I Primi innesti italiani in Francia Siamo in Francia, attorno alla metà anni cinquanta circa. La Capitale, Parigi, è scenografia di personaggi
ben noti dopo la dipartita del Re Luigi XIII,
(qui a destra)
scomparso il 14 Maggio 1643: la Regina Anna, E’ in questa ottica che furono rappresentate LA FINTA PAZZA di Francesco Sacrati (14 dicembre 1645), L’ORFEO di Luigi Rossi (prima 2 marzo 1647), IL XERSES e l’ERCOLE AMANTE di Francesco Cavalli. Al segnale di
questa presa effettiva di potere di Mazzarino, gli italiani risposero al segnale
ed arrivarono a flotte dal 1644 al 1662: fra i I Francesi rimasero a bocca aperta: una vera rivelazione ammaliante: i decori di Torelli furono oggetto di una tale meraviglia che a Nicolas Cochin fu chiesto di stamparne tutti i decori. Dopo due mesi venne rappresentata la pastorale l’EGISTO di Francesco Cavalli, principale allievo di Claudio Monteverdi: tale opera venne data in modo privato, senza fasto e senza macchinari: l’alternanza fra le arie e i duetti malinconici incanta la Regina Anna, sempre portata per il genere lamentoso, ma la lunghezza dello spettacolo non accontenta tutti: molti disagi vengono riportati da Mme de Motteville, sulla difficoltà dei francesi ad abituarsi al parlar cantando (“parler en chantant) degli italiani. “Non vedemmo allora che gli effetti piacevoli del
favore del cardinale. Per divertire la Regina e tutta la Corte, fece fare delle
macchine secondo la moda italiana, e fece venire dei commedianti che cantavano
le loro commedie in musica….Per me, trovo che la lunghezza dello spettacolo
diminuisce il piacere, e i versi ripetuti ingenuamente rappresentano comodamente
la conversazione e toccano più gli spiriti che il canto non diletti
l’orecchio. Il martedì grasso di questo anno, Certamente la testimonianza di Madame de Motteville deve esser considerata con la dovuta prudenza, in quanto lei non amava l’opera, né tantomeno Mazzarino. Monsieur
Barducci disse che tutti gli attori avevano “per la
loro eccellenza e la loro maniera di recitare sorpassato l’opinione pubblica
che si stava formando su di loro i francesi. Su tutti,la Checca Costa fu
festeggiata dalle Loro Maestà, ed applaudita da tutti gli altri compresenti”. Forte di questo consenso, Mazzarino chiamò Giuseppe Bianchi (giovane uomo di bella presenza), Marc’Antonio Sportonio detto il Bolognese (13-14 anni), e Dominichino (13-14 anni), altri tre castrati, che stupirono il pubblico per la loro giovinezza e la loro superiorità vocale. Si narra che gli ultimi due sopranisti giunsero a Parigi col compositore Venanzio Leopardi, che sorvegliò 24 ore su 24 i due “angelots” (in francese), perché essendo di costituzione più debole in ragione della operazione subita, fece di tutto per proteggere la loro salute. Nel giugno del 1646,
venne accolto Luigi Rossi, visto come uno dei personaggi più importanti: le sue
più belle melodie erano ben conosciute in Francia già prima del suo arrivo,
grazie al canto di Leonora Baroni ed Atto Melani. L’opera ORFEO di Luigi Rossi vide impiegati Atto Melani nel ruolo del protagonista, Orfeo appunto, Pasqualini (Aristeo), la Checca (Euridice), Dominichino e Sportonio, con la comparsa di un nuovo castrato Panfilo Miccinello: una invasione di italiani, che se già era presente in questo periodo a Parigi, ora si intensificò, cosa che fece reagire i francesi che dimostrarono una specie di xenofobia. Se da un lato la Regina e il suo entourage di Corte apprezza moltissimo i castrati, che si sedevano anche a tavola coi cardinali, se Torelli stupiva coi suoi marchingegni, dall’altro il popolo francese era poco abituato alle messe in scena sontuose e ricche come quelle di Roma e Venezia. Gli spettatori sembrarono ancora una volta sospendere ogni respiro davanti ai decori sontuosi e debordanti e dinnanzi ai marchingegni di Torelli; alcuni sono commossi dalla musica di Rossi: avendo il cervello umido – come si diceva al tempo, molti versarono delle lacrime ascoltando le pagine sublimi sulla morte di Euridice e il pianto delle ninfe, altri compatirono la disperazione di Aristeo e i pianti laceranti di Orfeo…. La stessa Madame de Motteville trova lo spettacolo riuscito…. Il Maresciallo de Grammont “al di sopra delle meraviglie del mondo” Il
