Italiano di nascita, si fece naturalizzare poi francese. Nacque a Firenze,
28 Novembre 1632 sotto la parrocchia di Santa Lucia del Prato e battezzato
lo stesso giorno nel battistero di Piazza del Duomo. Le sue origini comunque
sono state sovente oggetto di discussione poiché non si è mai giunti ad uno
stato di certezza. Lully dichiarava di essere figlio di
un gentiluomo fiorentino, mentre i suoi nemici dicevano fosse prole di un
mugnaio. Per far luce su questa ambiguità non sono stati trovati gli atti,
ma esistono elementi che provano l'esistenza del mulino paterno. Tuttavia,
quando i suoi stessi nemici lo hanno voluto presentare nell'infanzia come
sguattero (la categoria più infima fra i domestici nelle grandi case),
sembrano aver ceduto a una malevolenza senza fondamenti reali: su questa
leggenda dello sguattero si è articolata un'abbondante massa di scritti,
alcuni dei quali addirittura fantasiosi.
Nel marzo 1646, poco più che tredicenne, Lully si trasferisce a
Parigi, chiamato dal cavaliere di Guisa, Roger de Lorraine, al
quale la principessa (la Grande Mademoiselle), figlia di Gaston d'Orléans,
aveva domandato di portarle un piccolo italiano, al fine di poter conversare
in italiano, che ella stava allora studiando.
Nel 1652, Lully venne impiegato come
cameriere personale della principessa, carica prestigiosa, che consentiva una
certa libertà, della quale Lully subito sfruttò per raffinarsi nella musica.
Fra gli impiegati della Grande Medemoiselle figurava anche il futuro suocero
Michel Lambert, cantante stimato di arie.
Alla corte della principessa il genio musicale di Lully trovava spazio per
svilupparsi, infatti Mademoiselle era generosa con gli artisti e frequenti
erano le feste di ballo, i concerti, i ballets, le serenate. Alle Tuileries
si esibivano i più rinomati virtuosi del momento.
Al giovane Lully, appassionato e di carattere testardo, non mancavano certo
occasioni per conoscere ed assimilare il futuro mestiere.
La Fronda aveva costretto all'esilio la principessa che ne era stata una
protettrice e Lully, che aveva allora 20 anni, le chiese il licenziamento. Dopo esser stato congedato, ben presto apparve alla corte del giovane re
Luigi XIV°, dove si fece notare per il suo talento di danzatore e di mimo.
Tuttavia l’ambizione di Lully puntava alla gloria: capì presto quindi che
far ridere la corte e comporre arie di danza graziose e orecchiabili non era
sufficiente.
Per perseguire questo obiettivo, conscio dei propri limiti in fatto di
tecnica, si mise alla scuola degli organisti Gigault, Métru e Roberday, con
i quali studiò la fuga e il clavicembalo.
Il frutto delle sue fatiche si concretizzò il 16 marzo 1653, venendo
nominato compositore della musica strumentale del re. Ben presto dal 1655 le
sue opere cominciano addirittura ad essere menzionate.
Fino al 1672, la sua carriera è soprattutto quella di un giullare,
violinista in soprappiù e bouffon di corte. Egli collabora con Benserade,
Pellisson, Corneille, scrive introduzioni e intermezzi per le opere di
Cavalli, che il cardinale Mazzarino aveva fatto venire a Parigi nel 1660.
Dal 1661 Lully si farà chiamare Monsieur de Lully, per sfoggiare la sua
naturalizzazione francese appena ottenuta, ed è contemporaneamente nominato
sovrintendente della musica del re.
Nel 1662 si unisce in matrimonio con la figlia di Lambert. Da questa unione
che, nonostante le infedeltà di Lully, doveva rivelarsi solida, nacquero nel
corso dei primi 6 anni, 6 figli, 3 maschi (Louis
e Jean-Louis furono
anch'essi compositori) e 3 femmine. Sono, questi, anni
assai felici per il fiorentino.
Lully compone ugualmente musica da chiesa per le circostanze ufficiali ma,
insoddisfatto dell'orchestra esistente (la Grande Bande des violons du Roy),
crea sotto la sua direzione una formazione rivale, i Petits violons, a cui
impone una disciplina inusitata.
