Antonio Vivaldi
Dell'insieme delle opere di Vivaldi, ci sono pervenute le partizioni di 21 opere alle quali mancano una o più atti.
A parte il lato drammaturgico, le opere non facevano altro che rispondere alle esigenze imposte al compositore dalle convenzioni a volte soffocanti, ma tuttavia universalmente riconosciute. La musica di Vivaldi nelle opere è così vigorosa e piena di immaginazione come qualsiasi altro pezzo che ha composto.
Queste bene o male sono le parole di apprezzamento del Grove sul talento di Antonio Vivaldi.
L'opera intitolata IL TIGRANE, è stata presentata nel 1724 durante il carnevale di Roma, al teatro Capranica. Il primo Atto era stato composto da Benedetto Micheli ed il terzo da Nicola Romaldi; è il secondo invece oggetto del cd, sotto inserito, che porta la firma di Vivaldi.
Il libretto è totalemtne conservato , ma salvo la partitura di Vivaldi, la musica degli altri due atti è perduta.
L'opera era dedicata a Faustina Mattei Conti Guadagnolo, nipote del Papa.
Autore del libretto e co-seminarista di Vivaldi, Francesco Salviani conosceva bene gli scritti di Plutarco intitolati "Vite parallele", datata 1° secolo , nei quali i personaggi di Tigrane vittorioso e di sua moglie Cleopatra di Ponto, figlia di Mitridate, protagonisti di quast'opera, appaino spesso. Nella sua opera composta da 50 nuove biografie, Plutarco scrive, tra l'altro, su Tigrane: "Il Re dei Re, Tigrane è salito al trono in Armenia, isolò i Parti con le sue armate, fece spostare delle città greche dall'Asia in Media, e mantenne sotto la sua egida Siria e Palestina.
All'epoca di Vivaldi, la vita trionfante del Re Tigrane era uno dei soggetti favoriti dai compositori d'opera: ben circa 60 opere sono state imbastite sopra la vita di Tigrane: Albinoni, Bononcini, Scarlatti, Gasparini e Giacomelli per dire alcuni nomi noti nel campo dei compositori Barocchi portarono sulla scena Tigrane.
Per la sua opera nel 1729 Adolf Hasse si servì del libretto di Silvani, mentre Gluck si appoggiò su quello di Goldoni e di Silvani per al sua versione del 14743.
Per esporre la trama della vicenda, Tigrane, Re di Armenia e Mitridate, Re di Ponto, non sono in buoni rapporti, ma accade che Tigrane si innamori della figlia di Mitridate, Cleopatra. Celato sotto il falso nome di Farnace, Tigrane si insinua nell'armata di ponto e consegue una vittoria gloriosa. Ma nel frattempo anche Apamia, prinicipessa di Sinope, cade innamorata di Tigrane, ma rifiutata da quest'ultimo, finisce per sposare Mitridate. In seguito, dopo aver confessato a Cleopatra che egli è a tutti gli effetti il Re d'Armenia, svelando quindi la vera identità di Tigrane, Tigrane finisce a convolare a nozze con Cleopatra, ristabilendo la pace fra l'Armenia e il Ponto.
Secondo le leggi dell'epoca, nessuna cantante poteva esibirsi sul palco nella città papale, così i ruoli femminili, come ugualmente quello di Tigrane, sono staitinterpretati da celebri cantanti castrati d'Italia.
La parte laboriosa di Cleopatra fu interpretata da Giovanni Ossi; la parte di Apamia dal castrato Carlo Pera, e la parte di Tigrane dal castrato Paolo Mariani.
IL TIGRANE, sulla base della partitura autografa conservata, si è fatto sentire il 15 Settembre 2003, presso la chiesa barocca in rovina di Kiscell, nello spettacolo di concerto del 6° Festival della musica Antica e contemporanea dell'Opera da Camera di Budapest.
E' Pàl Németh cha ha assegnato al libretto di Silvani delle arie trovate nelle opere e i pezzi di musica sacra meno conosciuti di Vivaldi, che potevano equivalere al materiale musicale della partitura autografa conservata nel secondo atto.
