Sala maestosa con nobili, soldati schierati, trono e opulenza: Anastasio
sposa Arianna, divenendo imperatore. Parte dopo un breve recitativo un coro
poderoso, che però più di un coro è bene definirlo un ensemble che canta
"Viva Augusto".
Ma giunge il nobile Amanzio che rimprovera Anastasio di seguire i piaceri e
molli amori, quando il nemico Vitaliano avanza e muove Guerra Anastasio
vorrebbe correr a prender le armi, ma vien presentato Polidarte in veste di
messaggero del nemico Vitaliano e proferisce:
" Vitaliano, l'armi deposte, offre la pace,
se la bella Arianna al suo letto real ceder ti piace"
Si scatena lo sdegno e le ire per l'indegna proposta, che naturalmente vien
rifiutata.
Armi alla mano Anastasio parte contro Vitaliano, beandosi dello sguardo
d'addio della amata Arianna: "Un vostro sguardo o luci arciere", aria di
Anastasio conclude la scena seconda del primo atto.
Arianna , rimasta sola decide di seguire il suo sposo per condividere la
stessa sorte.
La scena quarta cambia totalmente tono: in un idilliaco ambiente bucolico,
appare Giustino armato di aratro, ma è insofferente della sua condizione,
vive nel desiderio di mostrare il suo valore, poichè nella sua aria
introduttiva corredata di flauti che hanno un abbondante spazio introduttivo
dell'aria "Può ben Nascere tra li boschi nobil alma e regio core", dice
chiaramente *Dà il natale la Fortuna, sol il Ciel dona il Valore*.
Sospira nel recitativo: " Ah! perchè non poss'io cangiar l'aratro in un
Guerriero usbergo!"
Ma "Seguir devo Cerere e non già Marte".
Poi lo coglie il sonno, che è rappresentato con una classica aria "da
sonno": "Bel ristoro de' mortali su quest'occhi dispiega l'ali, Dolce sonno
vieni a me!"
Ed è in questo momento che è introdotto da Handel un pezzo strumentale dove
spicca un cembalo solista e un continuo con una allegra melodia, che man
mano si rafforza e incrementa gli strumenti: il suono accompagna la scena
che si illumina e scende in una maestosa macchian la Fortuna, assisa sopra
una ruota che gira circondata da nuvole e adoratori e geni che portano nelle
mani scettri, Corone e Tesori.
"Corri e vola a tuoi trofei, prestan plausi Homini e Dei Va pur lieto
invitto cor".
Parte il recitativo onirico, Giustino lascia i sopori, va a raccoglier le
palme "Or la fortuna al merto tuo regni e Tesori aduna".
Un Ensemble della Fortuna poi riprende il tema ante recitativo con maggior
vigore.
Risultato dell'apparizione onirica è che Giustino è ben caricato e ne
recitativo accompagnato seguente
..."Capanna, Boschi addio, rompo l'aratro mio. Già al cor rimbomba or la
guerriera tromba, il timpano feroce udir già parmi, Giustino andiamo alle
vittorie, all'armi.
La scena 5° si conclude con l'aria di Giustino:
"Se parla nel mio
cor intrepido valor,
voce è del Fato".
Ma ecco che non fa a tempo a prendere la via della Ventura che un orribile
orso (ci sono i ruggiti nell'incisione) insegue una pulzella di esimia
bellezza: è Leocasta, "Io suora son del Cesare regnante": dopo un breve
scontro con l'orso che ormai sperava di poter assaporare la donzella,
Giustino ricevute i ringraziamenti è invitato alla reggia di Anastasio:
"Illustre dona ti seguo".
Naturalmente Leocasta non poteva resistere al valor di Giustino, e sottovoce
ci rivela in un recitativo:
"Ha un nobil sembiante
anco in rustiche spoglie
e Parmi aver per lui l'anima amante"
Leocasta conclude la scena 7° con l'aria "Nasce al Bosco, nasce al prato,
pria che fosse coltivato".
Assieme a Leocasta - scena ottava del primo atto - Giustino giunge al
cospetto del Cesare regnante alias Anastasio, che ringrazia Giustino per
aver tolto a cattiva sorte la germana Leocasta.