Nel 1672 si verifica una svolta brusca nella carriera e nella produzione di
Lully. Dopo il 1669, per iniziativa del librettista Perrin e del musicista
Cambert, si erano infittiti i tentativi di forgiare un'opera francese,
capace di armonizzare alla lingua francese il recitativo usato dagli
italiani. Perrin e Cambert avevano conseguito a questo fine un privilegio
del Re, cosa che non sembrò inizialmente inquietare Lully. Poi però il
successo inaspettato dell'impresa, variò il suo atteggiamento, tanto che,
nel 1671, in occasione degli inconsulti atti di gestione che portarono
Perrin alla prigione della Conciergerie per debiti, Lully se ne avvantaggiò
immediatamente; si recò a visitare il prigioniero e ottenendo la cessione
del privilegio suddetto in cambio del pagamento dei suoi debiti.
Tale privilegio fu enormemente potenziato nel marzo 1672 con lettere patenti
del re che confermavano questa cessione e la completavano con l’inibizione a
chiunque non fosse Lully di “far cantare qualunque pezzo musicale intero sia
in versi francesi che in altra lingua, senza il suo permesso, pena
un'ammenda di 10.000 lire”.
A partire da questo momento, Lully diveniva di diritto e di fatto padrone
assoluto della scena lirica francese; diviene il Re della Musica e di questo
diritto egli si valse vita natural durante.
Artista appassionato, Lully non vive con la testa fra le nuvole; univa
quindi l’aspetto artistico con l’aspetto pratico ed oculato di chi conosce
il valore del denaro e la potenza che esso può dare. Nel 1670 dopo aver
accumulato una notevole fortuna fa iniziare l’edificazione di due palazzi su
terreni acquistati da poco e uno di quelli adibisce a sua abitazione privata
con l’intenzione, riuscita, di realizzare una dimora degna dell'altissima
posizione sociale ch'egli occupa. L'architetto Guittard lavora per lui,
creando sale della sua abitazione risplendenti per le dorature e le pitture.
All'età di 40 anni, Lully cambierà completamente la sua immagine: la lite
con Molière, con cui collaborava ancora l'anno precedente per Psyché,
evidenzia l'inizio della sua nuova vita. Tranne rare circostanze, in cui vi
fu costretto dalle necessità della vita di corte, egli lasciò il ruolo di
bouffon, rinunciò ai lazzi e agli intermezzi, divenendo esclusivamente un
compositore serio dedicato alla realizzazione di tragedie e di grandi
cerimonie musicali di corte, religiose o profane.
Fino alla morte scriverà e farà rappresentare regolarmente un'opera
all'anno, non volendo più altri collaboratori letterari all'infuori di
Philippe Quinault, eccetto il breve intervallo di Thomas Corneille dovuto
dalla momentanea disgrazia in cui cadde il suo poeta preferito.
La fortuna lo baciò fin dall'inizio della carriera coronandola di successi
e, salvo in un paio d'occasioni, non lo abbandonò più; anzi col tempo si rafforzò sempre
più, accrescendo il favore del re e della corte nei suoi confronti.
Ricco e potentissimo, è naturale che avesse inimicizie irriducibili, sia
dentro che fuori della corte. L'affare Guichard palesò tutta una serie di
rancori
più
o meno repressi e di odii impotenti. Verso la metà di maggio del
1675, Guichard, da tempo in pessimi rapporti con Lully per il privilegio
dell'Opéra, venne accusato da una cantante, sua ex amante, di aver cercato
di avvelenare Lully; questi, consigliato dal re, sporse querela. La causa si
trascinò per tre anni durante i quali le parti si scambiarono aspre ingiurie e
infamanti accuse. Ciò non impedì a Lully di comporre, proprio in quel
periodo, due fra le più belle opere: Athis (1676) e Isis (1677).
Isis però, non ottenne il successo che l'autore si auspicava, infatti l'opera
venne giudicata fredda e “troppo sapiente”.
Affaticato dalle numerose occupazioni, tra le quali l'amministrazione dell'Académie
de Musique, dalle speculazioni finanziarie e da una vita per lo meno
disordinata, Lully finì per ammalarsi seriamente.
I nemici raddoppiarono i loro attacchi al sovrintendente della musica; ma
quando fu palese che il re conservava il suo favore a Lully, repentinamente
le critiche si trasformarono in elogi. Con Bellérophon (libretto di T.
Corneille), rappresentato il 31 Gennaio 1679, Lully conseguì un successo
senza precedenti. La sala del palazzo reale era gremitissima, “on peut dire
(scrisse un novellista) que tout Paris y estoit et que jamais assemblée ny
fut ny plur nombreuse ny plus illustre”. Forte di questo nuovo successo,
Lully decise di far stampare la sua musica attraverso i tipi di Ballard,
preceduta da una dedica al sovrano.
