
Crescentini nacque ad Urbania, nelle
Marche, nel 1762: i primi anni della sua vita sono avvolti dal mistero nel
senso che non si hanno notizie.
Si sa che studiò a Bologna e fece il suo debutto a Roma nel 1783 all'età
di ventun anni, in età quindi più avanzata di quanto generalmente non
facessero i castrati. Dopo questo debutto si esibì anche in altre città
italiane, e nel 1784 venne condotto in Inghilterra, dove, secondo lord
Mount Edgcumbe, “venne visto come un esecutore talmente mediocre e piacque
così poco, che prima che la stagione si terminasse, venne sostituito con
Tenducci. Da sottolineare tuttavia che Crescentini era molto giovane e
quindi non aveva ancora raggiunto quella perfezione che poi gli ha
raggiunto meritandosi la fama di cantante di primo piano”. I londinesi
comunque non finirono per cambiare opinione, e dunque Crescentini non
tornò più in Inghilterra.
In Europa per contro il giovane musico si fece presto conoscere ed
apprezzare. Fu ammirato per la dolcezza della sua voce pura ed agile e per
il suo canto espressivo, e se avesse avuto una piccola ulteriore dose di
potenza avrebbe finito per uguagliare
Pacchierotti. Ben presto venne
considerato superiore al
Marchesi, dalla fazione che giudicava il gusto,
la misura e la spontaneità superiori a una esecuzione brillante, ma
meccanica.
Crescentini incontrò grandi successi a Napoli in varie opere, fra cui l'ENEA
E LAVINIA di Guglielmi, nella quale cantò col tenore più famoso di allora,
David.
A Bologna nel 1791 si esibì nella MORTE DI SEMIRAMIDE di Borghi.
Nel 1795 fu di nuovo a Bologna, e si legge che:
“Il 6 giugno si diede in questo teatro (Il Teatro Comunale di Bologna) lo
spettacolo di beneficiata per il famoso cantante Girolamo Crescentini, che
in questa occasione ricevette dall'intero pubblico non solo ripetuti e ben
meritati applausi, ma anche prove più tangibili della stima in cui sono
tenute la sua rara abilità ed esperienza; questa infatti fu una delle
beneficiate più redditizie che siano mai state date in questa città”.
Si narra che Crescentini sia stato additato come iettatore, poiché venne
visto come profeta di sventure, ma portafortuna dei francesi: a Milano,
infatti, nel gennaio del 1796, impersonò il ruolo del protagonista nella
GIULIETTA E ROMEO dello Zingarelli con immenso successo, e poi in maggio
il viceré austriaco doveva fuggire, e i francesi occupavano la città;
l’inverno successivo, a Venezia, brillò nella prima de GLI ORAZI di
Cimarosa, e nuovamente in maggio, i francesi conquistarono la Serenissima.
Crescentini, per nulla colpito dagli accaduti, volle interpretare spesso
come suoi ruoli favoriti quello di Romeo e di Curiazio, cantandoli
costantemente in tutta la sua carriera, sia in Italia che all'estero, come
suoi cavalli di battaglia.
Esiste un divertente aneddoto che risalente al periodo in cui Crescentini
si trovava a Venezia, e cioè verso la fine del 1700: a quel tempo
l’impresario Crivelli e la presidenza della Fenice erano in completo
contrasto relativamente agli artisti da scritturare per il prossimo
carnevale; Crivelli desiderava investire molto per ingaggiare una cantante
di gran classe, preferibilmente Giuseppa Grassini, famoso contralto che in
seguito avrebbe fatto sensazione a Londra, quando si esibì con la signora
Billington ne IL RATTO DI PROSERPINA di Winter. La presidenza preferiva
invece ingaggiare un castrato di primo piano, che vinse la disputa,
scritturando alla fine Crescentini, che aveva ottenuto successi in questo
periodo in ARTASERSE di Cherubini a Livorno, la DIDONE ABBANDONATA di
Sarti a Padova, e IL RITORNO DI BACCO DALL’INDIE di Tarchi a Torino.
Ma l’impresario Crivelli voleva una rivincita, per ratificare il fatto che
la sua scelta sarebbe stata quella di miglior gusto: accadde che alla
prima prova Crescentini abbondò in fioriture, così Crivelli prese la palla
al balzo e sbottò: “Va bene con tutti questi virtuosismi, ma dov'è il
canto?”
“I virtuosismi sono senz’altro una parte essenziale del canto” ribattè il
musico.