Anastasio però ha un'altra pena: si viene a conoscenza del fatto che Arianna
è stata catturata dai seguaci di Vitaliano, così il Cesare regnante incarica
Giustino per "ritorre Arianna".
"Secondi nel mio braccio il Ciel tue Brame" : questo gli risponde Giustino:
ecco dunque un'altra prova che la Fortuna ha riserbato all'eroe forgiantesi.
"Allor ch'io forte avrò
orno di palme al trono
Festante dir potrai quell'è il mio dono"
E' l'aria di Giustino che corredata da oboi e corni, in ritmo andante,
chiude la scena per lasciare Anastasio solo, speranzoso di poter salvare e
regno e sposa.
E contro Vitaliano proferisce l'aria dal ritmo lento-andante
"Non si vanti un'alma audace,
d'involare a' un regio core
l'adorata sua beltà".
Poi scoppia l'ira nella frase centrale dell'aria note velocissime e a
scroscio che dall'atmosfera calma e rilassante ti danno una scossa
elettrica:
"Per punir quel contumace
Furie in me desta l'amore,
sdegni in me la Maestà"
La musica sposa le parole a pennello, ma è Handel non c'è poi da
sorprendersi.
In una vasta pianura sotto Costantinopoli ingombrata da un campo militare,
Vitaliano incita i suoi armati guerrieri.
Una tromba con frullati di trilli veloci, incisivi, che gareggiano con la
voce possente di Vitaliano
"All'armi, o guerrieri,
Bisanzio vi aspetta"
Incita all'assalto della Capitale.
Di una portata così caricante, ben all'altezza di "Or la tromba" in Rinaldo,
anche se in Giustino l'aria è ben più breve (infatti non è un'aria col da
capo, è solo la frase che ho scritto, e dura 1 minuto e 40 circa).
Arriva Polidarte con Arianna condotta prigioniera, Vitaliano, che non aveva
mai visto Arianna e che pretendeva di impalmare come tributo per il
risparmio del regno di Anastasio, ne rimane abbagliato. Ma Arianna è
sprezzante, un po' in fondo come la figura di Zenobia nei confronti di
Tiridate in RADAMISTO una volta catturata. Malgrado le offra il regno,
Arianna disprezza Vitaliano e lo tacita come Empio. Ma il furore accende
subito e ben presto Vitaliano, che sbotta nell'incisiva aria
"Vanne sì. superba va,
Che per te non ho pietà
se per me non senti amor.
Aspe sordo, e duro scoglio
Esser voglio
per punir il tuo rigor".
Scena 12° del Primo Atto
Polidarte mette in guardia Arianna: deve temere lo sdegno di Vitaliano.
Arianna : "Taci, d'empio signor, ministro infame"
Dopo essersi messo in disparte Vitaliano si ripresenta fremendo d'ira
"Olà? costei s'esponga
alle fauci temute
di quel mostro vorace
ch'empie di folte straggi i campi intorno.
Polidarte eseguisci. "
e ad Arianna: "Ora sii forte".
Con Vitaliano non si scherza mica!
Ma un cor costante sa affrontare le sventure
Arianna infatti gli risponde: "Pria che d'amare un vile, amo la morte".
Prima di esser condotta via dalle guardie
"Mio dolce amato sposo
morir sapro' contenta
poichè morrò fedel, morrò costante"
Un'aria lenta, grave, un lamento, col pieno degli strumenti che appare ogni
tanto a sottolineare la drammaticità della vicenda, e la voce che spicca con
strumenti che spesso sembrano suonare in sordina...
ATTO SECONDO
Veduta di un bosco aperto su un Mare agitato da tempesta con scogli e
dirupi.
Da lontano si intravede una nave, che si rompe sul lido, dalla quale escono
Anastasio e Giustino.
Giustino consola il Cesare regnante, sottolineando nel recitativo iniziale
che
"Nel periglio è più ardita l'alma forte; confida in questa destra"
Nel frattempo che costoro scendono sul lido, Polidarte l'iniquo scagnozzo di
Vitaliano conduce Arianna nella "cruda spiaggia", dove il mostro vorace
"sazierà nel tuo (di Arianna) sen l'ingorda fame".
"Bella cangia desio" intima Polidarte, ma Arianna è costante, è fedele e non
sa temer la morte, non vuol saperne di concedersi a Vitaliano.