Duca de Mortemart incantato
“al solo nome del minore degli attori”. Ma Anne-Marie-Louise d'Orléans, detta la Grande Mademoiselle, una delle future figure femminili più importanti nella Fronda contro il piccolo Luigi XIV°, invece si annoiò da morire, e si pentì molto di non esser stata così previdente di comunicare prontamente per l'indomani, ciò che gli avrebbe permesso di lasciare a mezzanotte lo spettacolo, come la Regina. Le sole testimonianze volontariamente ostili rimasero dunque le Mazzarinate, troppo felici di trovare in questo contesto un bel soggetto di contestazione contro il regime del Cardinale. Oltre le spese voluttuarie generate da tali spettacoli, è la lunghezza di questo ORFEO che la causa di tanti lazzi: ciò che si spiega proprio nel fatto che si deve ammettere che sei ore di arie e di recitativi in una lingua straniera potevano favorire la sonnolenza degli spettatori.
La Gazette, giornale organo del governo di Mazzarino (qui sopra), riporta : “ La
rappresentazione poc’anzi fatta davanti alle Loro Maestà nel Palazzo Reale,
della Tragicommedia d’Orfeo in musica e versi italiani, con le meravigliosi
cambiamenti di scena, i macchinari e le altre invenzioni fino al momento
presente quasi sconosciute in Francia”..... In sostanza con questi estratti dalla Gazzette, si va affermando il pensiero che la Francia Teatrale, già abbastanza brillante nella scacchiera europea, si ingrandiva, diventando adulta al contatto con le opere italiane. Le otto rappresentazioni dell’ORFEO furono coronati di successi: il giovane Luigi XIV° vi assisteva tre volte e gli spettatori francesi, più abituati dalle loro arie di cuore alle melodie melanconiche e agli struggenti dolori dell’amore, vi trovavano ugualmente emozioni e sentimenti appassionati. “Si è rappresentato l’ORFEO, scritto da Leopardi, e ciò è così ben stato accolto che ha riportato un consenso generale. La Regina, il Re ed il piccolo Monsieur, con tutta la Corte, sono venuti le tre sere che si è rappresentato, benché durasse sei ore. Voi apprenderete tra l’altro che i putti (Riferendosi ai due giovano castrati) si sono comportati bene …. “ La danza dei centauri, gufi, tartarughe, lumache ed altri animali strani, tutti smossi dal pianto di Orfeo, aveva fatto sensazione nell’assieme; gli occhi erano stimolati al di là di ogni immaginazione, particolarmente nel momento dell'apparizione del Carro del Sole che suscitò mormorii di acclamazione delle Loro Maestà, dei principi, principesse e di tutto il teatro: “Nul ne pouvait
assez admirer à son gré la belle disposition de tant d’or, d’escarboucles
et brillants dont ce char lumineux était éclairé” Solo le voci dei castrati non suscitarono alcun commento preciso nel giornale, ugualmente come gli spettatori non riportarono particolari osservazioni, tranne della approvazione manifesta della Reggente e dei suoi Cortigiani. Il
clamore delle
rappresentazioni dell’ORFEO e i grandi contenuti della musica di Luigi Rossi
avrebbero anche potuto annunciare una lenta progressione del repertorio italiano
negli anni seguenti; invece un evento di grande impatto sconvolse questo lento
innesto italiano nella scena teatrale francese. Gli avvenimenti politici
