Johann Adolf Hasse 

 

 

La testimonianza di Burney

 

 

 Johann Adolf Hasse, ritatto da Denner, 1740

 

 

Charles Burney incontrò Hasse nel 1772, descrivendolo così nel suo Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi:

Il Signor Hasse è così universalmente conosciuto sul continente per il suo talento, che non mi è ancora accaduto di parlare di lui con un esperto di musica che non lo consideri il più spontaneo, il più elegante, il più esperto compositore di musica vocale, ed anche il più fecondo compositore vivente; egli dà egual valore alla poesia e al canto, e dimostra uguale abilità e talento tanto nell’esprimere le parole quanto nell’accompagnare quelle dolci e tenere melodie che egli affida al cantante. Considerando sempre la voce come l’elemento principale in teatro, egli ha cura che essa non venga mai soffocata dal dotto linguaggio degli strumenti e dei temi troppo numerosi, e pone tutte le sue attenzioni a metterne in evidenza l’importanza, come un pittore che proietta la luce più intensa sulla parte più importante del suo quadro.
Nel 1769, egli compose a Vienna la musica per una piccola opera o Intermezzo tragico, Piramo e Tisbe, a tre voci, e nel 1771 musicò Ruggiero in occasione del matrimonio a Milano dell’arciduca Ferdinando, fratello dell’imperatore, con la principessa di Modena; entrambe le opere erano state scritte da Metastasio.
Il dottor Brown ha preteso di dimostrare l’indipendenza della musica dalla poesia: se egli avesse ragione si dovrebbe ammettere che questo poeta e questo musicista sono le due metà che in origine -come nell’Androgino di Platone - formavano un tutto; infatti entrambi possiedono in ugual misura i tratti caratteristici del vero genio, del gusto e della misura, cosi come la correttezza, la coerenza, la chiarezza e la precisione. Quando la voce era tenuta in maggior considerazione rispetto all’accozzaglia degli strumenti che la imitano servilmente, quando per lo studio più approfondito il canto godeva di maggior prestigio, le arie del signor Hasse, soprattutto quelle di genere patetico, erano tali da deliziare ogni ascoltatore, e contribuivano a stabilire la fama dei più grandi cantanti d’Europa.
Il valore di Hasse è poco noto in Inghilterra, poiché soltanto poche sue composizioni, ed inoltre tra le più banali, sono state stampate; le sue opere sono più numerose di ogni altro compositore di musica vocale vivente, e senza voler far torto ai suoi colleghi si può affermare che egli è superiore a tutti gli altri compositori lirici cosi come Metastasio a tutti gli altri poeti lirici.

 

 


