Questo è
l'interessante resoconto
che
Charles Burney
riportò
nel suo
Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi,
quando nel 1772 incontrò Metastasio:
« Ebbi la fortuna di
incontrare qui [a Vienna] il grande poeta Metastasio [...].
Prima che mi fosse concesso l’onore di essere presentato al signor
Metastasio, avevo avuto da fonte autorevole notizie
particolari, che ora riferirò, riguardanti questo grande poeta i cui
scritti hanno contribuito al perfezionamento della melodia
vocale, e quindi della musica in generale, forse più di tutti gli sforzi
riuniti dei più grandi compositori in Europa. Cercherò in
seguito di spiegare e di trovare conferma a questa mia ipotesi quando
parlerò di lui come poeta lirico.
Pietro Metastasio fu adottato a Roma, ancora giovanissimo, dal famoso
giurista Gravina, che riconoscendogli uno straordinario
talento per la poesia, si prese cura della sua educazione e, dopo averlo
istruito personalmente nelle belle lettere, lo mandò in
Calabria, nel regno di Napoli, perché imparasse il greco come lingua viva,
essendo tuttora parlato in quella provincia dagli
abitanti del luogo.
Fin dall’età di cinque anni egli dimostrò una tale attitudine ad
improvvisare versi, che Gravina soleva farlo salire su di un tavolo
nel ruolo di < Improvvisatore >. Questo esercizio però si rivelò talmente
faticoso che un medico disse al maestro che se
avesse continuato avrebbe finito col rovinarlo. In quelle occasioni
talvolta il bambino era veramente afflatus numine; la sua
testa ed il suo stomaco erano congestionati e infiammati, mentre le
estremità diventavano fredde. Gravina pensò dunque che
fosse necessario seguire il consiglio del medico, e non gli permise più di
< improvvisare >. Metastasio ne parla ora come di
una pratica che non si confaceva né alla buona grammatica né al senso
comune, poiché chiunque si a tradurre rapidamente il
proprio pensiero in rima, raffinatezza di gusto e si preclude ogni scelta,
finché un po’ a la mente si adatta alle inesattezze ed
alle assurdità e si perde il gusto non soltanto per il lavoro ma anche per la
semplicità e la correttezza.
Gravina aveva fatto tradurre a Metastasio tutto Omero in versi italiani
prima dei quattordici anni, e ciò contribuì forse a distruggere in parte in lui la venerazione per gli antichi, comune alla maggior
parte degli uomini di vero genio. Fielding disse che le difficoltà di Omero avevano lasciato in lui una traccia incancellabile. Gravina
idolatrava gli antichi e forse proprio per questo
Metastasio, prendendolo contrepied, li rispettava troppo poco.
Metastasio ha opinioni personali fisse e immutabili su molte questioni, e in
modo particolare sulla rima; ad esempio è convinto che i
salmi ebraici siano in rima e che quindi questa consonanza poetica sia assai
più antica di quanto generalmente si immagini. Egli
ritiene pure che il Paradiso perduto di Milton non può essere il poema
perfetto perché è composto in versi sciolti, anche se tutte le
parti narrative delle proprie opere drammatiche sono in prosa ritmica; in
effetti ogni aria è preceduta da un distico o una chiusa generalmente in rima, che prepara il mutamento ritmico.
La sua condotta di vita è in perfetto accordo con i suoi scritti. La sua
esistenza si svolge con assoluta metodicità e non sopporta
che sia in alcun modo turbata: in trent’anni non ha pranzato una sola
volta
fuori di casa; è difficilmente avvicinabile, e per
principio è avverso alle persone ed alle cose nuove. Non vede che tre o
quattro persone,
sempre le stesse, e le riceve familiarmente dalle otto alle dieci di ogni
sera; detesta scrivere e prende la penna soltanto quando vi e costretto,
come Sileno che doveva essere legato perché
cantasse, o Proteo, per costringerlo a dare oracoli.