Col tempo, la potenza di Lully diventò enorme.
Lully rappresentò la carica di cantore ufficiale della gloria del regno,
celebrante le virtù del sovrano, organizzante tutte le feste di corte.
Luigi XIV° non può fare a meno di lui e lo tratta con una familiarità che
stupisce e naturalmente suscita invidia. Sicuro della fiducia del Re, Lully
può permettersi tutte le audacie, impunemente. Ormai può chiedere tutto ciò
che desidera, con la certezza che nulla gli verrà rifiutato: il Re
lo nomina suo segretario e l'onora persino
diventando padrino
al battesimo del suo primogenito.
Lully possedeva un carattere buono e carico di nobili sentimenti; sapeva
alternare severità e cordialità con i suoi sottoposti e anche farsi
apprezzare ed amare. Guai però a chi cercava di mettersi sulla sua strada:
diventava feroce. Non sopportava che si discutesse soprattutto la sua
supremazia musicale. I musicisti francesi che, vivo lui, non poterono
rappresentare pubblicamente un'opera o un balletto, lo odiavano. Lully
cercava naturalmente di assecondare in tutto il suo padrone. Infatti
accortosi che, invecchiando, il Re sotto l'influenza di Madame de Maintenon,
si dedicava con maggior interesse alle pratiche religiose, Lully fu ancora
pronto a fronteggiare la situazione. Si diede alla composizione di mottetti
e di élévations; nel 1683 compose il De profundis e l'anno seguente
pubblicò, presso Ballard, i Motets à deux choeurs pour la chapelle du Roy.
Le pie pratiche, tuttavia, non impedivano al Re l’interessamento verso il
melodramma. Nel 1684 Lully compose Amadis de Gaule a cui seguirono, sotto
consigli del Re Sole, Rolland (1685), al successo al quale seguì, l'anno
dopo, quello ancora più strepitoso di Armide, rappresentata a Parigi il 15
febbraio.
Il trionfo di Armide diede nuova energia a Lully, malato e assillato da
varie e gravi preoccupazioni, per comporre la pastorale Acis et Gatathée,
l'ultimo suo grande successo.
L'8 Gennaio 1687, mentre dirigeva un Te Deum per la guarigione del re, Lully
si ferì un piede con un furibondo colpo del bastone con il quale batteva il
tempo all’orchestra: si produsse un ascesso che, trascurato, degenerò in
cancrena. Morì 2 mesi e mezzo dopo all'età di 55 anni, il 22 Marzo 1687 a
Parigi.
Fu sepolto nella Chiesa dei Petits-Pères. I giornali coevi ne cantarono le
lodi in tutte le lingue per un anno. L'ultima sua opera teatrale, rimasta
incompleta, Achille et Polixène, fu portata a termine dal suo segretario
Collasse e rappresentata il 7 Novembre 1687, otto mesi dopo la sua morte.
La produzione musicale di Lully può venir catalogata parallelamente alle sue
vicende biografiche, fatta eccezione della musica sacra, che, anche se
limitata quantitativamente, compose sempre durante tutta la sua vita, senza
presentare variazioni stilistiche. La Musica sacra è costituita dai “Grandi
Mottetti” per le celebrazioni più prestigiose e dai “Piccoli Mottetti” per
gli incarichi di accompagnamento musicale nei momenti meno solenni, messe
private per il Re Sole o benedizioni del Santo Sacramento. Peculiarità di
Lully è la mancanza in questo panorama di un qualcosa di scritto per ufficio
liturgico propriamente detto: tempo fa vi fu una credenza, ora smentita, che
una messa in canto fermo fu di suo pugno: in realtà è opera di suo figlio
abate, che aveva gli stessi nomi del padre.
I Grandi Mottetti sono scritti su lunghi testi divisi in versetti, per lo
più salmi, ma a volte anche non liturgici, come O LACHRYMAE” su testo di
Perrin. Si tratta di composizioni derivanti dalle forme tramandate da
Nicolas Formé o da Jean Veillot: 2 cori a 5 voci (grande e piccolo coro,
quest'ultimo spesso costituito da solisti), organo, orchestra d'archi che
talvolta viene sostenuta da flauti ed oboi. Ogni versetto è trattato nel suo
insieme, ma non è quasi sviluppato nel senso che le parole sono
relativamente poco ripetute, e si lega al seguente versetto senza una vera
interruzione, cosa che cambia invece a partire da Delalande dove i versetti
saranno tutte parti distinte, peculiarità che sarà mantenuta anche da Bach.
