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Un cantiere cinquantennale Alla morte di Mazzarino, quando prese finalmente le redini del potere, Luigi XIV decide di rinnovare il modesto castello di pietra e mattoni rossi in cui suo padre andava a riposarsi dopo aver rincorso il cervo nel bosco di Vaucresson o di Marly.
Perché nel frattempo la residenza di Luigi XIII era divenuta una garçonnière Reale, che ospitava le galanterie del Re e della graziosa mademoiselle de La Valliére. La scelta della localizzazione oggettivamente non era delle più giudiziose, in effetti, ma è il temperamento di Luigi XIV: questo luogo carico di storia di suo padre gli piace, e presenta il vantaggio di dispiacere al suo entourage! Perché Versailles è anche il rifugio dal Louvre, che non poteva soffrire, e dalla diffidenza forte che aveva verso Parigi e i suoi complotti.
Allontanandosene così e riprendendo l’eredità di suo padre, Luigi XIV invia un messaggio simbolico di grande efficacia che gli permette di costruire il suo potere Reale contemporaneamente al suo castello.
Primo ostacolo: il rilievo La prima campagna di lavori si concentra essenzialmente sui giardini e la decorazione degli interni del castello. Solo due costruzioni parallele, che custodivano a sinistra le scuderie ed a destra le cucine, vengono messe a rimpiazzo le dépendances dell’anti-corte. Il sito soffre di due inconvenienti importanti: la mancanza di spazio e il forte dislivello ad ovest del castello.
Per rimediare al primo problema, delle fattorie a Choisy-aux-Boeufs, Galie o Noisy, del legname, delle paludi delle signorie di Guyancourt, Villepreux o Louveciennes vengono acquistate nei dintorni. Il Re ha una fame da lupo di terra!
Per risolvere il problema delle pendenze che limitano l’estensione delle aiuole (chiamati Parterres), centinaia di operai iniziano a procedere, continuando in sostanza per 40 anni, a grandi movimentazioni di terra.
Milioni di metri cubi di terra sono strappati al suolo, poi spostati. I rilievi sono livellati, le cime delle collinette limate, i bacini sono colmati, gli incavi interrati. L'uomo domina la natura...Si cerca di spianare aree affinchè Le Notre abbia ampia possibilità di esercitare il suo genio.
Un Genio coltiva il suo giardino Il giardiniere del Re conserva la debole pendenza dal lato nord e rompe il dislivello sud con l’Orangerie. L’architetto Blondel non mancherà di sottolineare che i lavori immensi che sono racchiusi sotto terra, hanno una spesa, sebbene ignorata dal popolo, pari a quella che si offre agli occhi degli spettatori nella decorazione, nell’ordine stabilito e nella magnificenza dei giardini. Come a Vaux-Le-Vicomte, le costruzioni sono liberate e valorizzate dalla creazione di vicine aiuole, ossia spazi assoggettati ad una geometria orizzontale fatta di linee, di angoli e di curve, illuminate dalla luce: ricami di bosso, esplosioni floreali, sculture… Più lontano, alcuni boschetti si organizzano in un universo di natura dominata da graticolati e pergole. Se ne contano tre fin dal 1663, una ventina venti anni dopo. Per le loro fontane, getti d’acqua, cascate o conchiglie, questi “gabinetti di verde” generati dalla tradizione italiana (Caterina de’ Medici) apportano sorprese e divertimenti a chi vi passeggia.
Aldilà, Le Notre lascia il vento giocare con gli alti rami degli alberi del parco, che non conta ancora che un migliaio di ettari nel 1662. Il Maestro dello scaglionamento vegetale (aiuole a raso suolo, boschetti delimitati a 13 metri ed all’altezza delle fronde del parco) sa sia condurre le prospettive sia scoprire strade e viali a scapito della foresta.
A metà degli anno 1660, Versailles appare ancora come residenza di piaceri più che un sito Reale, ma la Bellezza dei giardini viene a compensare la modestia delle costruzioni.