Da molto tempo è stato insignito del titolo di poeta laureato imperiale e
stipendiato. Quando l’imperatore, l’imperatrice o qualche
altro membro della famiglia imperiale glielo ordina, egli siede a tavolino
e scrive, ma per non più di due ore per volta, proprio
come se si trattasse di trascrivere un poema composto da altri; non attende
l’ispirazione, invoca le Muse e ne riceve i favori
soltanto nei momenti da lui stesso stabiliti.
I redattori dell’Encyclopédie gli chiesero di scrivere la voce Opera; ma
egli declinò cortesemente l’invito, presumendo che le
sue idee su quell’argomento non sarebbero state gradite ai francesi.
Tra tutti i poeti Tasso è il suo prediletto; non ama Fingal per il suo
stile strano ed oscuro. Ogni sera, con i suoi migliori
amici, legge autori antichi e moderni: gli piacciono estremamente gli
scritti del conte Medini, un boemo le cui composizioni poetiche sono, a
suo parere superiori a quelle di ogni altro scrittore vivente. Questo poeta
sta traducendo in italiano, in ottava rima, l’Henriade di
Voltaire.
Una persona altolocata mi assicurò che era stato per cinque anni a Vienna
prima che gli fosse data la possibilità di conoscere
Metastasio e di potergli parlare, ed anche in seguito era riuscito ad
incontrarlo solo tre volte nel giro di parecchi anni.
Veramente prima di partire dall’Inghilterra, quando avevo richiesto delle
lettere di presentazione per lo squisito poeta, fui
deluso nel sentirmi assicurare che “invano avrei tentato di vedere anche
soltanto di sfuggita Metastasio, che era ormai logoro,
chiuso e solitario”.
Tuttavia questo giudizio si rivelò eccessivo: infatti arrivando a Vienna
seppi che, oltre alla compagnia degli amici più intimi che
riceveva ogni sera, anche alla mattina teneva una specie di ricevimento,
accogliendo un gran numero di persone altolocate e di
particolare valore.
Se lo si segue con condiscendenza, conversa liberamente e piacevolmente;
ma se è contraddetto ammutolisce
immediatamente: è troppo educato, e allo stesso tempo troppo pigro per
discutere. Se si sostiene un’idea che egli ritiene errata,
risponde coi silenzio. Non ama le discussioni animate che spesso si
tengono tra uomini colti e d’ingegno; preferisce la calma e
la moderazione di un colloquio a tu per tu, piuttosto che le affermazioni
categoriche proprie di chi è solito ai dibattiti pubblici. Si
direbbe che la calma della sua vita si rifletta anche nei suoi scritti in
cui egli ragiona senza mai perdere il controllo anche se è
mosso dalla passione; la correttezza e il decoro che danno l’impronta alla
sua opera si può dire che gli siano in una certa
misura connaturali. Egli è di rado violentemente agitato sia negli scritti
che nella vita, e potrebbe essere definito il poeta dell’età
dell’oro in cui - come si suol dire - la semplicità e il decoro hanno
prevalso sulle passioni selvagge e violente. Egli prova i
sentimenti teneri e gentili del patriottismo, dell’amore, dell’amicizia
che sa rappresentare e colorire con straordinaria dolcezza.
Non possiede forse la forza di un Corneille né lo spirito multiforme di un
Voltaire, ma ha tutto il pathos e la misura di Racine,
con maggior originalità. Ricordo qui soltanto la sua nota poesia Grazie a gl' Inganni tuoi, tante volte imitata e tradotta in tutte le
lingue e ricca di quello spirito suo proprio che sa infondere con profitto
anche nelle circostanze più banali. Shakespeare, per
deridere uno dei suoi personaggi, scrisse che “è dotato di spirito
ragionevole” e questo è vero fuori d’ogni ironia se riferito a
Metastasio il cui spirito non si esprime né in pungenti epigrammi, né in
concetti bizzarri, né è mordente o sarcastico, ma si
rivolge a cose familiari e semplici, estremamente raffinate e
impreziosite.
È la natura a migliorare l’abito
Ciò fu spesso pensato, mai però fu
così ben espresso.