L'Opera così resuscitata di Vivaldi è stata presentata in forma di concerto il 29 Marzo 2004, al festival della Primavera di Budapest, e, in spettacolo d'opera, con un contributo dell'Opera da Camera di Budapest, nella messa in scena e con l'utilizzo dei costumi, creati da Domokos Moldovàn, direttore artistico, il 31 Luglio 2004, nella sala di teatro barocco del Castello reale di Godollo,dove è stato rappresentato più volte.
Atto Primo, musica di Benedetto
Micheli, perduta
Atto
Primo, musica di Benedetto
Micheli, perduta
Atto
Secondo
Scena
Prima
Giardino
de’ fiori con pergolate e fontane
Cleopatra
Sola
Recitativo
Lasciatemi
in riposo
Qualche
momento almeno,
tormentosi
pensieri,
e
date al mesto seno
tregua
almen, se non pace.
Già
con la mente
Agitata
da un mar sì tempestoso,
vacillano
le piante,
e
mi fanno cercar qualche riposo.
Qui
mentre mormorando
Corron
le onde
M’invitano
a sopir il mio tormento,
e
dall’aure scherzando
con
le fronde
in
gran parte addolcir il duol mi sento.
Qui,
etc.
Scena
Seconda
Tigrane
da una parte, dall’altra Apamia ed Oronte.
Cleopatra
che dorme
Recitativo
Misero,
io vivo ancora, e pur di morte
Pronunziò
la sentenza
Contro
di me quel labbro,
che,
sebben mi vuol morto, io pur l’adoro.
Mi
vuol morto colei ch’è la mia vita,
e
non m’uccido ancora?
Ma
qui giace sopita,
se
non erra il mio ciglio.
Pria
di morire almen del suo bel volto
Godano
i sguardi miei senza perielio.
Apamia,
osserva!
Ben
lo vedo, Oronte,
appresso
qualle fonte
Cleopatra,
nel sonno immersa, giace,
resa
attrattivo oggetto
dei
sguardi innamorati di Fornace.
Ah
Fornace! Ah Tigrane!
Qual
mi vuoi, tal son.
Deh
vieni!
Eccomi,
oh bella!
Oronte
soffri?
Lasciami,
o sorella,
lasciami
vendicar!
Prima
si senta
Quel
forse più ch’il temerario tenta.
Vieni
ch’in te confido.
Quel
sangue che mi resta
Ancora
nelle vene,
tutto
a sparger per te, mio caro bene,
pronto
son io.
Sì,
sì, lo spargerai,
sì
traditore, per mia man morrai!
Punirà
questo brando
Sì
folle ardir!
Qual
Strepito mi desta?
Che
miro?
Oh,
cieli!
Scena
Terza
Mitridate
con guardie e detti
Recitativo
Olà!
Fermate l’armi!
Al
mio scettro sovrano
S’inchini
il guardo ancor, non che la mano!
Signor!
Tigrane
io sono,e con l’istessa destra,
con
cui d’Armenia il trono
reggo,
portai sovente
a
te danno e terror. Ma quell’io sono,
che
il mio sangue…
Non
più! Quello tu sei
Che
vittima doùta al giusto sdegno
Offrono
del mio petto ora agli dei.
Si
custodisca e dia
La
meritata pena
Al
suo fallir poi l’ira mia!
Potrai
darmi la morte,
ma
se l’ho da colei ch’è la mia vita,
te
non condannerò, né la mia sorte.
Aria
Mi
vedrai con lieta fronte
(A
Mitridate)
incontrar
l’ultimo fato
(A
Cleopatra)
sì,
sì, per te, bel volto amato,
sì,
contento morirò,
e
non mi lagnerò
(Ad
Oronte)
d’un
indegno traditor.
Mi
vedrai con lieta fronte
Incontrar
l’ultimo fato,
si,
per te, volot adorato,
sì,
contento morirò,
e
non mi lagnerò
d’un
indegno traitor.