Una visita ad Hasse


Questa mattina l’abate Taruffi ricambiò gentilmente la mia visita; aveva già scorso il mio libro ed aveva quindi già potuto rendersi conto delle mie ricerche. Dopo una lunga conversazione nel mio appartamento, mi accompagnò dal signor Adolfo Hasse che abita in una bella casa in una via dei sobborghi che si chiama Landstrass. La signora Faustina era alla finestra, e vedendoci sulla porta venne ad accoglierci e il mio accompagnatore mi presentò a lei. E una vecchietta piccola, bruna, sensibile e vivace; disse che le faceva piacere conoscere un < Cavaliere Inglese > ricordando che un tempo era stata assai ammirata e stimata in Inghilterra.
Il signor Hasse entrò subito dopo: è di statura alta e piuttosto grasso, ed è difficile immaginare che da giovane avesse una bella figura. Dai suoi modi traspare una grande bontà e gentilezza; benché sia di dieci anni più giovane di Faustina, il tempo ha lasciato in lui un’impronta più evidente. Gli consegnai una lettera di presentazione che Sir James Gray mi aveva fatto l’onore di scrivergli ma, per cortesia, egli non la lesse subito. Intanto l’abate Taruffi l’aveva messo al corrente dei motivi per cui io avevo viaggiato attraverso la Francia e l’Italia e che mi avevano condotto ora nella capitale dell’impero tedesco.
Non potevo fermarmi a lungo perché dovevo recarmi al concerto che il signor L’Augier aveva organizzato in mio onore, dove mi sarebbe molto dispiaciuto giungere in ritardo; e d’altronde non avevo saputo rinunziare ad incontrarmi, accompagnato dal signor Taruffi, con persone del valore di Hasse e di Faustina, sia pure soltanto per un quarto d’ora. Infine il signor Hasse chiese il permesso di ritirarsi vicino al lume per leggere attentamente la lettera che io gli avevo dato. Entrarono intanto le sue due figlie, di forse ventotto o trent’anni; assai raffinate e di modi gradevoli, rivelavano immediatamente l’impronta di un’ottima educazione. Esse leggono l’inglese e lo parlano un poco. Quando la signorina Davies, che suona l’armonica, e la sorella, che aveva cantato lo scorso anno come prima donna all’opera di Napoli, risiedevano a Vienna, abitavano nella stessa casa della famiglia Hasse; e fu durante questo periodo che le figlie del signor Hasse impararono da loro l’inglese. Nello stesso tempo questo grande maestro aveva preparato la più giovane delle sorelle Davies a cantare come prima donna nel teatro più importante d’Europa.
Poco dopo il signor Hasse si riaccostò a noi ed il suo atteggiamento era cosi spontaneo e gentile che mi parve di aver familiarizzato con lui in quel breve quarto d’ora come se l’avessi conosciuto da vent’anni. Nel poco tempo che mi era concesso espressi a lui ed a Faustina tutta la simpatia da me realmente provata: gli dissi che le sue opere erano state uno dei più grandi godimenti musicali della mia giovinezza, né il piacere di allora era diminuito in seguito, quando avevo conosciuto le musiche di altri grandi compositori. Gli dissi ancora con grande sincerità che ero venuto a Vienna attratto soprattutto dalla prospettiva di incontrarlo; che il suo nome era conosciuta in Inghilterra e che egli era stato per molto tempo il mio magnus Apollo. Hasse accolse con molta umiltà le mie parole ed aggiunse che era stato spesso invitato in Inghilterra e che aveva desiderato di recarvisi poiché aveva in quel paese rapporti di amicizia con parecchie persone che lo avevano colmato di cortesie.
Gli chiesi se sarebbe stato possibile avere un elenco delle sue, opere, ma mi disse che neppure lui stesso sarebbe stato in grado di farlo. Mi promise però di tentare di ricordare quelle più importanti e Faustina si offrì di aiutarlo. Con infinito rammarico dovetti congedarmi, proprio quando ci eravamo appena conosciuti e si e conchiusa la parte formale del nostro incontro; egli mi invitò però ritornare spesso, mi chiese dove abitassi, mi disse che sperava che potessi fermare a Vienna per qualche tempo e aggiunse altre espressioni cortesi a cui si presta scarsa attenzione se provengono persone che ci sono indifferenti, ma che lasciano un’impressione profonda quando sono pronunciate da chi amiamo e stimiamo.

 

