La collezione di carrozze di Versailles, una delle più importanti d’Europa, fu costituita dal Re Luigi-Filippo nel 1837, quando trasformò il castello Reale in museo dedicato “A tutte le Glorie della Francia”. Portantine e slitte si riunirono alla collezione nel 1851, quando il primo museo delle vetture del Trianon aprì le sue porte al pubblico. Concepitoe per stupire gli animi, le carrozze, opere d’arte in tutta la loro interezza, di un lusso ostentato, decorate a profusione di oro e di statue, sono state realizzate dei migliori artisti di Corte: architetti, cesellatori, scultori, pittori, doratori, bronzieri, tapezzieri, ricamatori, etc… Al di là della qualità artistica, la collezione è anche in qualche modo un “salone delle auto del XVIII° e XIX° secolo", presentando i più bei prototipi e le ultime avanguardie della carrozzeria francese in campo di eleganza, di comfort e di tecnica.
Ogni carrozza racconta ugualmente una pagina della Storia di Francia, attraverso un evento dinastico o politico: battesimi, matrimoni, incoronazioni, funerali. Le carrozze di Versailles costituiscono una testimonianza più viva che mai della vita di Corte e dei fasti sotto l’Ancien Régime, come pure dell’Impero e della Restaurazione. La mostra in questione a Versailles è stata installata presso La Grand Ecourie, in un’area parziale della stessa alla destra entrando nel cortile, e non ha affatto il carattere di temporaneità: tale esposizione sarà permanente, arricchendo ulteriormente il cosmo artistico che ruota attorno alla Reggia di Versailles. Ogni Principe d’Europa, ad onor del vero, fece nel suo palazzo delle scuderie Reali, ciò non fu tuttavia per le scuderie del Re di Francia. I contemporanei di Luigi XIV si stupivano infatti per l’ampiezza e la maestosità delle Scuderie di Versailles. La loro posizione eccezionale, di fronte alla Reggia, manifesta ancor oggi da sola il posto che era accordato al cavallo nella rappresentazione del potere sotto l’Ancien Régime.
A Versailles, come sappiamo dinnanzi alla Reggia, a limitazione della Piazza d’Armi, ci sono due enormi costruzioni, che, dando le spalle alla facciata del castello, erano destinate a sinistra, Le Scuderie Reali (La Grand Ecourie), mentre a destra La Petite Ecourie. La differenziazione fra Grande e Petite, non è associata alle dimensioni della costruzione, ma alla loro destinazione. Verso nord La Grande Ecourie, sotto il comando del Grande Scudiere di Francia, chiamato “Monsieur Le Grand”, ebbe in carico i cavalli da maneggio, perfettamente preparati per la caccia e per la guerra. Verso Sud invece la Petite Ecourie, diretta dal Primo Scudiero, chiamato “Monsieur Le Premier” aveva cura della preparazione dei cavalli che servivano per l’ordinario, dei cavalli da tiro e cavalli di carrozza. All’inizio, il Grande Scudiero comandava l’insieme delle scuderie e dei perni, ma Il Primo Scudiero sopportava male questa subordinazione. Tra i due eminenti personaggi, la rivalità era costante.
Le scuderie Reali di Versailles sono state il più grande cantiere reale mai intrapreso per alloggiare i cavalli: un doppio cantiere iniziato nel 1679 in previsione della installazione della Corte e del Governo a Versailles. Posto sotto la direzione dell’architetto Jules Hardouin Mansart, venne realizzato da una armata di operai in tempi davvero records: tre anni, dal 1679 al 1682, momenti in cui la Corte si trasferì stabilmente a Versailles.
La Petite Ecourie - La Grande Ecourie Con il loro progetto originale fatto a ferro di cavallo, le costruzioni si organizzarono attorno a 5 cortili. Le ali laterali erano dedicate al personale, il corpo centrale, con le sue immense gallerie a volta, invece era destinato ai cavalli. Al cuore di ogni insieme, il maneggio, rettangolare nella Grande Ecourie, circolare nella Petite Ecourie. Le scuderie erano uno dei più importanti reparti della Casa del Re. L’attività era costantemente intensa e circa un migliaio di uomini ci lavoravano: scudieri, vetturini, postiglioni, valletti a piedi, ragazzi da tiro, palafrenieri, chirurghi ippici, musicisti, cappellani militari, marescialli di fucina, scuola dei paggi, minatori… Un microcosmo chiuso in se stesso.