compromisero tutto. All’inizio del 1648 iniziò la Facendo venire i musicisti italiani e rimandandoli a casa dopo ogni spettacolo, Mazzarino aveva sostenuto delle spese considerevoli. Non soltanto bisognava far venire a grande spesa una truppa dall’Italia (corredata dalle stars il cui nome sopra si è accennato) per ogni nuova rappresentazione, ma anche sostenere elevati costi per la messa in scena: somme colossali che erano impiegate nella realizzazione dei macchinari e delle decorazioni. Per il Cardinale, l’opera era una vetrina di prestigio che non poteva che coronare la gloria del suo governo. Con la Fronda, ottenne però l’effetto contrario. L’opera ORFEO di Luigi Rossi costò 300.000 scudi – per alcuni addirittura 400 o 500.000, somma talmente elevata che fu ben pretesto per canzonare Mazzarino nelle Mazzarinades. Non solo il cardinale faceva temere per la sicurezza del Re, della Regina Madre e del loro entourage, tutti rifugiati a Saint-Germain-en-Laye a partire dal 1649, Facciata del castello di Saint-Germain-en-Laye Lato del castello di Saint-Germain-en-Laye, fra le torri si nota la facciata laterale della Cappella Interno Cortile del castello di Saint-Germain-en-laye Cortile Interno - castello Saint-Germain-en-Laye Ancora il cortile interno del castello di Saint-Germain-en-Laye ma assumeva anche il rischio di screditare per sempre un genere musicale che aveva appena conosciuto bei successi negli ultimi mesi. Il suo processo di italianizzazione delle arti in Francia, girava corto. Rischio che si concretizzò all’inizio del movimento della Fronda, ogni persona all’apparenza, o meglio ancora, dall’accento italiano, era cacciata, imprigionata o molestata: addirittura le “I” che tradivano l’appartenenza italiana sparirono alla vista: Torelli – si dice – si faceva chiamare Torel: scoppiò in sostanza una vera caccia alle streghe, che non poteva non riallacciarsi per similitudine a quella condotta – almeno in termini sanguinari – contro i protestanti nell’agosto 1572 (la Strage di San Bartolomeo). “Quelli
che restano della vostra corte Sono
cacciati qui ogni giorno: e non
uno osa più apparire per
timore d’esser preso per un traditore.” Grazie alla protezione della
Corte, con cui si era esiliato, Luigi Rossi riuscì a salvarsi, assieme anche al
giovane castrato Marc’Antonio Sportonio, che era a servizio della Regina Anna
d’Austria. Torelli fu imprigionato a Châtelet (qui a lato in una stampa d'epoca), e parecchi suoi concittadini furono attaccati e minacciati per la strada. Il pittore La Bella rischiò di essere mutilato, ma molto fortunatamente uno spettatore sbottò al popolaccio che non era italiano, ma fiorentino…. Lulli fu tradito dal suo accento italiano quando rispose ai parigini che gli chiedevano dove stesse andando: “Alle Tuileries”. Egli scampò a rotta di collo al linciaggio solo grazie all’intervento di un capitano che lo riconobbe dal suo abito che portava coi colori della Grande Mademoiselle (figura chiave della Fronda). Il castrato Atto Melani aveva seguito prima a Amiens la Regina Anna che non poteva più fare a meno di lui, poi nell’umiliante esilio a Saint-Germain-en-Laye: lì si conobbe la triste sistemazione penosa su alcune ammassi di paglia e letti da campo in un castello freddo ed abbandonato, cosa che segnò profondamente il bimbo Luigi XIV°. Visuale dal Giardino del castello di Saint-Germain-en-Laye Dal Giardino, visuale del Castello di Saint-Germain-en-Laye In una delle costruzioni, incluse nel giardino del castello di Saint-Germain-en-Laye, nacque il Re Sole Così penosamente si concludeva il primo soggiorno di musicisti italiani in Francia: un esilio che doveva durare sino al 1654. Il Re ebbe modo tuttavia di maturare l’idea di condurre in futuro una politica culturale che tenesse presente gli interessi nazionali: si ricorderà di tali eventi quando prese il Potere…. Al cessare delle Fronda, Mazzarino ritorna al potere ed entra