- "S'incateni a quel sasso e alfine pera, lacerato da un mostro un cor di
fera" ingiunge Polidarte. Poi parte l'aria in ritmo andante
"Ritrosa bellezza
o poco s'apprezza
o sorte non ha.
Vago volto ch'innamora,
se crudele a chi l'adora
merta sdegno e non pietà"
dove il fraseggio centrale cambia rallenta il ritmo e varia la melodia.
Partito Polidarte con le guardie che avevano incatenato Arianna alla roccia,
boccone prelibato per il crudo mostro, la scena diventa inquietante: si vede
da lontano a poco a poco sorgere dal mare uno spaventoso mostro, che
nuotando si avvicina ad uno scoglio. Arianna incatenata allo scoglio:
"Numi! ch'el Ciel reggete
con destra onnipotente
per pietà soccorrete una innocente"
Ma sembrano sordi a questa supplica, e il mostro che ormai pensava di
cibarsi di quel succulento boccone, si accinge a salire dall'acqua verso lo
scoglio. Il recitativo che accompagna la scena è straziante: Handel adotta
la tecnica dell'eco per la disperazione di Arianna
- "Per me dunque il Ciel non ha una stilla di pietà?"
eco1: "una stilla di pietà..
eco 2: pietà..
un tono sopranile commosso, che intenerirebbe anche un cor di pietra quale
quello del crudele Vitaliano, che però non è presente alla scena.
"Ma che ascolto? Oh Dei, con replicate voci mi vien chiesto soccorso! Ah
qual mostro orrendo mostro crudel vedo sortir dall'onde?" Giustino entra in
scena.
-"Ah! signor donami aita. - Arianna
eco 1: donami aita
eco2: Aita
Giustino parte all'attacco del mostro crudel: "In tua difesa esporrò a mille
morti ora la vita".
Il recitativo si rafforza di una più consistente strumentazione.
"In van te stesso vibri, raddoppia il tuo furore
Alma forte non sa che sia timore"
Con una sinfonia ricca di strumenti, Handel descrive il combattimento del
perfido mostro con Giustino, che fa cadere esangue il mostro marino.
L'animo pronto e sincero di Giustino in questa situazione si comprende nel
momento in cui Arianna rivela che è la consorte del Cesare Regnate, per cui
facendo una buona - meglio eroica - azione, Giustino ha assolto anche il
compito affidatogli da Anastasio
"Felice me! son grandi i fasti miei
Se per mio favor salva tu sei."
Giunti al cospetto di Anastasio, il cesare Regnante esulta, e assieme a
Arianna parte un bel duetto
"Arianna: Mio bel tesoro!"
Anastasio: Mia dolce speme!
a due: Caro mio bene
Tornami in sen!"
Anastasio: A me mio ben per te
Arianna: Per te mia vita a me
a due: Riede il seren."
Accortosi del mostro spirato, apprende che è trofeo di Giustino: la gioia è
infinita ed Anastasio non resiste e abbraccia Giustino in segno di infinita
riconoscenza e gratitudine.
Scena 5 del Secondo ATTO
Amanzio sbarca sul lido, poichè in cerca delle navi del suo signor
Anastasio, per colpa di un mar procelloso, in questi lidi ei sbarcò.
Arianna additando l'eroe che l'aveva salvata dall'orribile mostro, sprona a
lasciar l'orrendo lido: un coro di marinai, segna il salpare delle navi
"Per voi soave e bella
Ogn'aura schezi in Mar.
Per voi brilli gni stella,
già lieto il Ciel appar.
Lontana ogni procella
Non possa Voi turbar:
Che vuol la sorte ancella
In porto Voi guidar."
Il coro è in ritmo andante, e si caratterizza in un ensemble.
La scena 6 si sposta su Vitaliano e soldati
In preda ad un rmorso per l'ordine che aveva dato di incatenare Arianna allo
scoglio, per darla in pasto all'iniquo mostro. Spera che Arianna sia viva...ma
teme sia morta.
La scena 7 si apre con uno scorcio del giardino, dove Leocasta sola, si è
invaghita di Giustino, che era lontano: un amore che tiene nascosto, ma le
pene della lontananza la divorano:
L'aria che segue
"Sventurata navicella
Teme sempre la procella
e lo scoglio in mezzo al mar.