I quadri dell’epoca ci lasciano del cantiere una forte impressione di confusione e di gioioso disordine. Il sito straripa di una moltitudine di officine. Ce ne sono tanti quante le associazioni di mestieri. Frédérich Tiberghien, membro del Consiglio di Stato e autore di VERSAILLES, LE CHANTIER DE LOUIS XIV (Perrin, 2002), ricorda che nel XVII secolo, l’impresa generale è vietata e che un maestro muratore per esempio non può far concorrenza per dei lavori che esulano la sua specializzazione. Questa suddivisione di mestieri provoca un proliferare di officine. I più numerosi all’inizio sono gli sterratori che spianavano la terra con delle zappe e badili di legno, prima di trasportarla nelle gerle di vimini, su delle carriole.
In prossimità di ogni costruzione, si ritrovano le officine del taglio della pietra: decoratori, alabardieri o manovratori assicurano l’instradamento delle pietre sul sito. Sotto le indicazioni dei montatori che forniscono i modelli, segatori di pietra ed intagliatori producono le macerie. Parecchie tipologie di ordigni di sollevamento, gru, piccole gru, ruote di cavatori permettono di farli risalire fino ai posatori, prima che i muratori li leghino fra loro rispettivamente col gesso o con un composto di terra e malta. I picconieri, che amministrano gli stock di materiali, registrano le assenze e dirigono i lavori degli operai. Giocano un po’ il ruolo di capo officina. In realtà però, precisa Frédéric Tiberghien “non ci sono ancora delle coordinazioni globali del cantiere, né pianificazione rigorosa degli effettivi e degli interventi”. Sebbene le edificazioni fossero in corso, infatti si sparpagliano a bizzeffe laboratori di carpenteria, di falegnameria, di pavimentazione, di tubature, di piomberia e di fabbricazione di oggettistica ferrea, etc sul sito dei lavori che era Versailles. Tutti obbediscono ad una stretta gerarchia a tre o quattro livelli con, in basso della scala, manovali, villani, e portatori ingaggiati alla giornata o per quindici giorni e destinati essenzialmente ai lavori fisici degli apprendisti, presi anche tra i più capaci di questa manodopera non qualificata e che alla fine di 4 o 6 anni potevano sperare di diventare "colleghi"; i migliori potevano diventare "maestri" alla fine di 10 o 15 anni.
Il sudori freddi di Colbert Le spese legate a Versailles intanto procurano i sudori freddi a Colbert. Inizialmente, il sovrintendente delle costruzioni Reali fa di tutto per dissuadere il Re di andare oltre in questa follia. In effetti mentre il Louvre non esigeva che qualche lavoro di rifacimento e di ingrandimento per farne una splendida dimora Reale, Versailles non è che per Colbert spreco sfrontato. “Questa costruzione serve solo al piacere ed al divertimento di Vostra Maestà che alla sua propria gloria”. Ma Sua Maestà non ne volle sapere e tiene testa al suo sovrintendente, che deve render conto quotidianamente dell’avanzamento dei lavori. Il Re desidera essere tenuto al corrente di ogni dettaglio, che riguardi l’arte, la tecnica o la finanza. Non rimane a Colbert di mettere tutto il suo talento organizzativo a servizio del progetto, che in tutti i modi cercò di ostacolare attraverso la persuasione.
Bisognava poter rispondere ai mostruosi approvvigionamenti necessari per Versailles con i migliori costi. Il cantiere, orco insaziabile, richiedeva ogni giorno la sua razione colossale di pietre, legni, piombo, ghisa, ardesia, bronzo… Nel desiderio di privilegiare la produzione nazionale e limitare le importazioni, ogni risorsa del paese era mobilitata.