La dolcezza della lingua e del verso danno grazia a tutto ciò scrive; la
tendenza naturale del suo ingegno è di mettere in risalto la rettitudine, i buoni costumi e il decoro; e benché lasci
trasparire ogni stanza della sua Nice di non essere guarito della
sua passione la donna capricciosa, tuttavia afferma chiaramente che
avrebbe dovuto essere guarito.
Anche qui a Vienna, come dovunque, i poeti, i musicisti ed i loro
sostenitori sono divisi in opposti partiti. Si dice che Metastasio e
Hasse siano a capo di una delle principali fazioni, Calzabigi e Gluck di
un’altra. I primi, che considerano ciarlataneria ogni innovazione,
aderiscono all’antica forma del dramma musicale, in cui poeta e musicista
esigono dagli spettatori uguale attenzione: il poeta nei
recitativi e nelle parti narrative, il compositore nelle arie, nei duetti
e nei
cori. Gli altri danno maggior importanza agli effetti teatrali,
all’aderenza del personaggio, alla semplicità della dizione e dell’
esecuzione musicale, piuttosto che a ciò che essi definiscono
descrizioni, fiorite, similitudini superflue, moralità sentenziosa e fredda
per quanto riguarda la poesia, e noiose sinfonie e lunghe fioriture quel
che riguarda la musica.
[...]
Lord Stormont si era gentilmente adoperato per farmi ricevere da Metastasio; ed infine Sua Eccellenza aveva ricevuto da
lui un messaggio assai cortese in cui assicurava che sarebbe stato lieto di
vederci entrambi un qualsiasi pomeriggio che Sua
Eccellenza avesse scelto per il nostro incontro. Fummo assai fortunati poiché
Metastasio è di solito inaccessibile nel pomeriggio, se non per i tre o
quattro amici intimi, e al mattino si poteva essere ammessi
solo a una conversazione di carattere pubblico.
Essendo Lord Stormont impegnato ogni giorno fino al sabato, fissò
l’appuntamento per quel giorno soddisfare il mio
desiderio di conoscere e conversare col poeta prediletto da ogni musicista
che abbia la minima conoscenza della lingua italiana. Il
sabato era ora arrivato, e io attendevo con impazienza il grande
avvenimento.
Alle sei di sera Lord Stormont mi accompagnò dal poeta. Lo trovammo in
compagnia di un amico, uno dei bibliotecari imperiali,
quello stesso al quale ero stato presentato alla biblioteca e che aveva
predisposto la mia visita.
Questo poeta - come del resto altri grandi poeti prima di lui abita molto
in alto, al 4° piano. Non saprei stabilire se i moderni
bardi preferiscono dimorare in modo tanto ‘sublime’ per essere qualche
modo al livello del Monte Parnaso, più vicini al loro
signore Apollo, o nei pressi degli altri dei. Tuttavia un motivo assai più
semplice e prosaico deve essere attribuito alla posizione
dell’apparta mento di Metastasio “alto il doppio di due piani”: a Vienna
l’imperatore gode della facoltà di appropriarsi del primo
piano di ogni casa palazzo per uso degli ufficiali della sua corte e del
suo esercito, e poche abitazioni sfuggono a questa
imposizione. Di conseguenza principi, ambasciatori e nobili abitano i
secondi piani: ed essendo le case grandi e con i soffitti
alti, anche il terzo, il quarto e persino il quinto piano sono idonei ad
accogliervi ricche e nobili famiglie. Il nostro poeta,
benché occupi quella parte della casa che in Inghilterra si considera
adatta soltanto per farvi dormire la servitù, ha un
appartamento assai bello ed elegante dove un laureato imperiale può
scherzare con le muse con la dovuta dignità.