L'impresario non rispose al momento, ma quando Crescentini si recò da lui
per firmare il contratto, lo trovò così ricoperto di scrittura che era
rimasto libero non solo uno spazio piccolissimo ma per di più anche sporco
d’inchiostro.
“Con tutto questo inchiostro," disse Crescentini. “dove devo firmare?"
“Converrete con me, credo, che l’inchiostro è una parte essenziale del
contratto” rispose Crivelli molto compiaciuto del suo spirito.
Il cantante, stando al gioco, rispose: “So che la parte essenziale di
questa faccenda, per quanto vi riguarda, sono le grazie della primadonna”.
“Meglio approfittare delle sue grazie, che della disgrazia di un altro”
rispose sarcasticamente Crivelli.
“Forse ci sarebbe un rimedio per la mia disgrazia: che vi mettiate voi al
posto di quel che mi manca” ribattè Crescentini concludendo il diverbio.
Lisbona fu la successiva meta dopo questi fatti, dove restò per 4 anni
come cantante e come direttore dell’Opera.
Ritornato a Milano, fu applaudito nell’ALONSO E CORA di Mayr e nella
IFIGENIA IN AULIDE di Federici.
Vienna lo vide depositario delle lodi dell’Allgemeine Musikalische Zeitung:
nel maggio del 1804 infatti si legge:
“Vienna, 2 maggio.
Il Celebre castrato Crescentini, che già sette anni fa aveva cantato qui
con straordinario successo, è nuovamente apparso sulla scena il 28 aprile
in GULIETTA E ROMEO. Giacchè ha fatto scalpore, ci si vuole dilungare in
una minuziosa descrizione. Il ROMEO E GIULIETTA di Shakespeare è stato
maltrattato dal librettista italiano impietosamente. Il Padre di Romeo, il
rude ma coraggioso Tibaldo, il venerando monaco, la balia loquace sono
scomparsi ed è un amico di entrambe le casate che porge a Giulietta la
pozione fatale. Il poeta italiano ha cercato inoltre di migliorare
Shakespeare, facendo ridestare Giulietta ancor prima che Romeo giunga a
morte. Tuttavia è inutile sottolineare altro su un intreccio in cui
l’unico scopo del poeta è far brillare a tutti i costi un cantante.
Crescentini è senza dubbio uno fra i primi cantanti attualmente viventi in
Europa. La sua voce, che utilizza con sapiente discrezione, è
incredibilmente piacevole, rotonda, piena e flessibile: il suo stile è
elevato ed esteticamente perfetto, senza esser minimamente sovraccarico.
Particolarmente bello e singolare è il puro librarsi sempre più in alto
della sua voce incantevole, per cui ad un certo punto salì con un continuo
crescendo fino al la più acuto e poi sostenne questa nota per diverse
battute con vigore pieno e squillante. Poiché Crescentini intona in modo
perfettamente corretto ed unisce a queste doti musicali una recitazione
piacevole e talvolta anche molto appassionata, gli si può facilmente
perdonare una piccola mancanza di note più gravi.”
Anche il diciassettenne Schopenhauer che così scrisse nel suo diario che
lo vide a Vienna:
“L’opera riceve un grande tributo da Crescentini, forse il più celebre di
tutti i castrati. Qui è apparso per il momento solo in eventi
straordinari, e pur a prezzo raddoppiato, il teatro era completo. La sua
voce, bella in modo soprannaturale, non può venire paragonata a quella di
nessuna donna: non vi può essere timbro più pieno e più dolce, e pur nella
sua purezza argentina, egli raggiunge una potenza indescrivibile, tanto
che risuona in tutti gli angoli dei teatro e poi si perde nel pianissimo
più tenue: questo crescere e calare della voce è la sua caratteristica
particolare; canta inoltre con grande espressività e – cosa che non ci si
aspetterebbe – è un ottimo attore: la sua persona tuttavia non lo
favorisce e la sua figura quasi gigantesca ed molto pingue contrasta
moltissimo con la sua voce, tanto che in ogni rappresentazione nel corso
del primo atto, mi parve ridicola: in seguito ci si abitua. I tratti del
suo volto non sono belli, ma neppure così orrendi come molti lo dipingono.
Qui ha sollevato una ammirazione infinita : la sua entrée è
incessantemente oggetto di discussione. Il ruolo di punta, in cui svela la
sua capacità d’affascinare, è Romeo: in quello di Pigmalione mi è piaciuto
molo meno ...”
