Composizioni Handeliane
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Il Trionfo del Tempo e del Disinganno |
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La differenza è sostanziale su alcuni punti: innanzitutto nella versione italiana, alla fine prevaleva il Tempo, ossia la figura allegorica che il cardinale Benedetto Pamphilj (il testo del libretto è suo) aveva strumentalizzato per moraleggiare sul fatto che bisognava non sprecare il tempo, poichè "crede l'uom ch'ei riposi": Il Tempo tuona in un recitativo accompagnato "Fa di me miglior uso, perchè se con tardo pentimento mi chiamerai, io dirò non sento". Il Tempo è affiancato dal Disinganno nella prima versione (poi da Verità e da Truth nelle altre 2 versioni) che riporta come i colpi del Tempo sono duri e crudeli e come le sue vittime imprechino contro gli effetti che Egli infligge all'uomo : "ma se i colpi son ascosi, chiari poi sono gli insulti" canta il Disinganno. Gli altri 2 personaggi (4 sono in totale e nella versione del 1707 non c'è la presenza del coro, come invece nelle 2 versioni successive) in questione sono la Bellezza e il Piacere: in realtà tutto ruota attorno alla Bellezza, interpretata da Isabelle Poulenard nel cd in questione (un soprano di impareggiabile coloratura, messa di voce, chiarezza di esposizione, insomma una Cuzzoni del XIX° secolo): è lei che dopo una sfavillante Sinfonia (poichè come si sa Corelli non era in grado di eseguire l'originaria Ouverture, per cui Handel spazientito, per favorirlo ha posto come apertura dell'oratorio una Sinfonia tutta italiangeggiante, poichè non era nello "stylo francese"), si rimira dinnanzi ad uno specchio, in una di quelle cosidette arie da toeletta (analogamente per fare un collegamento all'aria "Vaghe perle" interpretata da Poppea in Agrippina, anche se il Trionfo del Tempo in realtà è un oratorio, e quindi non ne era prevista l'esecuzione in forma "teatrale" visto il divieto imposto a Roma nel periodo in cui Handel era nella capitale). "Fido Specchio", ammaliata da se stessa "in te mi vagheggio lo splendor degli anni miei: pur un dì mi cangerò" e addirittura parlando con lo specchio "Tu sarai sempre qual sei, io qual sono, e in te mi veggio; sempre bella non sarò". Sa quindi che la sua beltà non durerà.
Ed è qui che interviene l'inganno rappresentato da il Piacere (Jennifer
Smith, altro soprano dalle agilità e limpidezza vocale sorprendenti, cioè
per capirci roba da restare a bocca aperta dallo stupore, specie poi nella
mega aria finale "Come nembo che fugge"): "Io che sono il Piacere giuro he
sempre sarai bella" ed ecco il patto/inganno da cui scaturisce tutta la
diatriba dell'oratorio: La Bellezza risponde " Ed io che sono la bellezza
giuro di non lasciarti: e si manco di fede importuno dolor sia mia mercede":
e da qui l'oratorio pieno zeppo di arie, varietà strumentali.
Voglio
Tempo
A cura di Arsace |
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Ultimo aggiornamento: 17-10-21 |