Fummo accolti festosamente e con grande cortesia, e il suo aspetto mi colpi
gradevolmente, poiché egli non dimostra più di cinquat'anni, mentre ne ha almeno settantadue, e per la sua età è il
più bell’uomo che abbia mai visto. Reca impressi sul suo volto il genio, la
bontà, la correttezza, l’umanità e la rettitudine
che sempre caratterizzano i suoi scritti. Non potevo distogliere il mio
sguardo
dal suo viso, cosi gradevole e degno di ammirazione. La sua conversazione
era in armonia col suo aspetto: gentile, facile,
animata. Riuscimmo a portare la conversazione sulla musica, ed egli
divenne più comunicativo di quel che immaginassimo, dal
momento che di solito evita di affrontare un argomento in modo
approfondito. Iniziò dicendo che non era in grado di aiutarmi
gran che nelle mie ricerche, poiché non si era occupato sufficientemente
dell’argomento che mi interessava; tuttavia, nel corso
della conversazione, scoprii che possedeva delle buone conoscenze generali
sia di storia sia di teoria musicale, e fui assai
lusingato nello scoprire che le sue idee erano simili alle mie su molti
punti controversi.
Discutemmo sui seguenti argomenti: le scale musicali degli antichi Greci;
la loro melodia, il coro, i modi e la declamazione;
l’origine dell’armonia moderna e del melodramma; la passione per le fughe
nel secolo scorso, e per il rumore nel nostro ecc.
ecc.
Egli sembra soddisfatto della traduzione dei due primi volumi delle sue
opere da parte del signor Hoole; ritiene però, ed io
con lui, che se difetta in qualcosa, è nelle arie piuttosto che nei
recitativi; aggiungendo però, a difesa del signor Hoole, che
tradurre la poesia italiana è un’impresa disperata, poiché si tratta di
una lingua musicale la cui dolcezza nessun’altra può eguagliare. Tra le migliaia di traduzioni e di imitazioni del suo
Grazie
agl’Inganni tuoi, neppure una l’ha soddisfatto. Gli chiesi se
fosse l’autore di un duetto composto per quei versi, che mi ero procurato
alcuni anni or sono, e gliene cantai le prime due o tre
battute, al che affermò di aver composto qualcosa di simile.
Parlammo delle diverse edizioni delle sue opere; egli pensa che le più
complete e corrette siano quelle di Torino e di Parigi, in
dieci volumi. E compreso in esse tutto ciò che egli intendeva pubblicare,
eccetto l’opera Ruggiero, rappresentata a Milano lo
scorso anno. Lord Stormont deplorava che la sua produzione non fosse
disposta in ordine cronologico, ma Metastasio riteneva che al pubblico non
importasse gran che del fatto che egli avesse scritto
prima Artaserse o
Didone; ammetteva però che era forse opportuno che fossero conosciute le
circostanze che avevano dato origine ad alcune
sue opere.
A questo proposito ci raccontò che quando la sua protettrice, la regina
imperatrice, stava per andare sposa al duca di Lorena,
egli ebbe l’incarico di comporre un’opera per questa occasione, e gli
furono accordati diciotto giorni soltanto per scriverla. Immediatamente si ribellò a questa condizione impossibile da accettare.
Ma appena
tornato a casa abbozzò uno schema della storia di Achille in Sciro; su un grande foglio di carta buttò giù a grandi linee
l'argomento: anzitutto il primo atto, poi gli accadimenti del
secondo, infine la catastrofe del terzo. Quindi distribuì le azioni tra i
personaggi: qui un’aria, là un duetto e ancora un monologo. Poi
scrisse il dialogo e lo divise in scene che furono consegnate, appena finite,
al compositore e poi all’esecutore perché le mandasse a
memoria: entro i diciotto giorni tutto doveva essere pronto, poesia, musica,
danza, scene e decorazione.
Spesso la necessità accresce la nostra capacità, ci disse, costringendoci a
fare non soltanto ciò di cui non ci credevamo capaci,
anche a farlo con maggiore rapidità e spesso con risultato migliore di
quando abbiamo la facoltà di scelta e tutto il tempo a
nostra disposizione. Egli aveva composto Hypermnestra in soli nove giorni,
da notare che Achille e Hypermnestra siano due tra i
drammi migliori di Metastasio.
