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Giovanni Bononcini era universalmente
ammirato anche per il suo modo sensibile ed espressivo di suonare il
violoncello: a questa stima riscossa, si aggiungeva la maestria per la
composizione di oratori, che Handel conosceva.
Le sue deliziose cavatine e le sue ariette sollevavano consensi unanimi
presso il pubblico londinese, ma in realtà il genio di Bononcini non si
limitava a questi zuccherini; egli era capace di risultati molto più
impegnativi. Questo aspetto si è sempre sottaciuto anche per colpa di
Chrysander, responsabile della scarsa considerazione in cui è tenuto
questo abile compositore, sebbene abbia dichiarato il massimo rispetto per
la musica sacra di Bononcini, che comunque, come musica sacra cattolica
non può competere con nessuna delle composizioni mature di Handel.
In sostanza Bononcini non può essere liquidato in maniera sommaria come
hanno fatto Chrysander e altri biografi di Handel, magari aggravando la
considerazione del compositore in relazione allo scandalo del madrigale di
Lotti del 1731.
Oltre al discorso dell’importanza de IL TRIONFO DI CAMILLA, si deve ben
rilevare che il successo della terza stagione dell'Accademia si deve ad
opere di Bononcini e alla sua fama, come pure gli si deve l'invito a
Parigi per l'Accademia Reale, che finì nel nulla.
Il musicologo Schering ha ridato dignità alla personalità di Bononcini,
ridimensionando e correggendo il giudizio parziale di Chrysander, ma il
musicista modenese aspetta ancora di essere rivalutato come compositore di
una certa importanza.
Orgoglio e attaccamento al lavoro, questi sono i due tratti distintivi di
Giovanni Bononcini, e non meramente un uomo intrigante e falso come viene
descritto.
Bononcini è stato un grande e, sebbene non abbia avuto l'erezione di una
statua mentre era in vita, onore che è stato tributato ad un solo
compositore nella storia della Musica, ossia a Handel, ebbe un
riconoscimento, minore certo, ma assolutamente significativo: le sue opere
suscitarono un vivo interesse addirittura in Francia, tanto che si
rappresentò a Parigi l'ERMINIA con tutta la compagnia inglese nel 1723:
onore rarissimo, mai tributato ad Handel.
Bononcini pare abbia conservato una personalità contrastante: fu costretto
a lasciare l'incarico presso la Corte di Vienna all'inizio della sua
carriera per un comportamento scorretto verso l'Imperatore, ma non ci sono
ancora dati precisi che permettano di ricostruire pienamente la sua
personalità giacché nella sua biografia vi sono periodi oscuri nell'arco
di tempo compreso fra il 1711 al 1720, e tra il 1733 al 1740, e rincresce
anche che, dopo i fasti a cui fu investito, dovette morire in miseria l'8
Luglio 1747 a Vienna, dopo che l'imperatrice Maria Teresa corrispose una
piccola pensione dal 1740.
Lecerf su
Bononcini
Per Lecerf de la Viéville Bononcini era l'italiano bizzarro, avventato e
insieme prezioso, compiaciuto degli intervalli meno usati e delle
dissonanze più dure. Per gl'inglesi (restii ad ammirarlo per la loro
idolatria handeliana) era invece il musicista della naturale eleganza,
della semplicità ricca di risorse nelle note della dolcezza patetica.
Burney giudica severamente L'ASTARTO, ma vi ravvisa una tenerezza e un
pathos originali, e segnala i plagi che ne fecero Pepusch, Arne e lo
stesso Handel; arie brevi, semplici ed eleganti rileva nel CRISPO; quanto
alla GRISELDA, insinua che solo per sostenere il confronto con Handel
Bononcini s'indusse a conferire all’Ouvereture pompa e maestà per lui
nuove, ma evita un giudizio d'insieme; infine alle Cantate da Camera
riconosce maestria ed espressività in molti recitativi e sovente arditezza
e scienza della modulazione. Hawkins invece, con moderna acutezza
estetica, infirma dalla base il criterio della lotta fra due compositori
e, senza diminuire Handel, riconosce a Bononcini meriti assai grandi. Le
sue melodie gli appaiono le più ricche e dolci che egli abbia mai
conosciute, e di uno stile affatto personale; le armonie originali e
naturali al tempo stesso, i recitativi grandementè appropriati alla
espressione del testo (quanto alla coscienza del rapporto parola-musica in
Bononcini stesso cfr. la sua lettera a Marcello in lode dei suoi Salmi,
pubblicati nel V tomo di questi, 1725). Inoltre, a differenza di Burney,
Hawkins sottolinea che talune composizioni (particolarmente una MESSA a 8
voci con strumenti, un LAUDATE PUERI e numerosi madrigali a 5 voci)
dimostrano come Bononcini avesse scienza contrappuntistica non inferiore
ai doni d'invenzione melodica che comunemente gli si riconoscevano. Voci
in favore di una sua rivalutazione si levarono quindi nella musicologia
tedesca con Kretzschmar, Goldschmidt e Schering, seguiti in tempi più
recenti da Haas, Wellesz (che ha valorizzato i lavori del periodo
viennese) e C. Sachs col suo studio sul POLIFEMO: opera il cui valore ha
avuto conferma nell'edizione che Gerd Karnbach ne ha curato nel 1938 e in
varie esecuzioni radiofoniche (Radio Berlino 1937, Radio Germania
Occidentale 1950, S. U.).