Caderò
vile trofeo
(verso
Mitridate)
d’odio,
(verso
Oronte)
invidia
(verso
Cleopatra)
e
crudeltà.
Pur
caro a me sarà
Il
morir se il sangue mio
(a
Cleopatra)
farà
pago il tuo desio
(a
Mitridate)
il
tuo sdegno,
(ad
Oronte)
il
tuo livor.
Mi
vedrai con lieta fronte, etc.
Parte accompagnato con guardie
Scena
Quarta
Mitridate,
Clepatra, Apamia, oronte
Recitativo
E
Cleopatra soffre
D’un
inimico il guardo?
Il
guardo di tigrane
Onora
Cleopatra e non l’offende.
Con
la face d’Aletto
Sento
ch’il sen la gelosia m’accende.
Discaccia
omai dal petto
Figlia,
malnata figlia, il rio sembiante,
che
se lo sebi in mezzo al cor sepolto,
in
mezzo al cor ti squarcerò quel volto!
Squarciami
pure il seno,
ecco,
te l’offro ignudo,
senza
riparo o scudo,
eccoti
ancora il cor!
Ferro
o veleno
Mi
ponno uccidere,
ma
non dividere
dall’alma
un giusto ardor!
Squarciami,
etc.
Recitativo
Della
sua morte il gelo
Smorzerà
il tuo mal concepito ardore.
(Non
lo permetta il cielo!
Bel
pensier mi si sveglia
Di
serbarlo a me stessa)
Dona
a me il prigioniero, e quella morte
Che
nel seno al superbo
Politica,
ragion d’impero affretta,
con
men fasto si creda
vile
trofeo di femminil vendetta.
Saggio
è il pensier
Anch’io
l’approvo, o bella.
Il
prigionier sia tuo, tu ne disponi:
arbitro
di sua vita o di sua morte
io
lascio il tuo desio,
e
di ciò che tu brami,
sarà
sempre esecutore il mio.
Care
pupille,
tra
mille e mille
degne
voi siete
sol
di regnar.
Come
vi piace,
con
egual face
d’amore
e sdegno
mi
fate amar.
Care pupille, etc.
Recitativo
Germana,
in tuo poter oggi è il mio fato :
arbitra
della vita o della morte
di
Tigrane tu sei. Rende sicura
con
la tua la mia sorte
il
suo morir.
Lasciane
a me la cura!
Se
lascio d’adorare
Il
bel che mi piagò,
lasci
d’andare al mare
il
ruscelletto.
Ma
sin che viverò,
lo
strale bacerò
che
il duol del mio cor
cangia
in diletto.
Se
lascio, etc.
Recitativo
Ch’io
dia morte a chi adoro,
a
chi de’ spirti miei
è
il caro, unico oggetto?
Come
farlo potrei?
Si
volgeria lo stral contro il mio petto.
Ma
pur convien che le minacce finga
E
per vincer quel core
Unisca
col terrore la lusinga.
In
quella, solo in quella
Bocca
vezzosa e bella
Ha
posto la mia sorte il dio d’amore.
Da
quella il proprio fato,
sia
misero o beato,
sia
di vita o di morte,
aspetta
il core.
In
quella, etc.
Scena
Quinta
Stanze
del palazzo reale, ov’è custodito Tigrane
Tigrane
solo
Recitativo
Mura
felici un tempo
E
glorioso mio dolce soggiorno,
quanto
da quel cangiato
che
da voi già partii, faccio ritorno!
Torno,
è ve, trionfante
A
por di novo il piè su queste soglie,
ma
un barbaro regnate
la
libertà mi toglie.
Ah,
questa vita ancora,
questa
vita odiosa egli mi tolga,
e
da fiera prigion morte mi sciolga!
Scena
Sesta
Clearte
e Tigrane
Recitativo
Tigrane!
Amico!
Per
occulto ingresso
Che
Cleopatra m’additò, qui vengo
a
dirti che ben puoi
per
l’istesso sentiero
tornare
in libertà
O
mia diva adorata, ah mio bel sole!
Torna
al mio bene,
dille
che mi son care
per
lei queste catene,
e
romperle non voglio.
