Come si diceva a proposito di Mirabeau circa il progetto per far lasciare Parigi al Re, era il Generale Bouillé a dover prendere in mano la situazione, vista la sua esperienza, la sua popolarità ed il suo carisma, ed anche per il potere militare che al momento aveva nel Regno di Francia. Il Generale Bouillè Si deve sapere che il generale aveva un suo piano, che continuava a limarlo e adattarlo alle circostanze ed agli avvenimenti che si succedevano. Si trattava di indurre l'Imperatore a far avanzare qualche corpo di armata verso la frontiera francese: la recente sottomissione dei Paesi Bassi, ove Leopoldo aveva l'esercito, facilita questo spostamento di truppe. L'Imperatore avrebbe dovuto reclamare perchè fossero integrati i diritti dei principi tedeschi che avevano possedimenti in Alsazia e Lorena, diritti che erano stati violati. Di ciò Bouillè si sarebbe servito come pretesto per poter riunire un esercito composto dei reggimenti migliori tra quelli che aveva alle sue dipendenze. Fatto questo poi si sarebbe presentata una supplica dei dipartimenti delle province di frontiera per chiedere all'Assemblea di concedere al Re di recarsi a prendere il comando del suo esercito in modo che con la sua presenza si dissipasse lo spirito di indisciplina. Una volta che il Re si fosse trovato a capo dell'esercito, sarebbe stato facile che i soldati si affezionassero a lui, gli ufficiali gli erano tutti devoti. Inoltre si poteva sfruttare anche il grosso malcontento che si era generato a causa dell'imposizione dell'Assemblea al clero di prestare giuramento verso La Costituzione civile del clero. L'Assemblea aveva iniziato a perseguitare i preti e parroci che si rifiutavano di giurare, e questo era molto molto inviso al popolo, specie quello di frontiera che era molto religioso. Il Generale Bouillè, nonchè Marchese, era un ufficiale veramente onesto, amato dai soldati, e circondato da una grande popolarità. Il suo passato al servizio del Re, parla di lui. Giovanissimo, egli prese parte alla disgraziata guerra dei Sette Anni agli ordini del maresciallo de Broglie e si segnalò per azioni personali d'un ardire spesso temerario. A 24 anni, Re Luigi XV lo ha nominato colonnello presentandolo ai cortigiani con queste lusinghiere parole: "Signori, Bouillè parla poco di sè; tuttavia sa farsi notare: egli ha preso al nemico cannoni e bandiere". Bouillé ebbe modo anche di combattere gli inglesi in America, mentre l'ammiraglio francese, noto col nome di, balì di Suffren li combatteva in India... entrambi trionfalmente. Disinteresse e giustizia furono dei complimenti che gli stessi inglesi vinti nelle Antille gli riconobbero. Al tempo del 1790, il cugino La Fayette non si fida di Boullé e nemmeno i giacobini, proprio perchè in un primo momento ha rifiutato di prestar giuramento alla costituzione e si è arreso solo alle preghiere del Re, che riuscì a trattenerlo in Francia, quando aveva invece deciso di emigrare. Bouillé ebbe modo di rispondere ad un ambasciatore inviatogli dall'odiato cugino, il Generale La Fayette
Nell'agosto del 1790, Bouillé aveva attratto a sè l'odio dei patrioti e dei giacobini per la repressione della rivolta di Nancy. Bouillé cerca, ad un anno dall'inizio della rivoluzione, di controllare che non si diffonda il contagio rivoluzionario fra i suoi soldati, grazie ai poteri conferitogli dal Ministro della Guerra La Tour-du-Pin, spostando di continuo i reparti e vietando ai soldati di frequentare i clubs. Malgrado però tutti questi accorgimenti a Metz la rivolta scoppia: i soldati imprigionano gli ufficiali e si impadroniscono delle bandiere e della cassa dei reggimenti: si protestava per le trattenute ingiuste fatte abusivamente dagli ispettori negli anni precedenti; rischiando la sua vita, Bouillé riesce a riportare sotto controllo la situazione. Alcune di quelle richieste che sembravano lecite vennero esaudite, e quelle ingiuste ed infondate vennero respinte. Una lettera di Luigi XVI, scritta in modo per niente compromettente, testa se le truppe sono ancora fedeli al generale Bouillé: Saint-Cloud, 23 Ottobre 1790 Spero che voi continuerete ad esser contento della vostra posizione con le truppe in questo momento: colgo l'occasione per rinnovarvi l'assicurazione dei miei sentimenti di stima per voi. Luigi. Effettivamente il Re poteva stare tranquillo: Bouillè non era mai stato così forte: le guardie nazionali, i soldati, e non soltanto a Metz, ma nelle varie province su cui si estendeva il suo comando, gli testimoniavano la massima fiducia e lealtà. Bouillè era ben conscio della disgraziata situazione in cui gravava il Re e la sua Famiglia, situazione aggravata dal suo cugino il generale La Fayette. Tramite il signor d'Agoult, il Re comunicò l'intenzione di lasciare Parigi al generale Bouillè, dove la sua esistenza non era più sicura, e dove, pressato dall'Assemblea, dal