Gli sforzi si indirizzano in un primo momento sulla pietra, il materiale più strategico. Un prospetto minuzioso delle cave lungo Senna espone le differenti qualità di pietra, facendone individuare la loro destinazione: così si determinano le pietre che saranno destinate alle sculture, ai basamenti, alle fondamenta, ai frontoni, alle mura…. Si fa venire il Calcare dall’Ovest di Parigi o dell’Oise, i Macigni dalla valle di Chevreuse, l’Arenaria dal piano d’Orsay, l’Ardesia da Angers, il Gesso da Ménilmontant, l’Argilla dei mattoni da Meudon… Il Marmo, pietra regina di Versailles (che ne avrà consumati un totale di 21.665 metri cubi) è oggetto di particolare attenzione. Colbert riduce così le importazioni da Carrara per privilegiare le cave marmoree dei Pirenei e della Linguadoca. Lo sviluppo della produzione di carbone dal Massiccio centrale e dal Nirvenais permette di limitare l’acquisto di carbone inglese, mentre delle ricerche sono intraprese per trovare giacimenti di piombo, rame e peltro sul territorio nazionale. Il Piombo, è utilizzato per le tubature prima di esser rimpiazzato dalla ghisa, da considerarsi preziosissimo per Versailles che contava circa 45 Km di tubi. L’instradamento di questi materiali fino al cantiere si fa preferibilmente per via fluviale: questo modo di trasporto si rileva ben più economico e rapido rispetto un trasporto utilizzando bestie da tiro: un attacco di buoi non era capace di trasportare che una tonnellata e mezza per 15 chilometri. La Senna è allora l’arteria principale di approvvigionamento con più di una mezza dozzina di porti operativi, come Port-Marly o il Port de Saint-Germain. Dei luoghi di stoccaggio vengono creati attorno a Versailles per razionalizzare il flusso dei materiali: le pietre di Parigi sono frapposte per esempio alla porta di Saint-Jacques, sulla via dei Célestins o l’Ile de la Cité. I marmi dei Pirenei, dopo aver risalito la Garonna fino a Bordeaux attraverso delle zattere, riunite a Le Havre a bordo di navigli ed risalite su per la Senna attraverso altre imbarcazioni, sono alla fine stoccate al Port de la Conférence o al Port de Saint-Germain. Sul cantiere stesso, dei magazzini Reali regolano e assicurano la circolazione dei materiali e delle attrezzature. I magazzinieri della sovrintendenza infatti vi tengono un registro delle entrate e delle uscite quotidiane. Si ritrova così, nella città o nel Parco, un magazzino di marmi di 100 metri quadrati, un magazzino di piombi di 800 metri quadrati ed un deposito di ferro di 1.200 metri quadrati. Per la coordinazione dell’approvigionamento e l’organizzazione del flusso dei suoi materiali, il cantiere di Versailles segna significativamente la nascita della politica industriale e dei trasporti su scala nazionale. Allo scopo di risparmiare le finanze dello Stato, si decide anche di sospendere i cantieri Reali durante il periodo bellicoso.
Nel mese di maggio 1668, la guerra di Successione termina col trattato della pace di Aix-La-Chappelle e Luigi XIV ritiene il suo castello troppo piccolo. Inizia allora una seconda campagna di lavori segnati dall'incertezza e dagli indugi. Bisogna ingrandire il vecchio castello o demolirlo per costruirne meglio uno totalmente nuovo? L'architetto Le Vau propone un compromesso attraverso il quale egli ingloba l'antico castello di mattoni da tre costruzioni di pietra a ovest, a nord e a sud, conservando così le antiche facciate che davano sulla corte, tutto aumentando lo spazio interno. Luigi XIV, contro il parere del suo entourage, è sia da subito favorevole a questo progetto e fa iniziare i lavori nell'ottobre del 1668. Colbert vede in questa soluzione un "rimpicciolimeno costoso e senza gloria".
Ma colpo di scena, nel giugno del 1669, quando i muri raggiungevano i 6,50 metri, il Re decide di fermare i lavori, e durante tutta l'estate progetta seriamente di riabbassarle. Poi alla fine cambia nuovamente idea ed il progetto di Le Vau è ripreso in autunno. Questo sviluppo in forma di U, "matrimonio contro natura del Vasto con lo Strangolamento" secondo Saint-Simon, è la principale variazione architetturale del castello.