N’andrò,
ma troppo temo
Di
portarle così nuovo cordoglio.
Ah,
quante lagrime
Le
farai spargere
Dal
vago ciglio
Che
ferma e stabile
Per
se non teme,
ma
solo geme
inconsolabile
al
tuo perielio.
Ah, quante lagrime, etc.
Scena
Settima
Tigrane
ed Apamia
Recitativo
Ah
perverso destin!
Allor
che mi consola
L’udir
che mi sdegna l’idol mio,
il
piacer poi m’invola
col
saper che per me piangendo langue.
Ah
che le sole stille del suo pianto
Compensar
non poss’io con tutto il sangue!
Signor,
nella mia fronte
Leggi
in torbide zifre
D’amor
e di pietà teneri affetti.
Leggo
in fronte a lmio fato
Di
sdegno e d’empietà barbari effetti!
T’amo,
Tigrane!
E’
già d’altri il mio cor.
Ma
son anch’io
Di
sangue illustre, e pure
Di
mie pupille al lampo
Ardon
più cori.
E
l’avvamparne è giusto…
M’adora
un re!
Chi
non t’adora, è stolto.
Dunque
tu ancora m’ami?
Venero
il merto, ma non amo il volto.
Perfido!
Così
a donna sublime
Di
parlare è permesso?
Detesto
il core e non oltraggio il sesso.
Ti
lascio, o core ingrato,
in
braccio del tuo fato.
Per
te non ho più amor!
Per
te spira il mio seno
Degl’aspidi
il veleno,
di
Cerbero il furor!
Ti
lascio, etc.
Recitativo
Il
tuo furor non temo,
la
morte non pavento,
e
di costanza armato
gl’oltraggi
so schernir d’un empio fato.
Ma tu, de’ pensier miei
Dolce
ed amato oggetto,
Cleopatra,
dove sei?
Cleopatra,
mio ben!
Scena
ottava
Cleopatra
e Tigrane
Recitativo
Tigrane
amato!
O
Dei, che miro!
Fuggi
l’empie minacce
D’un
rio destin! Vanne che già t’aspetta
Con
una schiera eletta
De’
suoi seguaci il tuo fedel Clearte,
per
guidarti al suo campo,
ch’in
questa, onde a te venni,
a
me sol nota via t’apro lo scampo.
Dunque
dovrò…?
Fatale
Esser
puote ogni indugio.
E
Cleopatra,
quando
per me si espon del padre all’ira,
la
fuga a me consiglia?
Per
te più che per me del padre io temo,
chè
tu sei suo nemico, io son sua figlia.
Or
tronchisi, Tigrane,
ogni
dimora, e in questo,
che
esser forse potrà l’ultimo addio,
prendi,
se così vuoi, l’ultimo pegno.
Ahi,
partenza, ahi doglia amara!
Ahi
contento, ch’è il peggior d’ogni tormento!
Ahi,
gioire, ch’è il peggior d’ogni martire!
Addio,
caro/a, addio, mia vita!
Questo
pegno, anima mia,
dolce
e caro esser dovria,
ma
il dolore
accresce
al core,
e
mi fa nuova ferita.Ahi, partenza, etc.
Scena
Nona
Cleopatra
e Mitridate
Recitativo
Pur
alla fine respiro
E
pur il mio Tigrane
Per
opra mia fuor di periglio il miro.
Così
tradisci, ingrata,
la
tua gloria, il tuo sangue, il genitore?
Parla,
infedel!
Signore!
Io
d’esser rea confesso,
se
il mio padre, il mio re commossi ad ira.
Taci,
indegna!
Io
sino al dì venturo
Arbitra
lascio te della tua sorte.
A
te d’elegger tocca: Oronte o morte.
Scena
Decima
Oronte
e Cleopatra
Recitativo
Principessa,
giacchè pietade alcuna
Io
dimandar non oso
Per
quella piaga, ond’ho ferito il seno,
per
te stessa a te stessa
in
tal periglio io la domando almeno.