Benché lo stile verticale, armonico, vi domini, in alcuni pezzi si riscontra
una ricchezza di contrappunto che dimostra come la predilezione di Lully per
la scrittura omofona risulti da una sua scelta estetica deliberata, e quindi
non dall'incapacità di scrivere polifonicamente. La scrittura
contrappuntistica si dirada sempre più ogni qual volta che Lully si evolve.
L. de La Laurencie ha sottolineato nei balletti del 1669 il disinteresse
totale di Lully per la scrittura intricata e la sua musica sacra testimonia
un'evoluzione simile.
Inoltre, l'orchestra interviene abitualmente nel grande insieme, e il più
delle volte finisce per sostituire le voci; i soli invece si esprimono
generalmente col semplice sostegno del continuo.
Secondo la tradizione imitativa in vigore, la traduzione musicale delle
parole è minuziosa e raggiunge talvolta un tono profondamente patetico nei
versetti d'implorazione o di penitenza.
Fra gli 11 Grandi Mottetti di Lully conservati, 6 sono stati stampati nel
1684 per ordine del Re Sole in una raccolta collettiva (gli altri mottetti
sono di Dumont e Robert) per poter esser utilizzati nel repertorio della
Cappella di Versailles: il più antico dei Grandi Mottetti sembra essere il
celebre MISERERE (1664) che Madame de Sévigné ammirava particolarmente. I
restanti 5 sono rimasti manoscritti.
Manoscritti sono rimasti anche i Piccoli Mottetti, di dimensioni più modeste
e che i biografi di Lully hanno menzionati sottovalutandone il valore. Essi
sono composti per 3 voci soliste e continuo (e in più, per OMNES GENTES e O
SAPIENTIA, un violino di accompagnamento): sono caratterizzati da una
sobrietà espressiva che contrasta con la magniloquenza che è squisitamente
presente nei grandi complessi di Lully. Nei Piccolo Mottetti il contrappunto
è spesso abilissimo, l'equilibrio e l'individualità delle voci perfetti, e
certi passaggi, come l'invocazione finale del SALVE REGINA (“O pia...)
eguagliano una forza patetica rara dopo gli esempi di Monteverdi e
Carissimi. Come nei Grandi Mottetti, è presente il tema del canto fermo, che
serve frequentemente da punto di partenza melodico, ma è raramente mantenuto
oltre la fase di “intonazione”.
Per quanto concerne i DIVERTIMENTI, BALLETTI e PASTORALI, si osservare che
quando Lully giunse a corte nel 1652, erano di moda i divertimenti a
carattere misto, dove si mescolavano commedia, canti e danze. Il “Ballet de
cour”, vecchio ormai di 70 anni, era ancora in uso, tuttavia si era
impreziosito con l’introduzione di recitativi monodici o polifonici, senza
giungere però ancora a quell'aspetto a mezza strada fra arioso e declamato,
che aveva il recitativo italiano.
Benserade, che sarà uno dei primi collaboratori di Lully, lavorava
precisamente in quel momento a farne un genere letterario. L'intermezzo
musicale danzato, e talvolta cantato, era quasi di rito in tutte le
rappresentazioni drammatiche, e veniva inserito senza tentare nemmeno di
trovare alcun nesso con l'azione. La svolta sarà data da Lully con
l’introduzione delle ballerine professioniste nel 1680: infatti prima gli
elementi dell’intermezzo danzato erano: ballerini professionisti, ruoli
femminili erano impersonati da uomini travestiti. I gentiluomini, e perfino
il Re, non disdegnavano di mescolarsi a essi e le dame di alto rango si
comportavano ugualmente rappresentando dunque il solo elemento femminile del
balletto.
Si impose praticamente la moda dell’“Italianismo” dopo il devastante
successo che conseguì nel 1647 l'ORFEO di Luigi Rossi: si pensi che il
fenomeno si era così radicato che le compagnie italiane della “commedia
dell'arte”, Gelosi o Fedeli, riconquistavano periodicamente i palcoscenici,
nonostante il fatto che fossero regolarmente espulse dalla Francia dopo
breve tempo.