popolo, da sedicenti amici, non aveva più la libertà di agire, cosa indispensabile per collaborare ad un assetto definitivo della nazione. Il Re aveva deciso quindi di ritirarsi in una piazzaforte di confine controllate da Bouillè, la scelta di una delle quali doveva passare sotto la decisione del Generale stesso. Qui si sarebbero riunite le persone fedeli al Re ed al Generale per cercare di riconquistare il resto del suo popolo traviato dai "cattivi pastori", e, in caso le cose si fossero poi messe male, facilmente ci si sarebbe potuti giovare dell'aiuto degli alleati, in modo di cercare di ristabilire l'ordine. Il Re comunque aveva deciso di lasciare Parigi in primavera, cosa che permetteva a Bouillé di organizzare i preparativi da poi poter sottoporre al nulla osta di Luigi XVI. Molti furono i fatti che accaddero fra l'ottobre 1790 al giugno 1791, momento in cui ebbe luogo la fuga della Famiglia Reale. Ma più il tempo passava e più si complicavano le cose. Ciò che era facile nel momento della presa della Bastiglia, all'inizio della rivoluzione, appariva difficile nell'autunno del 1790, e praticamente impossibile nell'estate del 1791. L'Assemblea, che aveva distrutto i tre ordini, imposta la costituzione civile del clero e il giuramento dei preti. Solo che i preti venivano sostituiti con quelli rivoluzionari che erano un pessimo esempio, tanto che le popolazioni cominciavano a non riporre più fiducia verso l'Assemblea, il cui lavoro non aveva finora dato altro risultato se non quello del più terribile disordine. Poi con l'andare del tempo la gente vi si era adattata, molti approfittarono dello stato di cose, mentre i difensori dell'ordine perdevano piede sempre di più. I partiti estremi, attraverso i clubs, dilagavano e iniziavano ad incutere un certo timore, mentre i soldati si abbandonavano sempre di più ai "Viva la nazione!" anzichè gridare "Viva il Re!", e l'atmosfera era sempre più refrattaria a moti antirivoluzionari. Bouillè conosceva bene la situazione, non nascondendo lo stato delle cose al Re. Quindi dopo aver prospettato al Re le conseguenze della sua fuga, Bouillè passa a tre proposte concrete dove il Re poteva rifugiarsi. Valenciennes, distava 200 km da Parigi: non c'erano grandi città da attraversare per raggiungerla; c'era un gran via e vai nella strada maestra verso questa città di carrozze, era una via molto battuta dagli inglesi... tutto ciò avrebbe non avrebbe insospettito le popolazioni locali il passaggio delle carrozze reali. E lì Bouillè poteva raggiungere il Re se ne avesse avuto bisogno. Besançon, era distante 360 km da Parigi: buona la guarnigione e la popolazione del luogo: Bouillè poteva rinforzare la zona con reggimenti stranieri, specie svizzeri. Questa città aveva poi il vantaggio di esser molto vicina alla Svizzera che si era impegnata a fornire 24.000 uomini alla prima richiesta. Montmédy, era distante 280 km da Parigi: si trovava sull'estrema frontiera, ad 40 km dal territorio austriaco e a 240 km dal Lussemburgo, cosa che rappresentava una risorsa non disprezzabile. La fortezza era assai piccola e quindi abbisognava di una guarnigione minima, non aveva molta popolazione borghese. Alla fine il Re Scelse Montmédy. A fine ottobre 1790, l'Assemblea pose come ministro della guerra il signor Duportail, ex ufficiale che aveva combattuto in America agli ordini del generale La Fayette, il quale non tardò ad approfittare di questa nomina per agire allo scopo di far pressioni in Assemblea per ridurre il potere del cugino Bouillè. Una lettera del Re a Bouillè arrivò da lì a poco a confermare questo timore: si decise infatti di ritirargli il diritto di fare spostare, con la semplice sua autorità e senza attendere gli ordini del Re, le truppe nelle province su cui egli comandava. E questo era un brutto colpo proprio perchè questo andava ad ostacolare il progetto di difesa del Re nel progetto di fuga, perchè impediva a Bouillè si spostare liberamente le truppe per costituire una armata di scorta. Così, Bouillè chiese al Re di fare l'impossibile per ostacolare queste decisione altrimenti sarebbe stato molto difficile servirlo. Il Re cerò di fare quello che poteva, ma era ostacolato sia dal ministro della guerra, così come da La Fayette. Passarono dei mesi e nel dicembre 1790, la Famiglia Reale lasciò Saint-Cloud per rientrare in mezzo alla rivoluzione al palazzo delle Tuileries a Parigi, un palazzo che il popolo guardava con sospetto come covo dei tiranni che avrebbero potuto da un momento all'altro incenerire tutta la città per distruggere la rivoluzione. Dentro il palazzo delle Tuileries la situazione era peggiorata, perchè oltre ai nemici, che irridevano, minacciavano, insultavano si erano aggiunti gli amici: c'erano i monarchici che non approvavano l'accordo con Mirabeau... disapprovazioni che, partendo dal presupposto che non ci si capacitava