Le gallerie ospitavano delle centinaia di cavalli suddivisi secondo la loro razza e i loro bardamenti. I cavalli spagnoli, arabi, persiani servivano alle parate ed ai caroselli; i corridori inglesi per la caccia; i cavalli per le carrozze provenivano dalla Polonia, Danimarca e Prussia. Le scuderie di Versailles stupivano per la loro altezza fuori dell’usuale delle volte, per lo spessore delle mura e per la pavimentazione in pietra. Fila semplice nella Grande Ecourie o fila doppia nella Petite Ecourie, i cavalli non sono separati che da un semplice battifianco, per la bellezza del colpo d’occhio e per il benessere dei cavalli. L’arte dell’addestramento di tradizione francese assurse il suo punto di perfezione nel maneggio della Grande Ecourie. Dal 1680 al 1830, vi si sbizzarrì una nuova forma di pensiero e di tecnica equestre: dare al cavallo montato la grazia ai suoi portamenti naturali, ottenere una perfetta armonia tra la cavalcatura e il suo cavaliere. La prestanza degli scudieri della Scuola di Versailles rinomata in tutta Europa, partecipò al prestigio del Regno di Francia. Il 2 aprile 1810, meno di un mese dopo aver divorziato dall’Imperatrice Joséphine che non gli poteva dare un erede, Napoleone I sposò l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria. Questo evento diede luogo a tre giorni di festeggiamenti il cui splendore è dovuto molto alla sontuosità del corteo. Varcando lo steccato de l’Etoile, passando sotto l’Arco di Trionfo ancora incompiuto, 40 berline di un gran lusso scesero i Champs-Elysées fino al giardino delle Tuileries sotto i viva di una folla in tripudio. La potenza dell’Imperatore si commisurò, in quel giorno lì, allo splendore della sua frotta. La guardia imperiale aprì la marcia, seguita da 34 carrozze della Corte (di cui La Cornaline e L’Améthyste che sono presenti nella mostra a Versailles). Vennero dietro la vettura dell’Imperatrice, che, secondo una antica tradizione Reale, partecipa vuota al corteo, poi quella dell’Imperatore, tirata da 8 cavalli, circondata dai marescialli dell’Impero e dai grandi scudieri su delle superbe cavalcature. Infine le berline del gran cerimoniere, delle dame d’onore e della famiglia imperiale, più ricche e di una forma ancora più elegante (ve ne sono 5 esposte nella galleria). Il fasto di questo corteo – 40 vetture di gala e più di 240 cavalli – sorpassò quello dell’Incoronazione del 1804. Eclissò soprattutto la magnificenza degli antichi cortei reali: in parate simili, i Borboni non utilizzavano più di una trentina di vetture, deve questa cosa esser stata una esigenza atta a placare quel senso intimo di inadeguatezza derivante dalle origini di Napoleone rispetto alla Grande Dinastia Borbonica.
Nell’antichità romana, per i Saturnali, si offrivano ai bambini delle famiglie più fortunate delle piccole carrozzelle, tirate da una pecora. Nell’epoca moderna, la vettura è sempre un balocco agognato dai bambinetti: tutti i giovani principi possiedono la loro carrozza in miniatura.
Luigi XIII, all’età di un anno e mezzo, ne ricevette parecchie fra cui una con 4 pupazzi e un’altra, automatica, che si muoveva a molla. Più tardi il giovane Luigi XIV si divertiva a cacciare le anatre vicino al canale delle Tuileries in un piccolo carro tirato da 2 cani barboncini. Poi sono i figli di Luigi XVI e Maria Antonietta che ricevettero ognuno una piccola berlina ed un piccolo calesse all’ultima moda, come sono presenti nella galleria.
Così, i futuri sovrani potevano, fin dalla loro più tenera infanzia, condurre in grande. Queste piccole vetture, utilizzate per le passeggiate, sono tirate con le braccia di un uomo o attaccate a degli animali, pecore o capre, mentre un bambino del seguito del Princpe gioca a fare il valletto in piedi, ritto sulla piattaforma dietro.
Confezionate con dei materiali preziosi, e realizzate dai più grandi costruttori di carrozze, queste vetture non sono dei semplici giocattoli, ma delle vere riduzioni dei modelli più moderni ai quali non mancava alcuna innovazione tecnica. Se la portantina esisteva fin dall’antichità, è alla fine del XVI secolo che riapparve in Europa. Privata o noleggiata, è il mezzo di trasporto più utilizzato per i tragitti brevi.
Nelle grandi città ingombrate dalle carrozze, la portantina offriva una alternativa accattivante: era meno costosa, più maneggiabile e molto più rapida nelle vie più strette e mal pavimentate. Essa era anche più comoda, portata da due uomoni muniti di bastoni in cuoio, poichè non aveva alcun bisogno di attraccare i cavalli né di preparare l’equipaggio, ed una volta che la corsa era terminata, essa si parcheggiava inoltre facilmente accanto al muro, in un vestibolo o su un pianerottolo del palazzo. Come le carrozze, la portantina era fabbricata da dei sellieri – carrozzieri e portava le iniziali e stemmi del suo proprietario. A Parigi, dal 1617, delle portantine pubbliche si noleggiavano per delle corse il cui tragitto e tariffe erano concordate prima della corsa.
