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Gioacchino Conti
( 1714 - 1761 )
Gizziello nacque ad Arpino nel 1714. Si
narra che fu evirato da piccolo per salvarlo da una grave malattia; ma si
tratta di una vecchia scusa e va presa con riserva. In ogni modo,
all'età di otto anni
fu portato a Napoli e messo a studiare
sotto la direzione di Domenico Gizzi, lui stesso illustre cantante, col
quale rimase sette anni e da cui derivò naturalmente il suo pseudonimo.
Debuttò al teatro delle Dame a Roma nel
1730 nell'ARTASERSE di
Vinci.
Tale fu la sensazione che provocò, che ne
giunse notizia fino a
Caffarelli, e - se la storia è vera - suggerì a
questo castrato, un vero irrequieto cantante se vogliamo, uno dei suoi
rari atti di altruismo, anche se ci sarebbe da osservare che fu bravissimo
a trovare il momento meno opportuno, mi spiego: Caffarelli viaggiò a tappe
forzate verso Roma e si recò direttamente al teatro, dove entrò
nascondendo la sua vera identità; Gizziello stava cantando e Caffarelli
si mise a gridare ad alta voce: "Bravo, bravissimo Gizziello è
Caffarelli che te lo dice ", dopo di che lasciò il teatro e ritornò
direttamente a Napoli.
Ciò nonostante, quando, alcuni anni più tardi, la
direzione del San Carlo invitò Gizziello a cantare al posto di Caffarelli,
egli non ebbe il coraggio di accettare per paura di un eventuale rancore
di quest'ultimo (cosa plausibilissima visto il carattere esplosivo di
Gaetano Majorano: basti ricordare i fattacci con il Reginelli, o la
disputa in casa Tesi).
Nel 1736, Gizziello si recò a Londra per cantare
nell'
ARIODANTE di Handel e in questa occasione udì per la prima volta
Farinelli. "La voce di Gizziello" dice
Burney "era allora
quella di un soprano leggero e il suo stile era notevole per il pathos, la
delicatezza e la perfezione tecnica".
Il suo modo di cantare si dice
abbia avuto un considerevole peso nel modernizzare il carattere delle arie
di Handel, portandole verso il più agile stile napoletano. Gizziello, fu
uno dei più ammirati contemporanei di Farinelli e di Caffarelli, ma si
caratterizzava proprio per l'opposto di ciò che generalmente si ipotizza
essere stato un castrato-star: infatti era lungi dal lodarsi e dal
pavoneggiarsi, ma spesso questa peculiarità era talmente portata
all'eccesso, era così intensa la timidezza e la modestia, che quando udì
cantare Farinelli per la prima volta, svenne per la disperazione. Pensava
infatti di non poter mai più cantare dopo aver udito un maestro che
considerava così superiore a lui, e ci volle tutto l'incoraggiamento (che
generosamente, gli diede benché fosse scritturato da una compagnia
rivale) e il potere di persuasione di Farinelli in persona per indurlo ad
adempiere ai suoi impegni, cosa che alla fine fece con grandissimo
successo.
Nel 1743 fu invitato a Lisbona dove rimase, salvo qualche visita
occasionale in altri luoghi, per dieci anni consecutivi, durante i quali
si recò una volta a Napoli nel 1747, epoca in cui evidentemente doveva
aver superato il suo timore per Caffarelli.
Qui è necessario inserire una
parentesi che vede protagonista il Caffarelli: i due cantanti furono uditi
insieme in una rappresentazione dell'ACHILLE IN SCIRO di
Jommelli (e sorse
in questa occasione una disputa su chi dei due fosse il migliore), oltre
che in altre composizioni.
Sir Horace Mann, scrivendo da Firenze,
riferisce che "la nostra seconda opera inizierà domenica e verrà
data frettolosamente per dar tempo a Caffarelli di raggiungere Napoli per
la fine di ottobre, affinché si prepari per la grande cantata che deve
venir eseguita fra le celebrazioni in progetto per la nascita del duca di
Calabria. La cantata sarà un duo di Caffarelli e Giziello, e un trio con
l'aggiunta di Babbi. Caffarelli giura che farà stonare Gizziello."
In una lettera successiva, aggiunge: "Avrete udito dei grandi
avvenimenti di Napoli e della rivalità fra Caffarelli e Gizziello che
fortunatamente non turbò, come si temeva, la festa. All'arrivo di
Caffarelli a Napoli, Gizziello," forse per evitare incresciosi
turbamenti "si recò a fargli visita, e venne ricevuto da
quell'insolente su uno sgabello, sul quale rimase seduto per tutto il
tempo. La faccenda venne sistemata per mezzo di intermediari, dopo di che
sembra diventassero ottimi amici".
Gizziello fu a Lisbona nel 1753 e
non vi ritornò per prender parte ai famosi spettacoli del 1755 in
occasione dell'apertura del nuovo teatro: questa circostanza invalida
l'aneddoto pittoresco e frequentemente citato, che il Gizziello,
sbigottito dalla distruzione e dal terrore per il terremoto della capitale
del Portogallo, abbia da quel momento rinunciato all'ambiente mondano,
confinandosi in un monastero. In realtà, che poco dopo il ritorno da
Lisbona, nel 1753, egli si è ritirato prima nella sua città natale e poi
a Roma, dedicandosi con fervore alla religione, trovando conforto così
per la malferma salute: non era mai stato di corporatura robusta e,
secondo Sir Horace Mann, quasi passò a nuova vita nel 1742 a Firenze.
Proprio alla vigilia del suo ritiro, si dice abbia cantato come non mai
(un tributo al mondo?) ammaliando e stupendo tutti con la sua
indimenticabile interpretazione della DIDONE ABBANDONATA di
Perez.
Morì a Roma nel 1761.
A cura di Arsace
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