La sua
carriera fu nei canoni, ma il fatto che per te anni sia stato a servizio
della zarina Caterina II di Russia, attesta la non mediocrità del castrato.
Domenico Bruni nacque il 28 Febbraio 1758, da una famiglia modesta: la
giustificazione dell'operazione ricade nei soliti cliché. Egli fece
un’esibizione nel 1772 prima dell'operazione in abiti femminili nel DON
FALCONE di
Niccolò Jommelli, e questa circostanza sembra essere una
eccezione alla norma.
L'operazione di castrazione comunque non avvenne sugli 8/9 anni, ma ben
più tardi, verso i 14/15 anni: è tardi come età, si pensa che avesse uno
sviluppo ritardato rispetto i nostri tempi: oggi in Gran Bretagna i ragazzi
che cantano arrivano anche ai 16 anni con una voce bianca.
Domenico Bruni ebbe i natali nella città di Fratta, ma siccome questo nome
era molto comune per le cittadelle, si decise di cambiarne il nome, e se ne
scelse uno in onore al re Umberto, Umbertide appunto.
Dopo l'esibizione del 1772, Domenico passa ad Urbania a studiare con il
maestro Paciotti.
E' stato ritrovato un contratto con il quale si sancì la rescissione fra il
maestro Paciotti e Domenico Bruni, in quanto era troppo gravoso per quest'ultimo.
Infatti è vero che vitto ed alloggio erano forniti dal maestro, ma per 12
anni il maestro stesso avrebbe goduto di tutti i profitti che in questo arco
di tempo avrebbe guadagnato Domenico Bruni stesso. Solo nel 1785, Domenico
Bruni si sarebbe liberato da questo contratto: la cosa non gli andava bene,
ed ecco che si è trovato questo documento di rescissione con il maestro
Piaciotti, che come contropartita pretese 500 scudi.
Dal 1787 al 1790, Domenico Bruni è in Russia con il maestro di Cappella
Domenico Cimarosa: la zarina Caterina però non era soddisfatta e giudicò
negativamente il maestro Cimarosa e tutta la compagnia italiana.
Domenico Bruni a Pietroburgo canta in opere del Cimarosa, fra cui LA
FELICITA' INASPETTATA e LA VERGINE DEL SOLE.
Nel 1793 è a Londra, dove pubblica la sua opera "6 ariette per soprano e
pianoforte": e c'è da dire che i giornalisti dell'epoca scrissero che era il
miglior castrato mai sentito prima d'ora.
Nel 1793 ottenne una patente che lo nominò Virtuoso da camera.
Fra il 1794 e il 1795 fu a Napoli
Nel 1797 decide di ritirarsi dalla carriera: da questa data c'è solo qualche
apparizione occasionale: per esempio cantò in alcune composizioni di
Paisiello; cantò anche Caruso per Papa Pio VII.
Dopo il suo ritiro fu più volte gonfaloniere di Fratta: ma si sollevarono
delle proteste contro di lui, poiché non lo volevano ammettere nel pubblico
consesso, poiché egli aveva cantato nei teatri: alla fine della diatriba
comunque vinse Bruni.
Durante la sua carriera accumulò un patrimonio, che poteva esser stimato
attorno ai 10.590,35 scudi romani: Bruni voleva donare metà del suo
patrimonio.
Nel 1821 c'è l'atto della sua morte.
Uno dei punti di interesse è capire se il suo registro vocale nel corso del
tempo si sia variato, come accadde per il Senesino, per citare un esempio.
Questo obiettivo di ricerca risulta esser difficile dal momento che è
difficile paragonare i registri degli evirati cantori con i cantanti
moderni: quindi definire un castrato “soprano” è complesso perché a volte ci
possono essere nelle partiture che hanno interessato la voce di questo o
quell’altro sopranista delle note non troppo acute, oppure ci sono casi in
cui un musico veniva definito contralto, eppure esistono della partiture
dove sono previste delle note estreme. Quindi giudicare un registro dalla
sola partitura risulta molto arduo; nel caso di Domenico Bruni, l’aria
spesso è a forma di rondò, in forma A – B, quindi una parte veloce e poi una
più lenta: siamo in presenza di un’aria con forme differenti da quelle di
Farinelli: nel Rondò generalmente l’affetto espresso è uno solo, non due
come nell’aria.
La voce di Domenico Bruni era bella e potente come riportano le
testimonianze coeve: c’è una contraddizione di fonti relativamente al fatto
che Bruni non eccedeva nelle ornamentazioni, mentre altre proclamavano che
esagerava con gli abbellimenti. Alcuni scritti attestano che la sua voce non
saliva oltre il fa, eppure esiste una partitura (in ZENOBIA) da lui cantata
dove c’è la presenza di un fa diesis. Spesso Bruni si mantiene in un
registro centrale come nel caso della partitura di ODENATO E ZENOBIA: si è
dinnanzi ad una tecnica di tipo strumentale e non vocale, una tecnica tipo
violinistica.
Nel 1805 Bruni si cimenta nel TANTUM ERGO: in questa partitura alla battuta
92 si deve cantare un “Amen” dove sono presenti ben 6 battute, con un
vocalizzo continuo senza la previsione di prese di fiato e nella battuta 104
è presente pure un trillo: una simile scrittura oggi non è eseguibile da un
cantante attuale con un unico fiato. Nella prima parte del TANTUM ERGO si
snodano fioriture e acciaccature: è segno che testimonia una voce
eccezionale (aveva 47 anni, quindi non era più una voce fresca!), proprio in
un momento della sua vita nel quale Bruni ebbe un abbassamento della voce:
tuttavia ebbe l’accortezza, per rimanere ancora in attività, di sfruttare
l’abilità degli evirati cantori nei fiati, evidenziandone la lunghezza:
questo lo si può vedere nel TANTUM ERGO (oggi però per eseguirlo è
necessario prendere qualche fiato in più).
Il Testamento di
Domenico Bruni
Partiture per
Domenico Bruni:
Odenato e Zenobia
Tantum ergo
(parte I)
Tantum ergo (parte II)
per gentile
concessione del prof. Nicola Lucarelli
A cura di Arsace