trionfalmente a Parigi il 3 Febbraio 1653. Col ritorno del Cardinale,
abbracciato pubblicamente da Luigi XIV°, che lo fece salire sulla propria
carrozza quello stesso giorno, tornarono gli italiani, e la curiosità dei
parigini si diresse verso la nuova truppa di castrati e cantanti italiani che
stava per arrivare. Dall’oltralpe giunsero non solo uno stuolo di parenti del
Cardinale, che si infiltravano in Francia attraverso matrimoni coi più grandi
nomi dell’aristocrazia francese, ma anche il compositore Carlo Caproli,
giunto nel 1654 con una truppa italiana: fu messa in scena la commedia LE
NOZZE DI TETI E PELEO. Ma a proposito di nozze, all'inizio del 1660, Nulla si doveva dimenticare per
accentuare il fasto di questo matrimonio, e L'Italia doveva fornire ciò che di
più bello possedeva sul piano musicale: ecco che una nuova truppa era attesa
che doveva superare tutte quelle precedenti: atteso come un eroe era Francesco
Cavalli, che aveva iniziato a dominare le scene teatrali e musicali
di Venezia, già prima della morte del suo maestro Montevedi. Cavalli al tempo
aveva circa 58 anni e si sentiva vecchio e per questo riluttante ad
intraprendere un viaggio così lungo, ma il Cardinale insiste,
incoraggiato da Atto Melani, ed alla fine cede: nella primavera del 1660 parte
alla volta di Parigi. Giovanni Antonio Poncelli e Giovanni
Calegari, due castrati della Basilica di San Marco lo seguono, e giungono
tutti e tre nel mezzo di una compagnia stellare per l'epoca, in quanto a Parigi
erano presenti anche i castrati Rivani, Melone,
Zanetto, Chiarini e Filippo
Melani (fratello di Atto), il soprano Anna
Bergerotti, i bassi Bordigoni, Assalone e
Piccini, il tenore Tagliavacca. Non poteva
ammirarsi un così rinomato schieramento per le nozze L'opera era intitolata ERCOLE AMANTE. Ma Atto Melani (qui a sinistra) si risentì perchè si verificò un capovolgimento delle carte in tavola: ora, lui credeva che il ruolo di Ercole, principale dell'opera, fosse a lui dovuto; tra l'altro, anche Luigi XIV° non lo vede più di buon occhio: se è vero che Atto era capace di incantare con il suo canto, affascinando chiunque, è anche vero che si doveva subire la sua vanità e sopportare ogni sua azione, poichè il castrato credeva che tutto gli fosse permesso, dopo che nel 1657 il Cardinale gli affidò una missione diplomatica presso l'Elettore di Baviera e lo nominò Gentiluomo della Camera. Il soggetto dell'opera fu scelto dall'Abate Buti, che affermò come "gli uomini senzabarba" cominciavano a rendersi odiosi agli occhi dei francesi, per le loro maniere e le loro pretese. Atto Melani si infuriò
di non aver ricevuto il ruolo di primo uomo, trattando l'abate Buti come un
incompetente, uno stupido Allora l'abate andò a lamentarsi dal Cardinale Mazzarino, mentre allora Atto si rivolse al Re, che al tempo godeva ancora della stima del sovrano poichè era il confidente e tramite del suo amore giovanile per Maria Mancini (qui a destra) . Ecco il motivo per cui ogni minaccia ed ogni eccesso era perdonato al castrato Atto Melani, che era sostenuto sia dal Re, che dal Cardinale ed anche naturalmente dalla nipote Maria Mancini. Ma una guerra oramai si era aperta fra il castrato Atto Melani ed il librettista l'Abate Buti, tanto che questo ultimo arrivò ad impedire a ogni cantante italiano, giunto a Parigi, di intrattenere qualunque contatto con il suo nemico giurato. In un clima quindi molto teso, Cavalli non perde l'entusiasmo nello scrivere la musica dell'opera, ma questo viaggio e soggiorno in Francia si rivelerà la peggiore delle sue umiliazioni: i suoi scacchi sono da imputarsi ai modi in cui saranno percepiti i castrati, al prestigio ascendente di Lulli (Lully dal 1661), le reazioni del pubblico....