come la Monarchia potesse affidarsi a dei semplici tribuni, puntavano tutte contro Maria Antonietta, vista come principale artefice dell'accordo col tribuno Mirabeau. Tute queste tensione non facevano che rafforzare la decisione di partire del Re, rendendo solita una volontà vacillante del Sovrano. Il Re nel gennaio scrive a Bouillè: spera di poter partire fra marzo ed aprile 1791. Era da scegliere allora quale potesse essere la via migliore per raggiungere Montmédy. Bouillè risponde che vi sono due strade da percorrere da Parigi a Montmèdy. Una passava per Reims e Stenay ed ha il grande vantaggio di avere poche città nel percorso, ed era importante evitare le grandi città dove il Re poteva venir riconosciuto. La seconda via era quella che passava per Varennes, che però, essendo una piccola cittadina non avrebbe avuto cavalli di posta. Il cambio di cavalli quindi, per la carrozza che doveva trasportare per un lungo tragitto la famiglia Reale, era problematico: era quindi necessario porre anticipatamente un cambio di cavalli, cosa che però poteva insospettire i cittadini. Allegoria dell'Incoronazione di Luigi XVI e Maria Antonietta Il Re scelse la via per Varennes, adducendo che a Reims egli era stato Incoronato, per cui era più facilmente riconoscibile. Alle possibili necessità di movimentare truppe imperiali alla frontiera mosse dal generale Bouillè, il Re rispose che aveva la parola dell'Imperatore Leopoldo: ci sarebbe stato un movimento di 12.000 / 15.000 uomini al primo avviso. Tutte queste comunicazioni tra il Re e Bouillè avvenivano ovviamente in segreto con lettere cifrate. Ma La Fayette, roso dall'invidia verso il cugino Bouillè, teneva gli occhi bene aperti: il pensiero del generale Bouillè toglieva un lieto riposo a La Fayette, che non riuscendo ad attirare nella sua orbita il "caro cugino" si sforzava in ogni modo di ostacolarne i piani e distruggerne la potenza. Così perchè non togliere al comando di Bouillè, noto Realista, l'Alsazia? certo, il suo potere è troppo vasto, e quel territorio potrebbe esser dato al fidato Luckner, buon patriota, adatto a comandare i reparti alsaziani ancora troppo legati alla Monarchia. Il Re così comunica la notizia a Bouillè di questa mossa proposta da suo cugino La Fayette... e Bouillè corre ai ripari. Bouillè rinuncerà spontaneamente al comando dell'Alsazia, ma il generale chiede al Re di far in modo che non sia almeno Luckner a prenderne il posto (in questo momento il Re aveva ancora la possibilità di esercitare una certa influenza nelle scelte) e sia il buon generale Gelb, alsaziano, realista e del quale Bouillè si fida ciecamente. Poi Bouillè coglie la palla al balzo e comunica al Ministero che il comando affidatogli è troppo vasto così ha deciso di rinunciare al comando dell'Alsazia e della Franca Contea. Ma al Ministero della guerra (dove c'è la creatura di La Fayette ricordiamolo bene, ossia il signor Duportail) basta la sola Alsazia. Il Re tiene duro alle pressioni a cui è sottoposto, ed alla fine Gelb accetta l'incarico, a patto che il generale Bouillè disponga delle sue truppe al omento opportuno per il servizio del Re. Le comunicazioni fra il Re e il generale Bouillè avvenivano anche attraverso il conte La Marck, che ai primi del febbraio 1791 giunse a Metz potando una lettera del Sovrano a Bouillè. Ma questo viaggio non era sfuggito a La Fayette, e da una lettera del periodo del Conte Montmorin a Mirabeau del 9 Febbbraio 1791, si legge:
Non solo... La Fayette ebbe l'idea di scrivere una lettera ambigua al cugino Bouillè che tracciava la situazione di Parigi e della nazione in quel momento. Il tenore della missiva è che gli aristocratici arrabbiati sognano la controrivoluzione; i preti prestano loro aiuto del fanatismo; gli aristocratici moderati, non avendo coraggio di fare delle sciocchezze, ne dicono moltissime; i cortigiani si mostrano vili e presuntuosi, quanto a lui, La Fayette è attaccato da tutti i capi partito che lo considerano un ostacolo incorruttibile che non è possibile intimidire, odiato dagli orleanisti, da Mirabeau. Tuttavia tutti gli onesti sono con lui. Ma il vero scopo della lettera è il post-scriptum: "C'è molta gente che agita nella propria testa grandi disegni: ma tutto ciò è frutto di piccole ambizioni. Vi dirò quel che ne penso a misura che li conoscerò. Quanto agli uomini onesti, come voi, essi devono andare direttamente verso una mèta utile e conosciuta: tutti questi misteri e tutti questi intrighi, non servono che ai bricconi". Bouillè rispose alla fredda lettera del cugino con un'altrettanto arida missiva non rinunciando al piacere di rammentare al suo caro parente come un anno prima, lui gli avesse manifestato la stessa volontà di ristabilire l'ordine. L'intento di Bouillè era quello di strappare dalla cecità in cui era caduto il caro La Fayette. Ma le cose iniziarono a precipitare.