A Versailles, anche si affiancavano alle portantine private quelle pubbliche. Il servizio delle “portantine blu”, dal colore dei portatori in livrea del Re, proponevano delle corse per sei soldi. La portantina era utilizzata per passare attraverso le corti, nei giardini, ma anche all’interno del castello. Ogni persona può entrare in portantina blu fino ai piedi delle scale del Re. Per contro, le portantine erano formalmente proibite nella corte di Marmo, e le sole portantine della Famigia Reale potevano raggiungere il primo piano.
Nel 1820 il Duca di Berry, figlio del futuro Carlo X e unico suscettibile di dare un erede alla dinastia dei Borboni, fu assassinato. La Francia Realista è scioccata. Così, la nascita postuma del Duca di Bordeaux provocò un immenso fervore popolare, e il 1° Maggio 1821, Luigi XVIII diede al battesimo del bimbo un fasto straordinario.
Partendo dalla corte delle Tuileries, 27 carrozze costeggiarono il lungofiume del Louvre, davanti alle facciate colme di bandiere, per attraversare il Pont-Neuf in direzione di Notre-Dame. Al centro, la ricca berlina trasportava il bimbo, posto sulle ginocchia della sua governante, accanto sua sorella maggiore, Mademoiselle d’Artois. All’inizio del pomeriggio, il corteo arrivò al sagrato della cattedrale, addobbata per l’occasione di un decoro stupefacente. Si trattava di celebrare “il bimbo del miracolo”, quello che avrebbe portato tutta l'enfasi del destino dei Borboni di Francia, lo splendore particolare di questo corteo pretendeva di eclissare il ricordo di un altro battesimo famoso che ebbe luogo 10 anni prima, quello del Re di Roma, figlio di Napoleone I. Questa vettura, la più ricca che esisteva allora, è decorata da un centinaio di bronzi cesellati e dorata con una raffinatezza ammirabile, e, all’interno, da un cielo ricamato di seta, di oro e di orpelli, fatti da delle damigelle della Legione d’Onore.
Agli angoli, 4 grandi aquile ricordano la riutilizzazione sotto Napoleone III per l’occasione del battesimo del Principe Imperiale, nel 1856. Quando i viali del Parco di Versailles erano coperte di neve, e quando Le Gran Canal era coperto dai ghiacci, il Re e la Corte si divertivano con delle corse in slitta. Questa moda importata dalle Corti Nordiche, venne seguita durante i tre Regni da Luigi XIV a Luigi XVI. Questi fragili e lussuosi veicoli erano trainati da un cavallo ferrato a ramponi, vestito con finiture di sonagli d’argento il cui gioioso tintinnamentorompva il silenzio felpato della neve. Esse sono condotte da Signori della Corte in berretto e tonaca foderata, seduti sulla sedia dietro la cassa della vettura e tenendo la guida. Le dame, in casacca polacca, si lasciavano condurre e qualche volta conducevano da sole, privilegio unico in Europa. Se le corse delle slitte facevano furore fin dalla fine del Regno di Luigi XIV, l’infatuazione fu ancora più forte sotto Luigi XV: il Re era infatti un formidabile conduttore, facendo sfrecciare la sua slitta a tutta birra.
Partendo dalla Grande Terrazza, la divertita truppa scendeva i viali del giardino, costeggiava il Gran Canal, raggiungeva lo Zoo prima di ritornare attraverso il Trianon e di terminare con un gran galoppo sul Tappeto Verde rimontando verso la Reggia.
Maria Antonietta rimise in moda le parti di slitta, ricordando quelle della sua infanzia a Vienna. La Regina faceva fare infatti delle ricerche nei depositi delle Scuderie per trovare delle antiche slitte di Corte, di cui alcune sono esposte attualmente nella mostra a Versailles. Creature fantastiche, animali rari o leggendari, le slitte composero un bestiario strano e meraviglioso. Questi veicoli di pura fantasia dipendevano dai Menus Plaisirs, l’istituzione incaricata delle feste e dei decori di Teatro.
Il 29 Maggio 1825, Carlo X venne incoronato nella Cattedrale di Notre Dame a Reims. Per questa cerimonia, fondamento essenziale della Monarchia per diritto divino, ordinò la costruzione di una carrozza di una ricchezza straordinaria.
