variazioni che apportavano
sulle linee melodiche che i compositori effettivi segnavano sul
pentagramma.
Pare che comunque Pistocchi si trovasse in difficilissime condizioni
economiche, tanto che dovette adattarsi a lavorare come copista, e infatti
è molto probabile che avesse finito per aiutare il suo collega,
compatriota e coetaneo compositore Domenico Gabrielli, associandosi al suo
lavoro, copiandone la sua musica, esulando un po’ dalla sua professione.
LEANDRO, nel 1679, fu la prima opera di Pistocchi: fu rappresentata però
in un teatro di burattini, con il cantante dietro le scene: si pensa che
questa forma di intrattenimento dovesse esser stato in una voga
passeggera, e che come sappiamo fu ripresa da Guadagni 100 anni dopo, ma
solo per hobby personale.
Mentre riceveva gratificazione per il suo lavoro di compositore, cosa che
però non portava guadagni mirabili come quelli che potevano perseguirsi
con l’arte canora, Pistocchi ripensò al canto.
Nel 1679 pare cantò in un’opera di Perti, ma non riscosse successo:
bisogna attendere il 1689 a Venezia: in questo momento ottenne un
riconoscimento vocale: in questo periodo grazie al profondo impegno allo
studio, armato di costanza e perseveranza, era riuscito a ricostituirsi
una bella voce, ma di contralto, sfoggiando una tecnica più raffinata:
tutto questo contribuì a spianargli la strada per la fama.
Dopo il 1689, si esibì in Parma, Piacenza, Modena, Bologna, etc. e si
guadagnò ovunque il soprannome di “Pistocchino”. Nel 1696 assurse al rango
di Maestro di Cappella del margravio di Anspach. Fra i suoi allievi si
conta il nome della principessa Carolina, futura Regina di Inghilterra.
Non abbandonò nel contempo la sua attività di compositore, scrivendo
NARCISO nel 1697, e PAZZIE D’AMORE E D’INTERESSE nel 1699, dove fra
l’altro partecipò di persona nelle rappresentazioni.
Verso fine del 1699 fu a Vienna dove nel 1700 si rappresentò la sua opera
LE RISA DI DEMOCRITO, che riscosse un poderoso successo, giacchè fu
ripresa a Bologna nel 1708 e nel 1710 a Firenze.
Nel 1701 si riconciliò con colui che lo aveva licenziato nel 1675, un
certo Capitolo della cattedrale di Bologna: fra i doni più naturali del
Pistocchi si deve annoverare il carattere amabile e simpatico, cosa che
riscosse popolarità sia fra gli allievi che fra i suoi contemporanei: per
questa sua dote, la riappacificazione fu fattibile e quindi riprese parte
al coro della cattedrale, lasciando il suo posto ad Anspach, ma riuscì a
conservare con questo nuovo incarico la libertà più ampia di lasciare
Bologna per tempi molto lunghi.
Il suo tempo era diviso in questo periodo fra il continuare ad errare per
continuare la sua carriera teatrale e fra sostare presso la sua casa di
campagna a Parma.
Nel 1702 cantò a Milano e alla corte toscana in accoppiata con Matteuccio
in un mottetto di Alessandro Scarlatti.
Nel 1704 tornò a Venezia dove si esibì in LA FEDE TRADITA E VENDICATA di
Gasparini.
Ma ecco che la voce cominciò a declinare nuovamente, così subito i più
inclementi pensarono di comporre una poesia affatto lusinghiera, le cui
prime note sono:
“Pistocco co’ ‘l fa un trill si può eguagliare
a quel rumore ch’è solito di fare
quando si scossa un gran sacco di nore.”
Albinoni fu l’ultimo compositore che ebbe l’onore di avere il Pistocchi
nel cast operistico: a Genova infatti Pistocchi interpretò l’opera IL PIU?
FEDELE FRA I VASSALLI.
Nel 1706 fondò una scuola, che poi ebbe gran risonanza nel XVIII° secolo
in Italia: Bernacchi, Antonio Pasi, Gianbattista Minelli, il tenore
Annibale Pio Fabbri, Domenico Gizzi, il maestro del futuro famosissimo
Gizziello.
Pistocchi raffinò lo stile di canto in Italia che allora era un po’ rozzo.
Il suo merito in questo campo fu riconosciuto da tutti i suoi compatrioti,
e da nessuno può esser smentito.
Pistocchi assume il ruolo di perno per lo sviluppo del canto nella storia
del canto, e analogamente ad Alessandro Scarlatti, fu il fondatore della
scuola napoletana dell’opera, e di conseguenza di tutta una tradizione
musicale della musica drammatica. Si potrebbe dire che
Pistocchi fu
responsabile delle voci per cui quella musica veniva creata.
Nel 1715 prese i voti entrando nell’ordine di San Filippo Neri,
ritirandosi nel monastero, dove fu beniamino fra i monaci poiché aveva
portato la gioia nel chiostro.
Rinunciò però sì al mondo, ma non alla musica, quindi produsse una serie
di oratori, IL SACRIFIZIO DI JEFTE, DAVIDE, e I PASTORI DEL PRESEPE.
Questa sua attività non lo abbandonò mai sino alla sua morte, che avvenne
nel 1726, suscitando vasti rimpianti fra coloro che ebbero modo di
conoscerlo ed apprezzarlo mentre era in vita.
Come compositore era davvero notevole stando alle opinioni di Burney: egli
infatti commentando l’oratorio di Pistocchi MARIA VERGINE ADDOLORATA,
dice:
“Non si conosce la data di questo oratorio. ma dall’eleganza e dalla
semplicità dello stile sembra si stato composto verso la fine del 1600. Il
Recitativo , libero oramai da impedimenti formali è in questo lavoro molto
patetico e drammatico. Pistocchi sembra esser un contrappuntista molto più
corretto di quei cantanti d’opera che in linea generale ad un certo
periodo della loro vita vengono presi dal fuoco della composizione, nel
momento in cui è troppo tardi per iniziare o proseguire tale attività
efficacemente, senza rovinarsi o trascurarsi la voce…
Alla fine di questo oratorio che è molto patetico e solenne, sono
impiegate tutte le sfumature del diminuendo, come piano, più piano,
pianissimo, analoghi ai diminuendo, calando, e smorzando del giorno
d’oggi.”
Discografia
Il Martirio di S. Adriano
Oratorio (Modena,
1692)
Patrizia Vaccari, soprano; Alessandro Carmignani, controtenore; Gianlucca Ferrarini, tenore; Sergio Foresti, basso.
Compagnia de' Musici,
Francesco Baroni
Symphonia (2 CD, 2001)
A cura di Arsace