Il 19 febbraio 1791 le zie del Re (Victoire ed Adelaide, figlie di Luigi XV e Maria Leszinska) decisero di uscire dal Regno. Esse erano molto religiose e rigide all'etichetta, anche fuori della Reggia di Versailles; rifiutarono il poter ricevere il 24 Aprile 1791 la comunione Pasquale dalle mani di un prete che aveva giurato fedeltà alla Costituzione civile del Clero, istituita dai rivoluzionari. Essenzialmente questo documento, ispirato ai principi gallicani di una Chiesa nazionale, che doveva esser giurato dai nuovi membri di un clero rivoluzionario prevedeva quattro proposizioni in sostanza:
Le zie di Luigi XVI non potevano accettare questo sconvolgimento e decisero per questo motivo la partenza da Parigi. Una partenza quindi dettata da motivi eminentemente religiosi, che però si rivelò anche di importanza vitale, in quanto esse riuscirono a fuggire la morte al contrario dei famigliari e di tanti altri nobili rimasti in Francia e non vissero l'angoscia per la propria sorte. Nessuna delle due poterono tornare nl Paese natio, la Francia. Vittoria ammalata di cancro, morì a Trieste nel 1799, mentre la sorella Adelaide seguì la stessa sorte l'anno successivo. Madame Vittoria era una grande virtuosa al cembalo, e durante il Regno di Luigi XV°, Armand Louis Couperin le dedicò 19 composizioni. A Madame Victoire - Armand Louis Couperin I cadaveri delle due figlie di Luigi XV° poterono ritornare in Francia sotto la Restaurazione ed il Regno di Luigi XVIII, che stabilì venissero sepolte a Saint-Denis. La partenza delle zie di Luigi XVI non fu così tranquilla, infatti esse furono fermate ad Arnay-le-Duc: saputa la notizia il popolo insorse: esse non erano forse le staffette di qualcuno di più grande di loro che si accingeva a lasciare il paese? La folla insorta quindi corse alla ricerca di Monsieur, il fratello del Re, e solo dopo che egli apparve alla finestra assicurando che non avrebbe abbandonato il Re. Non bastava, la folla impose che egli si riunisse colla famiglia Reale alle Tuileries, dove lo si poteva controllare meglio. Il Conte di Montmorin commentò come indecente che terribile quella sommossa. Intanto il progetto per la fuga del Re da Parigi fu affidata a Fersen ed al Generale Bouillè: si scrissero molte cose sul perchè Fersen rimase accanto alla famiglia Reale tutta. Si rispose che Fersen era innamorato della Regina, ma non vi furono mai dei chiari segni di adulterio da parte di Maria Antonietta, certo è che Fersen fu l'uomo per il quale la Regina ebbe l'amicizia più viva, più tenera più vicina al sentimento. De Ligne scrive a proposito della Regina "... la si adorava, senza pensare di amarla"... Fersen ebbe un ruolo fondamentale nel susseguirsi degli eventi sia per quanto concerne la fuga dei Reali, sia per il tentativo di organizzare tutte le potenze europee per soccorrere la Monarchia di Francia. Riguardo il progetto di lasciare Parigi, fu la Regina ad organizzare il tutto, poiché fu proprio Maria Antonietta a dimostrare nei momenti di pericolo la fermezza di una sovrana. La Regina divenne uomo di Stato, mentre il Re non si risolveva sul da farsi. Ogni comunicazione con l'estero era tessuta da lei. Tuttavia per decidersi a partire, lasciando Parigi, era l'assenso del Re che avrebbe reso concreto il progetto con i mille dettagli mutevoli organizzativi, che variavano al variare del presentarsi degli eventi.... Continua....... A cura di Arsace da Versailles e Faustina da Versailles
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