Così ancora l'amor mio
tra speme, e'l timor rio,
Agitato adesso appar"
il ritmo è allegro, è piacevole l'ascolto, ma non presenta nulla di
stupefacente alla Handel. La Musica associata a Leocasta è più ricca degli
altri personaggi di riflessioni sugli eventi che accadono che di rivelazioni
sui suoi stati d'animo. In questa aria lei commenta le proprie incertezze e
i pericoli a cui sono esposti gli altri personaggi.
Sarà comunque nell'aria dell'Atto III, "Augelletti" che Leocasta rivelerà
delle considerazioni più personali.
Ma la scena 8 del secondo atto, si apre con la sfavillante aria di
Anastasio, coronato di alloro, dove manifesta la sua regalità: l'aria è
quasi pittorica: non mancano alcuni suoni di tromba discreta...
Giustino porta ai piedi di Anastasio il vile Vitaliano, che tanto aveva
osato anche verso Arianna:
E Vitaliano entra in catene, borbottando che lo vinse il Fato: e no!
Giustino affema che il suo valore lo costrinse in ceppi.
Anastasio fa intravvedere che la Vittoria si ascriverà a Giustino, con
grande disappunto di Amanzio che sbotta tra sè e sè:
"Che sento; oh! Ciel! fia ver ch'a' un vil bifolco tal vittoria
s'ascriva?"
Vitaliano viene portato via, che sia posto ai piedi d'Arianna, mentre
Giustino chiede di poter ancora combattere per Anastasio contro i suoi
nemici:
"Vanne, vinci: è mio Nume la tua spada" congeda così Anastasio
Giustino.
L'aria che segue
"Sull'altar di questo Nume"
con ritmo andante, fa cantare Giustino dei Trionfi e Vittorie, che vede come
sue gesta eroiche, che il futuro ricorderà.
La scena 9 del secondo Atto, focalizza l'attenzione su Arianna, seduta sul
trono, al cui cospetto ha ai piedi incatenato ed accompagnato dalle guardie
il suo carnefice Vitaliano, che osa ancora esprimere il suo amore verso
Arianna.
Furente è la risposta di Arianna, ed allora Vitaliano, conscio che il suo
destino è deciso, prega come ultimo desiderio che Arianna possa volgergli un
"dolce guardo", accostandosi ad Arianna, che si alza sdegnata, ordinando
perentoriamente alle guardie di di rinchiudere in profonda torre il mostro
Vitaliano.
Vitaliano conclude il recitativo affermando che morirà contento di averla
amata.
Vitaliano in questo secondo atto, cambia il suo modo di presentarsi: nella
sua entrata nel primo atto, ha un'aria allo stesso livello di "Or la tromba"
tratta dal RINALDO sempre di Handel, e quindi ci viene presentato come un
uomo di guerra, poi però si comporta come un mostro autoritario e
vendicativo, quando Arianna resiste al suo volere, ma c'è chi ritiene che la
musica più drammatica, svelando altri lati del carattere di Vitaliano, si
possano riscontrare nel momento in cui egli è prigioniero di Arianna,
cambiando i ruoli, che diviene sua Giudice: pare che assuma un atteggiamento
quasi masochista.
Il Secondo Atto si chiude con l'aria di Arianna
"Quel torrente che s'innalza"
dal ritmo che incalza come l'acqua di un torrente,
imperlato da passaggi oboistici in assolo, anche come cadenza finale della
prima parte dell'aria A, prima cioè della parte centrale, che apporta
bellissimi ornamenti sulla "a" di "precipitar", riassume l'atteggiamento
della nobile Arianna alle profferte amorose di Vitaliano.
"Quel torrente che s'innalza
Sulla sponda, e fuor i balza
la sua Tomba ha poi nel mar.
Così un barbaro Desio,
Dentro il mar del sdegno mio
deve alfin precipitar".
ATTO TERZO
Il Terzo Atto di Giustino, si apre con una sinfonia, incisiva, che muore nel
recitativo iniziale di Vitaliano.
La scena 1 infatti si apre con un Bosco suburbano con una torre. Si vede
Vitaliano discendere dalla torre attraverso una corda, aiutato da una truppa
de' suoi vestiti da contadini, e che si tenevano nascosti nel bosco...