È in questa situazione che Lully intraprese i primi passi nel vero senso
della parola: lo ritroviamo in un primo tempo come ballerino e violinista,
dal momento che in Francia era cosa soleta che i violinisti suonassero
danzando;
poi iniziò una collaborazione per la realizzazione di diversi balletti o
divertimenti, di cui va ricordato il carattere collettivo di composizione.
Dal 1653 al 1665, sono stati creati 12 balletti, dove il suo nome figura
assieme a quelli di altri, senza che nulla lo distingua da questi. Fra i
balletti figura nel 1656, PSYCHÉ di cui Lully riprenderà per 2 volte il
soggetto.
A partire dal 1658, Lully si impone lentamente sempre più come autore
principale, non disdegnando comunque altre collaborazioni: si contano 19
balletti di questo tipo, di cui solamente due succesivi al 1672: il testo è
quasi sempre firmato per lo più da Benserade, ma vi si trova anche il nome
di Corneille con gli intermezzi di OEDIPE del 1664 e anche, negli ultimi,
quello di Molière e di Quinault.
Infine, dal 1664 al 1671, Lully inizia un sodalizio con Molière forgiando la
comédie-ballet. Si trattava di una commedia intercalata da divertissements
che possono apparire inutili, ma che in quell'epoca, costituivano la parte
più accattivante dello spettacolo: si trattava cioè di divertimenti
collegati da un canovaccio di commedia strumentalizzata ad introdurli e a
dar loro un'apparenza di omogeneità.
Lully ha scritto in tal modo gli intermezzi di 12 commedie o pastorali,
tutte, salvo una, anteriori al 1672 (l'eccezione essendo nel 1685 l'IDYLLE
DE LA PAIX a Sceaux in collaborazione con Racine), tutte, salvo una, in
collaborazioni con Molière (e l'eccezione è LA GROTTE DE VERSAILLES del 1668
con Pellisson o Quinault).
L'ultimo lavoro in comune di Lully e Molière fu, nel 1671, PSYCHÉ, alla
quale collaborarono anche Quinault, La Fontaine e Corneille.
Nel 1672 la faccenda del privilegio per l'opera non doveva solo mutare
l'orientamento artistico del musicista, ma anche opporre in maniera marcata
Lully e Molière, mettendo i due uomini in urto fra di loro: fu così che
Molière si rivolse a Marc-Antoine Charpentier, rifiutano la collaborazione
di Lully, e quest’ultimo, fermo nella sua popsizione iniziò a percorrere una
nuova vita.
Durante l’arco di 20 anni infatti, l'arte di Lully si definì via via sempre
più: si può dire che sino al 1660 circa, Lully resta prima di tutto
compositore italiano, però già nel 1658, nel balletto di ALCIDIANE, egli
realizza un piano di preludio, che Cambert nel 1671 adatterà all'opera di
POMONE, e da cui lo stesso Lully, riprendendo il suo lavoro, elaborerà il
celebre tipo di Ouverture Françoise.
Nel 1659, nel balletto LA RAILLERIE, egli contrappone la musica francese
alla musica italiana, rivelando improvvisamente una conoscenza sorprendente
dello stile francese degli “airs de cour” e delle “brunettes”.
A partire dal balletto LES SAISONS, scritto con Benserade nel 1661, non
soltanto i pezzi italiani si fecero rarefatti, ma lo stile si definirà in
maniera più netta. Ad uno ad uno, nei 10 anni che precedettero la sua
conversione all'opera, si iniziò a riscontrare nei balletti quegli elementi
che Lully riunirà poi nell'opera propriamente detta. Inoltre, senza
rinunciare al brio e alla comicità di cui ancora fa sfoggio nel 1670 nella
scena turca del BOURGEOIS GENTILHOMME (in cui recitava la parte del Mufti),
Lully si sente sempre più attratto dallo stile serio, per il quale la
pastorale gli fornisce un quadro già molto vicino a quello dell'opera.
Mancava un solo elemento per creare l’opera seria, quell’elemento che fu la
chiave di volta dell'invenzione di Peri e Cavalieri: il recitativo:
l’introduzione di questo elemento porterà Lully a lasciare il genere buffo
per dedicarsi al dramma tragico.
Infatti fino al 1670, Lully non dava credito all’interesse del pubblico di
Francia ad una forma francese dell'opera, della quale si conoscevano solo i
modelli italiani.
