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Le due odi più
famose per il giorno della Santa, simbolicamente vista come protettrice
della Musica e dei Musicisti, sono quelle di
Henry Purcell e quella di Handel. La sua ode, su testo di
John Dryden, porta
il titolo di From Harmony, from Heav'nly Harmony, meglio nota come
Ode for
St. Cecilia's Day, HWV 76, eseguita per la prima volta il 22 Novembre
1739.
L'elogio alla Santa e alla Musica risulta splendidamente scritta: si pensi
all'aria "What passion cannot Music rise and quell?" dove il soprano è
accompagnato da un violoncello obbligato in forma di sarabanda; poi c'è
l'aria del tenore "The Trumpet's loud clangour" che fa vedere Handel
perfettamente a suo agio con lo stile assolutamente assimilato proprio del
Barocco Inglese di cui Purcell fu il massimo esponente; questa aria spezza
l'atmosfera idilliaca dell'aria del soprano sopra citata, poiché il
fragore delle trombe e dei timpani, e il coro seguente sono incipit di una
marcia dove, sebbene non sia stata concepita come una marcia di trionfo,
lo stile Grandioso di Handel non lascia respiro.
L'ode continua, dopo una Marcia, con l'aria per soprano dove flauti e
liuto seguono la cantante in "The soft complaining flute", di una
delicatezza unica; anche qui Handel usa dei grossi contrasti musicali con
i 2 brani precedenti: musica vigorosa contrapposta a musica delicata e
estremamente elegante. Nuovamente Handel spiazza con l'aria successiva, un
incisivo cambiamento di strumentazione e ritmo, con la decisa aria per
tenore "Sharp violins proclaim their jealous pangs", con una melodia che
il Lang definisce "sferzante ed abilmente sviluppata".
Poiché il testo di Dryden accenna all'organo, in "But oh! what art can
teach" il soprano canta un'aria pacata, tenerissima con motivi molto calmi
e sereni con ampi spazi dedicati all'organo. Handel accompagnava
personalmente quest'aria all'organo, gratificando il pubblico con le sue
magistrali improvvisazioni; quindi quanto stampato nella partitura è solo
la linea melodica di Base, a meno che non si riescano a trovare appunti
coevi in cui le improvvisazioni e le variazioni siano state segnate.
Questo è uno dei pregi della Musica di Handel, perché sulla base della
linea melodica si riescono ad incastrare molte variazioni, e queste
variazioni se fatte con "saggezza" rendono il pezzo, o il brano
assolutamente nuovo, rinnovandosi ogni volta che cambiano queste
variazioni, stando sempre dietro alla melodia di base: ecco che quindi la
Musica di Handel risulta infinita...
Il soprano continua con con "Orpheus could lead the savage race": il ritmo
è precisato: una "hornpipe" tema che Handel ha usato più volte, anche
nella MUSICA SULL'ACQUA. Ma non deve sorprendere molto dal momento che
Handel aveva appreso questa danza inglese nelle musiche di scena di
Purcell: ed è riuscito perfettamente ad interiorizzarle potendo
raggiungere espressioni strumentali fortemente accentate e sincopate.
Nell'ode non mancano i corali, luminosi, non luterani cupi: già nel brano
di apertura coro e orchestra giocano in "From Harmony, from heavenly
Harmony": il coro declama e gli strumenti attorniano le voci con un tema
penetrante; poi quando la linea corale diviene più lineare, strumenti e
voci giocano correndo su e giu' spaziando il totale dell'ambito sonoro: da
sottolineare la parte finale del coro "the diapason closing full in Man"
cantato dalla sezione delle voci maschili, e poi la ripresa del tutti
terminato da un corposo commento strumentale.
Il coro finale, che è alternato dagli interventi del sorpano, "The Trumpet
shall be heard on High" poggia sulle trombe , e presenta caratteristiche
assordanti: questo coro poi si chiude con una poderosa fuga finale ricca
estesa e gioiosa, solare, maestosa ed amabile contemporaneamente: e qui
Handel raggiunge la Grandiosità.
Per concludere, va sottolineato che Handel alla Santa dedicò altre due
composizioni: l'ode
ALEXANDER'S FEAST, che porta il sottotitolo THE POWER
OF MUSIC, e mai titolo fu più appropriato, e una cantata in italiano
Cecilia volgi un sguardo identificata col numero HWV 89 che venne eseguita
con l'ALEXANDER'S FEAST, il 19 Febbraio 1736.
Il Libretto
A cura di Arsace
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