Per la Storia della musica di Della Corte e Pannain Bononcini è uno dei
più caratteristici rinnovatori del gusto nel primo Settecento.
Il Fétis racconta di Giovanni Bononcini
Agli inizi del 1731, uno dei membri
dell'Accademia di musica antica ricevette da Venezia una collezione di
madrigali e di cantate, stampate sotto il nome di Antonio Lotti. Uno di
questi pezzi, che fu eseguito, era stato suonato, 4 anni prima, come una
composizione di Giovanni Bononcini.
Giovanni, essendo stato informato di questo incidente, scrisse ai membri
dell'Accademia, accusando lotti di plagio, ed affermando che lo aveva
composto trenta anni prima per ordine dell'Imperatore Leopoldo.Da questa
lettera il segretario dell'Accademia inviò a Lotti le accuse di Bononcini,
allo scopo di ottenere dei chiarimenti sulla questione.
La risposta di Lotti contenteva una dichiarazione formale che la
composizione, oggetto di contesa paternità, era realmente di sua mano:
lotti inoltre aggiunse che ne aveva data una copia a Ziani, maestro di
cappella dell'Imperatore, molto tempo prima che venisse pubblicata, e che
non comprendeva il motivo per cui Bononcini, così ricco di inventiva,
volesse appropriarsi della sua opera. Lotti inoltre unì alla sua lettera
una attestazione dell'abate Pariati, autore del testo.
Altre informazioni, giunte da Vienna, confermarono le affermazioni di
Lotti, e coprirono di vergogna Bononcini.
L'affare fu reso pubblico tramite la stampa dei pezzi di questa disputa
sotto il titolo di "Lettere dalla Accademia di Musica Antica a Londra, al
signor Antonio Lotti di Venezia, con documenti e testimonianze", Londra,
1732, in 8°, e Bononcini perse per questo una gran parte della
considerazione di cui godeva.
I suoi affari iniziarono ad andare sempre peggio, fino al 1733, momento in
cui un intrigante, conosciuto sotto il nome di Conte Ughi, lo persuase che
conoscesse il segreto per fare l'oro.
Bononcini acconsentì ad associarsi alla sorte di questo impostore, e
lasciò l'Inghilterra con costui.
Ma l'illusione fu di corta durata, e Bononcini, benchè venerando, fu
costretto a far ricorso al suo talento per sopravvivere.
Pochi anni dopo aver lasciato l'Inghilterra, si recò a Parigi, e compose
per la cappella Reale un mottetto, nel quale si trova un accompagnamento
di violoncello che suonò lui stesso davanti al Re.
Dopo il trattato per la pace d'Aix-la-Chapelle, fu chiamato a Vienna
dall'imperatore, al fine di comporre musica per le feste che si
celebrarono per l'occasione: ricevette come ricompensa un regalo di 800
ducati dalle mani dell'Imperatore stesso:qui siamo attorno al 1748, quando
Bononcini aveva 66 anni.
Poi Egli partì per Venezia, con il vecchio castrato Monticelli che aveva
cantato nell'Opera a Londra: Bononcini a venezia fu ingaggiato come
compositore di teatro, e vi lavorava ancora all'età di 80 anni.
Scenografia da Euleo Festeggiante nel
ritorno d'Alessandro Magno dall'Indie, cantata di Bononcini
rappresentata nel giardino della Favorita di Vienna nel 1699
L’Innocenza di Bononcini
Non si sono mai appurate in modo
esaustivo le circostanze precise del famoso caso di plagio, che
sicuramente rovinò la sua carriera londinese.
L'Accademia di Musica Antica andò a fondo certo, rivolgendosi addirittura
ad Antonio Lotti, autore del madrigale che Bononcini avrebbe copiato in
toto. Tutto ciò che si scoperse fu pubblicato in un documento, tradotto in
varie lingue dal titolo
“Lettere dell'Accademia di Musica Antica di Londra al Signor Antonio Lotti
di Venezia, con risposte e testimonianze (Londra 1732)”.