Vitaliano è evaso e già canta i suoi propositi di Vendetta per "distruggere
Anastasio e seder nel Soglio del Greco Impero:
In allegro
"Il Piacer della vendetta
Già mi chiama, e già m'alletta
per placar l'offeso cor.
Sento al sen l'onor che dice
Vanne, vinci, e più felice
Splenda armato il tuo valor.
Il Piacer..etc."
Nel frattempo Amanzio, applaude ai trionfi di Anastasio, ma non accetta che
ad un bifolco venga imputata la vittoria: espone il suo porblema ad
Anastasio, che esita a dare una risposta, poichè ha il sentore di un
politico timore.
Amanzio intanto dà un cinto di gioie, come dono prezioso, dove le gemme sono
figlie del sol lucente.
Anastasio apprezza il gesto, ed invia Amanzio alla reggia, ma l'aria che
segue, fa vedere che Anastasio intravede e scorge in questi discorsi di
Amanzio la possibilità di un tradimento:
L'aria "O fiero e rio sospetto, taci un poco ancora" sull'andante di
Anastasio che segue, espone una scissione fra da un lato il timore per il
regno, e dall'altro il suo cuore che trabocca d'amore.
La scena 2, si apre su una camera, dove la Regina Arianna si complimenta con
l'eroe Giustino, addirittura pensando che Giustino potrebbe indossare una
corona per regnare su un regno: e così che gli dà il cinto di gioie che
aveva ricevuto in dono da Anastasio.
Ma Giustino si congeda ringraziando, per tornare da Anastasio, suo re.
Amanzio nel frattempo aveva assistito alla scena, e si disgusta per l'onore
che Giustino riceve, deprecando pure la fedeltà di Arianna.
La scena seconda del Terzo Atto del GIUSTINO di Handel si conclude con
un'aria di Giustino stesso
"Un Zeffiretto, che scorre nel petto", dove il continuo è rafforzato
dall'intervento dell'arciliuto, in ritmo andante lento.
La scena terza, è la realizzazione dell'intrigo di Amanzio: infatti Arianna
aveva dato a Giustino un dono, tempestato di gemme, che a sua volta il Re
Anastasio aveva donato alla Regina Arianna:
La frase "D'una donna real questa è la fede?" così aveva commentato il
gesto, di cui era stato testimone, Amanzio.
Naturalmente alla prima occasione Amanzio riferisce il fato al Re Anastasio,
e non solo rincara la dose con la frase:
"Pegno d'amor quel nobil cinto ottenne da lei Giustino, e più superbo il
rese"
Anastasio vuole vendicar l'affronto, ma in quel momento arrivano Arianna,
Giustino e Leocasta. Furente, Anastasio, dopo aver sentito le lodi per la
vitoria testè conseguita, chiede dove il cinto di gemme abbia preso
Giustino:
Giustino dice la verità, nulla avendo da nascondere: Anastasio furente, dopo
aver intimato di tacere alla Regina Arianna,
"Olà! per mano infame perda il capo costui"
E Giustino: "Morrò fedele" e Giustino viene condotto via.
L'ira di Anastasio è forte, è densa, è traboccante, non sente ragioni di
discolpa da Arianna e l'aria che segue, tiene il tenore dello stato d'animo
che percepiamo dal recitativo:
"Di Re Sdegnato l'ira tremenda
fa che s'accenda l'offeso onor.
Parto; ma intanto
Fiero spavento, d'un gran tormento
Ti affligga il cor.
Di Re Sdegnato...etc."
Anastasio come personaggio è dotato da Handeldi una magnifica aria
d'apertura nel Primo Atto, quando è in procinto di partire per la guerra
("Un Vostro sguardo, o Luci arciere"), e della bellissima aria di furore
nell'Atto Terzo, dove picchi altissimi tocca la partitura vocale, ma la
triste grazia della sua aria "O fiero e rio sospetto" traccia il perfetto
ritratto di un sovrano roso dalle preoccupazioni: tuttavia mi sembra molto
più incisiva l'aria di furore dove c'è spazio alle pirotecniche vocali.