Seconda visita ad Hasse


Dopo aver pranzato con Sua Eccellenza Monsignor Visconti, il suo segretario mi accompagnò per la seconda volta a trovare il signor Hasse nella Landstrass, il più grazioso di tutti i sobborghi di Vienna. E una deliziosa scarrozzata di circa un miglio e mezzo al di là delle porte ma ancora entro i confini anche se fuori dalle mura, quasi tutta lungo una strada con frequenti scorci su palazzi, chiese e belle case. Trovammo tutta la famiglia in casa e la nostra visita fu allegra e animata. La signora Faustina è molto socievole e s’interessa tuttora vivamente a tutto quanto accade nel mondo. Nonostante i suoi settantadue anni, qualcosa è sopravissuto dell’antica bellezza, tanto lodata, della sua giovinezza, ma nulla invece della sua stupenda voce! Le chiesi di cantare: - < Ah, non posso! ho perduto tutte le mie facoltà > -, ella disse.
Rimasi incantato dalla conversazione con il signor Hasse: chiaro, comunicativo, razionale, egli è libero dalla pedanteria, dall’orgoglio e dai pregiudizi. Non disse male di alcuno, ma anzi rese giustizia al talento di parecchi compositori che furono occasionalmente nominati, persino a quello di Porpora il quale, sebbene fosse stato il suo primo maestro, era poi diventato il suo maggiore rivale. Egli è convinto, come Metastasio, che la buona scuola di canto non esista più e che dai tempi di Pistocco, Bernacchi e Porpora non si sono più avuti discepoli di qualche valore.
Gli chiesi ancora l’elenco delle sue opere e mi disse di aver musicato tutte le opere di Metastasio, eccetto Temistocle; alcune tre o quattro volte, e quasi tutte almeno due volte. Inoltre aveva musicato parecchi libretti di Apostolo Zeno perché, quando era giovane, Metastasio non scriveva abbastanza rapidamente per lui. A queste composizioni per il teatro vanno aggiunti quattordici o quindici Oratori, ed inoltre Messe, Miserere, Stabat Mater e Salve Regina per la chiesa. Oltre a tutto ciò egli aggiunse che le sue Cantate, Serenate, Intermezzi e Duetti vocali, i suoi trii, quartetti e concerti per strumenti erano talmente numerosi che non sarebbe stato in grado lui stesso di riconoscerli tutti se li avesse visti o ascoltati. Modestamente paragonò se stesso a quegli animali troppo fecondi la cui discendenza è distrutta nell’infanzia oppure abbandonata al caso, e aggiunse che, simile ad altri cattivi padri, egli aveva maggior gioia nel creare che nel conservare la propria prole. Tuttavia questa osservazione aveva se mai valore soltanto per le creature nate dal suo spirito, poiché invece si era assai dedicato all’educazione delle sue figlie.
Durante la mia visita queste fanciulle mi cantarono in duetto un Salve Regina musicato di recente dal padre: si tratta di una deliziosa composizione piena di grazia, gusto e misura.
Una delle figlie ha una < soprano voce di camera > assai dolce, dal timbro delicato e interessante; l’altra ha una voce di contralto ricca e potente, che sarebbe adatta a qualsiasi chiesa o teatro d’Europa. Entrambe eseguono molto bene i trilli e rivelano un’espressione, un gusto e una sicurezza quali è logico riscontrare nelle figlie e allieve del signor Hasse e della signora Faustina. Dopo il Salve Regina, queste eccellenti esecutrici cantarono parecchie arie, in stili diversi, composte dal padre, e sempre con autentica nobiltà ed eleganza.
Il signor Hasse è tanto afflitto dalla gotta che le sue dita sono rigide e deformate, eppure nel suo tocco e nel suo modo di accompagnare al clavicembalo ancora si riconosce il grande esecutore. Se egli è cosi semplice nelle sue opere non è certo perché ignori le modulazioni elaborate, sorprendenti o inconsuete. Improvvisò per me una Toccata o Capriccio con dei passi veramente meravigliosi, ma egli possiede un gusto troppo sicuro per sciupare in circostanze di scarso rilievo ciò che deve essere riservato ai momenti eccezionali. In generale la sua modulazione è semplice e la sua melodia spontanea; i suoi accompagnamenti non danno mai un’impressione di confusione. Nelle sue composizioni è evidente l’intento di piacere all’orecchio di appagare l’intelletto, lasciando ai vanitosi ed ai pedanti tutto ciò che colpisce, riempie di stupore e rende perplessi.
Le figlie di Hasse si rammaricano di non potersi esercitare: infatti non cantano quasi mai - dicono - poiché il padre è sempre o ammalato o troppo occupato.
Hasse si recherà nella prossima primavera a Venezia, luogo di nascita della signora Faustina; e pare che entrambi abbiano deciso di vivere là per il resto dei loro giorni.
Non sembra che il signor Hasse goda ora a Vienna di alcuna pensione né che abbia impegni di lavoro. Egli sofferse di grandi perdite durante l’ultima guerra: tutti i suoi libri, i manoscritti e oggetti personali per un ammontare considerevole andarono bruciati durante il bombardamento di Dresda ad opera del re di Prussia. In quel tempo egli stava per far stampare un’edizione completa di tutte le sue opere; il defunto re di Polonia aveva promesso di provvede alle spese della carta e della stampa, ma quando il signor Breitkopf di Lipsia aveva già iniziato e raccolto il materiale necessario per l’intera stampa, scoppiò la guerra che mise fine ad ogni speranza sua e del pubblico di vedere realizzata questa impresa. Tuttavia Hasse rende giustizia al talento musicale del re di Prussia fino al punto di affermare, nel suo candore, che se Sua Maestà avesse saputo che le circostanze lo avrebbero costretto a bombardare Dresda, lo avrebbe certamente avvertito affinché potesse mettere in salvo i suoi beni.
Faustina, che si può paragonare ad una storia della musica vivente, mi riferì parecchi aneddoti sugli esecutori suoi contemporanei: parlò a lungo di Handel e del suo stile eccezionale come clavicembalista e organista ai tempi del suo soggiorno in Inghilterra; ricordava l’arrivo a Venezia di Farinelli nel 1728, e l’ammirato stupore che suscitarono le sue interpretazioni.
 