O
inevitabil morte,
o
me per tuo consorte
elegger
devi: ah, cessi
quel
rigore una volta!
Oronte,
elessi.
Dì
pur a Mitridate,
che
portar nella tomba, intatto e puro,
voglio
l’onor del mio primiero affetto,
e
che lieta e costante,
pria
ch’a sì degno amante
mancar
di fede, io di morir accetto.
Lascierà
l’amata salma
Lieta
l’alma,
bel
trofeo d’amore e fe’.
Sentirà
dirsi fastosa:
“nel’Elisi
più amorosa,
più
costante alma non v’è”.
Lascierà,
etc.
Recitativo
Deh,
che più far poss’io
Per
destar qualche affetto
Di
quast’ingrata in sen?
Ma
l’amor mio
Arco
non ha, né strale,
perché
l’ha disarmato
quello
più fortunato d’un rivale.
Scena
undicesima
Arbante
ed Oronte
Recitativo
Signor,
che fai?
Farnace,
ossia Tigrane,
Clearte,
i Massageti1
Il
Castello è assalito!
Mitridate
è fuggito!
Cleopatra
ed Apamia restan sole,
e
presto sarna preda
del
vincitor rubello!
Se
tu non vi rimedi,
farà
ancora di noi brutto macello!
Che
narri?
In
sì poche ore
Tanto
ha potuto fare un traditore?
Per
me non vi so dir come,
né
quando, so ben ch’in arme
e
con egual desio,
pronto
a seguirti sarò teco anch’io.
Arresterà
il mio brando!
Farà
la mia spada
Ch’il
perfido cada,
e
smorzi col sangue
l’ardore
e l’ardir!
A
giustra vendetta
Ragion
m’alletta
Mi
desta il coraggio
L’oltraggio
a punir!
Farà
la mia spada, etc.
Scena
Dodicesima
Borghi
della città con tende militari e in prospetto le mura del castello che cadono
abbattute dagli arieti e macchine militari di Tigrane e Clearte.
Tigrane,
Clearte con soldati accampati.
Recitativo
Tigrane
invitto, ecco di tue fortune
Cambiata
già la scena.
Già
di più schiere elette
Torni
al comando, e de’ sofferti oltraggi
In
stato sei di far le tue vendette.
Io
sol di Cleopatra
La
vita e libertà salvar pretendo,
e
non d’alcun l’offesa vendicarmi.
Questo
solo oggi chiedo
All’usato
delle vostr’armi.
Scena
Tredicesima
Cleopatra,
Tigrane e suoi seguaci
Recitativo
Ferma,
che tenti?
Così
di Cleopatra
Si
rispettan le soglie? Ma già leggo
Di
sdegno, di furor, d’odio e vendetta
Caratteri
funesti.
Mio
tesoro!
Ah,
crudel! Veggo il tuo brando
Del
sangue di mio padre ancor fumante.
No,
mia vita!
Perché
dentro il mio seno
Tu
non l’immergi ancor?
Bella,
deh, senti!
Oh
Dei!
Sento
che l’alma spira!
Ah,
Cleopatra, mira,
che
è falso il tuo timor!
Svenuta
langue!
Reggetela,
o miei fidi! Alla mia tenda
Si
porti, e con antidoti e liquori
Ai
vitali suoi spirti ivi si renda!
Dall’espugante
mura
Ognun
poi si ritiri e torni al campo,
chè
toglier non pretendo
a
Mitridate il soglio.
Gl’oltraggi
che mi fe’,
più
non attendo,
e
se Cleopatra è mia, sono contento.
Solca
il mare nel periglio
Contro
il ciel s’adira e freme
Il
nocchiero,
ma
poi giunto al caro lido
più
non teme,
non
rammenta l’urto fiero
d’onda
irata o vento infido,
che
lo spinge a naufragar.
Mira
il lacero naviglio,
pago
appien di sua salvezza,
più
non cura la ricchezza
ch’acquistar
forse potea
seguitando
a navigar.
Solca
il mare, etc.
Atto
Terzo,
musica di Nicola Romaldi, perduta