Lord Stormont gli chiese se non avesse musicato nessuna delle opere, ed
egli rispose che non era un musicista
sufficientemente esperto; aveva, invero, talvolta suggerito al compositore
il < motivo > o il tema di un’aria, ma soltanto per farli
intendere l’espressione musicale che desiderava fosse data alle sue parole,
ma nulla più. Sua Eccellenza gli disse che il vecchio
Fontenelle aveva affermato nessun dramma musicale poteva essere perfetto o
interessante se poeta ed il musicista non erano
riuniti nella stessa persona come avveniva nei tempi antichi; infatti quando
fu rappresentato il Devin du Village di Rousseau che deliziò
ogni ascoltatore, Fontenelle, patriarca delle lettere, ne attribuì il
successo proprio all’unione poeta e del musicista.
Metastasio osservò però che lo sviluppo attuale della composizione
musicale richiede tanta abilità e tanta scienza per quel che
riguarda
il contrappunto, e poi la conoscenza degli strumenti, le possibili dei
cantanti e molte altre cose ancora, che è impossibile ad un
poeta ad un letterato conoscere a fondo tutto ciò senza dedicarvi troppo
tempo e fatica che dovrebbe sottrarre ai suoi studi.
Non pensava che ora esistesse neppure un solo cantante che fosse, ancora
in grado dì sostenere la voce al modo dei vecchi cantanti. Gli spiegai - ed egli fu d’accordo con me
- che la musica
teatrale era divenuta troppo strumentale e che le
cantate dell’inizio del secolo, che erano eseguite col solo
accompagnamento del clavicembalo o del violoncello, richiedevano
una esecuzione vocale più accurata rispetto alle arie attuali, in cui
l’accompagnamento rumoroso nasconde tanto i difetti
che i pregi, alleviando comunque il compito del cantante.
Egli mi parve convinto che nella musica del passato si eccedesse, troppo
nell’uso delle fughe, nel numero delle voci, negli
artifici, perché essa potesse essere apprezzata o capita se non dagli
artisti. I diversi movimenti delle varie parti, le loro
inversioni e fioriture erano, a suo parere, innaturali, e generavano
soltanto confusione, mascherando e alterando la melodia.
Egli mi confermò di essere stato costretto dal Gravina, all’età di dodici
anni, a tradurre l’Iliade di Omero in italiano in Ottava
Rima. Accennò pure al fatto di aver composto versi < all’improvvisa > da
bambino, ma aveva interrotto queste esercitazioni
poetiche prima dei diciassette anni.
Durante la nostra conversazione egli scherzò spesso, mantenendosi sempre
allegro, gentile e attento. Quando mi congedai,
dopo due ore, mi strinse la mano, chiese dove abitassi e disse che sarebbe
venuto da me; ma lo pregai di non disturbarsi, che
sarei stato felice se mi avesse concesso di ritornare ad ossequiarlo. Mi
rispose che mi avrebbe accolto sempre con piacere in
qualsiasi momento lo desiderassi.
Egli chiese delle candele, poiché - disse - era cosi buio che le nostre
parole non avrebbero potuto giungere a destinazione.
Rivolgendosi in tedesco alla sua domestica chiese ein Licht; alle mie
domande se avesse avuto la pazienza di imparare questa
lingua, rispose:
“Poche parole per sopravvivere”, intendendo con ciò le cose indispensabili
per non morire di fame.
Lord Stormont ci disse che al mattino era giunta la notizia di una
rivoluzione in Svezia, fornendo cosi lo spunto per una
conversazione di carattere politico, che io avrei volentieri evitato. “< Ecco >
- dice Metastasio rivolgendosi a me - < un’altra
scena per la drama! >”. Egli osservò che gli interessi umani erano cosi
vari e cosi opposti, e persino le idee di un singolo uomo
erano cosi di frequente in contrasto tra loro, che era comprensibile che
nel mondo accadessero questi improvvisi eventi,
sorprendenti solo per coloro che non si rendono conto come la mente
dell’uomo sia un garbuglio di capricci contraddittori.
[...] mi recai da Metastasio per l’ultima volta! Lo trovai in numerosa
compagnia: la Santa Cecilia, cioè la Martinetz era seduta al
clavicembalo ed aveva appena finito di cantare accompagnandosi da sola. Per
suo desiderio ci scambiammo delle
composizioni: ella aveva voluto trascrivere per me, tra l’altro, un’aria di
Metastasio musicata da lei, che mi aveva assai
favorevolmente colpito quando l’avevo
ascoltata in una mia precedente visita.
