( Napoli, 17 Agosto 1686 - Napoli, 3 novembre 1768 )

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Biografia

Nicola Antonio Porpora nacque a Napoli il 17 Agosto 1686 da Caterina di Costanzo e dal libraio Carlo, titolare di una bottega in S. Biagio dei Librai, sita accanto a quella di Antonio Vico, padre di Giovan Battista. In qualità di convittore (cioè con una retta di 18 ducati annui), date le condizioni benestanti della famiglia, frequentò dal 1696 il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, restando per almeno 10 anni negli elenchi degli allievi, studiando con Gaetano Greco e i suoi assistenti M. Giordano e O. Campanile.
Qui ricevette anche una istruzione letteraria, come d'uso nei conservatori napoletani. Dopo 3 anni circa dalla sua entrata, si mantenne agli studi da solo, non pagando più retta e prestando servizi musicali nelle funzioni esterne, che costituivano uno dei redditi del Conservatorio stesso. 
A 22 anni esordì sulle scene pubbliche con L'AGRIPPINA, che venne rappresentata il 4 Novembre 1708 al Palazzo Reale, poi, il 13 novembre, al Teatro S. Bartolomeo. 

Dal 1711 al 1723 fu maestro di Cappella del principe Filippo d'Assia Darmstadt, appassionato musicista e mecenate; nel 1713 si fregiò (nel libretto BASILIO RE D’ORIENTE) del titolo di Maestro di Cappella dell'ambasciatore del Portogallo. Dal luglio 1713 al 1722 fu attivo quale « maestro» al Conservatorio di S. Onofrio, ma già dal 1712 si era dedicato all'insegnamento privato del canto; dalla sua scuola, in questo periodo, uscirono i più celebrati cantanti dell'epoca, come 

Gaetano Majorano detto Caffarelli

Carlo Broschi, detto il Farinelli

Antonio Hubert, detto il Porporino

Felice Salimbeni, 

Regina Mingotti. 

 

Nel 1723 si recò a Vienna, ma non ricevette particolari commissioni; poi fu a Venezia, dove dal 1726 al 1733 insegnò nella scuola di musica femminile dell'Ospedale degli Incurabili. Ormai le sue opere venivano rappresentate sulle scene di Monaco, Roma, Vienna, Milano, Torino. Nel 1733 concorse insieme a Lotti (in seguito vincitore) e Pollarolo per il posto di maestro di cappella in San Marco. 

Nello stesso anno venne chiamato a Londra; come compositore all'«Opera of the Nobility», si contrappose a Handel, direttore della Royal Academy, valendosi soprattutto di un gruppo di virtuosi (Farinelli, Senesino ecc.). 
Lasciata Londra alle prime avvisaglie di decadenza del teatro e dello stile da lui proposto, fece brevi soste a Venezia (1737) e Roma (1738) per rientrare a Napoli nell'ottobre 1738. 
Compose per il nuovo Teatro S. Carlo, ma scrisse anche per il Nuovo e il Teatro dei Fiorentini, che gli commissionarono 2 opere buffe, rispettivamente IL BARONE DI ZAMPAN e L’AMICO FEDELE; contemporaneamente ricoprì la carica di primo maestro al Sant’Onofrio, fino a quando non accettò nel 1742 la direzione del Coro dell'Ospedaletto dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia. 

Resosi vacante il posto di primo maestro della Regia Cappella di Napoli, tentò di ottenerlo tramite suppliche al re e al primo ministro (allora il duca di Salas) e offrendo la sua candidatura quando la Piazza venne messa a concorso. Non potendo però recarsi personalmente a Napoli per sostenere le prove e amareggiato per il rifiuto alle sue ulteriori lettere di supplica, Porpora seguì l'ambasciatore veneziano a Vienna e nel 1747 a Dresda, dove insegnò canto, fino al 1751, alla principessa Maria Antonia Walpurgis; qui debuttò anche un'altra sua celeberrima allieva, il soprano Regina Mingotti, che entrò malauguratamente in conflitto con la prima donna Faustina Bordoni, moglie di Hasse. 
Porpora preferì allora scrivere musica sacra piuttosto che melodrammi. 

Nel 1748 venne nominato Kapeilmeister: 3 anni dopo gli venne assegnata una pensione di 400 talleri l'anno. Con questa e continuando ad insegnare canto si mantenne a Vienna, dove lo si ritrova nel 1752; oltre alla moglie dell'ambasciatore veneto Pietro Correr, ebbe tra gli allievi la protetta di Metastasio, Marianna Martinez e Franz J. Haydn. 
Ma quando per la sconfitta della Sassonia nella Guerra dei Sette Anni perdette la pensione, Porpora apparve al Metastasio «ridotto alla positiva mancanza del pane quotidiano»
Il poeta stesso inviterà Farinelli a chiedere al Re di Spagna una piccola pensione per il maestro, che non godeva di molta fortuna sui teatri europei. 

