Il bolognese Annibale
Pio Fabri, detto Balino, fu il più grande tenore italiano dell'epoca.
Rolli affermò:
“
ha gran successo.... avreste creduto che un tenore potesse
avere tale trionfo in Inghilterra?
”. Fabri riuscì infatti, al tempo del
regno incontrastato dei castrati ad elevare al firmamento dell'arte vocale,
la voce di tenore.
Come riporta Celletti nella sua "Storia del bel canto", la voce di tenore
non piaceva molto ai londinesi e fu assente in un gran numero di opere di
Handel. In Lotario il pubblico di Londra ebbe l'occasione di ascoltarlo
nel ruolo di Berengario, che offre una tessitura più elevata di quella che Handel aveva concepito in precedenza per
Borosini, ed anche sensibilmente
più virtuosa, con trilli, note in "staccato" negli allegro, "ribattiture di
gola" inserite nelle frasi in canto "di sbalzo" e, specialmente, lunghe
vocalizzazioni, soprattutto negli allegro, che dimostrano con una certa
evidenza che la scuola di canto italiana si orientava sempre di più verso lo
stile di canto acrobatico, "di forza", di
Farinelli e
Carestini. La
scrittura vocale di Berengario, sempre secondo Celletti, era così virtuosa
che non fu più superata, relativamente alla voce di tenore, che in certe
pagine scritte solo alcuni anni più tardi da
Hasse per
Angelo Amorevoli.
“
Un tenore eccellente ed
una buona voce
” (Daily Journal).
Secondo
Mrs Pendarves,
amica di Handel,
“
ha una voce di tenore dolce,
chiara e ferma ma, temo, non abbastanza forte per il palcoscenico: canta
come un gentiluomo senza assumere strane espressioni e le sue maniere sono
particolarmente gradevoli. Sul palcoscenico è un vero maestro, il più grande
che abbia mai cantato sulle scene
”.
A cura di Rodrigo