Ricordi di Hasse


Dopo aver lasciato Lord Stormont feci una breve visita al signor Taruffi ed un’altra assai lunga al signor Hasse, che aveva proprio oggi letto con grande attenzione l’abbozzo della mia storia della musica, scritta in tedesco, e ne discusse ogni punto col più grande interesse e con simpatia. Confesso che provai un’infinita soddisfazione nel constatare che le mie idee coincidevano quasi sempre con quelle di un uomo della sua levatura, il cui valore è ora universalmente riconosciuto.
Disse che la sua prima opera fu Antigone composta a soli diciotto anni, prima di recarsi in Italia. Al suo arrivo a Napoli fu considerato un ottimo clavicembalista. Studiò per breve tempo sotto la guida di Porpora, come mi era stato detto prima da Barbella. Hasse però smentì che fosse stato Porpora a presentarlo al vecchio Scarlatti, dicendomi che, per sua grande fortuna, fin dal primo incontro Scarlatti fu preso da tale affetto per lui, che sempre da allora lo trattò con la gentilezza di un padre.
Al suo ritorno in Germania, entrò al servizio dell’Elettore di Sassonia che lo incaricò di musicare nuovamente l’Antigone. In seguito musicò un’opera tedesca che - insieme ad un’altra - furono le uniche sue composizioni su testo tedesco.
Essendo egli nato presso Amburgo, si rallegrò non solo perché mi sarei recato nel suo paese, ma anche perché là avrei potuto conoscere il grande Emanuel Bach che egli stimava assai, e ascoltare i migliori organisti e i migliori organi del mondo, a meno che non fossero degenerati rispetto ai suoi tempi. Soprattutto mi raccomandò che cercassi di ascoltare Bach al clavicembalo, e che facessi il possibile di conoscere una sua sinfonia in mi la mi minore, che egli giudicava la più bella che avesse mai ascoltato.
Gli chiesi di illustrarmi quale fosse la disposizione dell’orchestra di Dresda nel 1754, ricordata da Rousseau nel suo dizionario come la migliore possibile. Mi rispose che il resoconto che ne fa questo autore è cosi esatto da far pensare che abbia realmente visto l’orchestra a quel tempo. Il re di Polonia aveva accordato a Hasse poteri illimitati, per cui gli fu possibile mettere insieme i migliori elementi, sia vocali sia strumentali.
Egli seguiva spesso quel principe a Varsavia, in Polonia, e là compose parecchie opere. La musica polacca aveva, a suo parere, un Carattere veramente nazionale, e spesso assai tenero e delicato. Mi parlò di una sua canzone che aveva composto nello stile polacco, delle più originali tra le sue composizioni e meglio accolte dal pubblico; promise di darmene una copia insieme a parecchie altre tra le sue composizioni migliori e più singolari.
Parlando di compositori lodò più di ogni altro il vecchio Scarlatti e Keiser; si disse convinto che Keiser fosse, secondo il suo modo di vedere, uno dei maggiori musicisti del mondo. Le sue composizioni sono più numerose di quelle del vecchio Scarlatti, e le sue melodie, anche se vecchie di cinquant’anni, potrebbero essere o considerate moderne e piene di fascino. Aggiunse che questa sua opinione non era influenzata da ragioni estranee al valore dell’artista poiché non si trattava né di un parente, né del suo maestro, né di conoscente, ma avendo recentemente visto alcune sue opere, rimasto colpito dalla loro eleganza, chiarezza e grazia, rare anche oggi nelle composizioni più moderne. Keiser - mi disse - lavorò soprattutto per il teatro di Amburgo, musicando in genere testi tedeschi. Conosceva soltanto imperfettamente l’italiano e spesso cadeva in errore musicando testi italiani, ma i suoi meriti compensavano queste manchevolezze.