Tornato a Napoli, il successo non gli arrise. Non ritenne conveniente il posto di maestro straordinario al Conservatorio di Santa Maria di Loreto pronto per lui sin dal 1738, ma accettò di succedere a Girolamo Abos nella carica di primo maestro al Sant'Onofrio. Dimessosi nel settembre 1761, visse in uno stato di estrema indigenza. 
Morì di pleurite. Le spese per i funerali vennero sostenute dalla Congregazione dei Musici dell' "Ecce Homo" ai Banchi Nuovi di Napoli. 
Educatosi come tanti musicisti della sua generazione nell'ambito dei conservatori napoletani, quindi con una rigorosa e completa formazione musicale di stampo secentesco (composizione, canto, pratica dell'accompagnamento) Porpora fu tra i primi a mettersi in luce nel nuovo ambiente politico e culturale creatosi a Napoli con l'avvento, nel 1707, del viceregno austriaco. La sua ascesa, favorita anche dall'assenza dalle scene napoletane di Alessandro Scarlatti, fu immediata; la musica di Porpora era elemento di primo piano nelle frequenti «occasioni» previste dal protocollo ufficiale o legate alle feste più importanti dell'anno: il FLAVIO ANICIO OLIBRIO precedette il Carnevale del 1711 e una sua serenata (di cui non troviamo precisato il nome nei documenti) venne cantata nel 1713 «ricorrendo la nascita di S. E il Viceré Conte di Daun»

Ouverture dall'opera "Flavio" di Antonio Porpora (1711). trascrizione per sintetizzatore

Inoltre, gli fu estremamente propizio il fatto di essere assunto poco dopo la sua uscita dal Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo da una personalità di rilievo quale il Principe d'Assia-Darmstadt: l'ARIANNA E TESEO e il TEMISTOCLE trovarono facile accesso a Vienna, l'uno nel 1714, l'altro nel 1718, proprio per gli appoggi di questo mecenate. 
Il ruolo che Porpora, come operista, si preparava ad affrontare era quello simile a tanti suoi contemporanei: formatosi nel paese di origine, lo lasciò per viaggiare, entrando in contatto con le città italiane e i luoghi europei musicalmente, e politicamente, più vivi.
D'altronde, egli stesso fu un uomo culturalmente preparato: non si dimentichi che la bottega del padre era sita nella strada di S. Biagio dei Librai, luogo di ritrovo alla fine del Seicento delle menti più all'avanguardia fra gli intellettuali napoletani: sperimentalismo, naturalismo, gassendismo, razionalismo cartesiano, venivano in questa sede discussi divenendo parte della cultura corrente durante il vicereame austriaco.
Porpora accolse subito la nascente poetica arcadica; fu lui a mettere in musica la prima produzione drammatica del giovane Metastasio: la serenata a 6 v
oci ANGELICA E MEDORO (1720), in cui si esibì il quindicenne Carlo Broschi, divenuto più tardi la star Farinelli, e la serenata GLI ORTI ESPERIDI (1722).

 

scenografia da Gli orti Esperidi, di Porpora

In questi anni il musicista si allineò con lo stile del melodramma di Mancini, di Sarro, di Feo: influenzato indubbiamente dalla scelta dei testi (Zeno, Salvi, Metastasio sono i librettisti più in voga) superò gradualmente il più compassato ed edonistico carattere dell'opera eroica tardo-barocca, mostrando una maggiore elasticità nella scrittura, una intensa attenzione alla sensibilità melodica, una cura del recitativo (che si trasforma spesso in l'arioso) e del declamato drammatico che rimarranno costanti caratteristiche della sua intera produzione vocale.
Sin dalle sue prime opere, AGRIPPINA o FLAVIO ANICIO OLIBRIO, si nota anche il tentativo di aderire alla psicologia dei personaggi e agli eventi drammaticamente rilevanti del testo, pur sempre restando nell'ambito delle convenzioni teatrali e musicali, così vincolanti per la descrizione delle tipologie. La sua ricerca espressiva forse si sarebbe più felicemente risolta nell'ambito della nascente opera buffa: ma di rado Porpora si cimentò sia a Napoli che a Venezia con il genere comico. 
Ancora da sottolineare relativamente alla musica canora è la sua espertissima trattazione delle parti vocali, sempre tendenti ad esaurirsi nelle voci acute: il privilegio dato al virtuosismo canoro, oltre che elemento tipico del teatro musicale napoletano, è per Porpora conseguente all'attività di insegnante del «bel canto»: non a caso dalla sua scuola sono uscite star del calibro di
Caffarelli, Farinelli, Porporino.
Quando Porpora lasciò la propria città natale, esportò il suo stile in formazione arricchendolo poi con le interrelazioni più diverse: a Venezia, ad esempio, rimase influenzato più che dalla vocalità, dalle caratteristiche della musica strumentale, dalla particolare trattazione dei timbri e del colore, dall'interagire attivo dell'orchestra nell'opera e nella musica sacra.
Nel triennio londinese ebbe modo di confrontarsi con la musica di G. F. Handel o di F. Geminiani. Ed è proprio nella capitale inglese che Porpora si produsse in un tipo di melodramma a lui particolarmente congeniale: la convenzionale poesia arcadica del librettista Paolo Rolli, la richiesta di una spettacolarità da contrapporsi allo stile magniloquente e più elegante di Haendel, la nutrita schiera di virtuosi a sua disposizione (l'allievo Farinelli, il Senesino, la Cuzzoni) gli offrirono i mezzi per esprimersi al meglio.
Per avere una idea della situazione londinese di quegli anni di scontro operistico, si rimanda alla sezione "Aneddoti" di www.haendel.it .
L'ambientazione "neoclassico" che sottende l'ARIANNA IN NASSO (si veda cofanetto di 2 cd editi da BONGIOVANNI) da Romain Rolland giudicata addirittura migliore dell'omonima opera haendeliana, viene superata nella ricerca melodrammatica di ENEA NEL LAZIO, dove didascalie, libretto, musica concorrono alla definizione di un'opera «arcadica». 