Era di nuovo a Vienna nel 1805 quando i francesi occuparono la città: era
proprio un jolly portafortuna per loro!
In quest’occasione Napoleone lo udì e, rapito dal suo canto, lo nominò
cavaliere della Corona Ferrea, invitandolo a Parigi. Il cantante vi si
recò nel 1806 e rimase 6 anni in Francia, durante i quali cantò
continuamente presso le Tuileries, dinnanzi allo splendido pubblico di
parvenus della corte imperiale.
Si consideri che fu proprio uno degli ultimi grandi castrati a conquistare
il pubblico francese, che storicamente era sempre stato reticente ad
un’opera coi musici cantori.
F. J. Fétis afferma che “verrà ricordato come alla corte di Napoleone, che
non fu mai ritenuta di una particolare sensibilità, questo virtuoso portò
l’imperatore, i cortigiani e tutto il pubblico alle lacrime quando
interpretò la parte di Romeo”.
Alfred de Vigny ne “La canne de jonc”, descrive una rappresentazione al
teatro di corte, che val la pena di citare non solo per il riferimento a
Crescentini, ma per la divertente rappresentazione dell’etichetta seguita
dai cortigiani dell'imperatore i quali, anche se avevano nome di re e di
principi, non erano per questo meno sottomessi:
“Appena arrivai a Parigi, decisi di vedere l’imperatore. Avevo la
possibilità di farlo al teatro di corte al quale fui condotto. Era alle
Tuileries. Ci sedemmo in un piccolo palco di fronte a quello
dell'imperatore e aspettammo. Per il momento in teatro c’erano solo i re.
Ognuno di loro sedeva in uno dei palchi di prima fila, circondato dalla
corte, e di fronte a loro stavano i loro aiutanti di campo e i generali,
che trattavano con grande familiarità. Il re di Westfalia, di Sassonia e
del Wurttemberg e tutti i principi della Confederazione del Reno si
trovavano nella medesima fila. Vicino a loro stava, in piedi, Murat, re di
Napoli, che parlava ad alta voce e rapidamente, scuotendo i neri
capelli... Più lontano stava il re di Spagna e, molto vicino a lui,
l'ambasciatore russo, principe Kurakin, con spalline di diamanti. Il
parterre era affollato di generali, duchi, principi, colonnelli e
senatori; sopra di loro erano ovunque le braccia nude e le spalle scoperte
delle dame di corte.
Il palco sormontato dall’aquila era ancor vuoto; lo tenevamo sempre sotto
controllo. Dopo un po’, i re si alzarono e rimasero in piedi. L’imperatore
entrò nel palco solo, camminando rapidamente, si gettò sul sedile e si
guardò intorno con l’occhialino; poi si ricordò che tutti stavano in piedi
aspettando un suo sguardo, allora annuì due volte col capo, bruscamente e
senza grazia, e permise alle regine e ai re di sedersi... Crescentini
stava cantando GLI ORAZI con una voce di serafino che usciva da un volto
emaciato e raggrinzito. L’orchestra suonava piano e debolmente per ordine
dell’imperatore che forse desiderava, come gli spartani, venire calmato
dalla musica piuttosto che eccitato...”
Nel 1812 Crescentini chiese a Napoleone il permesso di ritornare in Italia
poiché il clima francese era dannoso alla sua salute, e l’imperatore fu
costretto, anche se malvolentieri, ad accordarglielo. Crescentini si
stabilì a Roma dove rimase fino al 1816 senza più esibirsi in pubblico. In
quell’anno si recò a Napoli e vi insegnò canto per parecchi anni nel
Collegio Reale di San Pietro a Majella; trovò l’istituzione in uno stato
penoso e lamentò amaramente con Ludwig Spohr, che visitò Napoli nel 1816,
il declino del livello musicale nella città. Qui, alla fine, morì nel 1846
alla rispettabile età di 84 anni.
Oltre alla sua bravura come cantante, a Crescentini viene anche attribuita
la composizione di parecchie arie, soprattutto della “Ombra adorata
aspetta” dalla GIULIETTA E ROMEO di Zingarelli, una volta assai famosa.
Sembra tuttavia improbabile che il cantante abbia fatto qualcosa di più
che indicare a Zingarelli quale specie di aria desiderasse a un dato
momento del dramma, abitudine questa allora assai diffusa fra i castrati
più influenti.

Aneddoti su Crescentini
Sonetto a Crescentini

A cura di Arsace