Nei primi tempi, il Re pensa di sviluppare la "città" secondo un piano regolato in modo che il castello così come Versailles diventasse una città residenziale dell'Alta Nobiltà: dei terreni quindi vengono attributi gratuitamente a condizione di costruire secondo le progettazioni del sovrintendente, e le costruzioni sono dichiarate esenti da ipoteche ed impignorabili, condizioni queste che potevano ben attrarre a pensare di edificare nell'entourage della Reggia.
Gli studiosi si mettono a disposizione Nel 1677, Luigi XIV annuncia ufficialmente la sua intenzione di fare di Versailles la Residenza della Corte. Il castello è chiamato ad accogliere quindi l'insieme dei Cortigiani e non più solo qualche pugno di privilegiati, così come parte dei servizi dello Stato. Quindi è necessarrio ancora ingrandire, pianificare, trasformare... Tra l'agosto 1678, data del Trattato di Nimega e l'ottobre 1688, inizio della Guerra delle Lega d'Asburgo, dieci anni di pace e prosperità aprono il campo ad una spettacolare progressione del cantiere, o meglio dei cantieri.
Numerose, ma discrete, innovazioni tecnologiche permettono questo avanzamento, per esempio lo sviluppo dell'ingegneria con l'impiego di carte e di piani ormai più precisi grazie al perfezionamento degli strumenti di misura (cannocchiali, livello d'acqua). Ma la grande novità, è la consultazione frequente di Colbert, poi del suo sostituto Louvois, alla Accademia Reale delle Scienze e all'Accademia Reale d'Architettura, che diventano dei veri uffici di studio. Philippe de La Hire, matematico e fisico dell'Accademia delle Scienze, interviene nella costruzione dell'Acquedotto di Maintenon con degli appunti sulla fattibilità del progetto, sulla comparazione tra la velocità dello spostamento dei fardelli sulla schiena degli uomini o a cavallo, in relazione alla pendenza del terreno, sullo studio delle condutture dell'acqua in legno di grande diametro, etc.
L'abate Jean Picard, egli stesso membro dell'Accademia delle Scienze, perfeziona uno strumento capace di misurare gli angoli e i piani con precisione, e che li utilizza per posizionare gli sbarramenti degli stagni di Trappes e di Bois-d'Arcy. Altri membri di questo onorevole istituto, come l'astronomo Cassini o l'ingegnere Sedileau, intervengono su dei ambiti molto differenti (calcoli di dislivello, solidità delle volte e delle arcate, analisi di campioni di metallo, etc). L'Accademia di Architettura non resta in secondo piano e fornisce dei rapporti sulle quantità di materiale. A partire da Versailles, la costruzione di grandi opere cessa di essere un'arte pericolosa e diviene una somma di tecniche controllate ed organizzate.
La durata dei lavori, la moltitudine dei cantieri, il numero di intervenienti, tutti questi fattori senza comune misura con anche quelli che erano presenti nelle grandi costruzioni dei secoli pregressi hanno imposto una rigorosa organizzazione del lavoro. La Costruzione di Versailles si è estesa su 54 anni ed ha mobilitato fino a 36.000 operai e 6.000 cavalli.
Tra il 1678 e il 1688, i cannoni si erano quietati. Versailles si costruiva nella febbre: la Galleria degli Specchi, costruita in luogo della vecchia terrazza all'italiana, le ali del Nord e del Sud destinate ad alloggiare i cortigiani, le ali dei ministri per una parte dei servizi generali, le Grandi e Piccole Scuderie capaci di ospitare cavalli e equipaggiamento per la Corte, la nuova Orangerie, al tempo stesso sobria e grandiosa, che rimpiazza quella di Le Vau o ancora il Grand Commun, costruzione dove saranno preparati i pasti di coloro "che hanno bocca a Corte".