La scena 4 evidenzia gli interrogativi di Arianna d'innanzi alla furia di
suo marito Anastasio, e Leocasta insinua che non è Amanzio il traditore.
Sola, Arianna, parte con un'aria lenta, accompagnata dagli archi, cembalo e
continuo
"Il mio cor già più non sa
Raffrenar sospiri, e affanni
pene, pianti e lacrimar
Ma non vuol, che i nlibertà
scopra in fronte il suo dolore:
E se piange in seno il core
Toglie al labbro il sospirar"
La scena 5, presenta Leocasta rimasta sola sulla scena:
Leocasta, si infiamma di furore per Giustino, che crede traditore, ma
prevale l'amore che ha per lui, e decide di salvargli la vita, esattamente
come Giustino l'aveva salvata dall'orso, mentre girava per il bosco (si veda
Primo Atto). Bello il gioco di parole del recitativo di leocasta che si apre
nell'aria
"Mi salvò il tuo valore,
Ora ti vuol salvar fido il mio core"
"Augelletti, garrulletti", in ritmo andante sostenuto, dove naturalmente i
violini simulano a momenti lo svolazzare dei pennuti, e dove nella frase
centrale si enuclea il proposito fermo di Leocasta di "salvarlo ha sol
desio, e più pace aver non sa", è l'aria appunto di Leocasta che chiude la
scena 5.
La scena 6, porta in scena il diabolico Amanzio, solo, che si pregusta il
suo successo: il suo desiderio di regnare, lo ha spinto a tali intrighi,
insinuando la gelosia nel Re Anastasio in modo tale da volgerla contro
Giustino, che disprezzava per le sue origini ("un bifolco") e rabbioso per
le vittorie che conseguiva. Amanzio ora è compiaciuto di sè, e l'aria che
canta, con dei bei svolazzi, ha una melodia incisiva e molto accattivante
"Dall'occaso in Oriente
Ogni gente
Al mio nome applaudirà.
Il mio fasto e la mia forza
darà lustro all'empietà
Dall'Occaso in Oriente etc."
La scena 7, dipinge la caduta di Giustino dal benvolere della reggia, dalle
stelle alle stalle (da dove in fondo era partito): Sebbene infatti Leocasta
sia riuscita a farlo fuggire da morte certa, la scena in effetti si apre in
una zona orrida e montuosa, e Giustino appare solo. Una sinfonia cupa, apre
il monologo dell'eroe, un po' accompagnato, un po' recitativo:
"Fortuna mi hai tradito"
Dove sono i tesor, la grandezza e i regni?
Per favor di leocasta idolo mio
schivai una morte infame, ed or mi ritrovo esule, fuggitivo.
Ah! che breve riposo
Cerca il piè stanco, e'l cor languente! Amore
Tu almen dà pace all'agitato core!"
E si addormenta: ma ecco che lì, Vitaliano che vuole marciare verso Bisanzio,
scorge Giustino nelle braccia di Morfeo. Riconosce in lui il carceriere che
lo aveva incatenato e portato al cospetto di Anastasio e Arianna, i suoi
nemici. Subito vuole ucciderlo, ma mentre va per ferirlo, al colpire di un
fulmine s'apre il Monte entro cui si vede il sepolcro di Vitaliano senior, e
si ode una voce dentro il sepolcro, che esordisce con una rivelazione colpo
di scena: infatti dopo un intervento strumentale denso, si sente proferire:
"Trattien l'acciar. Contro il fraterno sangue
Vibri'l colpo fatal.
Salva il guerriero,
Che solo ti può dar vita, ed impero"
Vitaliano, scorge la stella che ha nel braccio Giustino e quindi
riconosciuto ufficialmente il fratello, lo sveglia, e assieme, dopo la
meraviglia di Giustino per la nobile nascita, decidono di metter al suo
giusto post l'infame Amanzio.
Ecco che Giustino che sentenzia nell'aria, dove a dire il vero sembra
peccare di presunzione, ma in fondo è l'eroe, e cio' che distingue gli eroi
sono proprio le uscite assolutamente moralistiche
"Sollevar il mondo oppresso
Opra è sol d'un alto cor.
E rassembra a Giove istesso
Chi a giovar pronto è d'ogn'or
Sollevar il mondo oppresso.. etc."