Bel piacer saria d'un core aria da SEMIRAMIDE RICONOSCIUTA, trascritta per sintetizzatore

Bel piacer saria d'un core
quel poter a suo talento
quando amor gli dà tormento
ritornare in libertà

ma non lice e vuole amore
che a soffrir l'alma s'avvezzi
e che adori anche i disprezzi
d'una barbara beltà

Si trova qui, nella parte affidata al Farinelli (Enea) una sapientissima trattazione espressiva degli elementi del repertorio vocale: scale discendenti e ascendenti ritardano la pronuncia delle consonanti finali delle parole, trilli, gorgheggi, cromatismi a piccoli valori, varie combinazioni delle fioriture scritte producono una efficace effusione lirica. Nella scrittura vocale, e in particolare in quelle parti affidate al Farinelli, Porpora si dimostra insegnante di notevole intelligenza: egli tende a non forzare l'estensione naturale delle voci, ricercando sempre un equilibrio, relativo naturalmente alla eccezionalità dei mezzi a sua disposizione. 
Nella capitale inglese, vennero pubblicate 2 importanti opere di Porpora:
1) Le XII Cantate, dedicate «All'Altezza Reale di Frederico Prencepe Reale di Vallia e Prencepe Elettorale di Hannover» (1735)

Fontespizio arie di Poprora, 1735

Le cantate, forse già composte o comunque impostate a Venezia, mostrano una stretta aderenza della musica al testo poetico di Metastasio, di evidente caratterizzazione pastoral - arcadica: il compositore si muove agilmente nella limitata dimensione della forma. Lo stile recitativo viene qui usato in tutte le sue sfumature, dal recitativo secco, al declamato drammatico, al recitativo arioso. Il basso continuo compare non soltanto come elemento che accompagna: di volta in volta è parte contrastante, come nella Cantata IX, e spesso momento inscindibile di dialogo. Le brevi battute introduttive nelle arie, soprattutto in quelle più veloci, hanno il sapore del concerto veneziano: uno stile, naturalmente, affidato al continuo, dove emerge l'abile scrittura della parte del violoncello; non si dimentichi che gran parte della produzione strumentale di Porpora, stampata o manoscritta, è destinata appunto al violoncello. Nel trattamento della parte vocale emerge la ricerca d'espressività legata al testo, senza le esasperazioni virtuosistiche consuete nell'opera. 
2) Le Sei Sinfonie da camera a tre Op. 2 (1736). 
Nelle sinfonie da camera la scrittura è tesa a valorizzare le possibilità timbriche e foniche degli strumenti usati. Si riconosce facilmente la formazione secentesca di Porpora: non emerge solo una cantabilità lirica come ci si aspetterebbe da un operista, ma anche la conduzione strettamente contrappuntistica e severa della composizione, che si esprime tuttavia con naturalezza, soprattutto nei tempi lenti. Un'impostazione che ritroviamo simile nelle prime 6 sonate della raccolta per violino e continuo «di cimbalo e violoncello», dedicata all'allieva Principessa Maria Antonia Walpurgis (1754); nella dedica stessa l'autore espone i propri criteri compositivi: dividendo la raccolta in 2 parti, nella prima ricerca uno stile antico, rigorosamente osservante dei precetti della musica italiana di tradizione cinque e secentesca, nella seconda propone 6 sonate di «vivace e capricciosa mistura d'antico e di moderno, d'italiano e di francese». Questa proposta conferma una posizione ormai storicamente acquisita della musica strumentale, che Porpora proclama in modo sistematico, ma che è propria in genere di quei musicisti italiani “emigrati all'estero, che si allineano alle tendenze dell'ambiente in cui di volta in volta operano”