Hasse parlava sempre con grande rispetto di Handel, considerandolo il genio più grande che fosse mai esistito quale esecutore e compositore di fughe, per la perfezione dei suoi accompagnamenti, per la naturale semplicità della sua melodia; ma lo considerava troppo ambizioso di mostrare la sua abilità nello sviluppo delle parti e soggetti e trovava la sua musica eccessivamente rumorosa; Faustina a sua volta, aggiunse che la sua < cantilena > era spesso aspra.
Alla mia domanda se avesse mai sentito suonare Domenico Scarlatti, mi rispose che ne aveva avuto l’opportunità quando, ritornato a Napoli dal Portogallo per rivedere suo padre, studiò sotto la sua guida; riconobbe che aveva una tecnica portentosa unita ad una feconda inventiva.
Egli non riteneva che Durante, come contrappuntista, meritasse il posto assegnatogli da Rousseau nel suo dizionario, mentre il titolo di le plus grand harmoniste d’Italie, c’est à dire du monde, il più grande maestro d’armonia in Italia, cioè nel mondo intero avrebbe dovuto toccare invece al vecchio Scarlatti; mentre Durante era non soltanto arido, ma baroque, cioè grossolano e bizzarro.
Egli parlò di Mademoiselle Martinetz come di una giovane di talento musicale non comune: cantava con grande espressione, suonava in modo nitido e sicuro, e possedeva a fondo l’arte del contrappunto. Tuttavia osservò con rammarico che lo studio a tavolino avrebbe influito negativamente sulla sua voce. Infatti io pure avevo osservato quella mattina che ella trovava difficoltà nel toccare le note alte. E noto ai maestri di canto che lo stare curvi a scrivere, persino sedere a lungo al clavicembalo, danneggia il petto e indebolisce molto la voce.
Hasse disse che dopo i cinquant’anni non era più stato in grado di cantare una sola nota; ed ora, effettivamente, ha una voce cosi rauca che a malapena lo si sente quando parla. Egli lo attribuisce al fatto di essere stato costantemente occupato a scrivere. Faustina ricorda la sua bella voce di tenore ai tempi in cui lo conobbe; allora, i maestri usavano far cantare e declamare i loro allievi che studiavano il contappunto.
E bene ancora mettere in evidenza, prima di lasciare Hasse e Gluck, la grande differenza che separa questi due musicisti: si può considerare Hasse il Raffaello, e Gluck, come ho già detto, il Michelangelo dei compositori viventi. Se l’artificiosa espressione francese le grand simple avesse un qualche significato, la si dovrebbe allora applicare convenientemente alla produzione di un compositore come Hasse che riesce forse meglio ad esprimere con chiarezza e proprietà tutto ciò che è grazioso, elegante e tenero piuttosto che ciò che è tumultuoso e violento; mentre il genio di Gluck si direbbe più atto a suscitare sentimenti di sgomento nel rappresentare stati d’animo penosi causati da una grande infelicità e dalla furia tempestosa di sfrenate passioni.



(tratto da Charles Burney: The Present State of Music in Germany, The Netherlands, and United Provinces. Ed. italiana: Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, a cura di E. Fubini, EDT
/Musica, 1986)
 



 

 

 

A cura di  Rodrigo

 

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Ultimo aggiornamento: 22-10-21