In ritmo allegro e eroico, ma nel frattempo
La scena 9 si staglia con una deliziosa Machina in prospetto, che
rappresenta il Tempio della Fama. Ormai sono noti a tutti gli intrighi di
Amanzio, che però previdente aveva incatenato Arianna, Anastasio e Lecasta.
Il Trono, corredato dallo sfarzo più dissoluto e Debordante, viene occupato
da Amanzio, che è coronato dal Lauro:
"Or che cinto ho il crin d'alloro
Or che prendo ad Augusto il trono
Lieta l'alma sento in me"
Amanzio è proprio compiaciuto, e debbo dire che risulta pure simpatico nella
sua perfidia: ma qui tutti i nodi vengono al pettine: accade un po' lo
stesso colpo di scena che tanto aveva deluso Nerone e Agrippina: squilli di
trombe che richiamano un senso i giudizio universale: Infatti l'ultima scena
si apre con da dietro la sala del trono grossi squilli di trombe, e tamburi
e gran strepito di armi.
Ed Amanzio, esattamente come Agrippina,
"Qual marzial fragor, donde deriva!?"
Un coro: "Viva, Giustino, Viva"
E la codardia di Amanzio si sostanzia nell'affermazione concitata del
recitativo, mente rombano tamburi e trombe:
"Ah! dove da Giustin avrò lo scampo?"
E in terzetto, Anastasio, Arianna, e Leocasta, imprigionati "Il tuo fasto,
fellon, sparì qual lampo"
Mente Amanzio vuol fuggire, Giustino gli presenta al petto la spada, e lo
blocca: c'è pure Vitaliano, con soldati, e pure Polidarte tutti con la spada
sguainata.
I soldati incatenano il temporaneo Re Amanzio, mentre Giustino gli grida :
"Vanne fellon. Vattene Infame, indegno, Tradisti Augusto, e breve fu
il tuo Regno."
I soldati deportano via Amanzio, mentre Giustino scioglie il Re Anastasio,
la Regina Arianna e Leocasta: Mentre Giustino vuole inginocchiarsi dinnanzi
ad Anastasio, il re lo abbraccia e lo solleva. Anastasio verso Giustino:
"Amico"
Ai piedi si inginocchia pure Arianna, che viene essa stessa sollevata da
Anastasio, il cui commento è "M'ingannò l'altrui frode, o cara".
Tutto è risolto, tutti sono felici, ci si prepara al lieo fine dell'opera,
fatto molto ben apprezzato dal pubblico Barocco:
La gioia della Regina Arianna, sbocca nell'aria, allegra, incisiva, dalle
spiccate connotazioni solari:
"Ti rendo questo cor,
che ti serbò l'amor
costante e forte.
Ritorna a noi 'l gioir,
Sen va da noi 'l martir?
Con fausta sorte."
Manca solo da sistemare la situazione del fratello, scoperto di recente, di
Giustino, Vitaliano: Giustino implora benevolenza, ma Anastasio poichè
Vitaliano si scopre fratello dell'eroe, lo abbraccia: per il Re la
liberazione da Amanzio, provoca una gran carica positiva, che finisce per
perdonare anche un suo nemico, che per di più ha avuto l'ardire di voler
possedere prima sua moglie, la regina Arianna, e che poi non avendola avuta,
ha tentato di ucciderla mettendola sotto le fauci dell'orrendo mostro marino
(si veda Atto Secondo).
Vitaliano giura fedeltà: Giustino è chiamato al soglio con Anastasio, e gli
concede la sorella Leocasta in premio: accontentando naturalmente
l'interessata.
L'Ultimo brano presenta un duettare fra Anastasio e Arianna, Giustino e
Leocasta, e Vitaliano da solo:
"In braccio a te la calma
Del cor, del sen, dell'alma."
Dopo alcuni svolazzi e ornamentazioni dei protagonisti, sul ritmo gioioso
del duetto, l'orchestra si riempie di tutta l'organico e scoppia il coro
finale alle parole:
"Siam lieti in questo giorno
E sparga il suon d'intorno,
Che dopo oscuro velo
Risplende chiaro il cielo,
E daà la pace al cor.
Cessate le procelle
Amiche abbiam le stelle
Del Fato abbiam la palma,
Godiam felice calma:
Rinasce il secol d'or"