Mazzarino ne vuole fare una "Sala delle Macchine", come in Francia non si erano mai viste, una sala capace di permettere degli impressionanti cambiamenti di scena, di decori e di spostamento degli interpreti, e per realizzare questo progetto fa giungere da Modena la famiglia dei Vigarani, famosi decoratori e macchinisti (Gasparre, il padre e i due figli Carlo e Ludovico). Carlo
Vigarani venne così tanto apprezzato che fu uno dei più
protetti a Corte e collaborò con Lully: tra le altre cose ricordiamo che
collaborò per la Se tutte le carte vincenti avrebbero fatto un successo in Italia, in Francia fu ancora una volta uno sconcerto generale, quando si vide Atto Melani incarnare Arsamene, Giuseppe Chiarini Elviro, Zanetto Eumene, Melone una ninfa spagnola e Filippo Melani interpretare la principessa Amastre, innamorata di Serse e travestita in uomo. Solo il ruolo principale venne mantenuto da un basso. Ai
sopranisti era affidata una parte di divertimento o comica, cosa che sarebbe
stata Altro aspetto contro il buon recepimento di questa opera fu che Francesco Cavalli non tenne conto della vera passione dei francesi, ossia quella della danza, che la Corte, a partire dai fasti dell'epoca di Enrico IV° e Luigi XIII°, ne aveva fatto un elemento indispensabile di ogni tipo di spettacolo.Ecco quindi che si rileva un primo vero serio conflitto fra il modello francese e quello italiano: non sono sufficienti in Francia le voci superbe dei castrati in un dramma serio per incantare i francesi: l'Opera si dovette completare con dei balletti, oppure non si sarebbe fatta. Ed ecco che Cavalli fu costretto a subire la prima delle umiliazioni, ossia vedere la sua opera intramezzata di sei interventi di danze, scritte dal suo rivale Lully, e per di più apprezzate meglio delle sue proprie arie. Nel giornale La Gazette due terzi dell'articolo sono dedicati alla magnificenza di queste danze, dovutamente accennando alle più belle voci venute dall'Italia e ai migliori strumentisti. La musica di Cavalli non è accennata se non una volta, nella routine del rituale omaggio al Re ed al cardinale.Un coevo, Loret, non può negare tuttavia che malgrado sia stato sottoposto a cento meraviglie, che deliziarono occhi ed orecchie, un certo sfinimento e fatica si sia verificato presso il pubblico. La
seconda mortificazione per Francesco Cavalli: ERCOLE
AMANTE non riesce a rappresentarsi, visto il protrarsi dei lavori di
ristrutturazione e preparazione del Teatro, e Cavalli iniziò ad annoiarsi lì a
Parigi, friggendo nella speranza che l'opera per la quale era giunto in suolo
francese varcasse le scene, ma invece veniva sistematicamente rimandata. Si
aggiunga che il 9 Marzo 1661 morì colui che l'aveva commissionata: con la morte
del cardinale Mazzarino, il veneziano Cavalli perde il suo protettore e si
trovò esposto in prima linea alle critiche sempre più numerose, dei nemici del
Cardinale: con questo temporeggiamento e il costo esagerato della realizzazione
del Teatro, l'opera divenne lo zimbello di tutta Parigi. Il Cardinale Mazzarino
per realizzare una costruzione di sempieterna memoria in campo teatrale, aveva
perso il controllo e spingeva i costruttori a sempre maggiori gigantismi,
perseguendo il desiderio di grandeur "alla romana". "Io
vedo la differenza di idee che esiste fra il signor Vigarani e il signor Leveau
sulla lunghezza della scena del teatro, e mi sembra sia per ragioni
d'architettura che per fare più bello, che bisogna sia più lungo e più
largo..." (in una lettera a Buti da Mazzarino): però l'idea di
realizzazione non era equilibrata, nel senso che all'obiettivo di grandezza non
poteva corrispondere una soddisfacente soluzione pratica in relazione alla messa
in scena ed alla acustica....