Così Porpora assimila la tendenza alla sintesi dei gusti prima e degli stili poi, che è linea continua della produzione francese (si pensi a Les gouts réunis di F. Couperin del 1724) e tedesca, di cui chiaro esempio sono le tesi sullo stile tedesco esposte da J. J. Quantz nel trattato “Versuch emer Anweisung, die Flote traversiere zu spielen” pubblicato nel 1752. Le prime 6 sonate di Porpora si configurano strettamente inerenti allo stile severo, con poche concessioni alla libertà ed un modo di comporre controllatissimo, di impianto rigoroso e di sapore quasi arcaico: le fughe, basate sul ricercare tardo secentesco, ne sono gli esempi più convincenti; la loro esecuzione presenta oggi ardue difficoltà tecniche. 
Meno contrappuntistiche le rimanenti 6 sonate, di più agile scrittura, con largo impiego di ritmi di danza, di ornamentazione, di pointé alla francese. Ancora un'imitazione stilistica l'Ouverture Royale, una delle ultime opere di P
orpora (1763), breve serenata dalla timbrica scintillante di fiati, ma di gusto un po' arcaico (reperibile oggi in edizioni BONGIOVANNI, n° catalogazione GB 2249 - 2).
In questi ultimi periodi, vissuti a Vienna e poi a Napoli, la produzione melodrammatica non riceve più molto favore; IL TRIONFO DI CAMILLA (Napoli, S. Carlo, 1760) è accompagnato dall'insuccesso: «la sua musica non piace più», riportano le dicerie del tempo.  A Napoli sono ormai conosciute le opere di Gluck, di Myslivecek, di J. Chr. Bach. 
La politica regia, che vuol fare del S. Carlo un luogo europeo, ha come obiettivo non tanto ad «esportare» musicisti lanciati sulle scene locali, ma a rappresentare esempi della cultura musicale in voga, che si forma all'estero, assimilato ormai lo stile italiano. E' spiegabile quindi come Porpora non venga apprezzato troppo tra i "critici" della seconda metà del Settecento. 
«Naturel, mais peu inventif», dice De Brosses; 

« [...J perhaps the art is more indebted to the master for having polished and refined recitative and measured air, than for enriching of its invention», afferma Charles Burney. 



Porpora morì a Napoli il 3 Novembre 1768.

 

Seppur lentamente, è avvenuta una rivalutazione, e lo testimonia oggi l'incisione di alcune sue composizioni: oltre alla già citata opinione di Rolland, hanno espresso un giudizio di critica più positivo gli studiosi come Leinchtentritt, Moser, Schenck.
In Italia, F. Degrada ha attuato una prima
ricostruzione del corpus di musica strumentale. Un inizio quindi di analisi nella chiara convinzione della validità dell'esperienza culturale di Porpora nel suo tempo e della sua produzione artistica, di cui si riconosce l'importanza sia per la particolare trattazione delle parti vocali e per l'abile e rigorosa perfezione della scrittura strumentale, sia per la non comune pregnanza espressiva dello stile. 

 
Tu che in ardir m'accendi, da SIFACE di Nicola Porpora 

F. Caffi, Storia della Musica sacra nella già Cappella Ducale di S. Marco in Venezia, Venezia, 1854; 

F. Florimo, La scuola musicale di Napoli II, Napoli, 1882; 

O. Chisellotti, I nostri maestri del passato, Milano, 1882; 

S. Fassini, Il melodramma italiano a Londra nella prima metà del Settecento, Torino, 1914; 

P. Dotto, N. A. P., In M. d'O., 1934; 

F. Walker, A Chronlogy of the life and works of Nicola Porpora, in "Italian Studies", Cambridge. 1951; 

M. Burt, Opera in Arcadia, in MQ, 1955; 

U. Prota-Giurleo, Per una esatta biografia di N. P., in «La Scala», 1957; 

A. Mondolfi, in MGG; N. Gardini, N. A. P., Anth., in "Coral Gables", l967; 

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F. Degrada, Le musiche strumentali di N. P., in "Chigiana", 1968; 

M. Arnstadt, Das beruhmte Notenblatt des P., Dl? Fundamentalubungen der Belcanto-Schule, In «Musica», 1969; 

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H. Hell, Die neapolitanische Opernsinfonie in die ersten Halfte des 18.Jahrhunderts, Tutzing, 1971; 

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M. F. Robinson, in GROVE

Alcuni lavori di Porpora

                             

Immagini di Porpora

 

Discografia

 

                                                         

A cura di

    Arsace da Versailles ed Arbace

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