Il Trionfo del Tempo e del Disinganno è
veramente un ottimo esempio di come Handel sia riuscito a brillare nella
Roma dei primi decenni del 1700. Ne esistono tre versioni: quello del 1707-8
(di questa versione a chiunque sia stimolato ad approfondire Handel non
posso che consigliare l'oratorio edito dalla Erato, dove Minkowski brilla
nella riscoperta dell'oratorio); poi ne esiste la versione ripresa negli
anni trenta del settecento con introduzioni di molte arie e cori, sempre in
italiano: Il Trionfo del tempo e della verità; caratteristica di tale
versione è inoltre la presenza dei carillons nell'organico (è la Naxos, ad
un prezzo modicissimo, ad aver prodotto questo capolavoro); la terza
versione è The Triumph of the Time and Truth (Hyperion ). In questo
caso l'oratorio è cantato su testo inglese, poichè Handel l'ha
composto/ripreso nel 1757, periodo in cui si era totalmente dedicato agli
oratori con idioma inglese.
La differenza è sostanziale su alcuni punti: innanzitutto nella versione
italiana, alla fine prevaleva il Tempo, ossia la figura allegorica che il
cardinale
Benedetto Pamphilj (il testo del libretto è suo) aveva strumentalizzato
per moraleggiare sul fatto che bisognava non sprecare il tempo, poichè
"crede l'uom ch'ei riposi": Il Tempo tuona in un recitativo accompagnato "Fa
di me miglior uso, perchè se con tardo pentimento mi chiamerai, io dirò non
sento". Il Tempo è affiancato dal Disinganno nella prima versione (poi da
Verità e da Truth nelle altre 2 versioni) che riporta come i colpi del Tempo
sono duri e crudeli e come le sue vittime imprechino contro gli effetti che
Egli infligge all'uomo : "ma se i colpi son ascosi, chiari poi sono gli
insulti" canta il Disinganno.
Gli altri 2 personaggi (4 sono in totale e nella versione del 1707 non c'è
la presenza del coro, come invece nelle 2 versioni successive) in questione
sono la Bellezza e il Piacere: in realtà tutto ruota attorno alla Bellezza,
interpretata da Isabelle Poulenard nel cd in questione (un soprano di impareggiabile coloratura, messa di voce, chiarezza di
esposizione, insomma una Cuzzoni del XIX° secolo): è lei che dopo
una sfavillante Sinfonia (poichè come si sa Corelli non era in grado di
eseguire l'originaria Ouverture, per cui Handel spazientito, per favorirlo
ha posto come apertura dell'oratorio una Sinfonia tutta italiangeggiante,
poichè non era nello "stylo francese"), si rimira dinnanzi ad uno specchio,
in una di quelle cosidette arie da toeletta (analogamente per fare un
collegamento all'aria "Vaghe perle" interpretata da Poppea in Agrippina,
anche se il Trionfo del Tempo in realtà è un oratorio, e quindi non ne era
prevista l'esecuzione in forma "teatrale" visto il divieto imposto a Roma
nel periodo in cui Handel era nella capitale).
"Fido Specchio", ammaliata da se stessa "in te mi vagheggio lo splendor
degli anni miei: pur un dì mi cangerò" e addirittura parlando con lo
specchio "Tu sarai sempre qual sei, io qual sono, e in te mi veggio; sempre
bella non sarò". Sa quindi che la sua beltà non durerà.
Ed è qui che interviene l'inganno rappresentato da il Piacere (Jennifer
Smith, altro soprano dalle agilità e limpidezza vocale sorprendenti, cioè
per capirci roba da restare a bocca aperta dallo stupore, specie poi nella
mega aria finale "Come nembo che fugge"): "Io che sono il Piacere giuro he
sempre sarai bella" ed ecco il patto/inganno da cui scaturisce tutta la
diatriba dell'oratorio: La Bellezza risponde " Ed io che sono la bellezza
giuro di non lasciarti: e si manco di fede importuno dolor sia mia mercede":
e da qui l'oratorio pieno zeppo di arie, varietà strumentali.
Infatti l'ORGANICO è: archi, cembalo, oboi, fagotti, flauti a becco, tiorba,
organo. L'organo interviene anche in prima persona, cioè come solista, nel
momento in cui La Bellezza visita il regno del Piacere si inserisce una
consistente sinfonia con organo solista.
Nell'oratorio si possono annoverare inoltre 2 duetti, 2 quartetti di cui uno
pietra miliare "Voglio Tempo" dove note e voci si intersecano in svariate
colorature e virtuosismi; il tutto in un susseguirsi di botte e risposte fra
Bellezza e Piacere da un lato e Tempo e Disinganno dall'altro: l'oggetto del
contendere è la Bellezza che prima schierata col Piacere alla fine viene
persuasa dell'error in cui cadeva seguendo i piaceri del Piacer.
Tardi si ravvede la Bellezza: il Tempo finisce per consumarla:
"Ma che veggio! che miro? Io credea d'esser bella e son deforme.
Nelle mie chiome bionde con catene di rigidi serpenti, la vergogna e il
dolore, morda nei miei contenti pensieri. Sì, sì cadete a terra ricche pompe
del crine! sia questo giorno ai miei deliri il fine."
Così la bellezza canta in un recitativo breve (come tutti nell'oratorio) ma
singhiozzando.
Insomma vince il Tempo ossia il succo moraleggiante del cardinale ritengo
che Sua Eminenza Pamphili avesse un po' la fissa su questo tema, dal momento
che nella stessa cantata Apollo e Dafne (intitolata anche La Terra
è liberata, HWV122) dove c'è sempre questo tema della fugacità della
beltà: canta Apollo contro la ritrosa Dafne:
"Come rosa in su la spina presto viene e presto va:
tal con fuga repentina passa il fior della Beltà": ed in fondo non è forse
lo stesso concetto espresso dal Disinganno nell'aria "Se la Bellezza",
quando intona ....
"e in un sol momento ride contento il vago fiore di gioventù" ed ancora
"Folle tu nieghi il Tempo et in quest'ora egli di tua beltà parte divora.
Dimmi degl'avi tuoi ora che resta? Restano l'ossa algenti,che cela un'urna
breve, un freddo sasso. Degl'anni tuoi ora già spenti, dimmi, che ti rimane?
O folli inganni! La beltà non ritorna, e tornan gli anni".
Estremi del cofanetto di 2 cd:
IL
TRIONFO DEL TEMPO E DEL DISINGANNO (1707)
Isabelle Poulenard soprano
Jennifer Smith soprano
Natalie Stutzmann contralto
John Elwes tenore.
Les Musiciens du Louvre, direttore Marc Minkowski
Edizione ERATO, numero catalogazione 2292 - 45351 - 2