Dopo la Rivoluzione e l’Impero, il nuovo Re voleva rinnovare i fasti dell’Ancien Régime. Appena comandata da Luigi XVIII, la costruzione della carrozza era stata abbandonata quando il Re, prudente politico, aveva rinunciato di farsi consacrare. Fin dall’avvento di Carlo X, il Marchese di Vernon, che comandava le scuderie, la rimise in cantiere affinchè potesse esser completata. In meno di 6 mesi, riuscì a far terminare la costruzione sotto la direzione di Daldringen, un virtuoso carrozziare. Per il viaggio a Reims, la vettura era stata parzialmente smontata e imballata con cura in una fodera di tela, che la proteggeva e la nascondeva agli occhi di balordi ammassati sul suo passaggio. Rimontata per l’entrata in città del Sovrano, questa carrozza, vero Trono ambulante, fu parte del corteo il giorno dopo, rendendosi alla Cattedrale dove fu celebrata l’Incoronazione.
La carrozza fu riutilizzata, il 6 giugno 1825, per l’entrata di Carlo X a Parigi, ed un’ultima volta nel 1856, per il Battesimo del Principe Imperiale, figlio di Napoleone III: in questa occasione però furono sostituiti i simboli reali con quelli imperiali (le aquile nei 4 lati del tetto della carrozza - vedere raffronto fra dipinto e foto sotto - e la N posta nell'Ovale centrale dorato).
Questa vettura è immediatamente riconosciuta come un capolavoro di carrozzeria francese per l’ingegnosità della sua meccanica, la precisione degli assemblaggi, la ricchezza degli ori e degli ornamenti per i quali concorsero tutte le arti decorative. “La più bella di tutte le vetture di Incoronazione mai costruite” secondo l’illustre professore e disegnatore di auto Duchesne, e la sola oggi conservata in Francia.
Il 16 Settembre 1824, dopo 10 anni di Regno, Luigi XVIII morì. Le Camere destinarono dei crediti eccezionali per le pompe funebri, la cui magnificenza doveva reinnalzare il prestigio di una dinastia contestata. Il 23 settembre ebbe luogo il Corteo Funebre dei funerali più fastosi della monarchia francese. Il sollevamento del corpo ebbe luogo un poco prima delle 11 al palazzo delle Tuileries.
Il carro funebre attendeva nella corte. Le guardie del Corpo vi deposero il feretro sul grande mantello reale di velluto viola fiordalisato e lo coprirono del drappo mortuario in velluto nero bordato d’ermellino, incrociato di tessuto marezzato d’argento con agli angoli le armi reali. La partenza venne annunciata da 101 colpi di cannone. Il carro si avviò, al passo, in direzione dell’Abbazia di Saint-Denis, necropoli Reale fin dal Medio Evo. Tirato da 8 cavalli bardati di velluti neri bordati di morivi d’argento e orlati di frange, creò, secondo i testimoni, una impressione di Maestà e di tristezza. Il decoro è in legno scolpito e dorato in oro bianco: angeli-cariatidi portatori di palme simbolizzanti la speranza della Ressurrezione, Corona di Francia sostenuta da un mazzo di gigli al naturale, geni funebri che capovolgono una torcia, simbolo della morte.
Questo carro funebre è il solo carro funebre Reale conservato in Francia: prima della sua scoperta, questo tipo di vetture non erano conosciute se non grazie alle descrizioni o di rare rappresentazioni. Essendo morti in esilio i successori, i funerali di Luigi XVIII furono gli ultimi di un Re di Francia. Nel 1870, dopo la caduta del Secondo Impero e la proclamazione della III Repubblica, le prestigiose scuderie di Napoleone III vennero smantellate, le carrozze furono parcheggiate o smantellate o disperse poiché vendute al pubblico. I tempi democratici rifiutavano il fasto e l’ostentazione.
Le esigenze di rappresentazione imposero tuttavia al Presidente della Repubblica di dotarsi di nuovi veicoli adattati alle diverse circostanze ufficiali: ricezioni di ambasciatori, visite nei vari dipartimenti, esposizioni universali, viaggi ufficiali di sovrani stranieri. Lo stato passò quindi la comanda presso i più grandi e prestigiosi carrozzieri parigini come la casa Ehrler, antico carrozziere di Napoleone III, Muhlbacher ou Rothschild & Fils. Una nuova produzione carrozziera vide il giorno: delle vetture sobrie fino all’austerità nel loro aspetto esteriore, ma di gran lusso nei dettagli apparirono nel panorama francese. In questa fine del secolo, la carrozzeria ippomobile parigina è al suo apogeo, dominante in Europa per la perfezione tecnica e l’eleganza delle sue produzioni. Ma lei brillò dei suoi ultimi splendori: dopo la Grande Guerra, verso il 1920, una pagina si girò: l’automobile trionfò definitivamente sulle ippomobili.
A cura di Il Principe del Cembalo - Faustina da Versailles Arsace da Versailles - Rodelinda da Versailles Arbace - Alessandro - Andrea Carla - Stefano - Rodrigo
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