Il caro vecchio poeta mi abbracciò affettuosamente: disse che gli
rincresceva di vedermi partire cosi presto, che desiderava di avere il mio libro non appena fosse stato pubblicato, e che voleva avere
mie
notizie. Cosi ci separammo a Vienna, ma non posso chiudere questo capitolo,
anche se è già abbastanza lungo, senza aggiungere
anc’ora qualcosa di lui.
Mi era stato detto - e tale era anche l’opinione del signor Hasse - che i
testi poetici manoscritti del Metastasio ancora in suo possesso fossero più numerosi di quelli già pubblicati; Lord Stormont ne
è
invece poco convinto ricordando che per principio
Metastasio non scrive se non quando ne è richiesto, e quindi non compone
versi solo scopo di chiuderli a chiave in un cassetto.
Metastasio non crede all’ispirazione poetica e può comporre un poema a freddo
come, altro fabbricherebbe un orologio, in qualsiasi
momento gli aggrada senz’altra sollecitazione che la sua volontà.
Lord Stormont dice però di aver letto una traduzione di Metastasio dell’Ars
Poetica di Orazio in versi italiani, e di averla giudicata
superiore a tutte le altre traduzioni in altre lingue. Dello stesso poeta,
Metastasio tradusse in modo ammirevole Hoc erat in votis; e qui
ha narrato la storia del topo di città e del topo di campagna con lal stessa
serietà del testo oraziano, riuscendo più aderente alla lettera, allo spirito dell’originale di quanto non lo siano stati tutti
coloro l’hanno preceduto in questo tentativo.
Come la maggior parte delle persone già avanti negli anni, Metastasio
evita di parlare della sua età, delle malattie degli amici,
delle disgrazie o della morte, anche delle persone che gli sono
indifferenti. E' estremamente candido nel giudicare gli uomini
d’ingegno, e persino i poeti coi quali ha avuto qualche ragione di
disaccordo - e invero sono assai pochi. Infatti quando era
attaccato da loro, accadeva spesso che dopo aver scritto un epigramma o un
distico per mostrare agli amici intimi come
avrebbe potuto difendersi, non ne faceva nulla e li gettava nelle fiamme.
E mai si seppe che avesse fatto stampare o
pubblicare una sola riga scritta per rappresaglia contro i più implacabili
nemici della sua persona e delle sue opere.
Egli è per natura incline alla gaiezza ed allo scherzo e sa diffondere
l’allegria intorno a sé con i suoi modi e la sua
conversazione; ha il dono dell’eloquenza sia nella conversazione sia negli
scritti. E uno dei pochi geni eccezionali che non si
appagano né dell’approssimazione né delle conoscenze di seconda mano; ed è
triste dover constatare che esistono pochissime
persone che al pari di lui meritino di essere definite buone e grandi.
L’aneddoto che riferisco mi è stato raccontato da una persona degna di
fede e bene informata su ogni particolare che riguarda
questo grande poeta. Parecchi anni or sono Metastasio era tutt’altro che
ricco, ed era conosciuto a Vienna soltanto come aiuto
librettista di Apostolo Zeno all’Opera. Una persona con cui aveva stretto
una grande ed intima amicizia gli aveva lasciato
morendo tutta la sua fortuna, cioè quindicimila sterline. Quando però
Metastasio seppe che vivevano a Bologna dei parenti
dell’amico morto, vi si recò per cercarli; trovatili, ritenendo che
avessero più diritto di lui a questo possesso, disse loro che
l’intera sostanza lasciatagli dal suo amico era semplicemente in sua
custodia finché non avesse potuto dividerla equamente tra i
suoi parenti più meritevoli. E cosi fece immediatamente senza serbare
nulla per sé. »
(tratto da Charles Burney: The Present State of Music in Germany, The
Netherlands, and United Provinces. Ed. italiana: Viaggio musicale in
Germania e Paesi Bassi, a cura di E. Fubini, EDT/Musica, 1986)
A cura di Rodrigo