Il successo conseguito da Perrin e Cambert, scatenando la sua gelosia, fu
per Lully una rivelazione. Quando l'infelice Perrin si trovò, a causa delle
sue sventure, alla mercè di Lully, quest'ultimo si vide garantito il
privilegio che lo rendeva suo successore e si dedicò subito al problema
essenziale, che Cambert aveva risolto in modo imperfetto: quello del
recitativo.
Trovando un recitativo basato sulla dizione teatrale francese, così come il
recitativo italiano si basa sulla dizione italiana, Lully ha effettivamente
creato l'opera francese. Se si considera tutto il resto - ouverture,
prologo, arie, danze, etc. – si può dire che non era nulla di nuovo, in
quanto esisteva già prima.
Il recitativo di Lully non comporta una divisione in battute e la scrittura
non può che esserne approssimativa. Egli traduce non solo l'intonazione,
ispirata, secondo la tradizione, alla recitazione della grande attrice
drammatica Champmeslé, ma pure il significato espressivo, secondo un codice
molto preciso di cui numerosi commentatori ci hanno dato la chiave: numerosi
testi fra cui il più importante dei quali è senza dubbio il lungo commento
di Rameau sui recitativi dell'ARMIDE. Unicamente “secco” (con il solo
continuo) nelle prime opere, il recitativo diventa a poco a poco
accompagnato per le occasioni solenni; questo recitativo accompagnato ha un
ruolo fondamentale nelle ultime opere: esso costituisce, fra l'altro, assai
frequentemente il couplet delle arie in forma di rondò, evidenziando un
contrasto con lo stile arioso dei refrains.
Così come l'opera italiana era sorta nel 1600 dall’introduzione del
recitativo nel dramma pastorale, ugualmente l'opera francese aveva seguito
la medesima via, solo con 70 anni in ritardo. Essa si affacciava nel mondo
musicale dopo i balletti di corte, gli intermedii, e specialmente le
pastorali, conservandone la struttura e lo spirito: l’opera francese
presenta quindi le allegorie, gli scenari, le arie, le sinfonie di danze, i
numerosi balletti. Ma era proprio il recitativo che portava uno spirito
nuovo, e una dignità, alla quale Lully prodiga tutte le sue cure, impegnato
anche a far dimenticare così il suo passato di bouffon.
Nelle prime opere (CADMUS ET HERMIONE, 1673; ALCESTE, 1674), sulle orme di
Cambert e della tradizione italiana, Lully inserisce ancora dei personaggi
da commedia, relegandoli all’oblio totalmente a partire dal 1675 (con THESÉE),
dirigendo e controllando continuamente il lavoro del suo librettista, che
sarà ormai soltanto Quinault, salvo il periodo in cui il poeta cadde in
disgrazia e venne sostituito da Thomas Corneille nel 1678 e salvo nel 1679,
e nel caso delle due ultime opere, ACIS ET GALATHÉE e l'incompiuto ACHILLE
ET POLYXÈNE, nelle quali Quinault, che si era ritirato dalla vita
letteraria, fu sostituito da Campistron.
Con la regolarità del funzionario quale era divenuto, Lully compose dal 1673
sino alla sua morte un'opera l'anno (quella del 1672, LES FESTES DE L’AMOUR
ET DE BACCHUS, non fu che un arrangiamento, scritto rapidamente, per fissare
una data nell'assunzione del privilegio). Solo una annata è priva di una
nuova opera teatrale: il 1681.
Quando Lully morì nel 1687, lavorava all'opera che sarebbe stata
rappresentata nel 1688, di cui era stato scritto solo il primo atto.
Lecerf de la Viéville racconta che il suo confessore aveva preteso che egli
bruciasse il manoscritto e il musicista glielo aveva portato senza esitare.
Allontanatosi il prete, uno dei principi lo aveva rimproverato per il gesto
e Lully replicò: “Pace, pace, monsignore, sapevo bene quello che facevo, ne
avevo una seconda copia”.
Questa frase dipinge bene il carattere del “fiorentino”; l'uomo privato,
duro, libertino e sovente cinico, fu frequentemente vituperato; l'uomo
pubblico, lavoratore accanito, tanto avveduto quanto caparbio, volle
realizzare una grande opera. Egli andò dritto per il suo cammino anche se
per questo fu costretto a schiacciare gli altri, ma raggiunse il suo scopo.
Composizioni
Discografia
Lully video
Le Ballet Royal de flore
I Devoti alla Riscossa
Un sito francese su Lully
Partiture di Lully
A cura di Arsace