Era un documento davvero sconvolgente, ma Bononcini rifiutò sdegnosamente
sempre di difendersi.
Su questa esplosiva vicenda non si è ancora detta l'ultima parola.
Ci sono eccellenti ragioni per assolvere Giovanni Bononcini, vittima
innocente di una vendetta ordita contro di lui. Infatti è davvero poco
credibile che un compositore dotato e fecondo come lui, perfettamente in
grado di comporre un madrigale in poco tempo, avesse fatto ricorso ad un
simile inganno, se non in caso disperato.
Si deve innanzitutto osservare che la partitura eseguita all'Accademia non
è firmata, e Bononcini non se ne è mai attribuita la paternità (si ricorda
che il Madrigale IN UNA SIEPE OMBROSA era stato eseguito nel 1728, tre
anni prima, prima che venisse scoperto il plagio, e Bononcini non aveva
mai dichiarato che era suo).
Il colpevole può esser individuato in
Maurice Greene, che
divenne nemico giurato di Handel e non perdeva occasione di creare
preoccupazioni al suo vecchio amico e idolo, sembra essere colpevole dei
problemi di Bononcini.
Racconta Hawkins: “Nessuno era più abile di Green nel criticare e
screditare le composizioni di Handel”;
In un altro passo della sua cronaca, Hawkins sembra fornire la chiave del
mistero:
“Greene era membro dell'Accademia di Musica Antica e volendo esaltare
Bononcini presentò nel 1728 il madrigale “In una siepe ombrosa”, che
sollevò la questione da cui dipese la rovina del suo amico”.
Ma perché Greene odiava così tanto Handel?
La risposta si deve ricercare in ciò che accadde l’11 ottobre 1727.
Nel marzo del 1727, sette mesi prima di ottobre, data in cui si era decisa
la Cerimonia di Incoronazione di Re Giorgio II e della Regina Carolina in
Westminster Abbey, Handel nativo di Halle, quindi uno straniero per gli
inglesi, ottenne, dopo averla chiesta, la cittadinanza inglese.
Questo fatto fece considerare Handel ufficialmente inglese, e quindi
idoneo a comporre brani specificatamente patriottici.
Maurice Greene invece era inglese di nascita, e sicuramente il primo fra i
compositori barocchi inglesi autoctoni, quindi lui, essendo inglese, ed
essendo la cerimonia di Incoronazione un fatto squisitamente patriottico e
nazionale, si aspettava di esser chiamato da Re Giorgio II per l’incarico
di comporre la musica cerimoniale: figuriamoci come la prese, pensando che
gli fosse dovuto, una scelta scontata, visto che aveva ricevuto la nomina
presso la Cappella reale nel 1727, quando uno straniero – sì, era ora
inglese, ma non purosangue come lui! – lo soppiantò in questa grande
opportunità di notorietà: tutta la nazione avrebbe seguito la Messa di
Incoronazione, poiché fatto Nazionale. Questo smacco deve averlo divorato
dall’invidia, e da una semplice opposizione che aveva tenuto gli anni
predenti, passò ad esser un nemico giurato, cercando in tutti i modi di
ridimensionare e screditare Handel in tutti i modi, ed uno di questi era
esaltare al massimo il suo diretto rivale: Giovanni Bononcini appunto.
Francamente il piano era davvero diabolico, in ogni caso, perché con
questa mossa o avrebbe perseguito lo scopo principale di danneggiare
Handel, ma come rovescio della medaglia Greene poteva togliere dalla scena
londinese Bononcini: infatTi è da ricordare che i compositori che
dominavano le scena a Londra erano i due (tre se vogliamo menzionare anche
Ariosti) stranieri.
Rimane un punto oscuro sulla vicenda: Perché Bononcini non si difese?
Una prima ipotesi potrebbe rilevarsi nel suo carattere, una simile
menzogna non merita di esser ricontrobattuta perché è assurda: lui,
fecondo compositore che ricorre a nette copiature! Assurdo!
Oppure si potrebbe pensare ad un comportamento corretto per difendere
Maurice Greene: sapendo che era stato lui a presentare un mottetto non
suo, aveva taciuto nel 1728, visto che bene o male quel mottetto, non
firmato, gli poteva aver procurato dei punti di ulteriori consensi per
portarlo avanti nella classifica di predominanza rispetto Handel nella
Londra di fine anni venti del 1700.
A cura di Arsace |
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