Si aggiunga che la
Gazzette riportò uno dei problemi della rappresentazione: la sala era con una
scena senza fondo, cosa che aspirava le voci, ed inoltre il rumore fastidioso
degli argani e delle pulegge cingolanti distoglievano dall'attenzione degli
spettatori, ma è innegabile uno schieramento ragguardevole di invenzioni di
scena: che ammirazione generale dinnanzi a circa 200 cantanti che venivano
sopraelevati nell'aria da un piano mobile o quando un globo rappresentativo del
Cielo e della Luna fece scendere una 15-ina di personaggi, oppure ancora quando
un Pavone gigante, muovendo le zampe e la testa, trainava il carro di Giunone: e
che trasalimento al vedere tutta la Famiglia Reale portata da un macchinario
durante l'apoteosi finale. Sebbene gli eccessi di questa sala voluta e costruita
con ogni sforzo da Mazzarino, si utilizzerà ben poco dopo questo spettacolo
visti i limiti per rumori e grandezza eccessiva, i Vigarani
furono lodati tantissimo, poichè lasciarono tutti sconvolti dallo stupore e
dalla meraviglia.Cavalli comprese quello che
gli rimaneva da fare: ritirarsi nelle tranquille acque veneziane, e partì ...
era il mese di maggio del 1662. In questo periodo il Re viene a sapere del tradimento di Atto Melani, o se vogliamo dire le sue manovre irregolari: c'è la morte e del Cardinale e l'arresto di Fouquet... sono tutti fatti che portano Luigi XIV° alla presa del potere, una presa che coincide anche con precise decisioni che si riversano nel piano artistico-culturale: alla rottura politica basata sulla presenza del primo ministro (il Re vuole governare direttamente) corrisponde una rottura anche sul piano artistico: sebbene il Re ha sinceramente amato ed ammirato il Cardinale, anche se si è interessato all'arte italiana, il Re vuole sentirsi libero da una preponderanza italiana: questo spiega anche come, sebbene ammirasse il Bernini, gli preferì Claude Perrault per erigere la facciata del Louvre, lasciandosi influenzare dal suo entourage: questa affermazione di un nazionalismo francese può ravvisarsi anche nella decisione di porre lontano da Versailles, la statua equestre del Re Sole scolpita dal Bernini, sistemata nel più lontano confine del Bacino degli Svizzeri.Il fatto è che arrivando alla ventina, il Re Sole vuole rompere definitivamente da questo assoggettamento al gusto musicale che crede di aver apprezzato solo perchè gli era stato imposto dalle scelte del Cardinale. E Lully, in questo contesto di evoluzione Regale, cade a pennello nella realizzazione dei desideri del Re, perchè scrive danze e balletti che piacciono al Re, e opere "alla maniera francese": Lully permetterà la creazione di un modello francese, desiderato dal Re, sia per volontà politica di affermazione di una Grande Nazione, sia per orgoglio personale (una specie di rivincita rispetto le decisioni che erano state bene o male imposte dal Cardinale). Dopo la morte del Cardinale, un po' alla volta i castrati lasciarono il suolo di Francia... saranno richiamati quando il Re mitigherà il suo giudizio sull'eccesso di presenza artistica italiana: 1666 il Re licenzia tutti gli ultimi sopravvissuti di questo lento esodo fuori dalla Francia. Lully, assieme a Carlo Vigarani e Moliere, inizieranno una collaborazione che farà nascere una forma artistico-musicale squisitamente francese, e che troverà nella nascita di Versailles una nuova epoca di Splendori, fra feste di Corte, caroselli, fuochi d'artificio, commedie-balletti, tragedie liriche e giochi d'acqua. A cura di Arsace da Versailles
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