Parchi e Giardini non scapano da questa frenesia di lavori. Per arricchirli, si fanno venire dalla Francia intera delle piante, talvolta anche degli alberi già grandi: querce verdi e picee dal Delfinato, ginepri dalla foresta di Fontainebleau, querce e tassi dalla Normandia...
Nel 1682, 3 milioni di ghiande sono raccolte nella foresta di Compiégne e reimpiantate lungo i viali. Madame de Sévigné si estasia dinnanzi a queste foreste "tutte venute e folte" che sembrano spingersi spontaneamente a Versailles. Il Grande Parco che copre all'epoca più di 6.600 ettari (oggi il Parco non ne conta più di 500 ha) è cinto nel 1685 da un immenso muro di 43 chilometri. Il Re caccia inseguendo le prede sotto la volta verde di questa grande foresta, almeno fino al momento in cui una fastidiosa fistola ne raffreddò durevolmente i suoi ardori da Nemrod. All'interno di una seconda recinzione sotto la volta verde di questa grande foresta, il Piccolo Parco di 1.700 ettari, il Grand Canal terminato nel 1680 così come il bacino d'acqua degli Svizzeri, dal nome del Reggimento d'Elveti che si è rotto i reni per scavarla.
Questo palesa che i militari, manodopera malleabile ed a buon mercato, sono numerosi nei cantieri. Quello dell'Eure conta così 22.000 soldati su 300.000 operai. Pagati un terzo meno dei loro colleghi civili, essi si stancavano nei lavori più penosi, sterramenti, trasporti di terra, prosciugamento di paludi... Ma le condizioni di lavoro sono spaventose per tutti i mestieri sui quali, per un indubitabile effetto domino, rimbalza la pressione esercitata dall'impaziente Monarca sul suo sovrintendente. Il 6 Maggio 1682, il Re si installa ufficialmente in un castello brulicante di pittori e di muratori. La Corte pulisce letteralmente i gessi.
In questo ambiente di formiche brulicanti, dove le giornate si protraevano dalle 5 del mattino alle 19 di sera, nei giorni migliori, incidenti, cadute, frane apportano il loro premio settimanale di storpiati e di defunti. Degli indennizzi sommari danno una magra consolazione alle vedove ed agli invalidati: da 30 a 40 livree per una gamba rotta, 60 livree per un occhio forato, non più di 100 livree per uno sposo deceduto. Delle cifre da raportare ai salari giornalieri: 20 sol, pari a 1 livrea cioè 15 euro odierne, per un manovale, un po' più di 2 livree per un meastro.
Alla fine di questo decennio magistrale, il Palazzo ha praticamente trovato la sua configurazione definitiva. Dopo la pace di Ryswick nel 1697, il Re lancia una quarta e quinta campagna di lavori destinati a completare il suo capolavoro, concedendo in esso un luogo di culto degno di questo nome. Questa quinta Cappella, per la quale i lavori iniziati nel 1687 erano stati sospesi nel 1689, sarà terminata e consacrata solo nel 1710. La fatica associata all'età (aveva 60 anni nel 1698) così come l'influenza devota ed austera di Madame de Maintenon hanno seriamente smussato il suo gusto per lo sfarzo e l'opulenza. La fredda favorita giunge a far desistere il Re da spese troppo frivole. Alla fine della sua vita, Luigi XIV, in preda ai tormenti di dubbio religioso, si assenta sempre di più da Versailles preferendo la "semplicità" di Marly o l'intimità del Trianon.
Ormai, la nobiltà non fa più costruzioni nei dintorni di Versailles, e trova sempre di più il cammino verso Parigi. La Versailles di Luigi XIV si era spenta dolcemente come un fuoco che muore. Per il Re era l'apogeo di un suo sogno... un sogno di un formidabile vascello di calcari e di marmi, ancorato nel verde di una natura piegata alla volontà del Re, ma ben vivente, destinato a stupire l'Europa ed il mondo.
A cura di Arsace e Faustina da Versailles
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